Elezioni. I partiti la flat tax e l’immigrazione.
Se passasse la proposta del centro destra lo stato sociale andrebbe verso la sparizione.
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I partiti e la flat tax.
di Roberta Carlini, su Rocca n.4/2018
Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Ucraina, Romania, Macedonia, Al- bania, Bulgaria. Sono questi i modelli fiscali ai quali guarda la proposta del centrodestra italiano sul fisco: la flat tax, la tassa piatta con un’aliquota unica per tutti i redditi, già proposta a più riprese da Berlusconi e stavolta condivisa anche dalla Lega. Se si escludono alcuni piccoli Paesi sparsi qua e là e alcuni paradisi fiscali, gli esempi concreti più importanti di flat tax sono infatti nell’ex mondo comunista. I cui Stati, nella foga di aderire all’economia di mercato, hanno adottato il sistema fiscale più vicino all’ideologia liberista e alla cosiddetta «politica dell’offerta», che ha un principio guida: liberiamo le persone dal peso delle tasse e da schemi troppo complicati, così tutti saranno incentivati a lavorare di più, e l’economia andrà alla grande.
Molte delle critiche, in terra occidentale, alla flat tax si sono concentrate sulla sua realizzabilità, per un’imposta che è pilastro del sistema fiscale come quella sui redditi delle persone fisiche. La curva dell’Irpef vede il prelievo crescere al crescere dei redditi stessi, in misura più che proporzionale: vale a dire, al crescere del reddito tassabile cresce anche l’aliquota. Se si schiacciano tutte le aliquote su una sola, gli effetti sul gettito finale dipenderanno ovviamente dal livello dell’aliquota unica: che può anche essere molto alto, per esempio in Olanda un consiglio di esperti propose di fissarla al 40%. Non è questo il caso delle proposte attualmente sul tappeto in Italia, che vanno dal 15% della Lega al 23% di Forza Italia: attualmente la curva dell’Irpef parte da un’aliquota del 23% per salire fino al 43% per i redditi che sono sopra i 75.000 euro l’anno.
il disegno dell’intero sistema
Ma l’impatto sul gettito non dipende solo dal livello dell’aliquota; è determinante il disegno dell’intero sistema, in particolare l’esistenza o meno di un’area di esenzione dall’imposta – al di sotto di una certa soglia non si paga niente: è la cosiddetta «no tax area» – e il regime delle detrazioni e deduzioni, per esempio quelle attualmen- te esistenti per il reddito dipendente, per i carichi familiari, eccetera. Sia la proposta della Lega che quella di Forza Italia prevedono un allargamento della «no tax area», che attualmente è attorno agli 8mila euro annui. Dunque, l’abbassamento delle aliquote per i redditi medio-alti e l’allargamento della no tax area per i più bassi determinano un effetto molto importante sul gettito. Secondo i calcoli fatti su lavoce.info dagli economisti Massimo Baldini e Leonzio Rizzo, verrebbero a mancare ogni anno, nelle casse dello Stato, circa 58 miliardi: questo «a bocce ferme», cioè escludendo che l’introduzione della flat tax abbia effetti positivi per altre vie, favorendo l’emersione dell’evasione o la ripresa economica. Sono questi invece gli effetti miracolosi su cui contano gli esperti che l’hanno messa a punto per i due partiti, negando che quello delle «coperture» (ossia, il non aprire voragini nel bilancio pubblico) sia un problema. La discussione sull’entità del mancato gettito e dunque sulla sua copertura, è importante, decisiva per la praticabilità della proposta. Sulla quale però basterebbe rifarsi a quanto successo durante il governo Berlusconi II: in quella fase la flat tax entrò in un testo di legge, il governo ricevette la delega dal parlamento a introdurla nel nostro ordinamento (in forma leggermente diversa da quella che si propone ora, ossia con due aliquote, una ordinaria del 23% e una del 33% per i redditi superiori ai 100.000 euro l’anno). Non lo fece mai, poiché non riuscì concretamente a disegnare un sistema che restasse in equilibrio.
