Oggi sabato 2 dicembre 2017
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Gli Editoriali di Aladinews. LAVORO E NUOVO MODELLO DI SVILUPPO. Rivoluzione tecnologica lavoro e investimenti pubblici. L’impatto socio-economico negativo che sembra doversi attendere dalla penetrazione della nuova rivoluzione tecnologica non può essere affrontato dal Governo con misure relativamente palliative come è successo finora. Servono robusti interventi pubblici atti a ridefinire un nuovo modello di sviluppo, ovvero impieghi di risorse in settori ad elevato effetto moltiplicatore su Pil e lavoro. Purtroppo, un orientamento del genere trova molte resistenze, sia da parte dei vertici decisionali dell’economia, motivati da fini settoriali, sia da gran parte della classe politica, che agisce essenzialmente secondo logiche populistiche.
Valentino Gandolfi, su Rocca
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Oggi il Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria con la CGIL in piazza su pensioni, lavoro e giovani
2 Dicembre 2017
Su Democraziaoggi.
Pensioni, lavoro, giovani: 2 dicembre manifestazione a Cagliari, Roma, Torino, Bari e Palermo.
————————————Oggi a Roma—————————————
Riceviamo e volentieri pubblichiamo: dal sito www.chiesadituttichiesadeipoveri.it.
Newsletter n. 52 del 1 dicembre 2017
Cari Amici,
a Roma si apre oggi a Roma l’assemblea di Chiesa di tutti Chiesa dei poveri che parla del cambiamento d’epoca; torna dall’Asia il papa che ha proposto un nuovo paradigma dell’incontro tra le religioni e le persone nel bisogno e nella dipendenza reciproca come parti di un’unica famiglia umana; la novità che assilla invece oggi la politica italiana è come sfruttare il cambiamento del modo in cui questa volta saranno nominati i parlamentari. Come dice il Vangelo, “dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Luca 12,34).
Il katécon, questo appello a resistere per creare un mondo non genocida, patria di tutti patria dei poveri, ha cominciato intanto il suo cammino ufficiale dopo la conferenza stampa in cui è stato presentato alla Camera dei Deputati mercoledì 29 novembre. Ne hanno anche cominciato a circolare le versioni in altre lingue: ieri l’edizione spagnola è partita per l’Argentina e l’America Latina con Grazia Tuzi, portavoce del Nobel Adolfo Perez Esquivel ed erede delle memorie costituenti del “Porcellino” di Via Chiesa Nuova 14.
Un’attenzione speciale va data al viaggio del papa in Myanmar e Bangladesh. (segue)
I siti sanfedisti lo hanno accusato di non aver predicato il Vangelo ai buddisti, quando è proprio perché il papa annuncia il Vangelo che lo combattono così duramente. Invece nelle poche ore di questo viaggio, anche grazie alla coincidenza con altri eventi, si è come concentrata la proposta evangelica del papa sia nei confronti dei buddisti e delle grandi tradizioni dell’India, sia nei confronti delle autorità politiche di qualsiasi colore, sia nei confronti dei battezzati nella Chiesa cattolica, sia nei confronti delle Chiese ortodosse legate al patriarcato di Costantinopoli, sia nei confronti di quanti hanno il dovere della custodia e cura della terra.
Ai buddisti in Myanmar papa Francesco ha parlato di ciò che accomuna e chiama all’azione congiunta “le nostre rispettive tradizioni spirituali”: il sapere che di fronte all’incrudirsi delle ferite dei conflitti, della povertà e dell’oppressione, “esiste una via per andare avanti, una via che porta alla guarigione, alla mutua comprensione e al rispetto. Una via basata sulla compassione e sull’amore”. E per essere uniti e superare odio, pregiudizio e intolleranza, il papa ha messo insieme le parole del Buddha, “sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, l’avaro con il dono …” e quelle di Francesco d’Assisi: “Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, dov’è tristezza la gioia”.
Alle autorità politiche del Myanmar il papa ha detto che il futuro del Paese deve essere la pace, dopo conflitti e ostilità durate troppo a lungo, una pace fondata sul “rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, di ogni gruppo etnico e della sua identità”, “nessuno escluso”, che vuol dire “porre fine alla violenza, costruire fiducia e garantire il rispetto dei diritti di tutti quelli che considerano questa terra la loro casa”: dove il riferimento ai Rohingya era evidente.
Alle autorità del Bangladesh il papa ha dato atto dello spirito di generosità manifestatosi nello “slancio umanitario a favore dei rifugiati affluiti in massa dallo Stato di Rakhine, provvedendoli di un riparo temporaneo e delle necessità primarie della vita”; ciò che è stato fatto “con non poco sacrificio e sotto gli occhi del mondo intero”. Parlando di loro il papa non ha potuto pronunciare il loro nome, “Rohingya” e ha fatto bene perché così ha messo a nudo il sintomo del genocidio, che è proprio questo, in Asia come in Europa, quando di un popolo o di un gruppo umano non si vuole l’esistenza, talvolta fino al punto di proibire di pronunciarne il nome.
Ai fedeli cattolici nella messa con i giovani a Yangon, il papa ha detto che ci sarebbe ben poco da dare “lieti annunci quando tanta ingiustizia, povertà e miseria gettano ombra su di noi e sul nostro mondo”, se non fosse per il buon annuncio della misericordia di Dio, che ha il nome ed il volto di Gesù.
Al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, ricorrendo la festa di Sant’Andrea, il papa ha scritto che si può ormai prefigurare un modo comune di intendere l’esercizio del ministero del vescovo di Roma, nel contesto della sinodalità e al servizio della comunione della Chiesa nel contesto attuale”, e ciò a partire da una valutazione anche critica del modo in cui alcune categorie e pratiche teologiche in materia si sono sviluppate nel secondo millennio.
Infine, nel videomessaggio del 25 novembre al Simposio sulla “Laudato sì” a San Josè di Costarica , papa Francesco ha di nuovo confutato l’”atteggiamento negazionista” di fronte alla crisi ecologica, riproponendo il messaggio dell’enciclica “per il bene e il futuro della famiglia umana”.
Con i più cordiali saluti
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
——————-domani———————-
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