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Intervista a Tonino Dessì: quale voto alle regionali?
27 Novembre 2018
…Tonino Dessì a domanda di Andrea Pubusa risponde su Democraziaoggi
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- Caro Tonino, con la definizione delle candidature presidenziali del centrodestra e del centrosinistra il puzzle delle elezioni regionali sarde va componendosi…
- Proprio così, manca ancora la candidatura presidenziale del M5S…
- Sono stati resi noti dai media i nomi degli aspiranti, ma non pare ci siano persone di spicco…
- Son tutti nomi sconosciuti nel dibattito pubblico regionale, quindi, salvo sorprese, il nome dei 5 Stelle non sembra destinato ad avere un impatto significativo sulla competizione elettorale…
- I pentastellati sembrano credere che i voti giungano sempre portati dal vento, a prescindere…
- Sì per ora è stato così, ma alle regionali contano anche i nomi, la qualità delle candidature non va mai presa sottogamba…
- Anche perché dai sondaggi pare che fra i 5 stelle e e il centrosinistra ci sarà una lotta per il secondo posto, importante per la distribuzione dei seggi. Non vanno sottovalutate le candidature ne’ alleanze. Le coalizioni son chiuse secondo te?
- No, resta da vedere se il Partito dei Sardi resterà nel csx oppure andrà da solo.
- In effetti Paolo Maninchedda, anche al nostro Convegno CoStat di venerdì ha detto che pur dopo le Primarias la porta non sarà chiusa, si può trattare fino all’ultimo minuto…
- Sì, a leggere la stampa regionale, questo concetto lo ha manifestato anche nell’Assemblea del PDS di Macomer sabato…
- Qualcuno dice che alla fine se a Maninchedda viene offerta la presidenza del Consiglio e due assessorati, più una generica apertura sulla Natzione, rimarrà nel centrosinistra, dove già è…
- Non so, può darsi, ma al momento è solo una congettura. Puo’ darsi che Paolo e Franciscu usino le Primarias come arma per alzare il prezzo nella trattativa…
- Una situazione ingarbugliata, di difficile lettura. Tu, che sei un profondo conoscitore e protagonista delle vicende sarde, come la vedi?
- Mi rendo conto che si tratta di una situazione complessa e delicata, con tanti fronti aperti.
- Neanche le coalizioni sono definite…
- E’ quanto dicevamo. Riterrei pertanto intempestivo anticipare decisioni di voto ed eventualmente ancora una volta di non voto.
- Ma qualche distinguo si può già fare, non ti pare?
- Mi atterrò a discriminanti di principio che ho già più volte puntualizzato.
- Quali?
- La prima è che non voterò candidati presidenziali (e conseguentemente nemmeno gli schieramenti e le forze ad essi collegati) i quali non si siano impegnati personalmente ed esplicitamente contro la legge di revisione costituzionale in occasione del referendum del 2016…
- Bene, questa è la posizione che abbiamo assunto fin dalla battaglia referendaria, che abbiamo condotto assieme nel Comitato per il NO. Son d’accordo. Come dimenticare l’attacco eversivo di Renzi alla Costituzione e i silenzi di Zedda? E la seconda discriminante?
- La seconda è che non voterò candidati presidenziali (e conseguentemente nemmeno gli schieramenti e le forze ad essi collegati) i quali non esprimano, anche a nome e per conto dei soggetti che rappresentano, una chiara, esplicita posizione di rigetto del razzismo e della xenofobia, sia in riferimento alle politiche italiane dell’immigrazione, sia nella prospettiva di una Sardegna aperta, accogliente, civile.
- Ineccepibile, sui principi a cui ci siamo richiamati fin da ragazzi non si arretra neanche di un millimetro. E poi nel merito come ti poni?
- Poste queste discriminanti, non mi sottrarrò alla valutazione di proposte e di programmi attraverso le chiavi di lettura che mi appartengono….
- Cioè?
- Quelle di una soggettività sarda specifica, di ispirazione federalista, di matrice radicalmente democratica, con una proiezione fortemente innovativa sul piano economico, sociale, istituzionale.
- Quasi una rivoluzione…
- Più o meno. Ciò ovviamente comporterebbe una discontinuità con la politica, con i modi di governare, col personale che ha rappresentato la Sardegna a tutti i livelli in questi ultimi vent’anni almeno.
- Non credi che ci sia un’emergenza e un voto utile per battere le destre? Vedrai che, in campagna elettorale, sarà un ritornello molto cantato da varie parti…
- Ho anticipato e ribadisco che non mi convincerà nessun appello al “voto utile”, per quanto importanti e indispensabili siano il momento e lo strumento del voto…
- Quindi totale libertà, compresa quella di astensione?
- Certamente! La scelta di votare, come quella di non votare, è un fatto di responsabilità e di coscienza, ma anche di assoluta libertà individuale.