chi ci guadagna
Ma, per quanto importante, questa discussione rischia di oscurare l’aspetto redistributivo della proposta, di impedire di guardare dentro la scatola della flat tax e capire a chi vanno i suoi doni. In altre parole: non si può fare, ma, ove si potesse, sarebbe giusto farlo? A chi vanno i benefici della flat tax? Ai più ricchi, ai più poveri, a tutti? Tornando ai calcoli di Baldini e Rizzo, difficilmente smentibili poiché basati sui numeri e sul dettaglio delle proposte di Forza Italia e Lega, si ha un quadro molto chiaro: tutti risparmieremmo qualcosa, nel magico mondo della flat tax, ma ai più ricchi andrebbe decisamente meglio. Chi sta agli scalini più bassi del reddito, e guadagna attorno ai 1000 euro al mese, «risparmierà» 102 euro l’anno, meno di 9 euro al mese. Chi invece sta ai piani più alti, e guadagna 7000 euro al mese, avrà un risparmio d’imposta attorno ai 900-1000 euro al mese (a seconda che si attui lo schema della Lega o quello di Forza Italia). In percentuale, la fascia più bassa del reddito risparmierà l’1% di imposta, quella più alta risparmierà tra l’11 e il 14%. Insomma, la flat tax premierà di più i redditi più alti, e sarà molto vantaggiosa per quelli altissimi. Come pensa il centrodestra di prendere i voti della maggioranza da una proposta che premia una minoranza? Si conta su un effetto di illusione ottica, lo stesso che ha ammaliato gli elettori di Trump: se io ho in tasca qualche spicciolo in più, è comunque positivo, non darò peso al fatto che chi sta meglio di me starà, alla fine, molto meglio. Ma soprattutto, fa presa il messaggio generale, quello che ha cominciato a radicarsi trent’anni fa e ancora scalda i cuori: le tasse non piacciono a nessuno, non sono viste come utili a qualcosa (per esempio, a pagare per i beni pubblici, a manutenere le rotaie in modo che i treni non deraglino, a far funzionare gli ospedali), né come uno strumento per redistribuire tra chi ha di più e chi ha di meno. Un messaggio così forte che trascina con sé gli argomenti razionali, quelli che sono alla base anche della nostra Costituzione che sancisce il principio della progressività dell’imposizione.
schieramento di partiti e coalizioni
I risultati delle elezioni del 4 marzo ci diranno quanto questo argomento (insieme agli altri, non economici) sia ancora dominante. Certo la destra – data per vincente soprattutto nel Nord – continua a farne il suo cavallo di battaglia. E gli altri partiti? Anche nella proposta fiscale dei 5 stelle (che, a stare ai sondaggi, sono forti ovunque ma soprattutto dilagano nel Mezzogiorno) c’è una revisione delle aliquote, non una flat tax ma un abbassamento generale, che porterebbe risparmi di imposta un po’ a tutti, in modo più equamente spalmato. Anche in questo caso, con scarsissima preoccupazione per la copertura finanziaria. Il Pd invece punta soprattutto su una revisione degli assegni familiari per premiare le famiglie con figli e, quanto alle aliquote dell’Irpef, promette una ristrutturazione. Mentre Liberi e Uguali disegna un sistema nel quale si taglia l’Irpef solo sui redditi più bassi e più in generale si riduce il peso del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro.
Chissà se, nella gara continua alle promesse mirabolanti, nella campagna elettorale ci sarà il tempo e il modo, per ciascuno, di chiedere conto ai propri candidati degli effetti concreti dei piani fiscali delle coalizioni e dei partiti. Resta il fatto che quelli che hanno per ora il vento in poppa propongono un nuovo patto fiscale, che è lontano dallo spirito della Costituzione ed è anche poco affidabile dal punto di vista della effettiva realizzabilità. Ma, a quanto pare, dopo anni nei quali si è scavato il solco tra politica e società, e i politici hanno perso man mano credibilità, una parte del Paese pare pronta ad affidarsi all’incredibile.
Roberta Carlini
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ROCCA n. 4, 15 FEBBRAIO 2018.
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La sedia
di Vanni Tola
Campagna elettorale, ritorna la strategia della tensione per far vincere le destre. Come in passato con il “pericolo” dell’estremismo rosso, anche stavolta si fa perno sulla paura della gente minacciando la “bomba sociale che sta per esplodere” rappresentata dai migranti. Ignorato l’invito del Presidente della Repubblica ad abbassare i toni del dibattito elettorale e l’invito imperativo del Ministro degli Interno a “non cavalcare l’odio”.
Il sospetto che il gesto stragista di un fascista non fosse un episodio occasionale generato da uno squilibrato era nell’aria. Molti hanno pensato, con ragione, ad un gesto inserito in una precisa strategia del terrore finalizzata a garantire e rafforzare l’affermazione elettorale delle destre. Diversi segnali lo confermano. Intanto l’atteggiamento dell’autore del gesto che viene descritto come assolutamente non pentito e lucidamente convinto, e magari anche fiero, della strage compiuta. Poi l’immediato appoggio al suo operato di una formazione di destra, Forza Nuova, che con tempestività annuncia sostegno morale e assistenza legale all’autore del fatto criminale. Via a seguire Salvini che, pur condannando il gesto in sé, dichiara che la responsabilità dell’accaduto va ricercata nella “invasione” di clandestini in atto. Simile la posizione della Meloni (Fratelli D’Italia). Inizialmente fuori dal coro Silvio Berlusconi che, nelle prime ore dopo la vicenda, preferisce attribuire il gesto ad uno squilibrato. Giusto il tempo di comprendere che non poteva lasciare al solo Salvini