DIBATTITO. Il Governo 4 mesi dopo.

governo
di Ritanna Armeni, su Rocca.
Sono passati sei mesi dalle elezioni politiche e ne mancano otto all’appuntamento con quelle europee. Sei mesi, quindi, dalla vittoria in Italia delle forze politiche antisistema, Lega e Movimento 5stelle (impropriamente, ma ormai comunemente, denominate «populiste») e otto mesi dal confronto elettorale inevitabile fra i partiti tradizionalmente sostenitori dell’Europa, che si richiamano al filone liberale e socialdemocratico, e i partiti sovranisti da alcuni anni in rapida ascesa. Uno scontro di cui già oggi intravediamo i contorni e di cui possiamo anche prevedere una conclusione. È del tutto probabile che l’appuntamento europeo confermi la spinta sovranista già presente nelle varie elezioni nazionali e che ha al centro la politica del blocco di Visegrad.
Se ciò avvenisse, non è difficile immaginare l’interruzione di ogni politica d’integrazione e, di fatto, la crisi profonda di una politica europea, comunque essa sia stata immaginata e praticata in questi decenni, un blocco delle sue istituzioni a cominciare dal Parlamento, un inasprimento delle politiche anti immigrazione, un ritorno agli interessi nazionali. E, infine, in un futuro neppure troppo lontano la possibile messa in discussione della moneta unica. Non è uno scenario apocalittico, è un’ipotesi non irrealistica i cui contorni e le cui conseguenze si preciseranno nei mesi che ci separano dalle elezioni europee, nelle politiche dei singoli paesi a cominciare dall’Italia.

la maggioranza
L’Italia appunto. Quale bilancio si può fare alla ripresa di settembre dopo quattro mesi di governo giallo-verde? In che modo in questo periodo di tempo si è costruito il rapporto con l’Europa e si sono poste le basi per le elezioni europee? Possiamo dire senza timore di sbagliare che in questi mesi i partiti che compongono il governo si sono rafforzati. Dopo aver raggiunto il 50 per cento che ha consentito loro di formare il governo (oltre 32 il Movimento 5stelle e 18 la Lega di Salvini) oggi, secondo i sondaggi, godono di una fiducia ancora più vasta.
In questi mesi i consensi sono aumentati soprattutto per la Lega che è addirittura al 32 per cento raddoppiando quasi i suoi consensi mentre i pentastellati scendono al 28 per cento. La battaglia contro gli immigrati e per la sicurezza unita a una visibilità mediatica non comune hanno fatto del leader leghista Matteo Salvini l’uomo forte del governo e della politica italiana. I suoi contatti internazionali, a cominciare da quelli con i paesi di Visegrad, la debolezza della figura del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, hanno creato una sorta di primo ministro di fatto relegando per il momento – almeno nella visibilità e nella propaganda – il movimento 5stelle e il suo leader Luigi Di Maio a un ruolo meno incisivo. Del resto il fronte su cui si muove il leader pentastellato, quello del lavoro e delle politiche sociali con dossier importanti come l’Ilva e il precariato, è ben più complesso di quello spesso meramente propagandistico della lotta all’immigrazione. Le misure di politica sociale devono fare i conti con la situazione economica che, come si sa, si mantiene difficile e pretende atti e soluzioni concrete.

l’opposizione
Quanto all’opposizione, dopo la netta sconfitta del 4 marzo le sue difficoltà, se è possibile, sono aumentate. Il partito democratico, privo di un vero leader, in attesa del congresso, diviso in più fazioni, non riesce a enucleare una vera linea di opposizione che lo riavvicini a quei ceti popolari che lo hanno abbandonato. Il suo dibattito appare ancora oggi tutto interno e al di là delle parole di buona volontà, lontano dagli interessi che oggi si esprimono nel paese. Forza Italia ha perso ogni spinta propulsiva, non riesce a riunire attorno a Berlusconi quell’elettorato liberale e moderato che l’ha appoggiato negli scorsi anni, e rischia ogni giorno di essere fagocitato da una Lega aggressiva e capace di parlare a tutto l’elettorato del centro destra.
Se questo è, in estrema sintesi, lo scenario di oggi, l’autunno potrebbe portare dei cambiamenti. Gli appuntamenti di politica economica sono prossimi e sono, come sempre, i più scottanti.

