Sardegna
La sedia
di Vanni Tola
Fondi europei – La Sardegna declassata vince la “maglia nera”, a qualcuno pare una vittoria.
Tempo fa, durante il giro d’Italia, si assegnava un premio anche all’ultimo qualificato, la “maglia nera”. Dopo qualche tempo tale premio fu abolito perché si era notato che alcuni ciclisti, fra i meno dotati, facevano “i furbi” rallentando l’andatura per avere almeno il premio di consolazione, la mitica maglia nera. Ho ripensato a questa vicenda quando ho appreso che l’Unione ha recentemente declassato la Sardegna da regione “in transizione” (con Pil tra il 75 e il 90 per cento della media dei bilanci nell’Unione) in regione “meno sviluppata” (Pil inferiore al 75 per cento della media Ue). Niente di cui andare fieri, mi pare. Eppure c’è chi ne parla quasi con compiacimento, perché? Come nel giro d’Italia di qualche tempo fa, anche in Europa, l’assegnazione della “maglia nera” comporta dei vantaggi. Il declassamento ad area “menu sviluppata” infatti, consentirà all’Isola di avere una porzione maggiore di finanziamenti del Fondo di coesione previsto dal bilancio dell’Unione per il periodo 2021-2027, attualmente in fase di definizione. Nella prima bozza del bilancio comunitario il finanziamento previsto per l’Italia ammonterebbe a 43,4 miliardi di euro contro gli attuali 36 miliardi dell’esercizio 2014-2020.
Nel periodo 2014-2020 la Sardegna ha ricevuto 600 milioni di euro tramite il Fondo sociale, 900 milioni di euro con il Fondo per lo sviluppo regionale e 1 miliardo e 300 milioni per il Piano di sviluppo rurale. L’introito futuro per l’Isola, per conseguenza del declassamento, dovrebbe aumentare di circa il 30 per cento. E certamente nessuno degli amministratori regionali si strapperà i capelli o farà plateali autocritiche. Non è neppure inverosimile pensare che durante la campagna elettorale qualcuno di loro possa perfino intestarsi il merito di aver fatto arrivare nell’Isola una quota maggiore di finanziamenti comunitari. Poco importa che l’aumento dei contributi comunitari rappresenti la prova provata dell’incapacità politica di non aver saputo condurre l’Isola al di fuori della fascia delle “regioni in transizione”. Occorre poi soffermarsi un attimo pure su un altro aspetto concernente l’impiego dei fondi comunitari, la scarsa capacità d’impiego degli stessi con il permanente pericolo di dovere restituire all’Unione parte dei contributi ottenuti e non utilizzati.
Entro la fine del 2018 la Regione Sardegna dovrà aver speso 65 milioni di risorse Por del Fondo sociale europeo 2014-2020, per non rischiare di perdere le risorse. Finora sono stati impiegati soltanto 45 milioni. Dovremmo riflettere su queste vicende in un periodo storico nel quale va per la maggiore attribuire all’Unione europea la responsabilità di tutto ciò che non va bene nella realtà isolana e italiana. Sicuramente è necessario lavorare per migliorare il funzionamento dell’Unione ma è pure innegabile che la nostra realtà richieda un salto di qualità nella scelta del quadro politico, nello sviluppo di una reale capacità di riforma dell’esistente, nella programmazione dello sviluppo e nella realizzazione degli investimenti. Le prossime elezioni regionali dovranno cogliere tale aspetto della vicenda e affrontarlo con proposte e programmi seri, concreti e realizzabili. Se poi si vuole fare a gara a chi saprà scaricare meglio le nostre responsabilità su ’Europa, accomodatevi pure. Sarà soltanto un’altra occasione mancata.
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