OGGI 28 APRILE. Sa die de sa Sardinia
Sa Die de sa Sardigna, PROGRAMMA DELL’EDIZIONE 2018, a cura del Comitato per “Sa Die”
CAGLIARI. Ore 9.30, nella Cattedrale…. Ore 11.00, corteo verso il Palazzo Viceregio… una memoria fatta di simboli e messaggi di unità del Popolo Sardo. Un giorno simbolo per tanti giorni migliori.
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Sa Die de sa Sardigna, PROGRAMMA DELL’EDIZIONE 2018, a cura del Comitato per “Sa Die”
Ore 9.30, nella Cattedrale, avrà inizio la celebrazione della Santa Messa, “Sa Missa Cantada”, officiata da mons. Angelo Becciu e da mons. Arrigo Miglio insieme ad altri vescovi e sacerdoti. È previsto l’utilizzo di testi liturgici in lingua sarda (tradotti da un team di esperti coordinato da don Antonio Pinna). Il rito verrà accompagnato dalle musiche composte dal maestro Vittorio Montis e cantate dal “Coro Santa Maria degli Angeli” di Quartu Sant’Elena.
Altri canti verranno proposti dal “Chorus Opera” insieme ad alcune voci del “Liceo Motzo” dirette dalla prof. Laura Porceddu. Canteranno la mezzo soprano Massimiliana Tocco e il baritono Gabriele Barria. All’organo il maestro Fabrizio Marchionni. Il rito religioso si concluderà col “Deus ti salvet Maria”, accompagnato anche dal gruppo “Cuncordia a launeddas”.
Si precisa che la celebrazione della Santa Messa verrà ripresa da “Rai 3” e trasmessa in diretta per tutta l’isola.
Ore 11.00 i partecipanti, al suono delle launeddas e guidati dai bambini con le bandiere sarde, si sposteranno nell’attiguo Palazzo Viceregio dove avranno inizio le celebrazioni civili. La cerimonia verrà introdotta col canto “Su patriota sardu a sos feudatarios” composto dal Mannu (comunemente conosciuto come “Procurade ’e moderare”), intonato dalle voci bianche del “Chorus Opera” e da alcuni allievi del “Liceo Motzo” accompagnati dal gruppo “Cuncordia a launeddas”.
Il canto verrà interrotto, dopo alcune strofe, per consentire al prof. Luciano Carta di illustrare le proprie considerazioni su “Sa Die” partendo dal significato dell’inno della Sarda Rivoluzione. Concluso l’intervento dello storico, una bambina rivolgerà un breve messaggio ai Parlamentari eletti in Sardegna e consegnerà loro la bandiera sarda. Il coro conclude quindi il “Procurade ’e moderare”.
Ore 11.30, sempre nel Palazzo Viceregio, avrà inizio la parte istituzionale dell’incontro coordinata da Salvatore Cubeddu del Comitato per “Sa Die de sa Sardigna”. Sono previsti i saluti del sindaco di Cagliari Massimo Zedda, dell’arcivescovo mons. Arrigo Miglio e del presidente del Consiglio Regionale Gianfranco Ganau. Quindi l’avv. Antonello Angioni svolgerà la relazione sul tema “Radici storiche e prospettive dell’autonomismo sardo”.
Ore 12.15/13.00 i lavori proseguiranno con diversi interventi. Sono previsti quelli di mons. Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato del Vaticano, dell’Assessore regionale alla pubblica istruzione Giuseppe Dessena, del Presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, di alcuni Parlamentari, Consiglieri regionali e Rappresentanti delle forze politiche.
0re 13.00: chiusura dei lavori con brevi considerazioni conclusive e il canto “Procurade ’e moderare” accompagnato dal suono delle launeddas.
Il Comitato è lieto di invitarLa alla festa del Popolo Sardo, “Sa Die de sa Sardigna”.
Con i migliori saluti.
Cagliari, 23 aprile 2018
COMITATO PER “SA DIE DE SA SARDIGNA”
Le fondazioni e associazioni: Fondazione Sardinia, Istituto Gramsci della Sardegna, Società Umanitaria, Cineteca Sarda, Fondazione Giuseppe Siotto, Imprentas,Tramas de Amistade, AladinPensiero, Confederazione Sindacale Sarda, Fondazione Alziator, Unesco Club Cagliari, Riprendiamoci la Sardegna, Osservatorio sui Beni Comuni della Sardegna, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Assotziu Scida, Unione Autonoma Partigiani Sardi, Iscandula e singole personalità.
