Gli aneddoti stampacini. Uspidali civili o Clinica Aresu?
Don Arthemalle forse non era il più vecchio tra i sacerdoti della Collegiata parrocchiale di Sant’Anna, ma per noi lo era. Teoricamente non avrebbe avuto diritto al titolo di “don” ma solo di “signor”, in quanto – ci avevano spiegato – l’uno era riservato ai preti che avevano studiato e che erano stati licenziati dal Seminario maggiore, l’altro a chi era arrivato alla consacrazione sacerdotale senza il prescritto “cursus studiorum”, come appunto nel caso del nostro. [segue] Ma per noi queste sottigliezze non rilevavano e pertanto al pari degli altri preti gli riconoscevamo il don. A noi stava simpatico soprattutto perché era sbrigativo nelle confessioni di noi ragazzi (in età adolescenziale e oltre). Per lui si trattava sempre e solo di masturbazione. Forse perché un po’ sordo o che comunque non stava ad ascoltare, sta di fatto che ogni confessione durava non più di tre minuti, l’assoluzione sicura e la penitenza standard era un pateravegloria. L’episodio che qui racconto non ha a che fare con tutto ciò. Si riferisce infatti a un piccolo diverbio tra don Arthemalle e il vice sacrista, soprannominato Bobboi (del quale ricordo benissimo – ma non lo svelo – il nome e cognome). Il contrasto tra i due riguardò un funerale. La questione era: in quale ospedale del quartiere si trovava il defunto? L’alternativa era secca: Ospedale Civile o Clinica Aresu. Il prete – con sacrestano ed eventuale seguito di chierichetti – doveva recarsi sul posto per accompagnare la bara fino alla chiesa parrocchiale dove si sarebbe celebrata la messa “corpore praesenti”. Don Arthemalle era indeciso su dove stesse il morto e pertanto chiese a Bobboi: “De aundi bessi su mortu? De s’uspidali civili o de sa Clinica Aresu?” Bobboi non aveva dubbi: “De s’uspidali civili”. A don Arthemalle sembrava ricordare invece la Clinica Aresu. E si mostrò dubbioso. Ma Bobboi era sicuro e ribadì senza esitazione: “uspidali civili, uspidali civili”. Ma a fronte della granitica sicurezza del sacrestano aumentava l’incertezza del prete tanto che finalmente decise di consultare il quaderno dove erano puntualmente annotati tutti gli impegni parrocchiali dei sacerdoti (matrimoni, funerali, messe di suffragio e così via). Nero su bianco: il morto si trovava nella Clinica Aresu, come ben ricordava don Arthemalle. Che a questo punto piazzò di malo modo il quaderno sotto il naso di Bobboi, il quale notoriamente non sapeva leggere e scrivere, dicendo: “Liggi, su pippiu: clinica Aresu, merda!”.
————–
[…] Aladin Don Arthemalle era un prete povero. Viveva della piccola elargizione che mensilmente gli assicurava il Parroco (presidente dei parroci […]
[…] Parrocchia di Sant’Anna il famoso sig. Rosario Mureddu di cui si è parlato in un altro episodio, anche ricordando la figura dell’aiuto sacrista sig. Antonio Dessì noto “Bobboi”. Certo signora Efisia, se fosse ancora tra noi e non fosse stata colpita da diversi anni da una […]