Marianna Bussalai, “Signorina Mariannedda de sos Battor Moros”
L’Otto marzo? Con Marianna Bussalai.
di Francesco Casula
1. la vita
Marianna Bussalai, “Signorina Mariannedda de sos Battor Moros”, così veniva chiamata dagli oranesi, è i una straordinaria figura di femminista, di sardista e di antifascista. Una poetessa, traduttrice e intellettuale di valore, morta nel 1947, a soli 43 anni. Frequenta solo fino alla quarta elementare, poi abbandona a causa di una malattia che non le permette di potersi recare a Nuoro per proseguire gli studi. Autodidatta – legge gli autori sardi (Sebastiano Satta, Montanaru, – con cui ha un fitto carteggio epistolare – e Giovanni Maria Angioy, di cui vanta una remota ascendenza), gli italiani (Dante, Manzoni, Monti, Pindemonte) ma anche i russi. Di Montanaru traduce le poesie in italiano. Di Dante avrebbe voluto tradurre la Divina Commedia in Limba per poter dare al popolo sardo – scriveva – la possibilità di leggere e comprendere l’opera.
2. Il sardismo di Bussalai
“II mio sardismo – scriverà in una lettera all’avvocato Luigi Oggiano – è nato da prima che il Partito sardo sorgesse, cioè da quando, sui banchi delle scuole elementari, mi chiedevo umiliata perché nella storia d’Italia non si parlasse mai della Sardegna. Giunsi alla conclusione che la Sardegna non era Italia e doveva avere una storia a parte”.
Quello della Bussalai è dunque un Sardismo ante litteram, nasce inizialmente come sentimento o, più precisamente, come ri-sentimento contro uno Stato patrigno. Di qui la sua militanza nel Partito sardo d’azione e la sua “devozione” nei confronti di Lussu, che periodicamente le scriveva dall’esilio a Parigi.
“Ho bisogno di seguirlo devotamente in qualunque modificazione, in qualunque innovamento dal più ampio e moderno respiro – scriverà in una lettera all’amica Mariangela Maccioni – ma ad una condizione: purché sia nel Partito nostro, nel Partito sardo, come «sardisti» non in un Partito italiano «nazionale», dove saremmo forse ancora «autonomisti» ma non saremmo più «sardisti». Perché militare in un Partito «sardo» significava che v’era (oltre alla necessità di riforme autonomiste dell’intero stato italiano) anche una «questione sarda», di fronte alla Penisola; una passione Sarda, una coscienza Sarda da formare, sia pure per un lontano futuro.
E a chi obiettava che rinchiudersi nella Sardegna e in un Partito come il PSd’Az sarebbe provinciale e limitativo, in una lettera all’amica Graziella Sechi Giacobbe scrive: “Mi spieghi perché ci voglia un cuore più capace per militare nel Partito italiano d’azione e un cuore più limitato per militare nel Partito sardo d’Azione. Indubbiamente l’Italia ha una superficie maggiore della Sardegna; ma la vastità e la grettezza dello spirito non si misurano a metri o a chilometri quadrati”.
3. Le sue poesie
Famose sono rimaste quelle che mettono alla berlina i fascisti, ad iniziare dai ras locali. Il sardismo e l’antifascismo, cui dedicò tutta la sua vita, – ovvero l’amore smisurato per l’Autonomia e per la libertà – li vedeva incarnati meravigliosamente in Lussu, verso cui nutriva ammirazione e persino devozione. Marianna Bussalai infatti durante tutto il ventennio fascista diventa a Orani – ma non solo – punto di riferimento dell’antifascismo, la sua casa è il circolo antifascista, composto di ragazzi e ragazze, di uomini e donne.
È altresì punto di riferimento dei Sardisti: ai Congressi del PSd’Az viene sempre delegata per portare le istanze dei minatori di Orani, dei pastori e del mondo delle campagne.
Da parte mia ritengo che gli scritti più validi e, ancora oggi più che mai attuali, siano i suoi Mutos e Mutetus, in lingua sarda. Soprattutto quelli ironici e satirici con cui ridicolizzava i gerarchi e gli scherani del fascismo e Mussolini stesso (nel cui nome allungava il mussi-mussi, l’appellativo con cui si chiamano in Sardo i gatti e la cui espressione deriva dal latino mus (topo) e dunque a fronte di mussi-mussi il (gatto si avvicina).
Eccone alcuni:
“Farinacci est bragosu/ca l’ana saludau/sos fascistas de Orane/tene’ pius valentia/de su ras de Cremona/su Farinacci nostru.”
“Ite bella Nugòro / tottu mudada a frores / in colore ‘e fiama. / Ite bella Nugòro / solu a tie est s’amore / ca ses sa sola mama / Sardigna de su coro/ Saludan’ sos sardistas / chin sa manu in su coro / de sas iras fascistas / si nde ride’ Nugòro.”
4. Le amiche e gli amici di Marianna Bussalai
Aveva due grandi amiche e compagne di lotta: Mariangela Maccioni e Graziella Sechi-Giacobbe, che considera “dolci ed eroiche amiche”. La prima è maestra elementare e moglie di Raffaello Marchi (verrà sospesa dall’insegnamento perché ostile al Fascismo), la seconda ugualmente antifascista è moglie di Dino Giacobbe, il mitico combattente e comandante nella Guerra civile in Spagna contro Franco. Formano la cosiddetta triade sardista e antifascista.
Ma aveva anche molti amici: Lussu, Dino Giacobbe, i fratelli Melis, Oggiano, Mastino, Sebastiano Satta, Montanaru. Ma aveva amici, in modo particolare fra i giovani: per cui era un punto di riferimento intellettuale e culturale oltre che politico.
Così la ricorda con affetto e ammirazione Gonario Usala, uno dei suoi “allievi” più cari e fedeli: “Era enciclopedica nella sua formazione culturale nonostante si fosse formata da perfetta autodidatta. Su tutto dava risposte appropriate. Nel suo cuore aveva tuttavia la Sardegna e proprio ai libri sardi, ne possedeva tantissimi, riservava un’attenzione particolare”.
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[…] ——————————————————————————————————— Marianna Bussalai, “Signorina Mariannedda de sos Battor Moros” Editoriale di Francesco Casula dell’8 marzo 2017 su Aladinews. […]