Verso l’incontro-dibattito “Cattolici e impegno in Politica”. Note introduttive
Le ragioni dell’incontro.
(a cura degli organizzatori)*
L’incontro ha la finalità di suscitare una riflessione a tutto tondo sull’impegno dei cattolici in Politica nel nostro tempo. Lo facciamo partecipando – anche con questa iniziativa – al grande dibattito che si sta sviluppando nel Paese, che non può essere ridotto alla proposta di riedizione di un “partito cattolico”, che peraltro non condividiamo (1). Ma qui non vogliamo parlare solo in termini generali, perché intendiamo misurarci con la nostra realtà di primo riferimento, cioè con l’impegno che caratterizza o dovrebbe caratterizzare i cattolici nella società sarda e nella città metropolitana di Cagliari. Non vogliamo soffermarci sulle diverse esperienze positive (che pur è importante tenere presenti, riconoscendone i meriti anche nell’intento di rafforzare collegamenti e sinergie), vogliamo invece riflettere sulle carenze dell’intervento dei cattolici nel tradurre i valori evangelici nell’impegno sociale, con particolare riguardo all’intervento politico, che ne è un aspetto fondamentale. In questo ambito ci chiediamo il perché le politiche sociali a tutti i livelli (ma qui prendiamo in esame quelli a noi più vicini) siano sempre meno efficaci nel perseguire i principi: eguaglianza, pace, solidarietà, partecipazione, diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto a vivere in un ambiente salubre, diritto alla casa, diritto all’istruzione e alla formazione.
Questi principi non sono in tutta evidenza portato esclusivo dei cattolici, quanto invece di tutte le componenti che per brevità individuiamo in quelle che dettero vita alla Carta Costituzionale italiana, nella fondazione di uno Stato democratico che traeva ispirazione dalla Resistenza e dall’antifascismo. Parliamo dei cattolici, dei comunisti, dei socialisti, degli azionisti, dei liberaldemocratici… avvertendo che l’enumerazione non rende la complessità delle diverse componenti. Basti pensare che fin da allora i cattolici militavano in differenti schieramenti politici, anche se in prevalenza si collocavano nel Partito popolare prima e successivamente nella Democrazia Cristiana.
Sarebbe interessante ripercorrere le esperienze di quel passato. Parliamo invece dell’oggi: come questi principi possono essere declinati nelle scelte politiche? Ecco, qui sta il diritto dei cattolici di differenziare le proprie opzioni rispetto alle diverse formazioni politiche, quand’anche ne facciano parte. Ma fino a un certo punto, cioè fino a quando i programmi e le concrete attuazioni degli stessi non neghino tali principi.
Proviamo a svilupparne alcuni
Le disuguaglianze e i diritti
In tutto il mondo si accentuano le disuguaglianze sociali e aumentano le povertà, mentre assistiamo a una nuova corsa al riarmo e si moltiplicano i conflitti bellici, tale da configurarsi una “guerra mondiale a pezzi”, come l’ha definita papa Francesco. La sopravvivenza dell’intera Terra è minacciata dall’inquinamento e dall’uso sconsiderato delle risorse non rinnovabili, mentre in conseguenza delle guerre e dei cambiamenti climatici masse considerevoli di persone abbandonano i luoghi d’origine e si spostano verso le zone più ricche del pianeta, con costi umani terrificanti (vicino a noi tali tragedie si verificano soprattutto nel mar Mediterraneo) e con l’incapacità dei paesi di destinazione di gestire i flussi migratori.
Nella nostra casa – in Sardegna, nelle città e nei paesi – assistiamo a un progressivo depauperamento delle risorse materiali e, ancor peggio, alla perdita di quelle più preziose: le persone, con l’aumento della disoccupazione, specie giovanile, lo spopolamento delle zone interne e l’emigrazione dei giovani verso altri paesi europei ed extraeuropei.
