Oggi incontro-dibattito su reddito di cittadinanza e dintorni
Reddito di Cittadinanza, di Inclusione Sociale e dintorni. Materiale per il percorso laboratoriale.
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Costituzione della Repubblica Italiana
Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Articolo 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
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di Franco Meloni
Da molto tempo ci occupiamo di “Reddito di cittadinanza” e degli istituti che ad esso si richiamano, siano essi contigui anche se diversamente battezzati (come “Dividendo sociale”), o “altra cosa”, come il “Reddito di inclusione sociale” o il “Reddito minimo garantito”. La terminologia viene spesso usata in maniera decisamente impropria, e a farne le spese è soprattutto il “Reddito di cittadinanza” usato come una sorta di “grande contenitore”. Nel dibattito attuale, di questo grande equivoco è primo colpevole il M5S dal momento in cui lo ha inserito nel suo programma elettorale e poi nel “contratto per il governo del cambiamento” stipulato con la Lega [Documento n.1], come strumento principe nella lotta alla povertà e alle diseguaglianze, misure riassunte nel punto “Reddito di cittadinanza”, che Reddito di cittadinanza non è! D’altra parte questo equivoco viene da lontano. Stando invece a noi più vicini, riportiamo di seguito (Note) un piccolo esempio.
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Voto storico al Parlamento europeo: sì al Reddito di cittadinanza per tutti (1)
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E fino ad ora a poco sono serviti i ragionamenti e le precisazioni di illustri accademici, sia di quelli favorevoli, sia di quelli contrari o di quelli in posizioni intermedie. Al riguardo le nostre News di riferimento (Aladinews e Democraziaoggi) hanno ospitato chiarissimi interventi di studiosi autorevoli. Limitandoci ad Aladinews, tra i tanti citiamo e rinviamo ai loro contributi: Gianfranco Sabattini (https://www.aladinpensiero.it/?s=reddito+di+cittadinanza+Gianfranco+Sabattini), Chiara Saraceno (https://www.aladinpensiero.it/?p=80057), Luigi Ferrajoli (https://www.aladinpensiero.it/?s=Luigi+Ferrajoli+reddito+di+cittadinanza) e di recente Vittorio Pelligra (https://www.aladinpensiero.it/?p=80474).
Al di là della propaganda il M5S ha avuto il grande merito di portare la “questione povertà” all’attenzione dell’opinione pubblica. Certo si è “sorvolato” sul fatto che l’Italia si fosse già dotata in passato di strumenti giuridici per affrontare tale questione e, in particolare, solo di recente e pertanto con colpevole ritardo, con l’adozione del ReI (Reddito di Inclusione) introdotto dal Governo Gentiloni alla fine della passata legislatura (decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147). In verità il ReI nazionale è stato preceduto dall’introduzione di normative a carattere regionale, che allo stato risultano integrative dello stesso ReI. La Sardegna aveva preceduto il ReI nazionale con il Reis [vedi Documento n. 8]. Tale strumento seppure apprezzabile è stato ed è considerato del tutto insufficiente, raggiungendo sostanzialmente solo 110.000 famiglie, pari a 317.000 persone in condizione di povertà assoluta, con un sussidio medio mensile intorno ai 300 euro (430 euro in presenza di minori). Si vede subito come tale strumento sia del tutto insufficiente, considerato che con riferimento all’anno 2017 l’Istat stima in povertà assoluta 1 milione e 778mima famiglie residenti, per 5 milioni e 58mila persone. Dati in crescita, così come pure quelli della “povertà relativa” che riguarda 3 milioni 171mila persone e 9 milioni 368mila persone.
Le proposte del M5S, ora inserite nel documento di Bilancio 2019, mirano proprio ad ampliare la platea dei beneficiari e a introdurre regolamenti di attuazione delle misure. Tali regolamenti sono allo stato imprecisati, anche se circolano sui media ipotesi, con contenuti spesso contradditori [vedi il Documento n.13].
Vi è in molti la preoccupazione che il Governo, anziché far tesoro dell’esperienza già effettuata voglia “cominciare da zero”. Contro questa eventualità si è espressa la benemerita associazione “Allenanza contro la povertà in Italia”, con un condivisibile documento [vedi Documento n.5].
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Considerazioni conclusive
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Note
(1) Voto storico al Parlamento europeo: sì al Reddito di cittadinanza per tutti
Pubblicato Martedì 24 Ott 2017 in LAVORO & COMMERCIO
24.10.17 13:39
Reddito di cittadinanza subito! Con 451 si, 147 no e 42 astensioni, il Parlamento europeo dice sì alla proposta del gruppo Efdd – MoVimento 5 Stelle [vedi Documento n.3]. Il rapporto è una road map per azzerare la povertà in Europa e Italia, unico Paese assieme alla Grecia, a non prevedere un reddito minimo per tutti i cittadini. Fra le misure approvate si sono:
1) l’uso del Fondo sociale europeo per cofinanziare il reddito di cittadinanza [vedi Documento n.10]
2) una direttiva della Commissione europea vincolante per tutti gli Stati membri
3) reddito di cittadinanza per tutti i cittadini colpiti dalle recessioni economiche è uno strumento di inclusione attiva, promuove la partecipazione e l’inclusione sociale.
4) l’indicazione di un importo per la determinazione di questo reddito: il 60% del reddito medio nazionale.
Questo voto è la rivincita degli ultimi, di quelli che subiscono l’onta della povertà e dei cittadini umiliati dai tagli e dalle politiche di austerità. Con noi nessuno rimane indietro!
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—————————-DOCUMENTAZIONE———————-
Documento n. 1
Reddito di cittadinanza nel “contratto per il governo del cambiamento” M5S-Lega.
