GLI OCCHIALI di PIERO
Le domande ai saggi, Carlo Felice, Cappellacci generale Custer, la mafia…
UNA DOMANDA A SALVATORE ROSSI
Saggio dottore, capisco che la sua vita deve essere stata piuttosto incolore, per 37 anni sepolto nella Banca d’Italia, quando poi negli ultimi 10 anni decide tutto la BCE, perciò non voglio infierire sul suo grigio destino con domande cattive. Le chiedo soltanto: è contento, adesso che l’hanno fatta saggio, di uscire all’aperto e fare questa piccola dolce passeggiata da via Nazionale al Quirinale, libero per 10 giorni da quelle oscure incombenze, è felice? Io la immagino, sa? andare al marciapiedi opposto e fischiettare allegramente, sull’aria di compar Alfio, “o che bel mestiere fare il banchiere” e non il carrettiere (a Lei nessuno ha potuto dire a fine mese “Bambole, non c’è una lira”), oppure parafrasare canterellando il trallalallero della cavatina di Figaro “trallalira trallalleuro, sono un banchiere di qualità”, pregustando la ricca pensione… 10 giorni soltanto per fare il saggio, ma… Che vacanza!
Nacque a Torino il 6 aprile 1765, quinto figlio di Vittorio Amedeo III. Giunse comunque al trono dopo che abdicarono i due fratelli Carlo Emanuele IV e Vittorio Emanuele I, che non avevano figli maschi. Con lui si estinse il ramo principale della famiglia, per cui il trono passò poi a Carlo Alberto, del ramo cadetto dei Carignano. Re dal 1821 al 1831, fu prima vicerè, non si fece amare dai sardi che lo chiamarono Carlo Feroce. Era “fiducioso nel ricorso agli strumenti repressivi più spicci e discrezionali”, come ricorda lo storico Federico Francioni, lo stesso De Maistre – uno che riteneva i sardi “più selvaggi dei selvaggi” – invano gli chiese il rispetto di leggi e ordinamenti vigenti.
Nel periodo napoleonico, quando giocoforza i Savoia dovevano confidare nell’aiuto inglese contro i francesi, tuttavia si mantennero neutrali: l’Inghilterra era sinonimo non solo di lotta a Bonaparte, ma anche di parlamentarismo e costituzionalismo.
Egli era giunto al trono proprio nell’anno dei moti carbonari e, convinto com’era del carattere sacrale dei re, chiamò a Torino gli austriaci per tenere l’ordine e abrogò la costituzione emanata dal cugino Carlo Alberto, di idee più liberali, che era stato reggente per un breve periodo. Di carattere chiuso, non amava occuparsi delle faccende di Stato: un re che si tenne lontano dalla Corte, passando più tempo nei castelli di Govone e di Agliè che a Torino, come prima aveva fatto da vicerè in Sardegna, passando più tempo a Villa D’Orri, ospite di Manca di Villahermosa, che a Cagliari. Morì il 27 aprile 1831 a Torino, volle essere sepolto in Savoia. Il vescovo che celebrò il funerale disse “oggi sotterriamo la monarchia”, forse non solo perchè si estingueva il ramo principale dei Savoia, ma anche l’idea assolutista del potere reale.
Carlo Felice, a dispetto dell’antipatia che suscita la sua biografia è molto ricordato, soprattutto a Genova (il teatro), a Torino (la piazza), a Cagliari (statua, Largo, e la strada statale che unisce Cagliari a Sassari, ormai chiamata 131).
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CAPPELLACCI COME CUSTERDice che si vuole ricandidare. Bene!
Vieni vieni, generale, la tribù sarda vuole tornare a sorridere. -
NUOVO MANUALE STRATEGICONon importa se il nemico è un inquisito, illegittimamente eletto.
La via migliore per sconfiggere il nemico è accordarsi con lui per una fase transitoria.
Oggi può essere il Capo della Destra, domani, se il metodo funziona, la Mafia.LA BATTAGLIA DEL PICCOLO GRANDE CORNO(scena western)Il feroce viso pallido Cattivi Cappelli ha disotterato la scure di guerra e guida il vecchio squadrone Maggioranza, a ranghi ridotti al 20%, appoggiato dalla Flotta Fantasma e dal Vecchio Stregone Zone FranK, ignaro che lo aspettano allo scontro le tribù dei Piedi Democratici, dei Rossi SELvaggi, degli Indios Valorosi, dei Rivoltosi Civili, dei Comunardi Rifondati, dei Rojos Moros, quelli della Nazione Libera e gli IRSutos, i Fuegos Virdes, e più terribili di tutti gli Incavolados Five Stars. Sulle alte colline la tribù dei Four Moros Bendados attende l’esito dello scontro per unirsi ai vincitori.
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