Cerchiamo l’impossibile. Abbiamo bisogno di visionari
Quanto vale un visionario? Molto più dei suoi errori.
Di cento che ne pensa, solo una è quella giusta. Eppure le persone che credono con tenacia nei loro sogni e nelle loro intuizioni sono fondamentali per ogni ambiente sociale, dall’azienda alla politica. Perché è la loro capacità di produrre visioni che cambia le cose
di Alessandra Colonna su LinKiesta
V come Visione. Parola molto di moda. E che, come tutto ciò che va di moda, rischia di essere svilita e banalizzata nella sua essenza.
La parola visionario è un giano bifronte: essere visionari, sganciati del tutto dalla realtà, può non avere una valenza positiva.
Nel senso però positivo il visionario è colui che, partendo dalla realtà, non la subisce e sogna costruttivamente un mondo che non c’è, allenato e orientato a vedere oltre.
La visione non è mera utopia, è costrutto. Visionari lo sono stati Gandhi, Einstein, Galileo, Mandela solo per citarne alcuni. Ci sono aziende visionarie, come Google che ha creato una pagina vuota quando Yahoo, il motore di ricerca allora più in voga, era pieno di immagini e link. Steve Jobs con la sua Mela che mentre tutti cercavano la compatibilità, ha puntato all’unicità. Il fondatore di Ikea, Ingvar Kamprad, illustre sconosciuto ai più, ma che ci ha trasformati tutti in bricoleur della domenica ed è riuscito a farci macinare chilometri per comprare candele e tovagliolini pur di dare un senso al nostro viaggio. Lo sono migliaia di anonimi ricercatori in tutto il mondo che, nel chiuso silenzio dei loro laboratori, si sono messi in testa di sconfiggere malattie come il tumore e altro ancora.
Il valore del visionario non è il risultato in sé ma la capacità stessa di produrre visioni. Tra mille di esse, una sarà quella giusta
Il valore del visionario non è il risultato in sé ma la capacità stessa di produrre visioni. Tra mille di esse, una sarà quella giusta. Come riconoscerli? Merce rara. “Sì, ma, però”: a un visionario non lo sentirete mai dire. Il visionario dice “ci provo, mi piace, poi vedremo”. È sempre stato così, perché cambiare rientra nel dna mentale di un portatore di visione.
Dove posso arrivare, e oltre. Il visionario non si pone limiti, sa che la conquista di oggi è appagante, ma non abbastanza, c’è un oltre ed è là che attende. Ha un fondo di sana insoddisfazione: il visionario non vi dirà mai che è bravo a fare qualcosa, vi dirà che può migliorare e molto. In ultimo, il visionario ha una visuale molto ampia, geografica e temporale. Il qui ed ora diventa ovunque e sempre.
Come impatta la presenza di persone di questo tipo a capo di un’organizzazione? Possono forse avere una portata destabilizzante, ma laddove oggi l’innovazione e il cambiamento sono la chiave del successo in ogni settore, dal più al meno tradizionale, ogni azienda dovrebbe avere dei visionari a guidarla o quanto meno a animarla. Persone che osano, che sbagliano, che si rialzano perché inseguono un sogno più forte di qualsiasi altro limite. Sono un patrimonio e andrebbe non solo fatto venire a galla, ma sostenuto e incentivato.
I sogni sono la droga più bella che ci sia, non fanno male e non hanno bisogno di pusher. Ce li possiamo fabbricare noi. É solo quando ce li facciamo portare via che smettiamo di vivere appieno la nostra vita. “Dopo aver fatto sempre la stessa cosa nello stesso modo per due anni, inizia a guardarla con attenzione. Dopo cinque anni, guardala con sospetto. E dopo dieci anni, gettala via e ricomincia di nuovo tutto.” – Alfred Edward Perlman, manager americano, (1902-1983).
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Nella foto di testa, Adriano Olivetti
Aladinpensiero
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Perché, prima o poi, è necessario ripartire da zero
Il vocabolario dell’humanagement si chiude con una riflessione sulla necessità di imparare dagli errori e dalla propria consapevolezza come unico strumento per progredire. Una ragione in più per avere la forza e il coraggio di ricominciare daccapo
di Alessandra Colonna
Ogni giorno ricominciamo da zero. Perché ogni giorno può riservarci una o più occasioni per metterci alla prova. Non è da tutti però cogliere l’opportunità che la vita e il confronto con gli altri ci offrono.
Scattano alibi, paura del cambiamento, presunzione, sicumera: andare avanti, non importa se non so verso dove e come. E se per farlo trangugio gli altri.
A questi post ho consegnato parole frutto di considerazioni nate dal mio confronto quotidiano con le persone sul lavoro, soprattutto quello che svolgo in aula, che è quello che amo di più.
Nel mio mestiere io sono un po’ un allenatore, ma è una definizione che azzardo con cautela. Uno perché le definizioni imbrigliano, due perché non è esaustiva e il terzo motivo non mi viene!
Io aiuto le persone a maturare consapevolezza: in teoria è l’unico mezzo che abbiamo per migliorare.
Posso credermi sano, ma solo facendo un check up me ne sincero. Ecco, io aiuto le persone a fare il loro check up.
Pochi ne escono senza qualche “magagnetta” da sistemare. Secondo me è un valore. So che devo curare qualcosa. Sicuramente meglio dell’ignorare, rischiando di ingigantire il problema.
É vero fino a un certo punto: siamo UMANI, giriamola come vogliamo, è doloroso scoprirsi diversi da come pensavamo di essere. Tant’è. É e resta una scelta quella di voler fare un check up.
Io però vedo poche persone, per non dire nessuna, rimanere indifferenti una volta fatto. Ne vedo molte affrontare con remore il viaggio alla scoperta di sé stessi.
Maturare consapevolezza: in teoria è l’unico mezzo che abbiamo per migliorare
Ho voluto dedicare questo ciclo di articoli al volto UMANO del nostro essere professionisti, francamente di volti non ne conosco altri.
Io punterei sul fatto che la vulnerabilità è la condizione umana che ci accomuna.
Siamo tutti fragili, che ci piaccia o no. C’è chi lo nasconde, chi lo ignora, chi ne ha paura.
Fare quanto meno un primo passo verso gli altri si chiama rispetto, ma tende a smarrirsi nella giungla che abbiamo creato di maschere spaventate che si aggirano nelle aziende…in fondo siamo solo e soltanto alla ricerca di una umanità in parte perduta, senza però sapere come recuperarla.
Io riprenderò a breve degli articoli sul tema della Leggibilità. Insomma, abusando della vostra pazienza, ricomincerò ancora una volta da zero.
Allora lasciamoci con un sorriso, perché qualche volta nella vita ciò che sembra un ricominciare da zero a ben guardare è un ricominciare da tre!
[…] Cerchiamo l’impossibile. Abbiamo bisogno di visionari. Editoriale su Aladinews. […]