Riferimenti: https://www.aladinpensiero.it/?p=88602
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Documento n. 2
Camera dei Deputati, Mozione 1-00018 presentata da D’UVA Francesco
il 16 luglio 2018, modificata e approvata Martedì 11 settembre 2018, seduta n. 42.
Riferimenti: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=1-00018&ramo=C&leg=18
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Documento n. 3
Risoluzione del Parlamento europeo del 24 ottobre 2017 sulle politiche volte a garantire il reddito minimo come strumento per combattere la povertà (2016/2270(INI))
Riferimento: https://www.aladinpensiero.it/?p=79560
- Testo completo: http://www.bin-italia.org/wp-content/uploads/2017/10/EP-RedditoMinimo-P8_TA-PROV20170403_IT-1.pdf
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Documento n. 4
Nota di sintesi del Rapporto Caritas sulla povertà, presentato il 17 ottobre 2018.
- Riferimento: http://www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/allegati/7847/Poverta%20in%20Attesa_Sintesi.pdf
- Infografica: http://www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/allegati/7847/Infografica%206.pdf
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Documento n. 5
UNA GIUSTA RISPOSTA A CHIUNQUE VIVA LA POVERTA’ ASSOLUTA
Le richieste dell’Alleanza contro la Povertà in Italia per la Legge di Bilancio 2019. Roma, 27 settembre 2018
Riferimento: http://www.redditoinclusione.it/wp-content/uploads/2018/09/Legge_Bilancio_19-Alleanza.pdf
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Documento n. 6
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Povertà quasi triplicata. Caritas: 1 povero su 2 ha meno di 34 anni
In Italia, dagli anni pre-crisi ad oggi, c’è stato un aumento del 182 per cento dei poveri assoluti. Pesa la mancanza di istruzione e non solo tra i giovani. I dati raccolti nel nuovo rapporto annuale sulla povertà. Soddu: “Un esercito di poveri in attesa, che non sembra trovare risposte”
17 ottobre 2018
Su Il Redattore Sociale. www.ilredattoresociale.it
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Documento n. 7
Documentazione Istat: https://www.istat.it/it/archivio/217650
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Povertà assoluta. L’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per ampiezza demografica del comune di residenza).
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Povertà relativa. La stima dell’incidenza della povertà relativa (percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è posta pari alla spesa media mensile per persona nel Paese; questa è risultata nel 2015 pari a 1.050,95 euro. Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza maggiore il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti.
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In Sardegna
In Sardegna il 17,1% delle famiglie vive in una situazione di povertà relativa, ovvero sotto una soglia di reddito che per un nucleo composto da due persone è stata fissata a 1.085 euro.
Lo dice l’Istat nel documento, diffuso oggi [26 giugno 2018], intitolato “La povertà in Italia”.
Secondo quanto rileva l’istituto nazionale di statistica questa percentuale, relativa all’anno 2017, è in aumento rispetto all’anno precedente, quando era pari al 14%.
Si tratta di un dato che supera quello della media nazionale (12,3%) e che accomuna la situazione economica dei residenti dell’Isola a quella degli abitanti di Abruzzo (15%), Puglia, Basilicata e Molise (21%).
Nel 2017, si stima che siano 3 milioni 170mila le famiglie in condizione di povertà relativa residenti in Italia, per un totale di 9 milioni 368mila individui, pari 15,6% dell’intera popolazione.
Sono invece 1 milione 778mila le famiglie italiane (il 6,9% del totale) che vivono in condizione di povertà assoluta
Si tratta del valore più alto registrato nel nostro Paese dal 2005.
Il dato è calcolato sulla base di una soglia relativa alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi considerato essenziale a uno standard di vita accettabile.
(Unioneonline/F)
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Documento n. 8
ReI- Reis
Riferimenti su Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=88067
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Qui il programma regionale per l’attuazione del ReI
http://delibere.regione.sardegna.it/protected/42517/0/def/ref/DBR42398/
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Qui le linee guida per il ReIS
http://delibere.regione.sardegna.it/protected/38204/0/def/ref/DBR38205/
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Documento n. 9
DOCUMENTAZIONE (Caritas Sardegna e position paper Cosa inducono a fare i dati della Caritas su povertà ed esclusione sociale Lo statuto della Caritas, all’articolo 3, precisa che gli studi e le ricerche sui bisogni devono «aiutare a scoprirne le cause, per preparare piani di intervento sia curativo che preventivo, [anche al fine di] stimolare l’azione delle istituzioni civili ed una adeguata legislazione». Alla luce di tale mandato statutario, i dati illustrati nel presente Report devono servire a due scopi fondamentali: 1) far maturare una maggiore e migliore consapevolezza sul problema della povertà (sulla sua reale dimensione e sulle molteplici ripercussioni sul versante della coesione sociale e del bene comune), affinché non si consideri lo stesso come inevitabile e incontrastabile; 2) suscitare una responsabilità diffusa e a vari livelli, da quello personale fino al livello istituzionale e politico, passando per i corpi intermedi dei gruppi sociali, delle associazioni e delle stesse famiglie. La Caritas in Sardegna, raccogliendo l’impulso derivante dal livello nazionale, aderisce alla “Alleanza regionale contro le povertà” (composta anche in Sardegna da diversi organismi), attraverso cui ribadire nelle sedi opportune l’urgenza di un piano di eradicazione della povertà e di una misura universalistica rivolta a tutte le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta. A livello nazionale l’Alleanza contro la povertà aveva proposto il REIS: Reddito d’Inclusione Sociale (cfr. http://www.redditoinclusione.it/). Nel corso del 2016, dopo una prima sperimentazione, è stato ridisegnato ed esteso lo strumento del Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), rispetto a cui è stata pubblicata una valutazione sulla fase di implementazione29. Tale misura, che da gennaio 2018 passerà la staffetta al REI (Reddito di inclusione), nonostante il grande impegno da parte delle amministrazioni comunali, è riuscita a raggiungere solo un nucleo familiare in povertà su tre tra i potenziali beneficiari. Si tratta di un cambio di paradigma che deve ancora trovare un’adeguata