Diamo un senso al Natale che verrà

FMeloni palle rotantidi Raffaele Deidda.

Anche il Natale 2017 è passato. Lasciandosi dietro la domanda se gli elementi consumistici che caratterizzano la festività natalizia nella nostra società non abbiano sminuito il significato cristiano della festa, rendendola soprattutto un’opportunità di consumo. La tendenza degli ultimi anni, inoltre, di trasformare il Natale in “Festa delle feste” per non urtare la sensibilità di quanti provengono da altre culture e religioni, viene vista da molti come un paradosso in cui si è caduti: per non offendere l’identità degli altri si rinuncia alla propria. D’altronde il Natale trova origine dalla festa romana del “Sol Invictus”. Questo, afferma qualche studioso, può essere motivo di imbarazzo per i cristiani a cui vengono ricordate le origini pagane del Natale. Un decreto di Costantino del 330 ufficializzò infatti la festa della natività di Gesù, facendola coincidere con la festa pagana del “Dies Natalis Solis Invicti” nel giorno 25 dicembre.
La domanda è pertanto: ha senso ancora il Natale in un mondo che sembra avere perduto il senso dei valori più profondi, e fra questi quelli della fratellanza e della solidarietà? E’ poi vero che il senso cristiano della festività stia progressivamente venendo meno per una forma di rispetto per “l’altro”, aspetto che giustamente fa interrogare su quale mancanza di rispetto vi sia nel festeggiare una ricorrenza della propria religione? Non è forse più credibile che sia il sempre minor interesse verso il significato religioso che sta portando ad equiparare il Natale ad una festa pagana?
Inoltre, se per i cristiani il Natale è un messaggio di gioia, questo non può che essere universale, che condiviso con l’umanità intera. Le condizioni per gioire però, anche solo di beni di consumo, sono drammaticamente diverse: da continente a continente, da paese a paese, fra ricchi e poveri dello stesso paese. La gioia non può essere quella di un pranzo o di una cena con i parenti e gli amici o di un regalo desiderato e ricevuto. Il Natale non può essere la festa, la gioia di pochi che restano indifferenti al dolore di molti, all’indigenza di chi non ha neanche di che sfamarsi. La vera gioia non può che essere data dall’impegno a realizzare per tutti pari condizioni di vita libera e dignitosa. La gioia non può che essere dare speranza di riscatto da una condizione di sofferenza e disperazione di qualsiasi “altro”, di qualsiasi credo religioso egli sia.
Mentre nelle strade delle nostre città risplendono ancora le luminarie in attesa del nuovo anno, una riflessione fattiva sul Natale che verrà si rende necessaria ed urgente. Ce lo chiede la nostra stessa dignità di uomini, cristiani o di altre fedi. Credenti o non credenti.
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MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO

NATALE 2017
Loggia Centrale della Basilica Vaticana
Lunedì, 25 dicembre 2017

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

A Betlemme, dalla Vergine Maria, è nato Gesù. Non è nato per volontà umana, ma per il dono d’amore di Dio Padre, che «ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

Questo evento si rinnova oggi nella Chiesa, pellegrina nel tempo: la fede del popolo cristiano rivive nella liturgia del Natale il mistero di Dio che viene, che assume la nostra carne mortale, che si fa piccolo e povero per salvarci. E questo ci riempie di commozione, perché troppo grande è la tenerezza del nostro Padre.

I primi a vedere la gloria umile del Salvatore, dopo Maria e Giuseppe, furono i pastori di Betlemme. Riconobbero il segno annunciato loro dagli angeli e adorarono il Bambino. Quegli uomini umili ma vigilanti sono esempio per i credenti di ogni tempo che, di fronte al mistero di Gesù, non si scandalizzano della sua povertà, ma, come Maria, si fidano della parola di Dio e contemplano con occhi semplici la sua gloria. Davanti al mistero del Verbo fatto carne, i cristiani di ogni luogo confessano, con le parole dell’evangelista Giovanni: «Abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (1,14).

Oggi, mentre sul mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini, specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, «non c’è posto nell’alloggio» (Lc 2,7).

Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi. In questo giorno di festa invochiamo dal Signore la pace per Gerusalemme e per tutta la Terra Santa; preghiamo perché tra le parti prevalga la volontà di riprendere il dialogo e si possa finalmente giungere a una soluzione negoziata che consenta la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini concordati tra loro e internazionalmente riconosciuti. Il Signore sostenga anche lo sforzo di quanti nella Comunità internazionale sono animati dalla buona volontà di aiutare quella martoriata terra a trovare, nonostante i gravi ostacoli, la concordia, la giustizia e la sicurezza che da lungo tempo attende.

Vediamo Gesù nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra che ha insanguinato il Paese in questi anni. Possa l’amata Siria ritrovare finalmente il rispetto della dignità di ogni persona, attraverso un comune impegno a ricostruire il tessuto sociale indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa. Vediamo Gesù nei bambini dell’Iraq, ancora ferito e diviso dalle ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei bambini dello Yemen, dove è in corso un conflitto in gran parte dimenticato, con profonde implicazioni umanitarie sulla popolazione che subisce la fame e il diffondersi di malattie.

Vediamo Gesù nei bambini dell’Africa, soprattutto in quelli che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria.

Vediamo Gesù nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti. Preghiamo che nella penisola coreana si possano superare le contrapposizioni e accrescere la fiducia reciproca nell’interesse del mondo intero. A Gesù Bambino affidiamo il Venezuela perché possa riprendere un confronto sereno tra le diverse componenti sociali a beneficio di tutto l’amato popolo venezuelano. Vediamo Gesù nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie e preghiamo perché il Signore conceda al più presto la pace a quel caro Paese.

Vediamo Gesù nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli.

Vediamo Gesù nei molti bambini costretti a lasciare i propri Paesi, a viaggiare da soli in condizioni disumane, facile preda dei trafficanti di esseri umani. Attraverso i loro occhi vediamo il dramma di tanti migranti forzati che mettono a rischio perfino la vita per affrontare viaggi estenuanti che talvolta finiscono in tragedia. Rivedo Gesù nei bambini che ho incontrato durante il mio ultimo viaggio in Myanmar e Bangladesh, e auspico che la Comunità internazionale non cessi di adoperarsi perché la dignità delle minoranze presenti nella Regione sia adeguatamente tutelata. Gesù conosce bene il dolore di non essere accolto e la fatica di non avere un luogo dove poter poggiare il capo. Il nostro cuore non sia chiuso come lo furono le case di Betlemme.

Cari fratelli e sorelle,

anche a noi è indicato il segno del Natale: «un bambino avvolto in fasce…» (Lc 2,12). Come la Vergine Maria e san Giuseppe, come i pastori di Betlemme, accogliamo nel Bambino Gesù l’amore di Dio fatto uomo per noi, e impegniamoci, con la sua grazia, a rendere il nostro mondo più umano, più degno dei bambini di oggi e di domani.

A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, rivolgo il mio cordiale augurio.

La nascita di Cristo Salvatore rinnovi i cuori, susciti il desiderio di costruire un futuro più fraterno e solidale, porti a tutti gioia e speranza. Buon Natale!
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Fonte

One Response to Diamo un senso al Natale che verrà

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