Medicina araba
17. La medicina araba.
di Piero Marcialis, su fb.
b) Grandi medici musulmani.
RHAZES (860-932). Abu Bakr Muhammad ibn Zakariyya, noto Rhazes. nacque a Rayy, presso l’odierna Teheran.
Filosofo e musico, inizia a 40 anni lo studio della medicina e diventa in pochi anni un luminare, a capo di importanti ospedali. Esercita prima a Rayy e poi a Baghdad.
Scrisse oltre 150 opere, in parte perdute.
Uno dei suoi libri tratta del vaiolo e del morbillo, due infezioni endemiche ben note agli arabi, distinguendone i sintomi.
L’opera più importante è il Liber Continens, così tradotto in latino, una vera e propria enciclopedia medica.
Rhazes, nel trattare delle malattie e della cura, adotta il tipico metodo arabo: premette le opinioni degli altri medici e poi le discute in base alle sue esperienze e, secondo i casi, le accoglie o le respinge. [segue]
Contemporaneo di Rhazes fu l’egiziano ISACCO EBREO (845-940), medico del bey di Tunisi. Scrisse, oltre che di argomenti medici, notevoli aforismi sulla relazione medico-paziente: “chiedi il compenso quando il male è all’acme, il paziente quando è guarito dimentica quello che hai fatto per lui”.
AVICENNA. Abu Ali’ al Hussein ibn Abdallah ibn Sina (980-1037). Persiano, “principe dei medici”, nacque nei pressi di Bukhara. Fanciullo prodigio, a 10 anni sapeva a memoria il Corano. Medico di corte a 18 anni. Viaggiò molto. Buon medico per tutti, ma non per sé stesso: morì a 56 anni, forse in parte perché dedito all’alcol.
Scrisse molto di vari argomenti, ma la sua opera medica più notevole è il Canone, in cinque libri, molto apprezzato per secoli anche in Occidente, libro di testo in molte scuole di medicina, come a Montpellier, dove fu usato fino al 1650.
Tratta dei veleni, della rabbia, della flebotomia, del parto, delle malattie della pelle, del cancro alla mammella.
Nel Canone si indica per la prima volta la tubercolosi polmonare come contagiosa. Il quinto libro dedicato ai farmaci rimase fino al Rinascimento il più autorevole in materia.
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