Per la cura della Casa comune: proteggere la Terra per proteggere l’umanità
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Rassegna stampa etica
- L’enciclica «Laudato si’» compie quattro anni. Rivoluzione culturale (di Vincenzo Conso)
- Il grido della Terra e quello degli ultimi (di Giuseppe Buffon)
- Poche condotte responsabili da parte di ogni individuo sono sufficienti per cambiare rotta. Segnali di collasso dal pianeta (di Grammenos Mastrojeni).
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Rivoluzione culturale. L’enciclica «Laudato si’» compie quattro anni.
di Vincenzo Conso
Il 24 maggio l’enciclica Laudato si’ compirà quattro anni: pochi per una vita, a volte tanti per un documento, ma non per questo documento che mantiene la freschezza originaria e l’attualità di un tema che è sempre presente nel dibattito socio-politico e culturale, anche di questo momento storico. Le sfide che l’enciclica ha evidenziato, infatti, sono tutte presenti anche oggi: pensiamo all’inquinamento generale del pianeta, al problema dello smaltimento dei rifiuti, alla crisi dell’acqua e della biodiversità, ai cambiamenti climatici. Sono problemi che evolvono con molta accelerazione che preoccupa sempre di più e dimostra che la questione ecologica è grave anche per mancata comprensione culturale del problema, nella consapevolezza, come scrive il Papa, che nella realtà «c’è un grande deterioramento della nostra Casa comune» e che «l’attuale sistema mondiale è insostenibile» (Laudato si’ 61). E lo stesso Papa Bergoglio, lo scorso 1° maggio, nel Messaggio per l’evento Economy of Francesco (che si svolgerà ad Assisi nel marzo del prossimo anno) ha scritto che «nella lettera enciclica Laudato si’ ho sottolineato come oggi più che mai tutto è intimamente connesso e la salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali dell’economia mondiale. Occorre pertanto correggere i modelli di crescita incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente, l’accoglienza della vita, la cura della famiglia, l’equità sociale, la dignità dei lavoratori, i diritti delle generazioni future. Purtroppo resta ancora inascoltato l’appello a prendere coscienza della gravità dei problemi e soprattutto a mettere in atto un modello economico nuovo, frutto di una cultura della comunione, basato sulla fraternità e sull’equità».
È anche vero che cresce, nella società e nei cristiani, la sensibilità verso i problemi emergenti dell’ambiente; però l’inquinamento — fa notare il Papa — aumenta nelle varie forme, cause ed effetti: inquinamento atmosferico, del suolo e delle acque; quello industriale e da trasporto; l’inquinamento agricolo, quando l’agricoltura non ha una visione sana e non è quindi sostenibile; quello da rifiuti domestici, clinici, elettronici, radioattivi.
Così come si accentuano i problemi del cambiamento climatico che ha forti ripercussioni sulla stessa agricoltura, sui flussi migratori, sulla fame nel mondo e sulla sicurezza alimentare.
Il Papa indica le cause del cambiamento climatico e i suoi effetti, sottolineando che i diversi soggetti politici ed economici, interessati a conservare l’attuale modello di produzione e consumo, tendono a «mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi» (Laudato si’ 26).
Naturalmente il cambiamento climatico provoca anche la scarsità dell’acqua che, a sua volta, ha forti ripercussioni sulla vita delle persone e sulla biodiversità del pianeta. Per questo è necessario tornare ad una agricoltura sostenibile, che potrebbe essere un obiettivo senza senso se non include la considerazione per la vita umana. Per i cristiani si tratta di migliorare le condizioni naturali in cui ciascun essere umano possa raggiungere la pienezza di figlio di Dio, prendendosi cura della creazione e di ogni persona.
Il Papa ripropone la centralità della politica intesa come lo strumento per realizzare le scelte che vorremmo concretizzare, possibilmente con lungimiranza, prevedendo il futuro e andando oltre le scadenze elettorali. Qui Papa Francesco ripropone la necessità di una governance globale, cioè la necessità della «presenza di una vera autorità politica mondiale» come avevano proposto san Giovanni XXIII e poi Benedetto XVI nella Caritas in veritate, «per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori» (Laudato si’ 175).