la gestione della strategia della paura ed ecco che anche Berlusconi decide di cavalcare l’odio. E’ lui che conia la definizione di “bomba sociale pronta ad esplodere” intendendo con tale definizione la presenza di un eccessivo numero di immigrati clandestini in Italia. Poco importa se i dati sull’immigrazione dimostrano inconfutabilmente l’infondatezza di qualunque minaccia di invasione del Paese. I livelli di migranti sono nella norma degli altri paesi europei, non è in atto nessuna islamizzazione del Paese, nessun tentativo di sostituzione etnica degli italiani con altre popolazioni e altre scemate analoghe. L’effetto previsto del folle gesto di un fascista ha ottenuto l’effetto sperato, rilanciare con forza le ragioni delle destre, diffondere paura e ansia tra la gente, favorire la scelta elettorale di quelle forze politiche che si candidano per la tutela e lo ristabilimento dell’ordine e la pulizia etnica. La palla è in campo e con quella si giocherà. Nessuno verificherà più di tanto l’irrazionalità del concetto di “bomba sociale” pronta a deflagare. Se lo dice Berlusconi, molti non hanno difficoltà a crederlo. La altre forze politiche, quelle che dovrebbero essere antagoniste e alternative al blocco delle destre, si guardano bene dallo schierarsi in modo deciso contro questa operazione. Lo fanno per vari e innumerevoli motivi e con occhio attento agli umori della gente e ai sondaggi elettorali. Ma lo fanno anche perché non hanno saputo rimuovere quella vergogna immane rappresentata dalla legge Bossi-Fini che sta alla base di tutte le distorsioni ideologiche e le riserve mentali che hanno determinato una errata politica di controllo e governo dei movimenti migratori. Ma anche perché la politica di controllo dell’emigrazione, dell’accoglienza e dell’integrazione del governo Renzi si é rivelata, a dir poco, inadeguata. E, da ultimo, il silenzio imbarazzato della sinistra è determinato dal fatto che, quello che viene rappresentato come una vittoria del Governo e del ministro Minniti, il calo del numero di immigrati sbarcati in questi mesi, è frutto di un accordo miserabile e vigliacco con la Libia del quale non ci si può che vergognare. Gli sbarchi sono diminuiti perché i libici bloccano i migranti richiudendoli in carceri improvvisate che rassomigliano molto più ai lager nazisti piuttosto che a centri di raccolta e smistamento di migranti. E mentre gli organi di stampa si interrogano su eventuali rapporti di conoscenza tra la ragazza massacrata e il suo carnefice ci si interroga sul profilo psicologico del fascista che ha realizzato la strage, tutto procede come da copione. Salvini continua a predicare odio con ossessive presenze televisive, Berlusconi cerca di scavalcarlo a destra per ribadire la sua premiership sullo schieramento di destra Intanto e le altre forze portano avanti come possono le loro misere strategie elettorali che ci condurranno quasi certamente al governo delle grandi ammucchiate o a nuove elezioni. Si pensava che sarebbe stata una campagna elettorale col botto, ma si pensava principalmente ad un botto metaforico non a quello reale. Invece siamo già alla “bomba sociale pronta ad esplodere” e nessuno sa che altro potranno inventarsi ancora.
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Immagine in testa tratta da http://it.blastingnews.com/tasse/2017/05/modello-unico-dichiarazione-dei-redditi-tutte-le-novita-del-2017-001728359.html online.
Sulla flat tax e dintorni.
Bisogna dirlo chiaramente alla gente, soprattutto ai ceti meno abbienti e al ceto medio sempre più impoverito, che se passa la politica fiscale del centro destra (flat tax, tra l’altro anticostituzionale) si assesterà un colpo mortale allo stato sociale (welfare state). Ciò significa tra l’altro: addio assistenza ospedaliera gratuita, annullamento o forte ridimensionamento delle forme di assistenza a anziani e disabili (accompagnamento, reddito di inclusione sociale, indennità di invalidità) perché banalmente mancheranno i soldi, oggi nonostante tutto assicurati dalla fiscalità generale. Significa ancora ulteriori tagli all’istruzione pubblica, agli interventi di sicurezza sui trasporti, e così via di peggio in peggio. Sulla base dei calcoli degli esperti, a fronte di esigui vantaggi fiscali per i ceti meno abbienti, si determinerebbero ingenti vantaggi per i ceti ricchi e ricchissimi. Ma, come detto, le peggiori ripercussioni si avrebbero nell’ulteriore scasso dello stato sociale, contro i poveri e il ceto medio.
[…] Bisogna dirlo chiaramente alla gente, soprattutto ai ceti meno abbienti e al ceto medio sempre più impoverito, che se passa la politica fiscale del centro destra (flat tax, tra l’altro anticostituzionale) si assesterà un colpo mortale allo stato sociale (welfare state). Ciò significa tra l’altro: addio assistenza ospedaliera gratuita, annullamento o forte ridimensionamento delle forme di assistenza a anziani e disabili (accompagnamento, reddito di inclusione sociale, indennità di invalidità) perché banalmente mancheranno i soldi, oggi nonostante tutto assicurati dalla fiscalità generale. Significa ancora ulteriori tagli all’istruzione pubblica, agli interventi di sicurezza sui trasporti, e così via di male in peggio. Sulla base dei calcoli degli esperti, a fronte di esigui vantaggi fiscali per i ceti meno abbienti, si determinerebbero ingenti vantaggi per i ceti ricchi e ricchissimi. Ma, come detto, le peggiori ripercussioni si avrebbero nell’ulteriore scasso dello stato sociale, contro i poveri e il ceto medio. ———————————– – Approfondimenti. […]