Viviamo tempi apocalittici

di Nicolò Migheli, da Sardegnademocratica

“Ci fu un grande terremoto, di cui non si era mai visto l’uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra. La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città e le nazioni: Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa del vino del furore della sua ira. E tutte le isole fuggirono, e i monti non si trovarono più.” (Ap. 14, 8-10) Il passo dell’Apocalisse di Giovanni è citato in Mysterium iniquitatis, un testo di raro pessimismo sulle sorti del cristianesimo, scritto da Sergio Quinzio, pensatore dimenticato in questi anni confusi.

Versetti che debbono essere tornati alla mente di personaggi conservatori della Curia romana. L’abdicazione di Benedetto XVI è una apocalisse, una rivelazione-constatazione del degrado del governo della Chiesa e, nello stesso tempo, del limite. Il discorso pronunciato dal Papa il Mercoledì delle Ceneri esprime in altre parole lo stesso concetto. Tanto che alcuni hanno reagito con: “ Non si scende dalla croce,” “Un padre non si dimette se i figli non ubbidiscono.” La rivolta di un uomo mite, hanno scritto in molti, dando ragione a Papa Ratzinger.

Carlo Maria Martini, in una sua ultima intervista ebbe a dire che la Chiesa Cattolica era in ritardo di duecento anni. Il percorso di due secoli di modernità non compreso e rifiutato. Un essere contro il mondo visto solo come degrado. Una non accettazione di un ruolo che la storia e il pensiero laico ponevano tra gli interlocutori e non più come unico punto di riferimento. La reazione identitaria alla modernità trasformata nel dogma della infallibilità papale da Pio IX nel Concilio Vaticano I del 1870, confermata nell’enciclica “Pascendi dominis gregis” dove il modernismo viene descritto come “sintesi di tutte le eresie” da Pio X nel 1907. Corrente di pensiero che ha rifiutato il Concilio Vaticano II sia prima di essere indetto che dopo nella sua attuazione. L’ha fatto cancellando la Teologia della Liberazione, la Chiesa di Base, marginalizzando tutti quei “cattolici maturi” come ebbe a dire Romano Prodi, dando invece lustro e potere a confraternite come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione e ai torbidi Legionari di Cristo. Un costante innamoramento dei poteri più reazionari da Francisco Franco a Pinochet, da Videla a Berlusconi. Prima con la giustificazione della lotta al comunismo e poi con la difesa dei “valori non negoziabili.”

Una Chiesa che aldilà delle magnificenze trionfalistiche si ritrova con le chiese vuote. Sempre più incapace di parlare all’anima dei contemporanei. Per fortuna restano tanti vescovi e sacerdoti che vanno oltre, che in silenzio riescono a venire incontro alla fatica di vivere dei contemporanei. Per trent’anni Ratzinger è stato il custode dell’ortodossia conservatrice, l’acerrimo avversario di cardinali come Martini, il pilota insieme a Ruini, delle vicende politiche italiane, sponsorizzando qualsiasi governo che fosse ligio all’agenda vaticana. In tarda età osa l’inosabile. Il gran rifiuto.

Impressiona il gesto, molto di più la data dell’annuncio: l’11 febbraio 2013, ottantaquattro anni da quel 1929 dei Patti Lateranensi che ristabilì il potere temporale del papato. Per un potere bimillenario attento ai simboli e alle date non è stato certo un caso. La scelta di quel giorno è forse l’atto di accusa più pesante per la Curia Romana. Rivelando una impossibilità di governo di una realtà conflittuale ed oscura che ha la sua giustificazione nell’essere Stato e quindi come ogni stato, può toccare con mano il lato inumano del governo del mondo. “Non sei né freddo né caldo! Ma siccome sei tiepido, né caldo né freddo, sto per vomitarti dalla bocca” (Ap. 3, 15-16).

E’ ancora il Libro che ci soccorre e ci fa capire. Resta la domanda, l’uomo occidentale sempre più sommerso da più offerte spirituali in concorrenza tra loro, è ancora attratto da una forma religiosa dove il contatto con il dio è mediato? Dove al fedele è negata ogni possibilità di coscienza personale, ma solamente l’attuazione pratica di quanto deciso dalle gerarchie? L’abdicazione di Benedetto XVI è di sicuro un atto che influirà molto su come i cattolici penseranno al proprio futuro e ruolo nel mondo. Forse non subito. Il prossimo conclave, vista la composizione del concistoro, è probabile che esprima un altro papa conservatore. La storia della Chiesa Cattolica ci ha abituati, però, che nei momenti più critici può esprimere il rinnovatore. Lo Spirito soffia dove vuole. Così si dice nelle Scritture.
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Nicolò Migheli, da Sardegnademocratica

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Sul medesimo argomento: F.Meloni, La scelta rivoluzionario del papa conservatore
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Nelll’illustrazione Papa Celestino V

One Response to Viviamo tempi apocalittici

  1. [...] accordo su uno qualsiasi di loro: eppure non sono tanti, appena 11, dopo che uno è morto di peste. Celestino V, questo il nome che prende dopo aver cercato invano di sottrarsi, resta Papa fino al 13 dicembre, [...]

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