Profonda è, dunque, nell’enciclica la preoccupazione del Papa per la Casa comune; non si limita solo all’analisi, ma denuncia con forza la debolezza della risposta politica dei governi e della stessa comunità internazionale, spesso assoggettata ai sovranismi più forti.
Del resto, ci sembra che abbiamo assistito al fallimento degli ultimi vertici mondiali sull’ambiente. Il Papa propone la visione di una ecologia ispirata al bene comune e alla giustizia tra le generazioni, invitando al dialogo fra tutti i soggetti coinvolti. Papa Francesco non propone di bloccare il percorso dello sviluppo, ma indica un nuovo modello di sviluppo, sostenibile, che rimetta al centro di tutto la persona umana, mettendo in discussione l’attuale modello di produzione e consumo, di finanza e commercio internazionale.
Incidere, quindi, sulla qualità dello sviluppo, valorizzando le risorse che abbiamo, la terra, l’acqua, l’agricoltura, il cibo. In pratica, il Papa propone una «coraggiosa rivoluzione culturale» (Laudato si’ 114) cioè un cambiamento di mentalità e direzione, mettendo in atto processi di cambiamento per lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati, come scrive nella Evangelii gaudium del novembre 2013. Un cambiamento di mentalità, dunque, che favorisca il processo di rianimazione dell’economia, attraverso un patto per dare un’anima all’economia di domani, come scrive nel citato messaggio Economy of Francesco.
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Il grido della Terra e quello degli ultimi
di Giuseppe Buffon
«Il mio auspicio è che Taranto diventi un laboratorio di quella ecologia integrale che intende guardare al mondo nel modo più adeguato, dove la dimensione della sostenibilità economica dell’intrapresa non soverchi quella sociale e non vada a detrimento di quella ambientale. La crisi complessa che sta vivendo il mondo e di cui Taranto è emblema, non può trovare delle risposte settoriali: tutto è intimamente connesso».
Le affermazioni pronunciate dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, durante la sua visita a Taranto, per noi, Pontificia Università Antonianum, assumono il valore, non solo di una conferma, bensì di un forte incoraggiamento. Proprio a Taranto, nella sede della Camera di Commercio, lo scorso anno, stimolati da una riflessione di Enrico Giovannini, fondatore dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), e da una di Mauro Magatti dell’Università Cattolica, ponevamo, a un gruppo di imprenditori locali appartenenti all’associazione Costellazione Apulia, alcune domande: «Quali le strategie manageriali adottate per affrontare i costi di un modello di sostenibilità imprenditoriale, che sia rispettoso delle risorse, attento agli effetti del degrado ambientale e sensibile alle conseguenze sulle economie fragili, alle crisi migratorie e alla salvaguardia lungimirante dei diritti delle generazioni future? Quale importanza viene attribuita, nella vostra attività imprenditoriale e dal vostro assetto manageriale, al tema della formazione, con speciale riferimento alle questioni ambientali e di sostenibilità, tanto in ambito produttivo che in ambito di consumi? Quali risorse siete disposti a impiegare a servizio del menzionato impegno formativo?».
Eravamo approdati a Taranto dopo un approfondimento pluriennale su temi dell’ecologia integrale. Il nostro progetto, infatti, aveva avuto origine all’inizio del 2016, quando, all’indomani della pubblicazione della Laudato si’, avevamo interpellato una quindicina di esperti di letteratura, storia, economia, diritto, filosofia, etica, teologia e dialogo interreligioso, chiedendo anche a loro di riflettere sul fondamento francescano della Laudato si’. Il risultato di un lavoro annuale venne condensato in un volume: Omaggio dell’università Antonianum alla Laudato si’. Successivamente era nata la convinzione, che per un impianto scientifico dell’ecologia integrale, fosse necessario dare avvio a una riflessione interdisciplinare, orientata a definire con maggiore chiarezza la natura, le caratteristiche e le modalità teoriche e pratiche di una interdisciplinarietà, capace di orientare un pensiero nuovo e una concezione nuova di sapere, nonché un nuovo umanesimo, atto a indicare vie di soluzione alla crisi ambientale e sociale, dovuta alla inequità, che causa conflitti, disgregazione, scarti.