accoglienza anche in termini culturali negli Ambiti territoriali sociali (Ats), soprattutto del Mezzogiorno d’Italia; tuttavia, quella che emerge dagli esiti della valutazione è certamente una prospettiva incoraggiante. Con il REI, che si prefigge di divenire nel tempo una vera e propria misura universalistica, si dovrebbe andare incontro a circa 700.000 famiglie italiane in condizioni di effettiva povertà, venendo meno – secondo quanto si apprende dalla bozza della legge di bilancio – i requisiti categoriali previsti originariamente (famiglie con almeno un minore o un figlio disabile, oppure una donna in gravidanza o una persona disoccupata da almeno tre mesi e con un’età di almeno 55 anni). Anche nell’Isola l’Alleanza regionale ritiene che vada intrapresa un’azione globale di eradicazione della povertà, cominciando col non considerarla come inevitabile e incontrastabile. La Caritas regionale, insieme agli altri partner dell’Alleanza, ritiene fondamentale assumere un approccio multidimensionale al tema, non relegandolo alla sola fragilità economica. Motivo per cui risulta molto importante che anche gli interlocutori istituzionali siano molteplici, chiamando in causa l’istruzione e la formazione professionale, le politiche familiari e quelle giovanili, le politiche attive del lavoro, le politiche abitative e quelle della salute. Se è vero che la povertà è multidimensionale allora esige risposte multidimensionali. In merito a questo aspetto è da considerare con favore la strategia avviata dalla Regione Sardegna, a cavallo tra il 2015 e il 2016, di coinvolgere più Assessorati (in particolare alle Politiche Sociali, al Lavoro e alla Pubblica istruzione) nella definizione di una strategia comune di osservazione e di contrasto delle povertà in Sardegna. Una strategia che parrebbe non aver proseguito nel corso del tempo con lo stesso impulso iniziale. In questa prospettiva, se da un lato è da considerare positivo lo sforzo che si sta facendo per tradurre operativamente l’attuazione delle misure di contrasto del disagio sociale con un approccio distante dal mero 29 Cfr. L. LEONE (a cura di), Rapporto di valutazione: dal SIA al REI. Ricerca valutativa sulla prima fase di implementazione del programma di contrasto della povertà Sostegno per l’Inclusione Attiva, Alleanza contro la povertà, Roma 8 novembre 2017: http://www.redditoinclusione.it/wp-content/uploads/2017/11/RapValutazione-SIA_-8-Nov2017.pdf 27  28 assistenzialismo, come si evince dalla ratio della legge regionale istitutiva del reddito di inclusione sociale (REIS), denominata “Agiudu torrau”30, dall’altro lato non si può fare a meno di rilevare che proprio sull’implementazione del REIS si registrano non poche difficoltà legate ad una non sempre congrua infrastrutturazione sociale a livello territoriale (PLUS), con ritardi nell’applicazione e un coinvolgimento degli attori del Terzo settore che ancora non appare adeguato rispetto alla visione che aveva animato l’approvazione del provvedimento. Segnaliamo, in proposito, i ritardi e le difficoltà che riguardano: il coordinamento territoriale degli interventi; il raccordo degli interventi economici con quelli sociali, lavorativi, formativi ed educativi; la costituzione delle équipe multidisciplinari, dei comitati locali di garanzia sociali e degli altri organismi previsti dalla legge; la debolezza negli organici rispetto agli operatori preposti alla presa in carico (assistenti sociali), con evidenti difficoltà nella predisposizione, avvio e cura dei piani personalizzati; lo scarso coinvolgimento del Terzo settore e dei vari attori sociali presenti nel territorio, in particolare nella co-progettazione. La Caritas, infine, ritiene fondamentale che la Regione prosegua nell’opera di “manutenzione normativa” in tema di politiche sociali, rendendo pienamente esecutivo l’impianto della legge regionale 23 dicembre 2005, n. 2331. A tutt’oggi (a distanza di 12 anni) resta ancora da implementare «presso la Presidenza della Regione, l’Osservatorio regionale sulle povertà» (art. 34). L’Osservatorio non deve ridursi a un inutile e ridondante strumento, quanto diventare luogo di confronto aperto e scambio di esperienze utili in tema di osservazione del disagio e di adozione di forme innovative e integrate di eradicazione della povertà. Una delle applicazioni più utili derivanti dal funzionamento dell’Osservatorio potrebbe consistere proprio nella valutazione periodica della prima fase di implementazione del REIS, oltre che nel monitoraggio in itinere della stessa misura, come di altre operanti a livello regionale. In conclusione, i dati macro-economici appaiono certamente incoraggianti, ma allo stesso tempo non devono suscitare un entusiasmo eccessivo e far dimenticare le ferite di una crisi lunga dieci anni. D’altra parte, per quanto il Pil sia effettivamente in ripresa, i poveri non se ne sono ancora accorti ed è difficile riuscire a dare delle spiegazioni con degli indicatori congiunturali, seppur positivi, a quei giovani che ancora non trovano un’occupazione stabile; ai cinquantenni espulsi improvvisamente dal mondo del lavoro; alle giovani madri separate che faticano, senza reti di riferimento, a prestare le cure necessarie ai propri figli per evitare che diventino poveri cronici. Sono le vite concrete delle persone, e non solo i numeri, a guidare un serio discernimento per l’assunzione di una responsabilità che sappia ridare speranza ai sardi, restituendo loro dignità. 30 http://www.consregsardegna.it/XVLegislatura/Leggi%20approvate/lr2016-18.asp 31 Cfr. LEGGE REGIONALE 2 AGOSTO 2016, N. 18. Cfr. LEGGE REGIONALE 23 DICEMBRE 2005, N. 23. http://www.regione.sardegna.it/j/v/80?v=2&t=1&c=182&s=13127″>su Aladinews)
Caritas Sardegna e position paper
Cosa inducono a fare i dati della Caritas su povertà ed esclusione sociale
Lo statuto della Caritas, all’articolo 3, precisa che gli studi e le ricerche sui bisogni devono «aiutare a scoprirne le cause, per preparare piani di intervento sia curativo che preventivo, [anche al fine di] stimolare l’azione delle istituzioni civili ed una adeguata legislazione». Alla luce di tale mandato statutario, i dati illustrati nel presente Report devono servire a due scopi fondamentali:
1) far maturare una maggiore e migliore consapevolezza sul problema della povertà (sulla sua reale dimensione e sulle molteplici ripercussioni sul versante della coesione sociale e del bene comune), affinché non si consideri lo stesso come inevitabile e incontrastabile;
2) suscitare una responsabilità diffusa e a vari livelli, da quello personale fino al livello istituzionale e politico, passando per i corpi intermedi dei gruppi sociali, delle associazioni e delle stesse famiglie.