il grande scoglio
Nella situazione di queste settimane che appare confusa c’è una sola cosa chiara. Le promesse che i due partiti di governo hanno fatto al loro elettorato non sono sommabili. In parole povere non si possono approvare in modo significativo tutte le misure contenute nel contratto siglato per consentire la formazione del governo. Non si può pensare di ridurre il carico fiscale con la flat tax, voluta dalla Lega e promuovere il reddito di cittadinanza che è la bandiera dei 5stelle. Né di andare a un ridimensionamento della legge Fornero promuovendo le misure antiprecarietà contenute nel cosiddetto decreto dignità. La spesa è ingente, si supererebbe il margine del 3% e si andrebbe allo scontro con l’Europa. È questo nei fatti, fuori dalla propaganda e dalle frasi roboanti dei due vicepresidenti del Consiglio il vero grande scoglio, contro cui si possono infrangere i progetti e piani dei due partiti di governo. Se è facile minacciare un’Europa, a sua volta inadempiente ed egoista, sulla pelle di qualche centinaio di migranti, è più difficile sfidare le istituzioni finanziarie e politiche europee. Vi potrebbero essere conseguenze pericolose (ci sono già stati i primi segnali) tali da mettere in discussione l’enorme consenso su cui fino ad oggi il governo giallo verde ha potuto contare. Non a caso le parole del ministro dell’Economia e quelle del presidente del Consiglio sono sempre più prudenti e sfumate di quelle dei leader della Lega e del Movimento 5stelle.

in vista delle elezioni europee
Lo scontro fra le istituzioni europee e quelle del governo italiano oggi è tutto aperto. Un compromesso non è ancora escluso anche se la situazione è più che mai incerta e i cambiamenti repentini e le rotture sono sempre possibili: queste dipendono dall’evoluzione dei rapporti fra i partiti di governo (l’opposizione in questo momento è fuori gioco) nel quadro italiano.
Proprio in vista delle elezioni europee Matteo Salvini potrebbe inaugurare una strategia ancora più aggressiva. Sollecitato, paradossalmente, dallo scandalo sui fondi elettorali che ha coinvolto la Lega e che la priva per disposizione della magistratura dei finanziamenti su cui finora ha potuto contare, è pronto a fondare un nuovo partito (si dice che abbia già depositato il nome) e a uscire dai confini leghisti puntando a un raggruppamento di tutto il centro destra. Qualunque sia la volontà di Berlusconi i rapporti di forza si sono ormai capovolti, Forza Italia scricchiola, sono molti ad aspettare una mossa di Salvini per salire sul suo carro. Un partito unico a trazione leghista, con un consenso quindi superiore al 40 per cento metterebbe seriamente in difficoltà un movimento 5stelle già oscurato dal protagonismo del leader della Lega. Si creerebbero le condizioni per nuovi equilibri, si costruirebbe il terreno più favorevole per l’obiettivo cui il capo della Lega ha sempre ambito: la presidenza del Consiglio. E, magari, si andrebbe a elezioni che sanciscano i nuovi rapporti di forza.
Se i piani di Salvini dovessero avere buon esito il ruolo dell’Italia nella prossima campagna elettorale europea sarebbe davvero chiaro. Il suo apporto al fronte sovranista diverrebbe importante e decisivo. Con quali conseguenze oggi e dopo l’appuntamento europeo per il paese è tutto da vedere. Il dopo non è facilmente immaginabile, anche se le preoccupazioni sono tante.
Ma ormai i tempi della politica sono diventati rapidi e tutto potrebbe accadere prima di quanto si possa immaginare.
Ritanna Armeni
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rocca-18-2018

- La foto è tratta da Il fatto quotidiano.

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