Natale
Gli amici sono angeli, non solo a Natale
di Raffaele Deidda
Si avvicina il Natale, la festa più sentita e attesa dell’anno non solo dai credenti. Che si è però trasformata in uno stress che impone regali da comprare, auguri da inviare, parenti da andare a trovare o ricevere, cenoni da organizzare. Tanto da sembrare un lavoro più che una festa, un impegno che occupa energie fisiche e mentali fin dall’apparire in TV dei primi spot di panettoni e pandori. È anche il periodo in cui le Associazioni umanitarie e del volontariato lanciano appelli perché lo spirito del Natale raggiunga, con donazioni in danaro e in beni di prima necessità, i più bisognosi. A fronte di milioni di persone che spendono i loro soldi nell’irrazionale paradosso del regalo perfetto e spesso poco utile.
Ci si ripete che i regali sono soprattutto ciò che va oltre il pacchetto e il suo contenuto, che il vero scambio di doni attiene alla cortesia, all’affetto, all’attenzione reciproca. Non si riesce però a sfuggire all’idea che il regalo di Natale sia un dovere, un oggetto attraverso cui ci sente misurati e valutati. Da qui lo stress, che trasforma la valenza di gradevolezza del dono in una fonte di ansia. Basta recarsi già in questi giorni in un centro commerciale o camminare nelle strade del centro città per poter osservare l’ansia collettiva, compulsiva, da acquisto del regalo di Natale. Tornano allora alla mente storie “piccole” ma grandi nel loro significato e nel messaggio che trasmettono. Come quella, spagnola, del bambino e della bambola. Si, un bambino e non una bambina, che non aveva i soldi per comprare una bambola.
Una signora, per l’appunto in preda all’ansia da regalo, era entrata in un centro commerciale per acquistare i “pensierini” natalizi. Intorno a lei tantissime persone, una folla, in preda alla stessa ansia. La signora pensava con fastidio al tempo che gli acquisti le avrebbero portato via e quasi avrebbe voluto addormentarsi e svegliarsi direttamente dopo le feste. Entrò comunque nel reparto giocattoli e subito si stupì dei prezzi incredibilmente alti di questi. Si chiese anche se i suoi nipotini avrebbero davvero giocato con quei pupazzi e con quelle macchinine se lei glieli avesse regalati. Di fronte ad uno scaffale vide un bambino di circa 5 anni che teneva in mano una bambola e le accarezzava i capelli con tenerezza. Avrebbe voluto chiedere al bambino a chi intendesse regalare quella bambola ma arrivò una donna che il bambino chiamò “zia”. Ascoltò la loro conversazione. Il bambino chiese: “Zia, sei sicura che non mi bastino i soldi per comprare questa bambola?” La donna rispose, un po’ rude: “Lo sai benissimo che non hai i soldi sufficienti”. Poi la donna disse al bambino di aspettarla lì dove stava mentre lei avrebbe proseguito gli acquisti.
Il bambino, con l’espressione rattristata, continuò a tenere in braccio la bambola. La signora gli si avvicinò e gli chiese a chi avrebbe voluto regalarla. Rispose: “E’ la bambola che mia sorellina avrebbe tanto voluto che Babbo Natale le portasse”. La signora per rasserenarlo gli disse che, allora, sicuramente, Babbo Natale gliel’avrebbe portata. Rispose il bambino: “No, no, Babbo Natale non può andare dov’è mia sorellina. Io devo dare la bambola a mia madre perché gliela porti”. La signora gli chiese dove si trovasse la sorellina e il bambino rispose. ”E’ andata da Gesù. Mio padre dice che mia madre la raggiungerà”.
Il cuore della signora quasi smise di battere. Il bambino prese alcune foto che aveva in un astuccio, scattate nella macchina automatica del centro commerciale, e le disse: “Ho detto a papà di portare a mamma queste foto perché non si dimentichi di me. Voglio molto bene a mia mamma e vorrei che non se ne andasse, ma papà dice che deve andare da mia sorellina”. La signora allora aprì la borsa e tolse alcune banconote che diede al bambino che si rallegrò: adesso il denaro era sufficiente per pagare la bambola. Anzi, avanzava qualcosa per comprare anche una rosa per la mamma. “A mia mamma piacciono molto le rose, specialmente quelle bianche”, disse.
In quel momento tornò la zia e la signora si allontanò. Mentre completava i suoi acquisti non poteva smettere di pensare a quel bambino. Si ricordò di aver letto in un quotidiano di qualche giorno prima di un incidente causato da un ubriaco dove era morta una bambina e la madre, incinta, era rimasta gravemente ferita. Realizzò che quel bambino faceva parte di quella famiglia. Due giorni dopo lesse che la donna dell’incidente era morta. Andò allora a comprare un mazzo di rose bianche e le portò nella camera ardente. Vide la donna, con una rosa bianca in mano, sul petto una bella bambola e la foto del bambino. Andò via in lacrime, pensando come l’amore di quel bambino per sua madre fosse enorme, incommensurabile. Pensando che quella vicenda avrebbe cambiato per sempre la sua vita, che si sarebbe presa cura di quel bambino.
Perché, come dicono gli spagnoli, “Los amigos son ángeles que nos ayudan a ponernos de pie otra vez cuando nuestras alas no saben como volar”. Non solo a Natale.
Una parabola molto commovente da raccontare.
Grazie Raffaele