La questione interdisciplinare è stata recentemente affrontata nel corso di tre seminari dei quali gli Atti sono in fase di preparazione. Nel secondo di questi incontri, svoltosi a Taranto, con l’obiettivo di raccogliere dalle imprese dati utili a potenziare la “conoscenza dal basso”, abbiamo percepito come, in realtà, le imprese non siano solo serbatoi di esperienze economico-lavorative, bensì protagoniste in una società che cerca vie di uscita dalla crisi, e ambientale e sociale. In realtà, le imprese sono i principali soggetti politici di un cambiamento sociale e culturale, in risposta alla crisi medesima. Non l’accademia, dunque, ma le imprese meritano di essere poste al centro di un progetto di cambiamento sociale, cui la medesima accademia deve collaborare in una posizione subalterna, ovvero di servizio all’intrapresa. Si tratta, cioè, a nostro avviso, di avviare una circolarità tra accademia e impresa, tra pensare e agire: vale a dire, di “innescare” un dialogo, che solo può coinvolgere differenti livelli della società civile, per giungere a una governance capace di favorire il bene comune.
Sulla base di queste riflessioni, avviando l’istituzione di un diploma biennale in ecologia integrale, diretto a futuri animatori della “cura della casa comune”, sia a livello di istituzioni educative, sia a livello professionale e imprenditoriale, abbiamo ritenuto necessario inserire, fra le varie iniziative, una tre giorni con gli imprenditori, durante la quale poter operare un trasferimento di esperienze, in grado di generare nuova impresa, nuova economia, nuova società, nuova cultura.
La tre giorni studenti-imprenditori conclude i lavori svolti nell’ambito del master, avviato lo scorso mese di ottobre, dando modo agli studenti di verificare l’efficacia applicativa di nozioni apprese sia nelle lezioni frontali, sia durante laboratori interdisciplinari, offerti sempre da accademici. Per predisporre questa tre giorni conclusiva, finalizzata a favorire l’incontro tra studenti e imprenditori — sensibili alla necessità di trovare nuovi paradigmi economici, lavorativi, sociali e culturali — abbiamo ritenuto, in accordo con il Consorzio Apulia e Askesis, di aprire tre “tavoli di lavoro” per le imprese a Taranto, con sede nella Camera di Commercio cittadina.
L’obiettivo di quest’ultima si dimostra analogo a quello prospettato da Papa Francesco nella Laudato si’. «In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande, per poter discernere se porterà a un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà? In questo esame ci sono questioni che devono avere la priorità. Per esempio, sappiamo che l’acqua è una risorsa scarsa e indispensabile, inoltre è un diritto fondamentale che condiziona l’esercizio di altri diritti umani. Questo è indubitabile e supera ogni analisi di impatto ambientale di una regione» (185).
Proprio sulle questioni che hanno la priorità si è riflettuto nel corso del primo tavolo di lavoro: Da quale situazione ambientale e sociale partiamo per fare impresa? Quali sono i dati dell’ambiente e della società da cui non possiamo più prescindere, quando progettiamo un’iniziativa imprenditoriale? Avere cognizione piena della realtà è indispensabile per non costruire sulla sabbia; è condizione imprescindibile per una imprenditorialità di lunga durata e veramente efficace. Vogliamo credere che l’esercizio della responsabilità di impresa non sia disgiunto dal perseguire una efficacia imprenditoriale: efficacia non solo economica, ma anche sociale, umana e valoriale, nel senso di «orientata a soddisfare pienamente i canoni di felicità», per altro, già indicati dal Fil (Felicità interna lorda).
