I cattolici s’impegnino maggiormente in politica, ispirandosi al Vangelo e alla Dottrina sociale della Chiesa. Non c’è bisogno di un nuovo partito cattolico. Prosegue in Italia e in Sardegna un vasto e appassionato dibattito.
«La politica è una delle forme più alte della carità». Questa frase di Paolo VI è al momento la più gettonata nell’ambito del cattolicesimo italiano impegnato nel sociale. Le ragioni? Sicuramente perché in molte occasioni l’ha rilanciata Papa Francesco nelle sue esortazioni: “Un cattolico può e deve immischiarsi in politica. Dai il meglio, fai politica: ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te”. Ma anche perché rappresenta la sintesi della motivazione profonda che deve animare ogni buon cattolico nella realtà in cui vive.
Su questa tematica si è sviluppato nel Paese un vasto e appassionato dibattito ospitato soprattutto sulla stampa cattolica. Il punto è questo: in quale modo il grande mondo dell’associazionismo cattolico può contare di più nella società? I cattolici si chiedono in sostanza come intervenire in quanto tali nella politica italiana.
Il dibattito odierno è stato favorito dall’anniversario del discorso di Don Sturzo «sui liberi e forti» che dette origine al Partito popolare agli inizi del ’900 e ancor di più è sollecitato dalla Conferenza dei Vescovi italiani (e, per quanto ci riguarda, dalla Conferenza dei Vescovi sardi), perché i cattolici si assumano maggiori responsabilità in politica.
Oggi tutto ciò è necessitato dal fatto che gran parte della politica che si svolge nei palazzi istituzionali e nei maggiori partiti stia andando in direzione opposta ai valori propri del cattolicesimo (ma potremo dire semplicemente umani). Basti pensare alla problematica su accoglienza e migrazioni, dove si assiste a uno scontro con le posizioni della Chiesa. Ma constatiamo, più globalmente, che il mondo è ormai egemonizzato da un’economia neoliberista che produce disuguaglianze e povertà sempre più marcate, o pensiamo alla progressiva distruzione del pianeta, così bene descritta e audacemente contrastata dalla Laudato si’ di Papa Francesco.
Prendiamo felicemente atto che in Italia permane una importante presenza cattolica, articolata e diffusa, la quale mostra insofferenza rispetto alla negazione dei valori cristiani nelle scelte politiche concrete, al di la delle enunciazioni formali. La politica da arte nobile diventa quindi imbroglio e sotterfugio, favorita in questa involuzione dalla comunicazione distorta e dal venir meno dell’etica collettiva.
Come contrastare questa deriva e, se possibile, come invertire la rotta? E perché non basta, anzi a volte è quasi irrilevante, l’attuale presenza di cattolici nelle formazioni politiche e nelle istituzioni?
E non basta l’associazionismo che pure sviluppa poderosi ed efficaci interventi sul sociale, dal volontariato alle iniziative parrocchiali, nella pratica dei principi di sussidiarietà, di cattolica impostazione, ora giustamente costituzionalizzati.
E non basta neppure il magistero di Papa Francesco, in perfetta armonia e a completamento della Dottrina sociale della Chiesa, con le esortazioni scolpite nei documenti papali e ripetute nei quotidiani pedagogici interventi. Purtroppo non si riesce a contrastare l’ondata di xenofobia, dell’odio per il diverso, del clima di paura… che ha preso la società italiana.
E allora: quale è la risposta dei cattolici, che si delinea nel dibattito in questione? Sul campo ci sono diverse proposte, tra le quali riportiamo quelle prevalenti
- Un partito dichiaratamente cattolico sulla traccia dell’esperienza del Partito popolare e della Democrazia cristiana, che rappresenti senza ambiguità i cattolici?
Certo non si può riprodurre il passato, che costituisce solo un riferimento alto e da cui trarre ispirazione e insegnamento. Parliamo della storia di quei partiti e con riferimento al dopoguerra pensiamo a persone di vaglia come De Gasperi, Dossetti, La Pira, Moro, Tina Anselmi, Zaccagnini e tanti altri, che seppero trovare i giusti raccordi con le forze democratiche di diversa ispirazione: comunisti, socialisti, azionisti, liberaldemocratici… per realizzare la grande intesa che portò alla Carta costituzionale della Repubblica Italiana.
Certo, sarebbe una scelta legittima, ma non pare percorribile anche tenendo conto che non gode del favore né della maggioranza dell’Episcopato italiano né del Papa – che peraltro non vuole immischiarsi nelle scelte politiche concrete degli italiani – e perché rischierebbe di essere minoritaria e poco influente una volta che detto partito si cimentasse nella contesa elettorale. Non dimentichiamo infatti che i cattolici italiani votano per una pluralità di partiti, tra questi (purtroppo) anche partiti programmaticamente contrastanti con i valori della Chiesa, non avvertendo contraddizioni tra la politica e la fede. E che pertanto non trasferirebbero facilmente il loro consenso sul nuovo partito.
- Apparirebbe più efficace e da preferire la scelta di stimolare le tante isole dell’impegno cattolico perchè si impegnino a raccordarsi fino a costituire un vasto arcipelago, reale e virtuale. Al riguardo qualcuno parla di «Stati generali» dei movimenti o, come il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, di un «Forum civico permanente», aperto alla società, tra tanti impegnati nei territori. Le priorità incombono, come ad esempio «il lavoro precario e la disoccupazione e il fortissimo decremento delle nascite» e, potremo aggiungere: la tutela dell’ambiente, lo spopolamento dei paesi, le povertà, le periferie, la partecipazione…
Allo stato forse di più non si può fare, se non impegnarsi a moltiplicare le occasioni di incontro e a promuovere robuste e non episodiche attività formative che sappiano coinvolgere i giovani.
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Di queste questioni si sta parlando anche in Sardegna, nella stampa diocesana e non solo, e nei dibattiti come quello che si è tenuto il primo aprile a Cagliari sul tema “Cattolici e impegno in Politica”, su cui torneremmo nelle pagine del nostro periodico.
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Questo intervento è apparso sul periodico Nuovo Cammino della Diocesi di Ales-Terralba in distribuzione da domenica 7 aprile 2019.
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