Questi fenomeni interpellano le coscienze delle donne e degli uomini e necessitano di risposte adeguate e convincenti, individuali e collettive, quali finora non sono state, nell’impegno politico nell’associazionismo e nelle Istituzioni. I cattolici hanno tutti gli strumenti per intervenire in questa situazione per cercare di modificarla verso positivi concreti miglioramenti. A tal fine ispirandosi agli insegnamenti evangelici e alla consolidata e aggiornata dottrina sociale della Chiesa. La presenza dei cattolici, insieme con tutte le altre persone di “buona volontà” – perciò anche con quelle non credenti o di differenti convinzioni religiose, animate da comuni valori etici – si appalesa in modo peculiare nelle diverse forme dell’impegno politico, ricordando l’insegnamento di San Paolo VI, secondo cui il servizio nella polis costituisce la più alta forma di carità (1).
La partecipazione
Il prossimo 26 maggio torneremo a votare per le Elezioni europee. Lo stesso giorno (o in un giorno del mese successivo) si voterà in molti comuni italiani; in Sardegna in 29 comuni (su 377), di cui 24 con popolazione inferiore ai 15000 e 5 con popolazione superiore (Alghero, Cagliari, Monserrato, Sassari, Sinnai).
Teniamo conto di questa circostanza perché il dibattito, anche in questo nostro incontro, deve misurarsi sia su questioni di ampia portata (rifare un partito dei cattolici e altro) sia sulle scelte concrete dell’immediato: come si comporteranno i cattolici in queste scadenze? Poiché ci troviamo a Cagliari è interessante e opportuno calare i nostri ragionamenti anche sull’amministrazione della città. E’ una proposta che facciamo a questa assemblea, con l’unica finalità di organizzare riflessioni che potranno essere riprese e ulteriormente sviluppate in altre auspicabili iniziative.
Innanzitutto il dato della partecipazione elettorale, che nelle recenti scadenze si assesta tra il 50 e poco più del 60%. A Cagliari nelle elezioni del 5 giugno 2016 l’affluenza definitiva è stata del 60,14%, mentre nel 2011 al primo turno fu del 71,44 % (elezioni vinte entrambe da Massimo Zedda). Il dato di affluenza del recente voto regionale è stato dunque inferiore (58,97%) sebbene in incremento rispetto alle elezioni regionali precedenti (53,44%) e in calo rispetto alle politiche del 2018 (68,14%, dato Camera dei deputati). A scoraggiare la partecipazione dei cittadini contribuiscono le leggi elettorali, in particolare la pessima legge elettorale sarda, costruita in modo spudoratamente autoreferenziale dai due maggiori partiti dei raggruppamenti del centro destra e del centro sinistra al fine di spartirsi i seggi senza essere troppo disturbati.
E’ questo un punto importante che vogliamo trattare: gli appelli alla partecipazione dei cittadini alle elezioni non sono credibili in presenza di leggi elettorali che la scoraggiano.
Ecco, i cattolici al riguardo dovrebbero prendere posizione, battendosi per leggi elettorali democratiche, secondo lo spirito della Costituzione. In particolare è pertinente il richiamo all’art.3, comma 2, laddove afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica del Paese.
Quanto ai contenuti della politica non sembra che le scelte politiche neo liberiste di un’economia che uccide siano propriamente in linea con gli insegnamenti evangelici, come ben evidenzia papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium e in tanti altri documenti e dichiarazioni.
Una buona politica non può non costruire percorsi alternativi, anche se difficili, per un’economia al servizio dell’uomo.
Politica dell’accoglienza.
Praticarla oggi è sempre più arduo, eppure è quella obbligata, perfino ragionando egoisticamente, ma per i cattolici dovrebbe essere ovvia, evidentemente nelle forme più adeguate perché possa essere accettata e abbia successo. E, invece, le Amministrazioni di tutti i colori tendono a evitare possibili contrasti con un’opinione pubblica egemonizzata da un risorgente razzismo. Anche l’Amministrazione di Cagliari non è estranea a questa impostazione, considerato la difficoltà di organizzare gli Spraar, non partecipando agli appositi bandi del Ministero degli Interni, ora ridimensionati dalla gestione Salvini.