Nel secondo tavolo di lavoro per le imprese, per il quale si è lavorato con l’aiuto di Simona Beretta, dell’Università Cattolica di Milano, e di Andrea Piccaluga, dell’Università Sant’Anna di Pisa, ci siamo invece soffermati a riflettere sulle nuove economie e sul loro influsso sull’assetto dell’impresa. Inoltre, con l’aiuto di Simone Feder, psicologo e cofondatore del movimento No Slot, della comunità Casa del Giovane di Pavia, abbiamo analizzato anche un aspetto dell’anti-economia, che oggi ancora non si vuole considerare: il gioco d’azzardo, che al genio e alla creatività dell’imprenditoria sostituisce la dea bendata, all’impegno lavorativo e alla responsabilità il destino di una fantomatica fortuna, alla visione di un progetto concernente il futuro, il delirio di una emozione immediata. In vista della formazione professionale degli studenti di ecologia integrale, personale dell’Università e imprenditori ci siamo poi interrogati su una questione che ci accomuna: «Quale collaborazione tra impresa e università? Quale l’apporto degli imprenditori in termini di bagaglio di esperienza, al fine di una più integrale formazione delle nuove generazioni, non solo di tecnici, ma anche di operatori sociali e politici?».
«Si torna a casa con la gioia e la speranza nel cuore dopo due giorni di seminario a Taranto con imprese capaci di futuro». Così scrive un rappresentante dei movimenti ecologisti, Massimo Di Maio, che nell’ottica dell’ecologia integrale, è stato presente con noi a uno dei seminari tarantini: «Grazie di cuore a Camera di Commercio di Taranto, Costellazione Apulia, Consorzio di imprenditori che da anni lavorano alla sostenibilità, Askesis e Pontificia Università Antonianum, l’ateneo francescano che ci ha infuso la gioia del camminare insieme. Ci siamo messi in viaggio verso la realizzazione del progetto di Rete internazionale per l’ecologia integrale. Vogliamo mettere insieme il grido della Terra e il grido degli ultimi. Vogliamo conservare gli ecosistemi ponendo attenzione alle dimensioni umane, sociali e culturali. Il viaggio parte da Taranto, città ferita da un modello economico e sociale che ha devastato l’ambiente e ha colpito la salute delle persone. Ma Taranto è anche una città bellissima, porta verso il Mediterraneo, piena di energie pronte a mettersi in gioco su nuovi paradigmi culturali».
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Poche condotte responsabili da parte di ogni individuo sono sufficienti per cambiare rotta
Segnali di collasso dal pianeta
di Grammenos Mastrojeni
Il pianeta dà segnali di collasso: per quanto vogliamo ignorarlo, la scienza non ha dubbi. Siamo prossimi a dei punti di non ritorno, oltre i quali l’ecosistema che ci dà la vita non può reggere, e il crollo di ogni pilastro dell’equilibrio porterà al crollo a catena degli altri. Le dinamiche sono già evidenti e certificate con rigore dalle scienze. Non possiamo illuderci di separare il destino del genere umano da quello della natura che lo nutre. Carestie, conflitti ed esodi sono già iniziati e verranno sempre più con un clima imprevedibile, su un pianeta che affronta ciò che la scienza comincia a definire la “sesta estinzione di massa”.
Possiamo impedirlo, basta poco, purché si impegnino tutti. Poche condotte responsabili da parte di ogni individuo, famiglia, villaggio, sostenute da scelte coerenti da parte di chi amministra città e nazioni, sono sufficienti per cambiare rotta. E non adottarle sarebbe un paradosso, poiché si tratta di comportamenti e di regole che non hanno un costo e non comportano sacrifici, bensì aumentano la qualità della vita, mentre rafforzano la pace e la giustizia. Basta cercare il proprio benessere integrale: esso coincide sempre con comportamenti sostenibili.
