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Legge elettorale regionale: usciamo da su connottu?
democraziaoggi27 Maggio 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
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PETIZIONE POPOLARE PER UNA LEGGE ELETTORALE PER LA SARDEGNA

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PETIZIONE POPOLARE PER UNA LEGGE ELETTORALE PER LA SARDEGNA
Al Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna
Ai Presidenti dei Gruppi consiliari

In Consiglio regionale sono state depositate numerose proposte di Legge elettorale statutaria presentate da gruppi di consiglieri e forze politiche e, ultimamente, lo stesso Presidente del Consiglio ha presentato una sua proposta con per correggere evidenti storture presenti nella legge attuale e sollecitare uno specifico dibattito sia interno al Consiglio che tra la popolazione sarda.
Tra gli evidenti stravolgimenti e gravi anomalie della democrazia presenti nella legge elettorale con la quale si è votato nel 2014 si segnalano l’esclusione dalla rappresentanza nel Consiglio regionale di oltre 120 mila elettori, la presenza di appena 4 donne su 60 Consiglieri e l’astensione prossima alla metà dell’elettorato. Il tutto senza avere garantito né la governabilità né la stabilità dell’esecutivo, considerato che sì è incominciato a sentire l’esigenza di un rimpasto dopo appena un anno dalle elezioni e ci si è arrivati a meno di due anni dal termine del mandato, per esigenze di potere delle consorterie dei vari partiti e non per le esigenze della società sarda.

Come Comitato di Iniziativa Costituzionale e Statutaria riteniamo che

A partire dal grande risultato del NO al referendum quale fonte di nuova speranza e di concreta espressione di partecipazione della cittadinanza alle decisioni che riguardano l’intera Sardegna, è ora che si proponga, eventualmente dal basso anche mediante una iniziativa popolare come previsto dallo Statuto sardo, una nuova Legge elettorale statutaria di tipo proporzionale.
Una legge da scrivere avendo come riferimenti costanti la Costituzione e lo Statuto sardo, che sia in grado di garantire la
sovranità del popolo, che è tanto più reale quanto più si ha una larga partecipazione popolare al voto;
uguaglianza nel voto, sia che si voti per la maggioranza che per un partito o movimento di opposizione, senza gli stravolgimenti generati da qualunque premio di maggioranza e soglie di sbarramento differenziate che sono sempre elementi di “distorsione” del principio di uguaglianza del voto sancita dalla Costituzione;
rappresentanza, perché ad una supposta governabilità che non può mai essere garantita da una legge elettorale, si preferisce la rappresentanza, questa sì possibile attraverso una buona legge, anche di partiti e movimenti minori perché la democrazia è fatta di pluralità di opinioni che devono trovare sintesi nel parlamento come nei consigli regionali, ovvero negli organi elettivi di governo;
parità di rappresentanza di uomini e donne, perché la società è composta di uomini e donne, e non vi può essere discriminazione di genere nell’accesso agli organi elettivi: sarà l’elettorato a scegliere chi eleggere senza discriminazioni in partenza;

CHIEDIAMO

che il Presidente del Consiglio regionale e i Presidenti dei Gruppi consiliari destinatari di questa petizione popolare si impegnino nella scrittura di una nuova Legge elettorale statutaria che rispetti i principi su elencati al fine di permettere al popolo sardo di esercitare il proprio voto tornando convintamente alle urne per scegliere i propri rappresentanti fin dalle prossime elezioni del 2019.
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——————————-IL DIBATTITO———————————–
Legge elettorale regionale: usciamo da su connottu?
27 Maggio 2017
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.

