FORUM DISUGUAGLIANZE: una nuova stagione di giustizia sociale

dfd498d8-364f-410e-8c45-350e103dcc7d
di Fiorella Farinelli, su Rocca.

E’ al presidente Mattarella – a chi altri, in questa fase della politica italiana? – che il 20 marzo scorso sono state consegnate le «15 proposte per la giustizia sociale» elaborate dal Forum Diseguaglianze Diversità, promosso da Fabrizio Barca, economista ed ex ministro del governo Monti. Due anni di lavoro intenso, finanziato tra gli altri da Fondazione Con il Sud, Fondazione italiana Charlemagne, Fonda- zione Uniplus, cui hanno partecipato oltre cento ricercatori e, in decine di seminari e di incontri, organizzazioni della società civile come Action Aid, Caritas italiana, Cittadinanza Attiva, Dedalus Cooperativa Sociale, Fondazione Basso, Legambiente, Uisp.
Il risultato è un ponderoso (ma lo stile comunicativo è fluido e brillante) Rapporto di 160 pagine, fatto di analisi scientifiche puntuali e di proposte. Alcune più prevedibili e altre radicalmente innovative, come quella di far partecipare alla gestione delle imprese non solo le rappresentanze dei lavoratori (come avviene da tempo in Germania) ma anche quelle dei consumatori e dei territori coinvolti, o quella di distribuire a tutti i diciottenni «un’eredità di cittadinanza» di 15.000 euro, senza alcun vincolo di utilizzo. Obiettivo dichiarato, incidere sul dibattito pubblico e sui programmi e sull’azione dei partiti politici.
A convergere sul senso della proposta dichiarando il proprio impegno, i segretari generali di Cgil Maurizio Landini e Cisl Annamaria Furlan, un grappolo di assessori al sociale e al lavoro di città come Napoli, Palermo, Milano, Bologna e di sindaci, professori e rettori, amministratori di imprese, esperti nei diversi ambiti scientifici.

Per lo più positivi anche i commenti comparsi su autorevoli organi di informazione. Della carta stampata – da Espresso e Avvenire, che sono partners dell’iniziativa, al Fatto Quotidiano e al mensile cattolico Vita – e del web, che nelle «15 proposte» hanno riconosciuto una base possibile o un nuovo punto di partenza per la costruzione di un programma di una forza politica di sinistra. Ma quale?

il prisma della diseguaglianza
Sono indubbiamente di sinistra, comunque, la natura e il profilo politico del Rapporto. L’idea che non basti denunciare le diseguaglianze e che sia necessario agire. Che non si possa farlo intervenendo soltanto a valle, con dispositivi risarcitori o redistributivi, ma cambiando le condizioni a monte che hanno prodotto e continuano a produrre l’esplosione delle diseguaglianze. Che un’alternativa esiste e che bisogna costruirla per trasformare i sentimenti di rabbia e di rancore in una nuova stagione di emancipazione che sviluppi la giustizia sociale. Contrastando non una sola faccia del prisma della diseguaglianza – quella delle differenze di reddito – ma le molte che la compongono e che la generano. Le differenze nell’accesso all’istruzione e alla conoscenza, alla sanità, al lavoro. Le disparità di genere. Quelle che riguardano l’aspettativa di vita, la possibilità di ricorrere a farmaci e terapie, il rapporto con le tecnologie. Quelle che, nell’Italia fatta da due Italie, derivano dall’essere nati e risiedere in un territorio piuttosto che in un altro, o dall’essere figli di italiani o di genitori venuti da altri paesi, o dal subire maggiori o minori danni dalle crisi e dai disastri ambientali, o dall’appartenere a una generazione invece che a un’altra.
Perché se è vero che negli ultimi trent’anni a livello globale le diseguaglianze sono significativamente diminuite per l’uscita dalla povertà di centinaia di milioni di cinesi, indiani e di altri paesi in via di sviluppo (ma ci sono ancora più di 30 anni di differenza nell’aspettativa di vita tra un italiano e un abitante del Ghana), nello stesso periodo in Italia e in tutta Europa si sono bloccati i processi di riduzione della forbice iniziati dopo la fine della seconda guerra mondiale. Con addirittura un’inversione di tendenza nel nostro paese, dove siamo tornati a una diseguaglianza di redditi analoga a quella che avevamo negli anni Settanta (e in più, secondo Eurostat, con un indice di diseguaglianza di genere al 43,7 contro il 39,7 della media europea).
In estrema sintesi, se nel 1995 il 10% più ricco degli italiani (pari a 5 milioni di adulti) deteneva metà della ricchezza del paese, nel 2016 ne possiede una quota superiore al 60%. I numeri parlano chiaro. Nel 2017 le persone a rischio di povertà o di emarginazione sociale erano il 29% circa della popolazione, il 12% in condizioni di grave deprivazione materiale, il 14% di povertà relativa. Una cifra doppia rispetto agli anni 80, e con uno spiccato coinvolgimento dei giovani, delle famiglie composte di stranieri, di residenti nelle aree meridionali. E poi, a cascata, le diseguaglianze nell’accesso al lavoro, i differenziali di risultati scolastici, di accesso alla cultura, di capacità di utilizzo delle nuove tecnologie e via andare.

