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Newsletter n. 136 dell’11 febbraio 2019
I PESCI CI SONO

Cari amiche e amici,
Nei Vespri di sabato scorso, il Vangelo di Luca raccontava di un’occasione in cui c’era una grande folla, e c’erano dei pescatori, solidali tra loro, “compagni” che si aiutavano da una barca all’altra, ma erano anche un po’ disperati perché non prendevano niente, per quanti sforzi facessero, faticando anche tutta la notte; e dunque non c’era da mangiare, né pesce né altro, per loro e per tutta quella folla che faceva ressa. Eppure il lago era pieno di pesce, bastava prenderlo dov’era e saperlo prendere, e allora ce ne sarebbe stato tanto per tutti, fin quasi al rompersi delle reti. E anche Dio era lì, se riaccese le loro speranze di pescatori , tanto che ci provarono ancora, e se Gesù disse a Simon Pietro che sarebbe diventato “pescatore di uomini”, togliendogli la paura e dandogli, al di là del suo lavoro quotidiano, un’altra vocazione, un più alto vivere. Queste cose devono essere accadute veramente, è difficile prenderle solo come un’allegoria, perché se non fossero accadute tutta una storia successiva non ci sarebbe stata, e Pietro non sarebbe ancora lì, senza paura, a fare “il pescatore d’uomini”. Perciò è importante quando le cose accadono.
La mattina di sabato scorso a piazza san Giovanni a Roma c’era una grande folla, erano lavoratori anche loro, e tutti erano solidali tra loro, di nuovo i sindacati tutti insieme, erano compagni che volevano aiutarsi l’un l’altro, fissi o precari, disoccupati e pensionati, nativi e stranieri, ed erano tutti anche un po’, e anzi molto disperati, perché soffrivano che non ci fosse lavoro, e redditi, e diritti e cittadinanza per tutti, e vedevano un futuro da far paura, perfino per la stabilità del mare la clemenza del clima e la maternità della terra.

Ma Dio c’era? Se “Dio c’è”, certamente era anche lì. Se può stare dentro una singola persona (tanto che Simon Pietro, sentendosi peccatore, disse, letteralmente a Gesù “esci da me”, tradotto poi in “allontanati da me”) come poteva non stare in una piazza con 200.000 persone, santi e peccatori, corpi di uomini e di donne, di figli e di madri, con i loro dolori, fatiche, amori, disperazioni ed attese?

Ma che cosa può esserci di comune tra quanto raccontato a sera nei Vespri e quanto accaduto quella mattina di sabato 9 febbraio? Ci può essere di comune che a segnare il passaggio da una condizione ad un’altra, dalla disperazione alla speranza, da una vita catturata dalle difficoltà e dalle necessità materiali a una vocazione ulteriore, a un realizzarsi più pieno delle persone, a una felicità possibile, ci sia di mezzo una parola che cambia le cose. Al mare di Galilea c’è stata la parola, la predicazione di Gesù. Ma a piazza san Giovanni sono state dette parole capaci di cambiare le cose, sono state dette parole di vita?
Lo dirà il futuro, certo l’obiettivo che lì è stato posto è stato di far partire tutti assieme il processo di una nuova intelligenza politica che porti a una nuova dignità e pienezza di vita non solo in Italia ma in Europa e perfino nel mondo, che porti a un sistema che non lasci indietro nessuno e mutando le priorità salvaguardi anche la casa comune di tutti. L’obiettivo è quello di nuove politiche perché “al centro torni la persona, al centro torni il lavoro, ma non un lavoro qualsiasi” che lasci poveri i poveri, li metta in competizione tra loro, tolga loro il futuro o addirittura la vita. Certo a sentirle gridate dagli altoparlanti su tutta la piazza e in molti telegiornali, sono risuonate parole nuove. È stato invocato anche un cambiamento del linguaggio, che non “crei la paura”, che non lucri sulle difficoltà, sulle solitudini, ma soprattutto si è invocato un cambiamento di mente: “Ci sono quelli – mi permetto di dirlo, ha esclamato il leader sindacale – che in questo periodo hanno seminato l’odio, il rancore, un linguaggio violento, noi stiamo seminando qualcosa di molto più importante perché noi stiamo seminando la solidarietà, l’idea della fusione, l’idea della giustizia e anche l’idea della speranza che le cose si possono cambiare”: e che lo si faccia con la persuasione, con la trattativa, con la partecipazione, tutti insieme, ma senza fermarsi perché occorre giungere fino alla raccolta dei frutti di quanto oggi è seminato.
Ma dove sono le risorse, dove sono i soldi per fare tutto ciò? Questa è l’obiezione del sistema, dove sono i pesci? “È semplice”, rispondono il sindacato e la piazza. “i soldi bisogna andare a prenderli dove sono. E non è vero che non ci sono, questo è un Paese che ha 120 miliardi di evasione all’anno” (ci si potrebbero fare quattro o cinque finanziarie|). Ma è anche “un Paese dove il 90 per cento dell’IRPEF la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati; ed è aumentata la diseguaglianza, i ricchi sono più ricchi e i poveri non solo rimangono poveri ma anche quelli che non lo erano, lo sono diventati”. Dunque i pesci ci sono, basterebbe, credendoci, gettare le reti e ben distribuirli tra tutti.
- www.chiesadituttichiesadeipoveri.it

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