L’idea di un ciclo costruttivo e risuonante fra vero benessere umano e del pianeta — ovvero l’ecologia integrale — comincia a essere applicata dalla politica: nei grandi accordi internazionali, dalle Nazioni Unite, e via dicendo. Ma può entrare a far parte anche delle nostre vite; anzi, deve entrare nel nostro quotidiano perché senza ognuno di noi tutto è perduto. L’ecosistema non reagisce ai trattati, alle leggi, ai tassi di interesse; reagisce a concreti comportamenti di ognuno di noi e quindi, se anche raggiungessimo i migliori accordi e le più straordinarie leggi a tutela della natura, non servirebbe a nulla se noi non ci mettiamo in moto. Noi, gente comune, siamo la soluzione. E se decidiamo di impegnarci, abbiamo tutto da guadagnare.
Un paradigma di come opera questa intima interconnessione coerente viene dalla fondamentale sfida del diritto di tutti al cibo. I cibi di cui si compongono le diete più salutari sono quelli che possiedono l’impronta ecologica più lieve: se si accosta la piramide che indica in che proporzione dovremmo nutrirci di ogni categoria di alimenti per stare bene, a quella del loro impatto sull’ecosistema, coincidono quasi perfettamente.
In altre parole, se noi ci nutriamo nel modo migliore per la nostra salute — diminuendo le proteine animali e nelle proporzioni raccomandate per ciascun gruppo di sostanze nutritive — creiamo sostenibilità e quindi equilibrio ambientale: due piccioni con una fava. O magari, i piccioni sono addirittura tre: se le società dell’agio smettono di accaparrarsi eccessi di proteine animali, creano salute per sé stesse ma anche giustizia umana su scala globale, perché l’eccesso che fa male a noi diventa disponibile per i poveri che invece ne hanno bisogno. I piccioni diventano tre perché una scelta di benessere individuale protegge l’ambiente e corregge una situazione per cui il malessere obeso degli uni è pagato col malessere sottonutrito degli altri.
Una dieta realmente salutare creerebbe equilibrio ecologico ed equilibrio sociale. Oppure, una dieta pensata come rispettosa dell’ambiente, favorirebbe l’equità sociale e il benessere degli individui. O ancora, una distribuzione delle risorse alimentari equa tutelerebbe l’ambiente e favorirebbe la salute individuale: qualunque dei fattori si voglia scegliere come obiettivo, finisce che benessere individuale, giustizia e rispetto dell’ambiente si perseguono tutti assieme e paiono aspetti di un’unica armonia, di un equilibrio coerente. E non è finita qui! Se noi creiamo giustizia — proteggendo noi stessi e la natura — arriviamo anche al traguardo che da sempre cerchiamo e che non abbiamo mai raggiunto, la pace. In un mondo in cui ogni bambino ha il cibo necessario per crescere, studiare, diventare cittadino produttivo e responsabile, c’è meno posto per l’Is, per Boko Haram, per le guerre, per lo sfruttamento e la schiavitù. Questa è l’ecologia integrale e ci riguarda tutti, in prima persona.
Ma la questione del cibo è solo un esempio, un segmento, di un meccanismo molto più vasto e potente. Che dire del rapporto fra autotrasporto ossessivo, inquinamento e malattie della sedentarietà? Dello strano fatto che le attività eco-compatibili tendono a generare più impiego di quelle che degradano l’ambiente? Non sono coincidenze casuali. Si tratta di un meccanismo di portata generale, un moltiplicatore che ci pone in fraternità con la natura. La Terra non ci chiede di rinunciare a nulla, anzi ci indirizza solo a privarci delle derive letteralmente “tossiche”, insalubri oppure ingiuste del nostro modello. Ci dice che condizione della sostenibilità è la salute individuale e collettiva, non la penuria, e che la conseguenza è un gran bel regalo: un po’ più di giustizia e pace.
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Fonte: Osservatore Romano – 23 maggio 2019
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