La Caritas in Sardegna, raccogliendo l’impulso derivante dal livello nazionale, aderisce alla “Alleanza regionale contro le povertà” (composta anche in Sardegna da diversi organismi), attraverso cui ribadire nelle sedi opportune l’urgenza di un piano di eradicazione della povertà e di una misura universalistica rivolta a tutte le famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta.
A livello nazionale l’Alleanza contro la povertà aveva proposto il REIS: Reddito d’Inclusione Sociale (cfr. http://www.redditoinclusione.it/). Nel corso del 2016, dopo una prima sperimentazione, è stato ridisegnato ed esteso lo strumento del Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA), rispetto a cui è stata pubblicata una valutazione sulla fase di implementazione29. Tale misura, che da gennaio 2018 passerà la staffetta al REI (Reddito di inclusione), nonostante il grande impegno da parte delle amministrazioni comunali, è riuscita a raggiungere solo un nucleo familiare in povertà su tre tra i potenziali beneficiari. Si tratta di un cambio di paradigma che deve ancora trovare un’adeguata accoglienza anche in termini culturali negli Ambiti territoriali sociali (Ats), soprattutto del Mezzogiorno d’Italia; tuttavia, quella che emerge dagli esiti della valutazione è certamente una prospettiva incoraggiante. Con il REI, che si prefigge di divenire nel tempo una vera e propria misura universalistica, si dovrebbe andare incontro a circa 700.000 famiglie italiane in condizioni di effettiva povertà, venendo meno – secondo quanto si apprende dalla bozza della legge di bilancio – i requisiti categoriali previsti originariamente (famiglie con almeno un minore o un figlio disabile, oppure una donna in gravidanza o una persona disoccupata da almeno tre mesi e con un’età di almeno 55 anni).
Anche nell’Isola l’Alleanza regionale ritiene che vada intrapresa un’azione globale di eradicazione della povertà, cominciando col non considerarla come inevitabile e incontrastabile. La Caritas regionale, insieme agli altri partner dell’Alleanza, ritiene fondamentale assumere un approccio multidimensionale al tema, non relegandolo alla sola fragilità economica. Motivo per cui risulta molto importante che anche gli interlocutori istituzionali siano molteplici, chiamando in causa l’istruzione e la formazione professionale, le politiche familiari e quelle giovanili, le politiche attive del lavoro, le politiche abitative e quelle della salute. Se è vero che la povertà è multidimensionale allora esige risposte multidimensionali. In merito a questo aspetto è da considerare con favore la strategia avviata dalla Regione Sardegna, a cavallo tra il 2015 e il 2016, di coinvolgere più Assessorati (in particolare alle Politiche Sociali, al Lavoro e alla Pubblica istruzione) nella definizione di una strategia comune di osservazione e di contrasto delle povertà in Sardegna. Una strategia che parrebbe non aver proseguito nel corso del tempo con lo stesso impulso iniziale.
In questa prospettiva, se da un lato è da considerare positivo lo sforzo che si sta facendo per tradurre operativamente l’attuazione delle misure di contrasto del disagio sociale con un approccio distante dal mero assistenzialismo, come si evince dalla ratio della legge regionale istitutiva del reddito di inclusione sociale (REIS), denominata “Agiudu torrau”30, dall’altro lato non si può fare a meno di rilevare che proprio sull’implementazione del REIS si registrano non poche difficoltà legate ad una non sempre congrua infrastrutturazione sociale a livello territoriale (PLUS), con ritardi nell’applicazione e un coinvolgimento degli attori del Terzo settore che ancora non appare adeguato rispetto alla visione che aveva animato l’approvazione del provvedimento.
Segnaliamo, in proposito, i ritardi e le difficoltà che riguardano: il coordinamento territoriale degli interventi; il raccordo degli interventi economici con quelli sociali, lavorativi, formativi ed educativi; la costituzione delle équipe multidisciplinari, dei comitati locali di garanzia sociali e degli altri organismi previsti dalla legge; la debolezza negli organici rispetto agli operatori preposti alla presa in carico (assistenti sociali), con evidenti difficoltà nella predisposizione, avvio e cura dei piani personalizzati; lo scarso coinvolgimento del Terzo settore e dei vari attori sociali presenti nel territorio, in particolare nella co-progettazione.