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[…] Verso Sa die 2019. Appuntamento presso la sede della FONDAZIONE SARDINIA, in Piazza S. Sepolcro, 5, CAGLIARI, per MERCOLEDI’ 9 MAGGIO, a partire dalle ORE 17,30. . Di seguito la lettera di convocazione. . Cagliari, 3 maggio 2018 Agli Amici del Comitato per Sa Die de sa Sardigna LORO SEDI Cari Amici, è ormai tradizione che ci si incontri a qualche giorno dalla celebrazione di Sa Die, per una valutazione su quanto vissuto e per un confronto sugli adempimenti prossimi e futuri. Questa volta siamo stati impegnati su più fronti ed abbiamo interloquito con numerosi interlocutori. In tanti hanno collaborato per il buon esito delle numerose manifestazioni. Ma i risultati dei nostri sforzi sono stati incerti fino ad una settimana dalla festa. Una serie di motivi hanno fatto ricadere l’impegno prevalente solo su alcuni di noi. In vista di una serena continuità è bene che di tutto si ragioni, per fare ancora meglio nell’avvenire. Per tutto questo, ci diamo appuntamento presso la sede della FONDAZIONE SARDINIA, in Piazza S. Sepolcro, 5, CAGLIARI, per MERCOLEDI’ 9 MAGGIO, a partire dalle ORE 17,30. E’ importante che siamo presenti, con un presto arrivederci, Vi saluto cordialmente SALVATORE CUBEDDU, direttore della Fondazione Sardinia —————————————————————– Una riflessione di Gianni Loy per il quindicinale “Nuovo Cammino” —————————————————————– Sa die de sa Sardigna I vescovi sardi colgono i segni dei tempi e riprendono il cammino conciliare della liturgia in lingua sarda. di Gianni Loy A dispetto dei surreali dibattiti sulle varianti, dell’opportunità o meno di una lingua unificata, delle acrobazie di linguisti che propongono modelli di scrittura fuori dalla storia, Monsignor Angelo Becciu, il 28 aprile, in occasione della solenne celebrazione in cattedrale della Die de Sa Sardigna, ci ha fornito due preziosi insegnamenti. Il primo è la naturalità. Chiamato ad esprimersi “in limba”, nell’ambito del processo che speriamo possa presto riconoscere ai sardi di poter celebrare la santa messa nella loro lingua, non si è posto il penoso dilemma: “quale sardo”. Si è semplicemente espresso nella propria variante, quella appresa da bambino. Né si è preoccupato del fatto che ci trovassimo in campidano. Ha parlato, naturalmente, nella “sua” lingua, e non per discettare delle bizzarre vicende di una lingua strapazzata persino dai suoi più fedeli accoliti, bensì per predicare la parola di Dio. Ci vuol tanto a comprendere che l’unica urgenza che abbiamo in Sardegna, di fronte al rischio della scomparsa di una lingua, è quella di far si che tutti coloro che ancora la conoscono, riprendano semplicemente a parlarla ed a tramandarla ai propri figli, così come è loro pervenuta? Che si riprenda a pregare in sardo, con i versi e le ricchissime melodie immagazzinate durante secoli? Il secondo stimolo, ci porta a riflettere perché mai la Chiesa sarda, ed i suoi vescovi, siano oggi così attenti all’uso della lingua sarda nella liturgia. Anche in questo caso, occorre invertire i termini del ragionamento. Le scelte dell’episcopato sardo traggono origine non già da un improvviso innamoramento per la limba, anche se nessuno impedisce ai pastori di vivere personalmente un’esperienza del genere, bensì dal dovere di attuazione di una delle tante “rivoluzioni” del Concilio Vaticano II, che ha sostituito il latino con le lingue parlate dai cristiani di tutto il mondo. A partire da quel momento si è incominciato a celebrare il sacrifico eucaristico nelle lingue effettivamente parlate e comprese dai fedeli e non più in una lingua che pur rappresentando simbolicamente l’universalità della chiesa, era già, da tempo, una “lingua morta”. La Chiesa, insomma, predica e celebra il sacrifico nella lingua dei fedeli ai quali si rivolge. Se la rivoluzione del Concilio Vaticano II ha riguardato principalmente le lingue nazionali, ha, tuttavia, interessato anche lingue di più ridotta diffusione, persino di poche migliaia di abitanti. Perché ciò non è avvenuto, a suo tempo, in Sardegna? Ci si sbizzarrisca quanto si voglia nel formulare ipotesi. La risposta, per quanto umiliante, è una sola: perché i Sardi, all’epoca del Concilio, e negli anni immediatamente successivi, non hanno mai espresso o rivendicato tale esigenza. Come avrebbe detto il poeta, erano in tutt’altre faccende affaccendati. Impegnati, cioè, in una sorta di battaglia iconoclasta contro tutto ciò che riguardasse la sardità, riti, lingua, arredamento, costumi. Non me ne vogliano i paladini che, durante tutti quegli anni, si sono coraggiosamente opposti alla crociata anti sardista, la loro è stata per lungo tempo una battaglia minoritaria, persino rischiosa, se è vero che, ancora negli anni 70, i primi movimenti di riscossa, come “Natzione sarda” o “Su populu sardu”, venivano criminalizzati. La linea ufficiale era “italianizzare” a tutti costi, creando un teatro che irrideva la difficoltà dei sardi di parlare correttamene l’italiano, creando, allo tesso tempo, il mito del sardo che: lui si che parla l’italiano senza accento, espellendo la limba dalla scuola, dalla televisione, dagli uffici pubblici. Anche la Chiesa ha fatto la sua parte, in tutti quegli anni. Il Concilio ha costituito l’occasione per svecchiare le forme ed abbandonare molti dei riti di una imponente religiosità popolare. La Chiesa è arrivata persino a vietare l’uso della lingua sarda ai seminaristi che, se sorpresi, venivano puniti con sanzioni anche pecuniarie. Ebbene, oggi la Chiesa riprende il cammino post-conciliare, che non aveva ancora intrapreso, semplicemente perché ha colto “i segni dei tempi”. Segni che, in Sardegna, hanno tardato per troppo tempo. Per dirla tutta, ed è questo un merito che le va riconosciuto, la Chiesa sarda ha colto i primi fermenti del movimento che reclama di poter pregare con la propria lingua. I vescovi sardi anticipano così una realtà che nella società civile, a dire il vero, non è ancora consapevolmente maturata. […]