strategia d’intervento
Ma nel documento del Forum l’obiettivo non è fare le pulci, come succede altrove, ai provvedimenti dell’attuale governo, da «quota 100» al «reddito di cittadinanza». Lo sguardo è molto più profondo e più lungo, e il punto di vista presenta un profilo decisamente strategico. Le 15 proposte sono raggruppate in tre campi tematici. Il primo, dedicato a tecnologie, ricerca, innovazione. Il secondo al lavoro. Il terzo all’equità intergenerazionale.
È il primo campo quello che contiene il maggior numero di proposte (10), tutte accomunate dalla necessità di realizzare una maggiore giustizia sociale nell’accesso all’informazione, all’istruzione, al sistema sanitario e ai farmaci; e di tutelare le fasce deboli rispetto non solo all’innovazione tecnologica ma anche a politiche ambientali indifferenti al loro impatto sociale. Evidente, sul tema degli investimenti e degli incentivi ecologici, l’imperativo di renderli sostenibili – conciliando giustizia sociale e ambientalismo – per chi è in situazione economica più svantaggiata. Sono i jilets jaunes ad indicare che politiche anche corrette, come quelle che disincentivano la mobilità stradale basata sugli inquinanti carburanti tradizionali, sono destinate ad essere fortemente contrastate se quel cambiamento finisce col peggiorare le condizioni di vita di settori ampi della popolazione. Analogamente, non si può pensare di sviluppare l’efficientamento energetico degli alloggi, senza incentivi ecologici che siano modulati sulle diverse disponibilità economiche di chi deve sostenerne la spesa.
Ma ricadono in questo ambito anche proposte più complesse e di più difficile attuazione se non in un contesto sovranazionale condiviso, come quelle che puntano a tagliare le unghie ai grandi big del digitale, riducendone la possibilità di esercitare il dominio sulla vita della popolazione. Un dominio economico e culturale tanto più forte quando si esercita su chi ha meno capacità di padronanza culturale e di pensiero critico.

le proposte sul lavoro
Nel secondo campo trovano posto le proposte sul lavoro. Fuori da ogni subalternità alla logica unilaterale del profitto capitalistico, il succo è che si propone di restituire potere ai lavoratori. Con lo sviluppo della contrattazione e l’estensione a tutti i lavoratori delle tutele e garanzie definite dai contratti nazionali. Con l’introduzione di un salario minimo non inferiore a 10 Euro l’ora. Con la democratizzazione del governo e della gestione dell’impresa tramite la partecipazione agli organi di direzione non solo dei rappresentanti dei lavoratori ma anche di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti dagli effetti delle attività produttive, da quelle dei consumatori a quelle dei territori di riferimento. Italsider, Taranto, e mille altri casi insegnano.

equità tra le generazioni
Il terzo campo è dedicato all’equità tra le diverse generazioni («Una generazione lasciata indietro») ed è qui che si trovano le proposte più innovative e anche le più controverse, come emerge da queste prime settimane di discussione. La più importante comporta una riforma dell’imposta di successione, eliminata dal secondo governo Berlusconi e solo parzialmente ripristinata dai governi di centrosinistra (e tuttora significativamente più bassa tra quelle previste nella maggior parte dei paesi ricchi) con cui disporre delle risorse in grado di assicurare una sorta di «eredità di cittadinanza» in forma di 15.000 euro netti ad ogni diciottenne nato in Italia. Universalistica e senza vincoli di utilizzo «per pagare qualsiasi attività in grado di accrescere la libertà sostanziale». La libertà di istruzione non vincolata al luogo di residenza dei genitori, di investire in progetti imprenditoriali costruiti con altri, di «conoscere il mondo per imparare culture e lingue diverse nel solo modo possibile», per avere le chances di crescita e di responsabilizzazione rispetto al proprio futuro che oggi sono solo dei figli delle famiglie privilegiate. Un dispositivo rigorosamente universalistico proprio per convincere a contribuirvi i più abbienti. E per cominciare a restituire alle generazioni più giovani quello che le politiche degli ultimi decenni hanno tolto loro.

una possibile rigenerazione della sinistra politica
Va da sé che questa come altre proposte, più o meno radicali, disegnano un terreno di rigenerazione della sinistra politica proprio perché impongono una svolta netta rispetto al progressivo accomodamento a un esistente che si è finito col considerare come oggettivo e sostanzialmente immodificabile. Ripercorrendo, nel mutato mondo di oggi, i valori dell’eguaglianza, della solidarietà, della giustizia sociale. Di una democrazia dinamica, di una politica orientata non all’accettazione ma alla trasformazione della realtà. Quello che serve per ridefinire, oltre alle politiche programmatiche, un’identità politica riconoscibile e attrattiva. Ma, mentre il Rapporto del Forum Diseguaglianze comincia ad essere conosciuto e dibattuto in molti luoghi della società provocando commenti, interventi, proposte di integrazione e di modifica che vengono inviati ai suoi promotori, si è ancora in attesa di reazioni esplicite da parte dei suoi destinatari principali. Che non sono, come è evidente, il solo presidente Mattarella.
Fiorella Farinelli
————————————-
rocca-09-1-mag2019

- L’illustrazione è tratta da Rocca n. 9 del 2019

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>