La Caritas, infine, ritiene fondamentale che la Regione prosegua nell’opera di “manutenzione normativa” in tema di politiche sociali, rendendo pienamente esecutivo l’impianto della legge regionale 23 dicembre 2005, n. 2331. A tutt’oggi (a distanza di 12 anni) resta ancora da implementare «presso la Presidenza della Regione, l’Osservatorio regionale sulle povertà» (art. 34). L’Osservatorio non deve ridursi a un inutile e ridondante strumento, quanto diventare luogo di confronto aperto e scambio di esperienze utili in tema di osservazione del disagio e di adozione di forme innovative e integrate di eradicazione della povertà. Una delle applicazioni più utili derivanti dal funzionamento dell’Osservatorio potrebbe consistere proprio nella valutazione periodica della prima fase di implementazione del REIS, oltre che nel monitoraggio in itinere della stessa misura, come di altre operanti a livello regionale.
In conclusione, i dati macro-economici appaiono certamente incoraggianti, ma allo stesso tempo non devono suscitare un entusiasmo eccessivo e far dimenticare le ferite di una crisi lunga dieci anni. D’altra parte, per quanto il Pil sia effettivamente in ripresa, i poveri non se ne sono ancora accorti ed è difficile riuscire a dare delle spiegazioni con degli indicatori congiunturali, seppur positivi, a quei giovani che ancora non trovano un’occupazione stabile; ai cinquantenni espulsi improvvisamente dal mondo del lavoro; alle giovani madri separate che faticano, senza reti di riferimento, a prestare le cure necessarie ai propri figli per evitare che diventino poveri cronici.
Sono le vite concrete delle persone, e non solo i numeri, a guidare un serio discernimento per l’assunzione di una responsabilità che sappia ridare speranza ai sardi, restituendo loro dignità.
Note
Cfr. L. LEONE (a cura di), Rapporto di valutazione: dal SIA al REI. Ricerca valutativa sulla prima fase di implementazione del programma di contrasto della povertà Sostegno per l’Inclusione Attiva, Alleanza contro la povertà, Roma 8 novembre 2017: http://www.redditoinclusione.it/wp-content/uploads/2017/11/RapValutazione-SIA_-8-Nov2017.pdf
http://www.consregsardegna.it/XVLegislatura/Leggi%20approvate/lr2016-18.asp
Cfr. LEGGE REGIONALE 2 AGOSTO 2016, N. 18.
Cfr. LEGGE REGIONALE 23 DICEMBRE 2005, N. 23.
http://www.regione.sardegna.it/j/v/80?v=2&t=1&c=182&s=13127
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Documento n. 10
Reddito di cittadinanza? Per finanziarlo si può attingere dal Fondo Sociale Europeo (FSE). Ma non basta*.
Riferimento su Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=82685
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* [...] sottolinea l’importanza di finanziamenti pubblici adeguati a favore dei regimi di reddito minimo; invita la Commissione a monitorare specificamente l’utilizzo del 20 % della dotazione complessiva dell’FSE destinato alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, nonché a esaminare, nella prossima revisione del regolamento recante disposizioni comuni sui Fondi strutturali (regolamento (UE) n. 1303/2013) e, in particolare, nel quadro del Fondo sociale europeo e del programma dell’UE per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI), le possibilità di finanziamento per aiutare ciascuno Stato membro a istituire un regime di reddito minimo, ove inesistente, o a migliorare il funzionamento e l’efficacia dei sistemi esistenti; [...]
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Documento n. 11
Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 23 del 15 Ottobre 2018
Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, lunedì 15 ottobre 2018, alle ore 19.31 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente Giuseppe Conte. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti.
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(omissis)
LEGGE DI BILANCIO 2019
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019 – 2021 (disegno di legge)
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’economia e delle finanze Giovanni Tria, ha approvato il disegno di legge relativo al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e al bilancio pluriennale per il triennio 2019 – 2021.
Di seguito le principali innovazioni introdotte dal provvedimento.
Reddito di cittadinanza – Si introdurrà una misura universalistica di sostegno al reddito, con la previsione che nessun cittadino abbia un reddito mensile inferiore ai 780 euro, che crescono in base al numero dei componenti della famiglia.
Pensione di cittadinanza – Le pensioni minime saranno aumentate fino a 780 euro, con una differenziazione tra chi è proprietario di un immobile e chi non lo è.
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Documento n. 12
DOCUMENTO PROGRAMMATICO DI BILANCIO 2019
Il Reddito di cittadinanza
Motivazione: Inclusione sociale e contrasto alla povertà
Contenuti delle misure: Il reddito di cittadinanza garantisce il raggiungimento, anche tramite integrazione, di un reddito annuo calcolato in base dell’indicatore di povertà relativa dell’UE Ne possono beneficiari maggiorenni residenti in Italia da almeno 5 anni disoccupati o inoccupati (inclusi pensionati). La misura supera dal 1 gennaio 2019 il reddito di inclusione (cd. REI, operativo dal 2018) ed è accompagnata a una riforma dei centri per l’impiego.
D.62p
efficacia immediata
S
-0,37 – -0,36 -0,35
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[...] Per il potenziamento della lotta alla povertà si introduce il Reddito di Cittadinanza, per sostenere chi si trova al di sotto della soglia di povertà e, allo stesso tempo, favorirne il reinserimento nel mercato del lavoro attraverso un percorso formativo vincolante.
[...] Riforma dei centri per l’impiego, collegata all’introduzione del reddito di cittadinanza (ddl collegato alla legge di bilancio): maggiori risorse finanziarie per potenziare i Centri, rendere omogenee le prestazioni fornite e realizzare una rete capillare nazionale. Piano di assunzioni di personale qualificato per tali Centri. Realizzazione del Sistema Informativo Unitario e sviluppo di servizi avanzati per le imprese, per facilitare l’attività di ricollocazione dei disoccupati.
