Che succede?
L’immigrazione è davvero un problema così grande?
di Carlo Rovelli
Corriere della Sera, 9 giugno 2019
Il fenomeno, ovviamente, genera problemi ma irrisori rispetto alla stagnazione economica, alla mancanza di lavoro, alle disparità sociali, alle mafie sanguinarie. Nella furia della polemica, la politica della Lega, ora primo partito d’Italia, viene più volte tacciata di “fascismo”. Per una parte considerevole del nostro Paese, “fascista” è il peggior insulto politico. Per un’altra, non so quanto estesa, evoca quasi nostalgia, se non vanto.
Talvolta i leader della Lega hanno strizzato l’occhio a quest’altra parte, con linguaggio o piccole azioni più o meno simboliche. Ma ci sono davvero somiglianze fra l’attuale politica della Lega e la politica dei partiti fascisti degli anni Trenta, in Italia, Germania e Spagna? Ce n’è una importante. Riconoscerla può essere indicazione utile per chi si oppone alla politica della Lega: la risposta attuale a questo aspetto della politica leghista, infatti, è forse nobile, ma mi sembra politicamente inefficace.
Mi riferisco alla strategia politica che fa di una questione marginale il centro del discorso politico, addita un gruppo minoritario come problema centrale, ingigantisce i problemi che questo gruppo solleva, ne fa il capro espiatorio per le difficoltà del Paese, e raccoglie consenso convogliando rabbia e paura contro di esso. Questo, che è quello che la Lega fa con l’immigrazione clandestina, è stata strategia caratteristica dei partiti fascisti, sfruttata con particolare efficacia dal nazional-socialismo tedesco.
Ovviamente non c’è nulla nella Lega attuale che possa essere paragonato neppure lontanamente all’orrore assoluto del successivo genocidio ebraico. L’idea di un simile paragone sarebbe ridicola. Ma esiste una somiglianza fra l’uso politico del problema ebraico in Germania negli anni Trenta e l’uso politico del problema immigrazione clandestina nell’Italia (e in altri Paesi) oggi. È utile sottolineare questa somiglianza, non per dare argomenti a sterili rituali d’insulto, ma per riflettere sulla strategia di risposta a questa politica.
Vediamo dunque quale sia e fin dove arrivi la somiglianza. All’inizio degli anni Trenta, sconfitta militare, sanzioni economiche, e lo sconvolgimento sociale seguito alla rapida industrializzazione, avevano gettato parte della popolazione tedesca nella miseria. In quel frangente difficile, è emersa una forza politica capace di fare leva su scontento e disorientamento e trasformarli in consenso. Uno strumento di questo successo è stata la costruzione di un’illusione, un capro espiatorio contro cui convogliare paura e rabbia generate dalle difficoltà: la figura immaginaria del perfido ebreo.
Una martellante propaganda è sorprendentemente riuscita a convincere un intero popolo, peraltro colto, che la colpa del disagio fossero gli ebrei. Le difficoltà della Germania non avevano nulla a che vedere con la presenza di ebrei nel Paese; ma la propaganda ha incantato la gente, e tanti si sono convinti che l’ebreo fosse il problema del giorno. Alcuni strati ricchi della società tedesca, non scontenti che masse in miseria dirigessero il risentimento contro il perfido ebreo anziché contro i privilegi, hanno discretamente appoggiato il partito nazional-socialista.
In Italia non c’è la fame della Germania del Trenta. Ma la lunga crisi economica ha soffocato speranze di futuro migliore. L’aumento delle disparità economiche, seguito come altrove nel mondo al crollo del sistema sovietico e alla fine dell’effetto di freno alle diseguaglianze sociali che aveva avuto in Occidente la paura del comunismo, ha creato disagio e scontento. L’incertezza ideologica delle sinistre, spostate su posizioni sempre più conservatrici, ha aumentato il disorientamento politico. In questo frangente difficile è emersa una forza politica che riesce a fare leva sullo scontento trasformandolo in consenso.
Uno strumento di questo successo politico è la creazione di un’illusione, un capro espiatorio immaginario contro cui convogliare rabbia e timori: lo sporco immigrato illegale, che toglie ricchezza agli italiani, crea insicurezza e mette in crisi la nostra civiltà. Una martellante propaganda contro l’immigrato, un ingigantimento mediatico dei piccoli problemi creati dall’immigrazione, stanno incredibilmente riuscendo a convincere un intero popolo, peraltro colto, che la colpa delle difficoltà del Paese siano gli immigrati.
