CETA. Il governo “naviga a vista” rischiando di andare a sbattere
La sedia
di Vanni Tola.
Trattati internazionali per regolamentare gli scambi commerciali. Il governo “naviga a vista” rischiando di andare a sbattere. Il caso del trattato con il Canada (CETA) che ha finora favorito l’export italiano e che il governo non intende ratificare.
Negli ultimi decenni si sono attivate nel mondo complesse manovre di riposizionamento delle grandi potenze capitalistiche intercontinentali che hanno al centro la questione di una nuova regolamentazione dei commerci transnazionali, l’allargamento dei mercati, la ridefinizione di quelle che un tempo si chiamavano “aree d’influenza” delle grandi nazioni. Tale processo ha dato origine alla programmazione e stipulazione di diversi trattati commerciali intercontinentali i più noti dei quali sono certamente il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e il più recente CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) del quale sentiremo parlare in Italia in questi giorni. [segue] Molti di questi trattati, e tra questi il TTIP, sono stati oggetto di dure contestazioni da parte di movimenti di opposizione che ne hanno denunciato limiti e aspetti poco chiari. Principalmente si faceva notare che la strategia dei trattati fosse quella di salvaguardare e proteggere oltre misura gli interessi dei monopoli commerciali internazionali a discapito dei diritti delle nazioni, della loro autonomia giuridica, del rispetto degli ordinamenti e delle norme vigenti nei diversi paesi. Il CETA rappresenta, a mio avviso, qualcosa di differente. E’ un trattato economico e commerciale globale tra l’Unione Europea e il Canada negoziato recentemente che si propone di superare limiti e contraddizioni dei trattati che lo hanno preceduto offrendo alle imprese europee nuove e migliori opportunità commerciali con il Canada e favorendo la creazione di occupazione in Europa. Tra gli obiettivi specifici si rileva l’eliminazione dei dazi doganali, l’abolizione delle restrizioni nell’accesso agli appalti pubblici delle rispettive aree di pertinenza dei contraenti, l’apertura del mercato dei servizi, l’offerta di condizioni d’investimento prevedibili e la prevenzione di copie illecite di innovazioni e prodotti tradizionali dell’UE. Per maggiore chiarezza gli estensori del trattato hanno dichiarato esplicitamente che l’accordo rispetterà integralmente le norme europee in settori quali la sicurezza alimentare e i diritti dei lavoratori e fornirà le garanzie necessarie per far sì che i vantaggi economici ottenuti non vadano a scapito della democrazia, dell’ambiente o della salute e della sicurezza dei consumatori. Il trattato CETA è entrato in vigore in via sperimentale il 21 settembre 2017 in attesa della ratifica definitiva da parte dei Paesi Ue. Non è quindi prematuro esprimere un giudizio sugli effetti che il CETA ha determinato in questi mesi nel paese. Vincenzo Boccia, presidente dell’Associazione degli industriali, ha affermato che “all’Italia conviene il CETA perché siamo un Paese ad alta vocazione all’export e attraverso l’export, creiamo ricchezza”. Alcuni dati fondamentali confermano tele considerazione. Dallo scorso mese di Settembre a Maggio l’export con il Canada è già aumentato dell’8% garantendo 400 milioni di fatturato alle imprese italiane. Analoghi vantaggi sono stati registrati in Sardegna. Per Salvatore Palitta, presidente del Consorzio del pecorino romano, la bocciatura dell’accordo da parte del governo, indicata come obiettivo fondamentale dal ministro Di Maio e dal ministro Centinaio, sarebbe un clamoroso autogol per la Sardegna, proprio ora che i produttori isolani stanno iniziando a sperimentare cosa possa significare esportare senza pagare i dazi doganali e arrivare al consumatore canadese sfruttando il marchio di origine protetta. Nei primi mesi del 2018 il Consorzio ha registrato nell’isola una crescita del volume di affari di circa 18 milioni di euro. Dati Istat confermerebbero che, tra gennaio e marzo 2018 (con l’accordo Aceta ormai in vigore), le rilevazioni hanno fatto registrare un aumento del 41,57 % del valore delle esportazioni e una crescita intorno al 24% delle quantità di formaggio importate, intorno alle 164 tonnellate. Nel solo mese di gennaio l’esportazione del pecorino romano verso il Canada è cresciuta del 73,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Perché Di Maio e i suoi sono cosi determinati nel voler annullare il trattato CETA è difficile stabilirlo se non entrando nel campo delle ipotesi e delle congetture, ci torneremo. Giova ricordare che in questi giorni qualcosa di molto simile al trattato CETA è stato sottoscritto tra Unione Europea e Giappone. Mentre Gigino Di Maio alzava le barricate contro il Trattato CETA a Tokio, Unione Europea e Giappone, sottoscrivono il maggiore accordo mai negoziato tra le due aree economiche. “Un potente messaggio contro il protezionismo”, dichiarano il presidente del Consiglio europeo Tusk e il premier giapponese Shinzo Abe. Abe e Junker parlano di: “Data storica quando celebriamo la firma di un accordo commerciale veramente ambizioso”. Sta forse in questo fatto la chiave di lettura delle scelte del governo Di Maio. Sulla scia della funambolica politica di Donald Trump scatenato contro i vecchi trattati e impegnato nella guerra dei dazi contro l’intero mondo, anche i protezionisti e sovranisti locali tendono a vedere come fumo negli occhi i grandi negoziati per disciplinare gli scambi e i commerci internazionali. Paga di più in termini di propaganda elettorale continuare a combattere contro il “nemico” europeo, quell’unione che ci penalizza, ci affama, non ci aiuta, piuttosto che accogliere decisioni di progresso, di apertura e di confronto con altri paesi. Anche a costo di rimetterci economicamente. Perché è evidente che la sospensione del CETA in Italia, oltre a mettere in crisi la possibilità che il trattato sopravviva, si tradurrebbe in un notevolissimo danno economico per l’export del nostro paese, nel comparto agro-alimentare e nell’intero settore artigianale. Non sbaglia chi, in questi giorni, ha affermato che probabilmente il ministro Di Maio e i suoi collaboratori hanno una conoscenza molto superficiale del trattato CETA, non sanno di che parlano. Curiosa e originale appare pure la dichiarazione del ministro dell’economia Tria. «Non ho seguito il dossier, ma è sempre bene avere degli accordi commerciali, bisogna vedere come si fanno e il contenuto. Siccome non ho studiato il contenuto e i particolari, in genere il diavolo sta nei dettagli quindi non so se, come è concepito, c’è qualcosa che va o non va. La mia opinione personale è che il libero commercio, che si estende anche attraverso accordi commerciali, è sempre una buona cosa, però bisogna vedere come si fanno questi accordi». E’ semplicemente incredibile che il titolare del ministero dell’economia di un importante paese europeo dichiari candidamente e senza vergogna di non conoscere abbastanza un trattato internazionale sottoscritto dal proprio paese. Uno studente universitario al primo esame di economia generale, con un’affermazione analoga, sarebbe cacciato dal professore a pedate.
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[…] del latte. ————— Approfondimenti (su Aladinews del 19 luglio 2018): CETA. Il governo “naviga a vista” rischiando di andare a sbattere. […]
[…] In argomento ripubblichiamo l’articolo di Vanni Sola, su Aladinpensiero del 19 luglio 2018. ss=”alignleft size-full wp-image-39298″ />La sedia di Vanni Tola. Trattati […]