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Documento n. 13
Reddito di cittadinanza in Legge di Bilancio 2019: date, importi e come funziona
Rif. Simone Micocci 16 Ottobre 2018 – 15:55 18 Ottobre 2018 – 16:12 su Money.it
Il reddito di cittadinanza partirà nel 2019, ma solo dopo la riorganizzazione dei centri per l’impiego: nella Legge di Bilancio stanziati 10 miliardi complessivi per l’approvazione di questa nuova misura per il contrasto alla povertà.
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Il reddito di cittadinanza è in Legge di Bilancio 2019; con la manovra finanziaria, che adesso dovrà essere approvata dal Parlamento, verranno stanziati 9 miliardi di euro per far partire questa misura non appena sarà completata la riforma dei centri per l’impiego (per la quale è stato stanziato 1 ulteriore miliardo di euro).
Il prossimo anno, quindi, i disoccupati e i lavoratori che percepiscono uno stipendio non elevato beneficeranno di un sussidio integrativo mensile fino al raggiungimento della soglia reddituale minima. Per chi vive da solo l’importo minimo è di 780€, per poi salire a seconda del numero di componenti del nucleo familiare.
Il reddito di cittadinanza però non è una sola misura assistenziale; oltre al contributo mensile, infatti, il beneficiario dovrà sottoscrivere un accordo con il centro per l’impiego accettando di frequentare dei corsi di formazione, di partecipare per 8 ore a settimana a dei lavori socialmente utili e di accettare almeno una delle tre offerte di lavoro che gli verranno presentate; in caso di mancato rispetto di questi obblighi si perde il diritto al reddito di cittadinanza.
Per questo motivo al fine di un corretto funzionamento del reddito di cittadinanza non si potrà prescindere dalla riorganizzazione dei centri per l’impiego che in questi anni hanno dimostrato di non essere capaci ad inserire immediatamente nel mondo del lavoro una persona disoccupata.
Ecco perché il reddito di cittadinanza sarà avviato solamente una volta che i centri per l’impiego saranno pronti per assolvere il compito a cui sono chiamati; nel dettaglio, per il loro potenziamento ci potrebbero volere dai 3 ai 4 mesi, quindi la nuova misura per il contrasto alla povertà (che andrà a sostituire il reddito di inclusione REI) non sarà attiva prima di marzo-aprile 2019.
Nel frattempo ecco quello che sappiamo sul reddito di cittadinanza (di cui si continuerà a discutere in queste settimane in Parlamento così da realizzare una misura che sia il più efficiente possibile) in merito a requisiti, importi e agli obblighi che i beneficiari dovranno rispettare.
REDDITO DI CITTADINANZA 2019
Cos’è il reddito di cittadinanza?
I possibili importi
Requisiti
Reddito di cittadinanza solo a chi cerca lavoro
Riforma dei centri per l’impiego
Cos’è il reddito di cittadinanza?
Il reddito di cittadinanza non è altro che uno strumento di sostegno economico rivolto alle famiglie con un reddito inferiore alla soglia di povertà.
A queste famiglie il reddito percepito verrà integrato di una certa somma fino ad arrivare ad una determinata soglia, variabile a seconda della composizione del nucleo familiare.
Lo stesso vale per i pensionati; questi infatti dovranno percepire più dell’attuale pensione minima (507€) e di conseguenza l’importo mensile verrà integrato fino a quando l’assegno non raggiungerà l’importo previsto dalla misura.
Di reddito di cittadinanza se ne parla dal lontano 18° secolo; un reddito uguale per tutti, non soggetto ad alcuna condizione. In Italia se ne è cominciato a discutere con l’ascesa politica del Movimento 5 Stelle che lo ha presentato nel proprio programma elettorale del 2013.
In realtà c’è da dire che quello del Movimento 5 Stelle è un progetto che non presenta le caratteristiche del reddito di cittadinanza, poiché è più affine a quello del reddito minimo garantito.
Infatti, nella concezione del M5S questa misura è utile per garantire un sostegno economico ai soggetti che vivono al di sotto della soglia di povertà. Il reddito di cittadinanza, invece, dovrebbe essere garantito indistintamente a tutti i cittadini, anche quelli appartenenti alle fasce più alte. Ecco perché è più corretto parlare di reddito minimo garantito.
I possibili importi
Come si legge nella manovra finanziaria l’importo del reddito di cittadinanza è di 780€ per la persona singola.
Questo importo dovrebbe aumentare per i nuclei familiari con più componenti, dove ci sono anche dei figli. A tal proposito, ecco gli importi previsti dal provvedimento depositato nel 2013 dal Movimento 5 Stelle che potrebbero essere confermati con l’approvazione della Legge di Bilancio:
2 componenti (genitore solo): 1.014€;
2 componenti: 1.170€;
3 componenti (genitore solo): 1.248€;
3 componenti: 1.404€;
4 componenti (genitore solo): 1.482€;
4 componenti: 1.630€;
5 componenti (genitore solo): 1.716€;
5 componenti: 1.872€.
È importante ricordare che 780€ è l’importo massimo che verrà corrisposto dallo Stato a coloro che soddisfano i requisiti richiesti.
Il presupposto, infatti, è che nessun cittadino possa vivere con meno di 780€ al mese; per questo motivo coloro che percepiscono un reddito da lavoro, ma inferiore a questa soglia, riceveranno non l’intero importo del reddito di cittadinanza ma una sola integrazione fino al raggiungimento dei suddetti 780€.
In sostanza, i 780€ mensili (9.360€ l’anno) andrebbero versati integralmente ai soli disoccupati, mentre coloro che pur avendo un reddito si trovassero al di sotto della soglia dei 780 euro avrebbero diritto alla somma necessaria (che dovrebbe essere erogata su carta Bancomat) al raggiungimento di tale soglia.
Requisiti
Fatta chiarezza sugli importi è importante capire a chi sarebbe destinato il supporto economico, quali sono i requisiti per accedervi.