Le attuali difficoltà economiche e sociali dell’Italia non hanno nulla a che vedere con la presenza di immigrati, clandestini o meno. L’effetto generale dell’immigrazione sull’economia, se lo si vuole misurare, è più positivo che negativo. I reati non sono aumentati in Italia, anzi, sono diminuiti. Ma la propaganda incanta, e tanti si sono fatti abbindolare e si sono convinti che il problema dell’Italia sia l’immigrazione.
Alcuni strati ricchi della società italiana, non scontenti che le masse dirigano il risentimento contro lo sporco immigrato anziché contro i privilegi, discretamente appoggiano la Lega. Che gentilmente ricambia proponendo di diminuire le tasse soprattutto ai più ricchi: le tasse con cui si devono pagare i servizi sociali per tutti.
Problemi generati dall’immigrazione esistono, ovviamente, ma sono irrisori rispetto a questioni serie come la persistente stagnazione economica, la mancanza di lavoro, le crescenti disparità sociali, le italianissime mafie sanguinarie, corruzione, evasione fiscale, e diffusa illegalità. Sono ancor più irrisori rispetto a rischi globali come quelli ambientali e di guerre. Eppure la propaganda di televisioni e giornali di destra martella su ogni minima difficoltà generata dall’immigrazione, ne fa esempi paradigmatici, li mette al centro del discorso politico. Un abile gioco di prestigio ha convinto gli italiani che se hanno meno soldi in tasca è irrilevante – per esempio – il fatto che la ricchezza del mondo si concentri nelle mani di pochi Paperoni: è perché un po’ di nullatenenti sono venuti d’oltremare a rubarci il pane. Il partito che gioca questo perfido gioco di specchi diventa il primo partito del Paese.
L’opposizione a questa destra risponde soprattutto facendo leva su commozione, simpatia e indignazione per le sofferenze dei profughi. Condivido commozione, simpatia e indignazione; ma questa non è la risposta politica efficace. È una risposta che contribuisce a ingigantire il problema, e quindi al successo della politica della destra: si polarizza la discussione, spaventando ulteriormente quei molti nostri concittadini che si sono già fatti convincere che sia in atto un’invasione. La risposta efficace, mi sembra, è l’opposta: smontare il castello di specchi creato dalle ridicole grida “al lupo al lupo l’invasione”, riportando la questione immigrazione all’irrilevanza che le è propria.
Mio padre era persona dolce e intelligente. A oltre novant’anni, viveva serenamente. Una badante lo accudiva con affetto. In una delle mie ultime visite, l’ho trovato inquieto. Gli avevano detto che l’autobus che prendeva la badante era pieno di sporchi e puzzolenti neri portatori di orrende malattie, che lo mettevano in pericolo per contagio indiretto. Nonostante la sua intelligenza e cultura, era ansioso per questo pericolo immaginario e assurdo, di cui però tutti parlano nella sua città. Uomo nero, sporcizia, contagio. Oscuri spettri, paure, avevano trovato dove materializzarsi: il nero portatore di contagio.
Come la maggioranza del Paese, papà gli immigrati li incrociava appena, ma la pestilenziale paranoia collettiva generata dalla propaganda leghista era arrivata alla sua serena vecchiaia. “Ci invadono, corrodono i fondamenti della civiltà, distruggeranno tutto, sono terroristi, stupratori; chiudiamo le porte, barrichiamoci, salviamoci, teniamoli fuori. Votate me e vi salverò dal male che invade”.
La sola rilevanza della questione dell’immigrazione è il vantaggio politico che ne stanno traendo Lega e altri partiti di estrema destra in Europa. Trasformare questo problema nel problema centrale è imbambolare i nostri concittadini. Questa, mi sembra es-sere la risposta efficace alla creazione ad arte di un falso problema: mostrare quanto le paure siano ridicole, quanto siano strumentali.
Non siamo ridicoli: la nostra civiltà non è in pericolo per l’arrivo di qualche straniero. I soldi che scarseggiano dalle tasche degli italiani non finiscono nelle tasche di poveracci immigrati: sono magari nelle tasche capienti di famiglie spudoratamente ricche. Convogliare rabbia contro il capro espiatorio immaginario di un invasore è prendere in giro la gente, per interessi di parte. Il messaggio della sinistra, mi pare, dovrebbe essere questo: non fatevi prendere in giro.
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