- Credo che la tua posizione sia quella di una larga fetta dell’elettorato. Oramai non esistono più zoccoli duri, sciolti come neve al sole a seguito dell’abbandono del rigore e dei principi, che tu hai evocato. La palla passa alle forze politiche, che hanno la responsabilità primaria di presentare candidati, proposte e programmi all’altezza dei tempi e dei problemi. Per ora i risultati sono deludenti e non vedo all’orizzonte novità entusiasmanti. Noi – son d’accodo con te – saremo esigenti. E, ovviamente, sempre in campo a difesa e per l’affermazione dei valori democratici.
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Per correlazione impertinente: da Aladinews e da Democrazioggi (10 settembre 2014)
Giunta regionale di ordinaria amministrazione
10 Settembre 2014
Amsicora su Democraziaoggi
Non c’è bisogno d’essere indipendentisti o sovranisti, basta un moderato spirito autonomistico per avere molti motivi di critica verso questo esecutivo regionale. Non c’è un settore in cui abbia marcato una discontinuità rispetto a quello precedente, non c’è un campo in cui sia riuscito ad imporre al governo nazionale il proprio punto di vista. La questione delle basi militari è paradigmatica di questa irrilevanza politica. Qui non c’entra la vecchia distinzione fra governi amici e non. La Regione, quale ente rappresentativo della comunità regionale, ne cura e manifesta gli interessi, così come lo Stato esprime quelli nazionali. Ognuno ha un potere-dovere istituzionale di perseguire l’interesse affidato dall’ordinamento alla loro cura, senza alcuna influenza determinata dall’appartenenza politica o partitica dei rispettivi governanti. Pertanto, confronti duri sono fisiologici e non hanno alcunché di anomalo o straordinario, anche quando si è tutti, amministratori regionali e nazionali, dello stesso partito o coalizione. Nel caso delle servitù militari gli interessi sono particolarmente forti, dai produttori di aemamenti all’antico vizietto capitalistico di rapinare le risorse nel terzo mondo. In questa materia la convergenza fra governo locale e nazionale è possibile solo ove quest’ultimo promuova, con chiarezza, una politica pacifista, di contrasto degli interventi armati (idest, delle politiche neocoloniali). Ma questo non è il caso di Renzi, che anzi, almeno verso la Russia, è meno moderato di Berlusconi. Un governo con una politica estera totalmente subalterna all’asse anglo-americano non può restringere la presenza di basi sul proprio territorio. E non è un caso che, mentre Pigliaru farfugliava qualcosa sul tema, la Ministra della Difesa annunnciasse il raddoppio della base di Teulada, dove si è recata in visita senza neanche avvertire il Presidente della Regione Sarda. Sarebbe stato più che un gesto di cortesia e di galeteo istituzionale, un segno di attenzione. Il fatto che non ci sia stato indica come l’opinione di Pigliaru sia ritenuta dal governo irrilevante.
C’è stata una levata di scudi contro il gesto della ministra; tuttavia, se badiamo alle cose senza infingimenti, che credibilità ha un Presidente di Regione che dice d’essere contrario agli insediamenti in Sardegna, mentre afferma di condividere la politica interventista del governo nazionale? Quale forza di contrasto può avere se ad ogni piè sospinto afferma di essere un convinto sostenitore del capo del governo che enuncia tale indirizzo politico? La credibilità è pari a zero perché tale posizione si limita a contestare la presenza delle basi nell’orto di casa nostra, la terra sarda, ma non lo contrasta sul suolo italiano. La posizione è debolissima perché è fuor di dubbio che l’ubicazione di installazioni di rilevanza strategica fuoriesce dall’ambito di competenza regionale per rifluire in quella del governo nazionale. Ben altra credibilità anche personale, oltre che istituzionale, hanno quelle personalità e quei partiti politici che contestano la presenza militare nel quadro di una adesione integrale al principio pacifista sancito dall’art. 11 Cost.
Queste considerazioni spiegano perché questa giunta è poco incisiva e priva di mordente. Poi c’è un’altra questione che è vecchia come il cucco. Il “governo dei filosofi”, dei sapienti, sconta un deficit democratico, mentre la scelta democratica talora dà governanti non all’altezza. Oggi in Sardegna i difetti si cumulano perché la pesca dall’università non ha garantito la “filosofia”, la qualità (basta vedere i mediocri risultati che taluni dei nostri prof-assessori hanno prodotto come amministratori all”interno dell’Università), e sono sicuramente privi di un supporto democratico. Non c’è collegamento coi settori importanti della società né spinta popolare. Pigliaru non rappresenta nessuno. E’ stato scelto come foglia di fico di un ceto politico impresentabile, che entra ed esce dalle procure. Gli altri sono stati scelti perché amici suoi o amici di questo o quell’indagato. In queste condizioni andare oltre l’ordinaria amministrazione, la navigazione a vista, non è possibile. Solo un sommovimento popolare potrebbe cambiare le cose. Ma il gatto si morde la coda: i movimenti richiedono forze e classe dirigente capaci di suscittarli e guidarli. Torniamo al punto di partenza.
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