Sono politiche che non fanno prendere voti, anzi ne fanno perdere. Ma i cattolici che posizioni prendono?
Le periferie.
La città per l’opera delle ultime amministrazioni è diventata più bella e più attrattiva anche per i flussi turistici, ma non sembra che ci sia stata un’adeguata politica per le periferie. Non disconoscendo gli interventi di riassetto urbanistico operati anche nelle periferie, tuttavia si lamenta la scarsa attenzione ai problemi della qualità dell’abitare, che nelle periferie non è affatto migliorata in questi ultimi decenni. Drammatico è il venir meno di relazioni di solidarietà tra le persone, con il contrarsi delle occasioni di socialità libere da finalità di lucro o diverse da appuntamenti nei quali le persone non “partecipano”, essendo presenti quasi esclusivamente come spettatori, fruitori passivi.
Non disconosciamo il valore dei progetti di grande portata e di consistenti dotazioni finanziarie dedicati alle periferie: per Sant’Elia o per il quartiere di Sant’Avendrace (fondi governativi), o per San Michele e Is Mirrionis (ITI, fondi europei), ma lamentiamo le lungaggini attuative e le gestioni verticistiche degli stessi, senza un vero coinvolgimento delle popolazioni.
Le politiche sociali. Si ha la sensazione che vengano in parte consistente delegate alla Caritas, che pur meritoria e allo stato indispensabile, non può e non deve coprire tutte le necessità dei ceti meno abbienti.
Una politica di ispirazione cattolica può adagiarsi a questo stato di cose? In questa sede abbiamo proposto sono solo alcuni esempi come terreno concreto di discussione che deve misurarsi con le impostazioni di fondo e di più ampia portata.
Ci interroghiamo anche sullo stato di consapevolezza dei cattolici italiani sulla disponibilità all’impegno in Politica.
Lo facciamo riportando le conclusioni di un interessante sondaggio realizzato dall’Istituto Demopolis su un campione di 1200 maggiorenni cattolici, pubblicato da Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 , consultabile su web (2). “Al centro dell’inchiesta se e come, in quale misura, il cattolicesimo italiano sia disponibile ad accogliere l’appello di Papa Francesco perché una nuova generazione di cattolici si impegni in politica per il bene comune. Un appello che viene recepito in blocco dal 90% degli intervistati”. In estrema sintesi il cattolico disegnato da questa indagine “mette al centro delle proprie preoccupazioni i giovani, la costruzione della famiglia, l’idea di una comunità solidale con i più deboli, aperta ai nuovi italiani e ad una trasformazione dell’Italia in una società multietnica e multiculturale. Vuole meno tasse e sa che la corruzione e la clientela distruggono le possibilità di una crescita sana e sostenibile della società e del Paese. Tuttavia ha perso di vista alcuni capisaldi della dottrina cattolica sui temi cosiddetti ‘non negoziabili’, aprendo a sperimentazioni su embrioni e all’eutanasia”.
Qualità della classe politica e impegno nella formazione delle persone.
Dedichiamo infine un passaggio alla necessità che la società disponga di una classe di politici preparati. Al riguardo nel messaggio prima delle recenti elezioni i Vescovi sardi sono stati espliciti (3): siano i cattolici “disponibili a candidarsi a far parte della classe dirigente, con sapiente valutazione delle proprie capacità e delle possibilità oggettive di impegno”. Ma, si dirà: sono molti i cattolici già impegnati in politica, in quasi tutti gli schieramenti nella rilevante differenziazione che il venire meno del “collateralismo” ha facilitato. Ciò nonostante sembra proprio che i Vescovi ritengano insufficiente tale impegno, in quantità e qualità, tanto è che sostengono: “la classe politica ha sempre più bisogno, anche al di là delle candidature proposte dai partiti, di persone competenti e preparate, di provata esperienza amministrativa, di moralità indiscussa, di spirito di servizio e di distacco da interessi personali e di casta”. Se tanto affermano è perché probabilmente intendono “stanare” una quantità, allo stato imprecisata, ma sicuramente numerosa di persone con le qualità che hanno ben evidenziato. Detto con una definizione suggestiva ritengono esista in ambito cattolico (e non solo) una sorta di “esercito di riserva della democrazia” da mettere in gioco per il bene della Sardegna. Verosimilmente tra queste persone vi sono coloro che praticano (o perlomeno non si oppongono a) quel “persistente astensionismo” che preoccupa i Vescovi, mentre, al contrario, le stesse avrebbero il “dovere morale di partecipare con responsabilità e piena consapevolezza ai prossimi appuntamenti elettorali” e, in generale, alla vita politica. Non bisogna poi fermarsi allo stato delle “risorse disponibili”, occorre creane di nuove; infatti i presuli intendono impegnarsi maggiormente nella “formazione della coscienza politica del laicato”, lasciando intravedere al riguardo il rilancio di scuole di formazione e di altre pertinenti iniziative culturali aperte e in collegamento con tutte le organizzazioni laiche democratiche.