Ne possono beneficiare, come si legge nella Legge di Bilancio, i maggiorenni residenti in Italia da almeno 5 anni, disoccupati o inoccupati.
Viene specificato poi che questa misura sarà riconosciuta solamente a coloro che – considerando reddito e patrimonio – si trovano in una condizione di povertà. Nel dettaglio, l’intenzione sembra essere quella di alzare la soglia Isee (indicatore della situazione economica) prevista dall’attuale REI (6.000€) portandolo a circa 8.000€.
Oltre ai limiti di reddito, poi, ce ne dovrebbero essere altri di tipo patrimoniale: ad esempio, dalla possibilità di accedere al reddito di cittadinanza potrebbero essere esclusi coloro che hanno la casa di proprietà.
Per maggiori dettagli sui requisiti necessari per accedere al reddito di cittadinanza dovremo però attendere le prossime settimane; solamente con l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio 2019, infatti, la situazione sarà più chiara.
Reddito di cittadinanza solo a chi cerca lavoro
Così come per il REI 2018, anche per beneficiare del reddito di cittadinanza bisogna partecipare ad un piano di reinserimento nel mondo del lavoro. Uno dei punti critici sollevati dai detrattori di questa misura, infatti, riguarda il disincentivo al lavoro che il reddito di cittadinanza potrebbe favorire.
Per allontanare questo pericolo, nel progetto del reddito di cittadinanza si stabilisce che il beneficiario perde il diritto all’erogazione del reddito di cittadinanza al verificarsi di una delle seguenti condizioni:
non ottempera agli obblighi di cui all’articolo 11 della presente legge (“fornire disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego territorialmente competenti e accreditarsi sul sistema informatico nazionale per l’impiego”);
sostiene più di tre colloqui di selezione con palese volontà di ottenere esito negativo, accertata e dichiarata dal responsabile del centro per l’impiego;
rifiuta nell’arco di tempo riferito al periodo di disoccupazione, più di tre proposte di impiego ritenute congrue ai sensi del comma seguente, ottenute grazie ai colloqui avvenuti tramite il centro per l’impiego o le strutture preposte di cui agli articoli 5 e 10;
qualora a seguito di impiego o reimpiego receda senza giusta causa dal contratto di lavoro, per due volte nel corso dell’anno solare.
Nel dettaglio, la proposta del Movimento 5 Stelle prevede che i beneficiari si iscrivano ai centri per l’impiego dimostrando poi di passare almeno due ore al giorno per la ricerca di un lavoro. Inoltre, per aumentare le possibilità di trovare un impiego stabile ci saranno dei corsi di qualifica professionale da frequentare.
Allo stesso tempo bisognerà offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti utili alla collettività, per un totale di 8 ore a settimana.
Per non perdere il diritto al beneficio, infine, il titolare del reddito di cittadinanza dovrà accettare uno dei primi tre lavori che gli vengono offerti dal centro per l’impiego.
Per quanto riguarda la ricerca di un nuovo lavoro, negli ultimi giorni è spuntata l’ipotesi di una regionalizzazione della misura. È stato lo stesso premier Giuseppe Conte, infatti, a svelare che il Governo sta pensando ad una soluzione per “modulare le offerte di lavoro sulla base della distribuzione geografica”.
Riforma dei centri per l’impiego
Come anticipato il reddito di cittadinanza partirà solo dopo che la riorganizzazione dei centri per l’impiego sarà completata.
Oggi, infatti, i centri per l’impiego difficilmente riescono ad aiutare i disoccupati a trovare un lavoro e la situazione potrebbe persino peggiorare con l’introduzione del reddito di cittadinanza che riguarderà una platea di circa 6.000.000 di beneficiari.
6 milioni di persone a cui i circa 8.000 dipendenti nei centri per l’impiego dislocati sul territorio dovranno trovare un massimo di tre offerte di lavoro entro un arco di tempo prestabilito; un compito che appare impossibile da portare a termine visto lo stato attuale delle cose.
Ecco perché con 1 miliardo di euro a disposizione di provvederà ad attuare un nuovo piano assunzioni di personale da inserire all’interno dei centri per l’impiego; contemporaneamente ci sarà l’unificazione delle banche dati della domanda e dell’offerta di lavoro, alla quale si affiancherà poi un rinnovamento dei locali e delle infrastrutture.
Ci vorrà del tempo quindi per risolvere tutte le attuali lacune; dai 3 ai 4 mesi, secondo quanto indicato dal Governo, una previsione che però potrebbe essere fin troppo ottimistica.
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Documento n. 14
18 ottobre 2018
Mettetevi il cuore in pace: prima del 2020 non vedrete nessun reddito di cittadinanza
Il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia dei pentastellati, rischia di non essere distribuito prima del 2020. Meglio tardi che mai, ma le stime di crescita del 2019 facevano affidamento sulla misura per stimolare la crescita
Tiziana FABI / AFP su LinKiesta
Reddito di cittadinanza, d’accordo. Ma quando? Questa domanda non è irrilevante per valutare le stime di crescita previste dal governo per il 2019. Supponiamo di superare ogni perplessità relativa alla “manovra del popolo” con un balzo, anzi un grande balzo, di fiducia. Supponiamo di accettare le assunzioni economiche che stanno alla base della finanziaria, convinciamoci che il reddito di cittadinanza non sia un provvedimento assistenzialistico, che non abbia ripercussioni negative sul piano della produttività, che non sia un disincentivo alla ricerca del lavoro, che non dia un colpo mortale alla già fragile meritocrazia del paese e che sia invece una misura equa ed espansionistica. Accettiamo tutto questo: i conti non tornano lo stesso. C’è prima di tutto un tema di logistica, un problema di organizzazione e distribuzione del reddito per il quale sarà molto difficile vedere elargito anche solo un assegno di cittadinanza entro il 2019.