L’opposizione al presidezialismo del campo democratico dei comitati nasce dall’assunto ch’esso non favorica la rappresentanza e la partecipazione al voto e che, in fondo, non produce governabilità. Non occorre lunga illustrazione per mostrare questa verità. La riprova ci viene proprio dalla Giunta Pigliaru. In Sardegna abbiamo oggi il più feroce dei maggioritari con iperpremio di maggioranza e doppio sbarramento e abbiamo anche il governo dei sapienti, quello vagheggiato fin dall’anichità da non pochi filosofi. Una giunta di professori universitari e legge maggoritaria: l’ideale per la governabilità. Eppure questa è una delle giunte più tristi e inconcludenti della storia dell’autonomia. Basta vedere la follia dell’assetto del governo locale con la nomina dei podestà a reggere le province, in violazione della Costituzione che ne postula il carattere rappresentativo delle rispettive comunità. E ancor peggio con la creazione di assurdi ambiti territoriali: la provincia del Sud Sardegna, non prevista nello Statuto, che va da costa a costa e giunge fino a Seulo e Sadali. Follia allo stato puro… per di più con sede non nel capoluogo Carbonia… ma a Cagliari, ossia fuori circoscrizione, nel territorio della Città metropolitana. Basta vedere le erbacce e le voraggini nelle strade per rendersi conto della situazione in cui i ”sapienti” hanno ridotto il governo locale.
Più che una opzione ideologica è dunque l’osservazione empirica e consigliare di voltar pagina e tornare a privilegiare la rappresentanza. Anche se in materia elettorale l’opzione ideologica è in re ipsa, è inevitabile: chi è per una democrazia integrale opta per il proprozionale; nel maggioritario si privilegia una soluzione tendenzialmente oligarchica nelle sue varie sfumature.
Tuttavia, a ben vedere, la scelta elettorale del presidente non è di per sé in irrimediabile contraddizione con il sistema proporzionale. In Germania ad esempio c’è compatibilità, seppure rimessa alla consuetudine costituzionale e/o alla prassi politica. Al momento del voto si sa chi diventa cancelliere: è il candidato della lista vincente, che se non raggiunge la maggioranza ha il conforto della Grosse Koalition. Il risultato? Rappresentanza e governabilità coesistono. Si può fare così in Sardegna? Possiamo provarci, possiamo fare da laboratorio e battistrada. Perché fermarci a su connottu, alle alternative note? Il problema è trovare un meccanismo che induca le liste alla dichiarazione preventiva di coalizione, dandole rilevanza non solo politica ma anche giuridica. Come fare? Si può lavorare sullo sbarramento: più alto per chi non si coalizza, più basso per chi lo fa. Si può aggiungere, per non ingessare il sistema, che chi non si coalizza non può nominare assessori fra i propri eletti, introducendo la regola che l’esecutivo va formato fra i consiglieri. Insomma, aguzzando l’ingegno e la fantasia, le coalizioni si possono individuare prima, assecondando le affinità politiche e di schieramento. Si assicura così al presidente eletto una maggioranza. Possono introdursi anche regole di contrasto al turismo politico. Possibilità di cambio casacca solo entro lo stesso schieramento, chi cambia schieramento va fuori dal Consiglio (proposta Zagrebelsky).
Certo, non sfugge che l’ingessamento in regole della dialettica politica conduce talora a fedeltà formali e a disobbedienze sostanziali, ma questo accade anche col maggioritario. Giustamente Tonino Dessì, con l’abituale acutezza, vede nella maggiorzanza attuale una crisi compressa, ossia uno stato di malessere che non sfoccia in crisi formale per via della regola simul stabunt simul cadent. Questo principio varrebbe anche nel sistema proporzionale qui proposto perché il presidente non è scelto dal Consiglio regionale ma degli elettori stessi. Quindi, niente di nuovo sotto il sole da questo punto di vista. Si potrebbe però mitigare il principio, razionalizzandolo: scioglimento dell’Assemblea solo in caso di dimissioni per ragioni politiche, avvicendamento col vice-presidente in caso di cessazione dalla carica per altre ragioni: morte, infermità permanente e simili.
Direte: ma con questa classe politica a che serve questo riflettere ed elaborare. Non m’illudo di risultati. Credo tuttavia che abbiamo, come intellettuali democratici e come Comitati, il dovere di spostare la frontiera del dibattito, di esplorare strade nuove capaci di coniugare realismo e democrazia piena. Insomma, anziché il richiamo al déja vu proviamo a uscire dal seminato, andiamo oltre su connottu.
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