Pastori Sardi: la Regione s’è desta?
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- Gli impegni presi dalla Regione, sul sito web della RAS
Pastorizia, su proposta del capogruppo del Consiglio regionale la Giunta e i capogruppo si impegnano a ricercare altri 30 milioni oltre ai 15 già stanziati per allevatori ovini.
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LE PECORE COME “BENE COMUNE” DEI SARDI. DAL VOLANTINO DISTRIBUITO NEL CORSO DELLA MANIFESTAZIONE:
“ …Occorre inoltre che la società e la politica sarda facciano un salto di qualità nella capacità di governo e di pianificazione del settore agro-pastorale.
Le crisi ricorrenti fanno comprendere che dobbiamo avere la capacità di ripensare il modo in cui in Sardegna la vocazione agro-pastorale deve integrarsi con il turismo e la cultura.
Il pastoralismo non è un semplice comparto economico ma parte centrale del tessuto sociale e culturale della Sardegna.
La società e la politica Sarda devono fare proprio questo concetto: il pastore ha e può avere una funzione centrale nella gestione del territorio, nella conservazione del paesaggio, nel controllo delle campagne.
Il pastoralismo è dunque un patrimonio della Sardegna che va salvaguardato e protetto e non lasciato in balia delle crisi del mercato globale e locale.
Tutti noi – come sardi, come amministratori, come pastori – possiamo crescere insieme se impariamo a considerare le greggi e le mandrie non come un mero capitale economico di proprietà esclusiva del pastore. Le pecore sono un capitale di storia e di cultura affidato ai pastori, un patrimonio di tutti i sardi da proteggere e salvaguardare.
Questa idea, da oggi, dovrà guidare le politiche agricole regionali…”
Vincenzo Pillai
su fb https://www.facebook.com/vincenzo.pillai/posts/1585100714882245
Non sono in grado di valutare i punti della piattaforma presentata dal movimento pastori e tanto meno il risultato dell’incontro seguito alla manifestazione. Trovo però importante riprodurre qui di seguito la parte conclusiva del volantino distribuito durante la manifestazione
“ …Occorre inoltre che la società e la politica sarda facciano un salto di qualità nella capacità di governo e di pianificazione del settore agro-pastorale.
Le crisi ricorrenti fanno comprendere che dobbiamo avere la capacità di ripensare il modo in cui in Sardegna la vocazione agro-pastorale deve integrarsi con il turismo e la cultura.
Il pastoralismo non è un semplice comparto economico ma parte centrale del tessuto sociale e culturale della Sardegna.
La società e la politica Sarda devono fare proprio questo concetto: il pastore ha e può avere una funzione centrale nella gestione del territorio, nella conservazione del paesaggio, nel controllo delle campagne.
Il pastoralismo è dunque un patrimonio della Sardegna che va salvaguardato e protetto e non lasciato in balia delle crisi del mercato globale e locale.
Tutti noi – come sardi, come amministratori, come pastori – possiamo crescere insieme se impariamo a considerare le greggi e le mandrie non come un mero capitale economico di proprietà esclusiva del pastore. Le pecore sono un capitale di storia e di cultura affidato ai pastori, un patrimonio di tutti i sardi da proteggere e salvaguardare.
Questa idea, da oggi, dovrà guidare le politiche agricole regionali…”
Qui si fanno affermazioni che collocano il movimento pastori in una prospettiva di lotta al colonialismo molto avanzata e coerente con quanto altri movimenti affermano nelle loro manifestazioni contro le megadiscariche, le centrali a carbone, l’uso di terre agricole per impianti fotovoltaici, contro le basi militari, ecc…. Saldare tutti questi movimenti in un progetto politico che si configura, di fatto, come alternativo al colonialismo e al capitalismo è cosa certamente difficile, ma per la quale occorre impegnarsi, secondo me.
[…] – Le pecore “beni comuni” dei sardi. . […]