Conclusioni?
Speriamo emergano maggiore consapevolezza dei problemi della nostra società e rinnovati impegni dei cattolici e di tutte le persone di buona volontà anche stimolati da questo nostro incontro.
—————————–—Note————————–——
(1) Lo stato del dibattito è ben sintetizzato da un articolo di Ritanna Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). (2) Su Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 (ripreso da Aleteia): https://it.aleteia.org/2013/10/24/i-cattolici-pronti-ad-impegnarsi-in-politica/ (3) MESSAGGIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SARDA ALLE CHIESE E ALLA SOCIETÀ DELLA SARDEGNA. «GIOVANI, LAVORO E SPERANZE PER IL FUTURO» del 29 ottobre 2018 (su Aladinews del 10 novembre 2019: https://www.aladinpensiero.it/?p=89392
———————————————————————-
* Gli organizzatori
- Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro;
- Associazione Amici Sardi della Cittadella di Assisi;
- Progetto Policoro.
Cattolici e impegno in Politica
di Gianni Loy
Il mese scorso, il 14 di febbraio, di giovedì, il Vescovo ausiliario dell’archidiocesi di Managua, capitale del Nicaragua, si è recato al capezzale di un vecchio di 94 anni ricoverato nel locale ospedale per invocare la sua benedizione. Papa Francesco non smette mai di stupire: è in questo modo, con questa forma, che ha deciso di revocare la sospensione a divinis che, nel 1984, Giovanni Paolo II aveva inflitto ad uno straordinario sacerdote di nome Ernesto Cardenal.
La notizia mi ha fatto ripiombare in un passato che sembrava lontano e dimenticato. Ho avuto modo di conoscere da vicino l’esperienza della rivoluzione sandinista e di restare affascinato dall’esperienza di un sacerdote, un poeta, candidato al premio Nobel nel 2005, un affermato teologo che amava vivere nella natura, nel primitivismo, nel silenzio di una comunità da lui fondata, in un’isola del lago di Managua, Solentiname. Quel sacerdote era diventato il ministro (della cultura) nel governo rivoluzionario che aveva abbattuto il dittatore Somoza e che contava altri due sacerdoti tra i suoi ministri.
Mi ritorna alla mente il complicato intreccio tra fede e politica. Diceva di lui un altro straordinario poeta, Padre Davide Maria Turoldo: Quell’uomo sta facendo la rivoluzione del Nicaragua … una rivoluzione a suon di salmi, nella luce dell’antico Esodo … E sono stati questi suoi canti che hanno infiammato le coscienze, che hanno sollevato il popolo: quasi avessero i poveri udito di nuovo la Voce parlante dalle fiamme dell’antico Roveto che nel deserto continua ad ardere senza consumarsi. [segue]
Mi ritorna alla mente anche Tonio Castro, parroco di una parrocchia di Managua, che conciliava il proprio impegno pastorale con la militanza politica nel partito sandinista. Anch’egli si ispirava all’Esodo, mi parlava dell’esperienza storica che si consumava in quegli anni, paragonandola alla traversata del deserto. Aveva edificato il pulpito della sua chiesa con i sanpietrini che i rivoluzionari avevano divelto dalle strade per innalzare le barricate durante la rivolta contro Somoza. Ricordo che una sera, durante la celebrazione eucaristica della Chiesa del popolo, quella che si ispirava alla teologia della liberazione, al momento dell’offertorio, tra gli altri doni, fu presentata all’altare una mitragliatrice. Era difficile da comprendere, i fedeli la offrivano perché rappresentava uno strumento per difendere il popolo dai suoi oppressori.
