Lavoro, lavoro, lavoro
Il problema numero uno è il lavoro (e non solo da noi): sono possibili risposte globali ?
di Leonardo Becchetti sul blog La felicità sostenibile.
Il problema numero uno nel nostro paese è quello del lavoro. Un problema sul quale bisogna fare chiarezza statistica prima di tutto. Gli ultimi dati BCE fanno un importante passo in avanti andando oltre il tasso di disoccupazione classico e mettendo assieme ad esso la quota degli inattivi (coloro che non cercano occupazione) scoraggiati e la quota di chi lavora meno ore di quelle che vorrebbe (che cattura tutti coloro che fanno qualche ora di lavoro o sono impegnati in tirocini e quindi non hanno un vero e proprio posto di lavoro). Se consideriamo la somma di questi tre gruppi abbiamo un tasso di insoddisfazione derivante dalla mancanza di un lavoro degno molto più alto in Europa e anche in Italia.
Ma il problema non è certo legato ai problemi dell’UE o dell’Eurozona.
La questione è mondiale e ha a che fare con la corsa al ribasso nei costi tipica del nostro sistema economico calata nel nuovo (ormai non più tanto nuovo) contesto dell’economia globale. Basta leggere un qualunque manuale di microeconomia per capire che il modello economico vigente ha due obiettivi principali. Il primo è creare la massima ricchezza possibile per gli azionisti, il secondo è aumentare il benessere dei consumatori fornendo la maggiore varietà di beni a prezzi possibilmente sempre più bassi. E’ il lavoro ? E’ un input di produzione come il capitale, una voce di costo, una riga di bilancio. L’obiettivo della dignità del lavoro e del benessere del lavoratore non lo troverete in nessuna riga di nessun capitolo. Un sistema così congegnato, con due ruote perfette (benessere azionista e consumatore) ed una completamente sgonfia (benessere del lavoratore) non può che far deragliare la macchina e produrre infelicità. E’ infatti ben noto nella vastissima mole di studi econometrici sulle determinanti della felicità che il lavoro è parte essenziale della dignità della persona e della sua soddisfazione di vita.
Come correggere la rotta tenendo conto che la buona volontà di un solo paese potrebbe paradossalmente produrre delocalizzazione con le imprese che fuggono verso paesi dove i costi del lavoro sono minori e un sindacato globale che protegga allo stesso modo gli interessi dei lavoratori di tutti i paesi è al di là da venire ?
Stiamo provando in questi mesi a costruire due risposte. La prima viene dalla consapevolezza che il potere forte del mercato siamo noi. Ovvero il potere nell’economia di mercato è nelle mani dei consumatori e dei risparmiatori. Che purtroppo sono poco consapevoli, frammentati e utilizzano al momento il loro voto col portafoglio molto al di sotto del potenziale. Un luogo dove il voto col portafoglio può aggregarsi e pesare di più è sicuramente quello della finanza. Nel settore ambientale sempre più fondi d’investimento “decarbonizzano” e votano per un ambiente più pulito. Quest’azione, combinata con quella istituzionale ha ormai invertito la rotta. Trump o non Trump i mercati hanno votato per il futuro perchè Tesla (l’impresa automobilistica che fa solo motori elettrici) vale più della Ford. Ma il problema più grave del clima è quello sul posto di lavoro e la specie che è più urgente tutelare e proteggere è quella degli umani quando lavorano. A quando dunque fondi che misurano l’impronta della dignità del lavoro e premiano con il loro lavoro le imprese leader in materia ? Per arrivare a questo risultato è fondamentale costruire un’infrastruttura informativa che aiuti consumatori e risparmiatori a scegliere, per il loro stesso interesse, in direzione della dignità del lavoro. Per questo dalla rete della società civile riunita in Next sta nascendo Eye On Buy, un Trip Advisor a 3D dove alle stellette sulla qualità del prodotto si aggiunge l’informazione sulle stellette della dignità del lavoro e della sostenibilità ambientale. Con i cittadini che contribuiscono attivamente con le loro valutazioni e segnalazioni assieme alle imprese alla determinazione dei punteggi. Eye On Buy punta su semplicità, sburocratizzazione per evitare che la responsabilità sociale ed ambientale si traduca in elevati costi fissi diventando un lusso abbordabile solo dalle grandi imprese. Il centro di Eye On Buy non sarà il cittadino o l’impresa ma la relazione tra i due perché solo mettendo al centro la relazione sarà possibile trasformare l’energia delle differenze di opinioni da conflitto in vero progresso. Come anche nel settore ambientale l’inversione di rotta può arrivare da una combinazione di azione dal basso e iniziative di policy. Queste ultime, per evitare il rischio di corsa al ribasso e delocalizzazione, devono necessariamente agire dal lato della domanda e non dell’offerta. La rimodulazione dell’IVA con una social consumption tax che premi le filiere con migliore qualità del lavoro sarebbe a questo punto decisiva una volta costruita l’infrastruttura informativa per misurare la qualità del lavoro stessa.
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