Il Def firmato dal governo ha finora stabilito le risorse da dedicare a questa misura: 9 miliardi + 1 per la riforma dei centri d’impiego. Ma ha rimandato a una legge collegata una serie di dettagli operativi che andranno stabiliti prima di procedere: per esempio, come sarà erogato il reddito? Attraverso un bancomat? Ci saranno davvero spese consentite e spese non consentite? Ci saranno quote di reddito prestabilite per ogni regione d’Italia? Oppure sarà solo su base nazionale? E poi ancora: chi ne ha diritto esattamente? Chi è disoccupato da più tempo avrà la precedenza? E quanti lavori potrò rifiutare prima di perderlo? Lavori vicini o lontani da casa? Questa legge collegata dovrà essere votata nei primi mesi del 2019 ma come si intuisce dal tenore delle domande non sarà facile trovare una sintesi politica. Prendiamo il tema della distribuzione regionale: se vale il principio secondo cui chi ha più bisogno ne ha più diritto, è evidente che la maggior parte dei fondi saranno dirottati a sud (con buona pace della Lega), se invece vale una distribuzione regionale, si indebolisce un presupposto di equità che sta alla base della misura stessa. Insomma, per arrivare a un accordo ci vorrà qualche mese e non stupirebbe che questo accordo si trovasse al fotofinish giusto prima delle elezioni europee di maggio.
Supponiamo di accettare le assunzioni economiche alla base della finanziaria, convinciamoci che il reddito di cittadinanza non sia un provvedimento assistenzialistico, che non abbia ripercussioni negative sul piano della produttività, che non sia un disincentivo alla ricerca del lavoro, che non dia un colpo mortale alla già fragile meritocrazia del paese e che sia invece una misura equa ed espansionistica: i conti non tornano lo stesso
Ma siamo ottimisti: immaginiamo che a marzo siano pronti tutti i dettagli, compresi quelli che servono per riformare i centri per l’impiego. Perché c’è da fare anche questo, giusto? A meno che non si voglia cominciare a distribuire soldi senza aver nemmeno tentato di migliorare le fin qui impietose performance dei Cpi, cosa che lascerebbe perplessa buona parte di un elettorato disposto ad accettare l’idea di dare una mano ai concittadini in difficoltà, ma solo nella prospettiva realistica di trovare loro un lavoro. Sarà necessario sì o no verificare che ognuno dei 556 centri per l’impiego del paese abbia almeno un computer sul quale gestire domande e offerte? Sarà necessario sì o no organizzare qualche corso di formazione per un personale che con una media di 56 anni di età è più vicino all’uscita dal mercato del lavoro che all’ingresso?
A settembre dunque si comincerà a gestire le pratiche di quei 2 milioni di famiglie che in Italia si trovano al di sotto della soglia di povertà e che verosimilmente avanzeranno la loro richiesta
I tempi visti con il decreto d’urgenza per Genova non lasciano essere ottimisti. Ma quando anche si riuscisse ad adeguare questi uffici in 4 mesi (roba da standing ovation), i Cpi non sarebbero pronti a gestire le richieste di reddito di cittadinanza prima dell’estate, anzi, prima di settembre dato che la sacralità di agosto difficilmente sarà scalfita. A settembre dunque si comincerà a gestire le pratiche di quei 2 milioni di famiglie che in Italia si trovano al di sotto della soglia di povertà e che verosimilmente avanzeranno la loro richiesta.
Ecco perché è difficile che si possa vedere distribuito un solo reddito di cittadinanza prima del 2020: cosa che non è di per se una critica alla misura. Se la misura è ritenuta corretta, la si porti avanti: meglio tardi che mai, nel caso. Il problema è se le stime di crescita del Pil per il 2019 fanno affidamento, come più volte dichiarato dal governo, sull’erogazione di quel reddito? La nostra economia come potrebbe mai beneficiare nel 2019 di un reddito che nel 2019 nessuno riceverà?
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Ulteriori approfondimenti
E questo è un sito specializzato sul tema, da cui possono scaricarsi materiali interessanti e capire un pochino il dibattito su questo strumento, oltre la polemica politica…
http://www.bin-italia.org
BIN-ITALIA.ORG
BIN Italia – Basic Income Network Italia
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Reddito di cittadinanza: Rossini (Alleanza contro la povertà), “non risolve i problemi perché totalmente schiacciato su politiche attive del lavoro”
28 novembre 2018 @ 17:58
“Il reddito di cittadinanza, così come sembra delinearsi, non risolve i problemi della povertà perché è totalmente schiacciato sulle politiche attive del lavoro”. Lo ha affermato Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza contro la povertà, in occasione del convegno “Povertà dei bambini: solo una questione di reddito? Fare rete per il benessere e l’inclusione dell’infanzia” che si è tenuto oggi a Roma. La rete di 35 associazioni, nata in Italia nel 2013 per chiedere uno strumento universale di contrasto all’indigenza, ritiene necessario “mantenere e rafforzare uno specifico strumento di contrasto alla povertà assoluta. Il Fondo povertà non può essere destinato a misure con finalità diverse da quelle perseguite dal reddito di inclusione”. Per questo, “l’Alleanza contro la povertà ribadisce la necessità di potenziare il Rei, ampliandone la platea dei destinatari, aumentando l’attuale beneficio economico e rafforzando l’infrastruttura territoriale dei servizi pubblici”. “Sarebbe infine un errore – ha spiegato Rossini – trasferire la titolarità della presa in carico dei beneficiari dai Comuni ai Centri per l’impiego: la povertà e l’esclusione sociale sono fenomeni complessi che richiedono un’azione coordinata e multidisciplinare da parte del sistema pubblico”.
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