E SE LA GENTE LO SA CHE SAI SUONARE…
E se la gente lo sa, che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita… Ma sarà ancora per poco. Il lento declino del Diritto del lavoro, permettetemi di scriverlo con l’iniziale maiuscola, subisce in questi giorni un colpo quasi fatale. Una campagna stampa a cavallo tra l’ignoranza e la malafede ci agita davanti la pezzuola dell’art. 18, tentando di inculcarci l’idea che la questione della nostra economia risieda nella difficoltà di licenziare, che in cambio sarà estesa la tutela antidiscriminatoria anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Persino le firme più illustri di Repubblica, le ho ripassate sbigottito, hanno sostenuto imperterrite questa orribile versione: la tutela antidiscriminatoria, invece, esiste già per tutti i lavoratori, persino per quelli, perché ce ne sono, che possono essere licenziati senza motivo. Cioè, in cambio, non viene concesso proprio niente.
Povero Federico (Mancini), insigne giuslavorista e membro della Corte di giustizia europea, commentava lo Statuto dei lavoratori proprio mentre mi accostavo a questa materia. Sosteneva, ed era solo socialista, che la disciplina contro i licenziamenti illegittimi desse senso al Diritto al lavoro proclamato dall’art. 4 della Costituzione, al punto di ritenere che una eventuale legge che avesse tentato di abrogare l’art. 18 sarebbe stata anticostituzionale. Se ne è andato senza assistere allo scempio.
La verità è che avrei voluto tacere, per l’impossibilità di confrontarmi con categorie che non mi sono proprie. Mi sbaglierò, naturalmente, ma non riesco a liberarmi della convinzione che l’acqua scorra da monte a valle. Anche se a tentare di convincermi del contrario fosse un governo tecnico, anche se lo ripetesse qualche frangia dello stesso sindacato.
Perché tutto sta nelle premesse, nelle motivazioni. E’ in esse che si annida l’insidia del falso sillogismo. Mi riferisco alla vulgata secondo la quale esisterebbe una relazione, un rapporto di causa ed effetto, tra la rigidità della tutela contro i licenziamenti illegittimi ed il deficit di crescita economica che in questi anni interessa in maniera particolarmente acuta il nostro (ed altri) paesi. Il trucco sta tutto qui: la premessa è falsa ed è, anzi, evidente il contrario. La più rigida sanzione dei licenziamenti illegittimi nelle imprese con più di 15 dipendenti è assolutamente indifferente rispetto sia alla crescita economica che (ed è questa l’altra sirena) alla propensione delle imprese straniere ad investire in Italia.
L’art. 18, tra due mesi, avrebbe compiuto 42 anni, ma non li festeggerà, Durante quasi mezzo secolo, con un art. 18 sostanzialmente invariato ed applicato in tutta Italia, abbiamo conosciuto fasi di quasi piena occupazione e diversi periodi di crisi, soprattutto abbiamo constatato che a parità di normativa legale una parte del paese poteva prosperare, ritornando a livelli di quasi piena occupazione, sino ad invocare come indispensabile per la crescita l’arrivo di nuovi lavoratori stranieri, mentre l’altra parte del paese affondava nella miseria e nella disoccupazione. Ma ci vuol molto a capire che le sorti della nostra economia non risentono più di tanto della rigidità della norma contro i licenziamenti illegittimi?
Anche i numeri lo confermano: oscillano tra le 400 e le 500 cause di lavoro in corso aventi ad oggetto la tutela antidiscriminatoria del licenziamento illegittimo, a fronte del numero sterminato di controversie.
Allora è un simbolo? Un tabù che l’Europa ci chiede di sacrificare all’altare di chissà quale divinità pagana?
Solo in parte. La partitura si fa più delicata. L’abolizione della reintegrazione non cambierà di molto il panorama, visto che le reintegrazioni, in realtà non sono molte. Tuttavia, l’assenza di questa sorta di spada di Damocle che pesa (ahimè, pesava) sul datore di lavoro, produrrà un altro effetto, ben più grave. Consentirà una disapplicazione ampia e generalizzata dell’intera disciplina lavoristica. Perché il vero effetto dell’art. 18 è stato quello di funzionare, spesso, da deterrente contro la possibile violazione della disciplina lavoristica, dagli straordinari alle norme sulla sicurezza, dalle mansioni ai carichi di lavoro perché non consentiva la minaccia del licenziamento nei confronti dei lavoratori protetti da questa norma.
Ma insomma, lo raccontano soltanto a me, o lo sanno tutti che laddove non opera la protezione dell’art. 18 i diritti dei lavoratori sono calpestati con impressionante frequenza e gravità?
Per farla breve, la sterilizzazione della tutela contro i licenziamenti illegittimi produrrà nell’arco del tempo, l’effetto di un generale abbassamento delle tutele faticosamente conquistate in oltre un secolo di storia grazie alle lotte della classe operaia, all’influsso della dottrina sociale della chiesa, ai movimenti progressisti.
Tra un po’ ci diranno, ma già lo riconoscono, che l’effetto sulla stabilità reale del rapporto non è significativo, ma nel frattempo l’effetto sulle condizioni di lavoro, cioè di vita, delle persone in carne ed ossa, sarà devastante.
Allora si , che la nostra manodopera, iperflessibile ed a basso costo, potrà essere presa in considerazione nella competizione globale che ci contrappone ai paesi più virtuosi in materia di sfruttamento della manodopera.
Allora si, con assetti di liberismo dominante, con una generalizzata riduzione delle tutele, potremo tornare a competere nell’arena mondiale, anche se non con la qualità dei marchi e della qualità ma con la sfrenata riduzione dei costi.
Allora. Magari anche presto. Anzi, già da oggi, con la povertà che avanza e che incomincia a chieder sacrifici persino alla dignità degli uomini e delle donne, ridotti a terminali impotenti del sistema economico. Forse neppure tutti sanno che, un tempo, avevamo persino immaginato un umanesimo capace di collocare quell’uomo e quella donna al centro di tutto, ed il resto di costruirlo attorno e secondo le esigenze di essi.
Ahinoi!
Gianni Loy
Molto interessante l’editoriale di Gianni Loy in quanto pone dei punti fermi, dei riferimenti precisi per capire, per farsi un’idea su ciò che accade senza cadere vittima di imbonitori e sirene che insinuano in te il dubbio che , in fondo, la riforma della Fornero sia un qualcosa di sostanzialmente e tecnicamente corretto. Sono utili, in questa fase le opinioni, i punti di vista e le valutazioni di chi, come Gianni Loy, vanta competenze e conoscenze specifiche. Mi piacerebbe comunque leggere una valutazione di Loy anche sugli altri aspetti della riforma Fornero anche se l’affermazione che è la premessa dell’intervento a falsare il tutto è già sufficientemente esplicativa. Mi domando quali possono essere le direttrici per una regolamentazione del mercato del lavoro efficace, realistica e praticabile da auspicare in alternativa a quella del Governo tecnico.