I cattolici erano presenti in massa in quel concitato periodo della vita del Nicaragua, ma non tutti stavano dalla stessa parte. L’arcivescovo di Managua, Obando Bravo, che pure aveva inizialmente sostenuto la rivoluzione sandinista, si era schierato duramente contro il Governo sandinista e tollerava l’attività degli Stati Uniti che sostenevano ed armavano l’opposizione contro il governo, i contras.
Obando Bravo, nel rientrare a Managua dopo esser stato nominato cardinale da Giovanni Paolo II, nel 1985, fu accolto da una imponente manifestazione di cattolici che, con lui, si schieravano contro il governo sandinista definendolo “comunismo senza Dio”.
Potrebbe apparire tutto normale. Ma c’è un episodio che non dimentico e che ancora mi fa riflettere. Don Tonio Castro mi aveva riferito che l’arcivescovo non si recava in visita pastorale nella sua parrocchia. Il perché era evidente: ciascuno di essi, il vescovo ed il parroco, erano impegnati in due fazioni opposte ed inconciliabili. Ed invece, Tonio Castro si era recato dall’arcivescovo e gli aveva detto: tu sei l’arcivescovo, il pastore di questa diocesi, ed è giusto e doveroso che tu venga in visita pastorale in tutte le parrocchie dove si riuniscono i fedeli dell’unica Chiesa di Cristo.
Se si pensa che, in quegli anni, era in corso uno scontro armato tra due concezioni politiche che, per un verso o per l’altro, coinvolgevano pesantemente il mondo cattolico, non è facile comprendere il mistero dell’unità della Chiesa all’interno di una drammatica lotta politica, ed armata, che divideva fedeli e famiglie.
Ma non è di storia che parlo. E’ Papa Francesco che, recentemente, ha invitato i cattolici a ritornare all’impegno politico. Con le parole di Paolo VI, ha ricordato che “la politica è una delle forme più alte della carità”. Non si può guardare dal balcone, ha detto: “Immischiati lì. Dai il meglio, fai politica: ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te”. E non pensava affatto al partito solo dei cattolici, “perché non serve e non avrà capacità convocatoria”. Ma un cattolico, insiste Papa Francesco, “può e deve immischiarsi in politica”.
Nel riflettere sul dovere di un rinnovato impegno dei cristiani in politica, forse aveva in mente anche l’esperienza di quei tre sacerdoti, che si sono immischiati sino in fondo nell’impegno politico finalizzato alla liberazione ed al benessere del popolo, ma senza con ciò abbracciare un’altra fede.
Ernesto Cardenal è un esempio, ha sostenuto un progetto politico, compromettendosi personalmente, sinché coincideva con il suo ideale di credente; poi, quando gli è sembrato che non corrispondesse più ai suoi ideali, non ha avuto alcuna remora a criticarlo ed a prenderne le distanze.
Conservando la sua anima di poeta, di persona semplice, di uomo di fede che così predicava il vangelo: “L’uomo è stato creato per l’amore; soltanto per amare il suo creatore. E tutto il tempo che non impiega in questo amore, è tempo perduto.“
[…] Di queste questioni si sta parlando anche in Sardegna, nella stampa diocesana e non solo, e nei diba… Questo intervento è apparso sul periodico Nuovo Cammino della Diocesi di Ales-Terralba in distribuzione da domenica 7 aprile 2019. […]
[…] mi sono comunque astenuto da qualsiasi critica alla persona, preferendo parlare di contenuti (vedi il documento dell’iniziativa Cattolici e Politica). Ho appoggiato senza riserve Francesca Ghirra, dalla scelta delle primarie in poi, spiegandone i […]