Emergenza periferie. Emergenza educazione

pietre-aladin
Antonio Dessì, su fb
Guardando, anche piuttosto sgomento (non l’avrei mai pensato) le riprese di Ostia e del suo degrado, al TG3, sto considerando che parlare di politica come in genere facciamo tutti noi è privo totalmente di senso.
Ora, io non credo -non ci ho mai creduto- all’onnipotenza della politica.
Una società è animata da tante componenti, delle quali la politica rappresenta appena una funzione di indirizzo ideale e progettuale e una competenza amministrativa e gestionale, entrambe da esercitarsi ai fini di interessi generali.
Ma quando ti accorgi che una grande realtà urbana alle porte della Capitale -parte integrante dell’area metropolitana di Roma Capitale- è sprofondata in una condizione abietta, ti chiedi per forza a cosa serve il teatro quotidiano cui assistiamo nella sfera pubblica.
Ma dove caspita erano, prima, ogni giorno, il Governo, lo Stato, la Regione, il Comune, la Municipalità?
E oggi, tirano fuori la testa sui media giusto perché un mafioso è stato così arrogante e sprovveduto da esercitare una violenza plateale sotto delle telecamere e perchè un gruppo di teppisti ammantati di ideologia nera ha guadagnato un consenso elettorale?
In Italia, di Ostia ce ne sono dieci, cento, mille e sono lasciate a marcire.
Cerchiamo di essere seri: per forza metà degli italiani non vota più.
Ed è sempre più sorprendente come mai un Paese, testardamente e in silenzio, continui a tirare avanti, nonostante i suoi gruppi dirigenti siano così cialtroni.
Altro che rinuncia e qualunquismo (cazzo, se mi danno fastidio, da qualche tempo, le pippe contro chi non vota!).
La verità è che si fa ormai in tanti a tirar la carretta, propria e talvolta altrui, nonostante.
Si, proprio: nonostante il peso che rappresenta -siamo franchi- quasi tutta l’altra metà, divisa ormai tra oligarchie tanto parassitarie quanto scassate e cittadini “partecipanti” che, ripartiti nel voto per l’una o per l’altra fazione, credono di esercitare una qualche occasionale influenza, ma che non contano (non contiamo) proprio un tubo.
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Vanni Tola, su fb
E’ molto difficile avviare una riflessione sulla vicenda di Ostia che non cada nei soliti luoghi comuni del fascismo che ritorna, della classe politica incapace e corresponsabile del degrado economico e morale del Paese. Penso possa essere utile orientarsi su alcuni segnali di fondo, da tempo presenti e poco considerati. Partiamo dalla scuola, per esempio. Già dalla scuola media, molti ragazzi e ragazze con una età tra gli undici e i tredici anni manifestano comportamenti di inaudita violenza. I pestaggi di avversari (anche per futili motivi) sono la norma e si eseguono “normalmente” in gruppi di individui contro uno, con risultati spesso devastanti (pure le ragazze spesso agiscono in questo modo). Un alunno mi ha confessato che quasi tutti possiedono un tirapugni e molti hanno il coltello e praticano attività marziali (di per se positive se esercitate con finalità ludico-sportive ma tremendamente pericolose se esercitate da individui non emozionalmente equilibrati). Quell’orribile scena della testata e del pestaggio col manganello è orribile per molti di noi ma per tanti altri, soprattutto giovani esaltati, può rappresentare un modello di riferimento sul come farsi rispettare e farsi giustizia da sé. Si comincia con banali gesti di bullismo, poi si sente il bisogno di costituire un gruppetto per dare una lezione a qualcuno, poi si sperimentano le prepotenze contro gli emarginati e i diversi verso i quali scatenare la propria rabbia e le proprie frustrazioni. Naturalmente in un contesto nel quale operano indisturbati i fomentatori di odio, dalla Lega ai 5stelle e gruppi diversi non ci si può sorprendere più di tanto dell’esistenza di mille Ostia nel Paese. E’ evidente che il problema è complesso e trae origine da diversi fattori. Il lavoro da fare per recuperare un consesso civile, un rapporto fra individui pacifico e tollerante è tanto, richiede l’impegno di tutti nelle diverse agenzie formative (famiglia, scuola ma non solo). L’alternativa è la barbarie sociale, il chiudersi in casa tra telecamere e armi di difesa personale, l’individualismo egoista contro la solidarietà sociale. Un brutto mondo.
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2 Responses to Emergenza periferie. Emergenza educazione

  1. […] Riflessioni per agire. Le nostre periferie degradate di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera. Si tratta di decidere se vogliamo che le nostre città restino schiacciate nella morsa del degrado o se vogliamo ancora vivere nei luoghi della giovinezza di molti di noi salvando lo spirito e la sostanza umana. […]

  2. […] Gli Editoriali di Aladinews. Riflessioni per agire. Le nostre periferie degradate di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera. […]

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