Oggi sabato 16 febbraio 2019
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Autonomia differenziata: non serve la difesa dell’esistente
16 Febbraio 2019
Tonino Dessì su Democraziaoggi.
Continuiamo la riflessione sul tema caldo dell’autonomia differenziata con questo contributo, come sempre fuori dal coro, di Tonino Dessì.
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Autonomia, ora lo scontro è sul ruolo del Parlamento. Fico e Conte: “Sia centrale”. Ma la Lega: “E’ ora di concludere”. Da Il Fatto quotidiano.
Il presidente M5s della Camera e il premier in difesa del ruolo dell’Aula nella discussione dei ddl: le bozze circolate nelle scorse ore erano state definiti inemendabili, ovvero non modificabili, dai parlamentari. Il Carroccio però spinge per chiudere la partita in fretta. Ora anche la Campania ha fatto domanda per l’autonomia differenziata per ambiti che vanno dal lavoro al commercio con l’estero passando per tributi e istruzione.
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L’autonomia delle regioni del Nord è l’ennesima patacca gialloverde (ma il Sud piange lo stesso). Di Francesco Cancellato, direttore de LINKIESTA.
No, Lombardia e Veneto non avranno mai risorse aggiuntive. No, il Sud non ci perderà mai un centesimo. Eppure, Zaia esulta e i governatori meridionali si preparano alla guerra. Cronache da un Paese in cui il dibattito è sempre più avulso dalla realtà.
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Che l’autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sarebbe diventato il nuovo terreno di scontro tra Lega e Cinque Stelle era abbastanza prevedibile. Primo, perché i due partiti di governo, voti alla mano, rappresentano ciascuno un pezzo d’Italia: la Lega è egemone al Nord, i Cinque Stelle prendono buona parte dei loro voti al Sud. Secondo, perché la Lega sta crescendo (e molto) al Sud proprio a discapito del Movimento Cinque Stelle. Niente di nuovo sotto il sole, quindi.
Semmai, per noi che stiamo nel mezzo, la questione è un’altra. Cambierà qualcosa con l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, così com’è concepita? Risposta: no, non cambierà nulla. Semplicemente, i soldi che lo Stato allocava per occuparsi di materie di sua competenza, li trasferirà a Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna che si occuperanno delle medesime materie, secondo il principio del costo storico, per i prossimi cinque anni almeno. Regioni che dovranno assumere personale aggiuntivo, visto che gli statali rimarranno statali e non saranno licenziati, ovviamente. Personale che rimarrà in capo alle regioni anche se e quando si passerà ai costi standard, cosa che peraltro non avverrà mai, visto che non esiste mezzo criterio per stabilire quali siano i costi standard di qualsivoglia prestazione, e persino i leghisti, a microfoni spenti, ammettono che non sanno nemmeno come si farà a definirli. Il conto della serva finale, quindi, è che le neo-regioni autonome dovranno spendere di più con gli stessi soldi a disposizione. Tradotto: per finanziarsi dovranno aumentare le tasse regionali. Da applausi.
Fa ridere, quindi, vedere Zaia e Fontana che esultano. Fa ridere che le regioni del Sud piangano miseria nonostante non verrà tolto loro nemmeno un nichelino. Fa ridere vedere la Lega e i Cinque Stelle che fanno della partita un motivo di conflitto artatamente costruito per rubarsi elettori. Fa ridere il Pd che contemporaneamente sta dalla parte delle regioni autonomiste con l’Emilia – Romagna guidata da Stefano Bonaccini e grida alla fine dell’unità nazionale coi suoi governatori del Sud, Vincenzo De Luca in testa
Fa ridere, quindi, vedere Zaia e Fontana che esultano, quando invece dovrebbero essere incazzati come dei tori. Fa ridere che le regioni del Sud piangano miseria nonostante non verrà tolto loro nemmeno un nichelino, anziché tirare un sospiro di sollievo. Fa ridere vedere la Lega e i Cinque Stelle che fanno della partita un motivo di conflitto artatamente costruito per rubarsi elettori. Fa ridere – anzi, fa piangere – il Pd che contemporaneamente sta dalla parte delle regioni autonomiste con l’Emilia-Romagna guidata da Stefano Bonaccini e grida alla fine dell’unità nazionale coi suoi governatori del Sud, Vincenzo De Luca in testa. Con l’Emilia che va al voto tra qualche mese e che rischia di passare al centrodestra, sentiamo aria di capolavoro politico.
Il risultato, in ogni caso, è l’ennesimo dibattito surreale. Discutiamo di reddito di cittadinanza come se fossero soldi gettati dall’elicottero ai fannulloni quando invece è una flexecurity tra le più blande d’Europa, per altro finanziata con quattro spiccioli. Discutiamo di Quota 100 come se fosse la rottamazione della legge Fornero quando invece è uno scivolo pensionistico finanziato per tre anni, peraltro con una discreta dose di penalizzazioni. Discutiamo di autonomia regionale come se fosse la fine dell’unità nazionale e una specie di secessione dei ricchi, quando invece saranno i ricchi lombardo-veneti a dover pagare di più per gli stessi servizi di cui già fruiscono. Il giorno in cui la realtà tornerà al centro del dibattito pubblico sarà un un gran giorno, per l’Italia.
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