Che succede?

feltrinelli-9-3-19 ECONOMIA PER L’AMBIENTE
Ecologia ed economia hanno la stessa radice: derivano dal termine greco oikòs, casa, che rimanda alla gestione della “casa dell’uomo”, cioè l’ambiente. Contrariamente alla vulgata secondo la quale per tutelare l’ambiente si debba rinunciare alla crescita economica, e viceversa, ambiente ed economia mostrano una stretta connessione.
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Secondo le stime pubblicate su Nature, se non invertiamo la rotta il riscaldamento globale avrà un effetto diretto sull’economia, causando un dimezzamento della produzione mondiale, non solo nei Paesi poveri ma anche in quelli ad alto reddito (Financial Times). E i dati sullo stato di salute della Terra non sono confortanti: come evidenzia l’ultimo report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), in soli 11 anni la temperatura globale potrebbe aumentare di un grado e mezzo, con impatti disastrosi. Ecco perché serve un impegno immediato da parte della politica, dell’industria e della finanza (National Geographic). E lo sciopero per il clima del 15 marzo è un’opportunità per i politici per ritrovare una nuova missione ecologica globale (Linkiesta).

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Beni comuni
Il modello di sviluppo che conosciamo non regge più. I grandi attori internazionali non possono non tenere conto delle sfide che ci aspettano, scrive l’ex ministro Enrico Giovannini. Da dove partire? Il primo passo è quello di considerare il peso del capitale naturale nel quadro dei modelli economici di sviluppo. Nella pubblicazione Capitale naturale emerge la necessità di una nuova consapevolezza dei sistemi naturali intesi come beni comuni da valorizzare attraverso una visione di lungo corso da parte dei legislatori e un nuovo impegno della filiera produttiva. Il Secondo rapporto sullo stato del capitale naturale in Italia mira proprio a integrare la tutela ambientale nei processi decisionali politici.
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In prima linea
Ma la soluzione potrebbe arrivare anche dal basso, grazie alla collaborazione tra la comunità locale e la comunità scientifica. Come racconta il giornalista Donovan Hohn a proposito della contaminazione batterica dell’acqua a Flint, in Michigan, i primi a denunciare sono stati i cittadini, che hanno ottenuto poi credibilità grazie al sostegno degli scienziati, trasformando una storia locale in un caso di interesse globale. «Ci sono problemi ambientali in ogni comunità», spiega Donovan. «I cittadini hanno il ruolo cruciale di testimoni per innescare e attuare il cambiamento».
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GOVERNARE LE RISORSE
Il processo di regolamento delle risorse naturali è iniziato nella seconda metà dell’Ottocento e proprio l’acqua è stata oggetto delle prime riflessioni. Nel 1898, su La Riforma Sociale, Luigi Einaudi proponeva una riflessione sul bisogno di regolare opportunamente l’uso delle risorse idriche italiane destinate all’industria. Partendo dalla legge approvata in Ontario, Einaudi suggeriva una gestione statale e non privata delle acque pubbliche. “La tutela delle forze idrauliche nell’interesse nazionale”, scriveva, costituisce il primo atto “contro l’infausta politica che nel periodo di formazione dello Stato italiano ha sperperato (…) il magnifico nostro demanio terriero a vantaggio unicamente del latifondismo neghittoso e con danno grave delle popolazioni di campagna”.

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Obiettivo: circolarità

Più di 120 anni dopo, l’Italia sembra aver messo in campo buone pratiche nell’uso efficiente delle risorse, nel consumo e nella gestione dei rifiuti. Secondo il Primo Rapporto nazionale sull’economia circolare di Enea e Circular Economy Network, il nostro Paese si piazza al primo posto nella classifica europea con 103 punti (Il Sole 24 Ore). Il riciclo dei rifiuti è pari al 67%, ma lo smaltimento in discarica, ancora fermo al 25%, è ancora troppo alto. Serve una strategia nazionale, unita a una visione politica che miri a un vero e proprio cambiamento profondo del modello economico, non solo nella produzione industriale ma anche nel mondo della finanza (Valori).

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RIPENSARE GLI INVESTIMENTI

Il mondo finanziario appare in effetti sempre più consapevole della centralità di un modello economico sostenibile, e non solo per motivi di marketing. Con l’espressione finanza green si indica proprio quell’insieme di investimenti che coinvolgono prodotti finanziari che incoraggiano lo sviluppo di un’economia sostenibile (Unenvironment.org). Ma se secondo il report delle Nazioni Unite, nel mondo gli strumenti di finanza green sono raddoppiati dal 2013 al 2017 (da 131 a 267), in Italia si procede a rilento. Il rapporto “Finanza sostenibile ed economia circolare” redatto dal Conai svela come l’accessibilità di risorse finanziarie per scopi di economia circolare da parte delle PMI italiane è ancora molto bassa, al punto che il 65% delle iniziative è autofinanziato.

La proposta europea
In Europa intanto si stanno facendo passi avanti. La presidenza rumena e il Parlamento europeo hanno appena raggiunto un accordo preliminare per creare una nuova categoria di indici finanziari che diano maggiori informazioni sull’impronta di carbonio di un portafoglio di investimento. A Parigi, invece, oltre 600 politici ed esperti hanno sottoscritto il Patto Finanza-Clima: tra gli obiettivi, la creazione di una Banca europea per il clima e la biodiversità e di un fondo da 100 miliardi di euro per erogare sovvenzioni che facilitino la transizione ecologica.
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…e quella americana
Dagli Stati Uniti arriva invece il Green New Deal, proposto dai Democratici Alexandria Ocasio-Cortez ed Edward Markey. Nell’America di Trump, che mette persino in discussione il riscaldamento globale, la grande novità del “patto” è il suo “realismo ambientale” (New York Times). Ovvero la visione di insieme tra politiche economiche, del lavoro e ambientali, che evidenzia la stretta connessione esistente tra ciò che si decide sul clima e i risultati sul fronte occupazionale e l’ordine politico del futuro: tematiche ambientali e politiche macroeconomiche non possono essere separate.
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