Cara Università della Sardegna: da te vogliamo di più
. Maria Del Zompo, Rettore, vive il suo impegno universitario con totale dedizione, da sempre: da quando era studentessa, da docente e ricercatrice poi, fino ad oggi, negli ultimi due anni al massimo livello politico-amministrativo dell’Ateneo, che interpreta con grande capacità professionale e politica. Di più non le si potrebbe chiedere e pertanto qualsiasi critica del suo operato sembra ingiusta. In più lei aggiunge una grande carica di passione che stempera con il sorriso e spesso con una risata contagiosa. E tutto ciò è bene ed importante comunque e perfino maggiormente nella conduzione della più importante Istituzione culturale della Sardegna, nella misura in cui ispira fiducia e ottimismo (della volontà) nei suoi interlocutori. Ma noi, impertinenti, con tutto l’affetto e l’amicizia che le vogliamo, osiamo criticare alcune sue scelte di gestione politica. Ovviamente ci limitiamo a criticare per quanto riteniamo di esserne legittimati da specifiche informazioni in nostro possesso e per la pretesa di avere precise impostazioni da contrapporre. Nel senso che non entriamo in campi nei quali non abbiamo informazioni e competenze. In questo contesto ci limitiamo allora ad alcune tematiche (neppure tutte) trattate da Maria nell’intervista di domenica su L’Unione Sarda.
1) CAMPUS e VUOTI URBANI
Ha ragione il Rettore a sostenere che si trova a gestire scelte non sue, come quella della Cittadella di Monserrato e del suo ampliamento, che vengono da lontano e che sono state sostanzialmente confermate (sia pur ridimensionate rispetto ai progetti originari) dalle ultime gestioni rettorali. Sicuramente il suo predecessore avrebbe potuto invertire la rotta anzicché proseguire nell’investimento in nuove costruzioni, a tal fine riconsiderando l’uso dei vecchi edifici universitari (e non), che vanno oggi in rovina (inesorabilmente?). Per stare nell’ambito delle proprietà universitarie parliamo della (ormai ex) Clinica Macciotta, del palazzo delle Scienze e, per estenderci verso altre proprietà, dell’Ospedale San Giovanni di Dio, dell’ex Ospedale militare, alle quali aggiungere altre strutture pubbliche in dismissione, di possibile cambio d’uso rispetto a quello originario (Carcere Buoncammino, ex servitù militari, etc.). Sono questi i “vuoti urbani” di cui parla Pasquale Mistretta? Crediamo di si, anche se noi che non siamo urbanisti, preferiamo classificarli come “beni comuni”, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona, che vorremmo pertanto restituiti a funzioni civili in favore della popolazione. Ma, si dirà, altre scelte sono state fatte anche perché i soldi non bastavano e sempre meno bastano. Invece, noi non accettiamo tale liquidazione. Al contrario vorremmo che si sviluppasse un diverso ragionamento e che si impostassero scelte politiche in direzione radicalmente opposta a quella attualmente dominante. Lo abbiamo suggerito altre volte e sarà necessario ritornarci in un dibattito aperto. C’è ancora tempo per evitare ulteriori disastri.
2) UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA
Fa bene il Rettore a difendere l’identità e la storia dell’Università di Cagliari, come pure fa bene il suo collega per l’Università di Sassari. Fanno male entrambi a non impegnarsi per costruire realmente l’Università della Sardegna, attraverso una vera Federazione dei due Atenei, sotto l’egida appunto dell’“Università della Sardegna – Universidade de Sardigna – University of Sardinia”. Anche per questa tematica rimandiamo a quanto più volte abbiamo scritto, nella consapevolezza che i processi storici che non si sanno gestire ci vedono soccombenti. E questo è esattamente quanto già accade per le Università sarde, costrette a continui ridimensionamenti perché incapaci di misurarsi su una necessaria più grande dimensione almeno regionale.
3) IL RUOLO DELL’UNIVERSITA’ SUL TERRITORIO (impegno per la Terza Missione)
Il rapporto con la città è fondamentale, ma solo se Cagliari saprà rappresentare l’intera Sardegna, cosa che non solo non le riesce, ma che non la vede in cambiamento in tale direzione. E in questo l’Università di Cagliari non sembra di grande aiuto alla città. Complessivamente si ha l’impressione (e non solo) di un declino complessivo della nostra Isola, che singole realtà in controtendenza non possono arrestare. Cagliari e la sua Università non si salvano se non insieme alla Sardegna e alla sua Università Sarda. Riflettiamoci e se ci riusciamo usciamo da impostazioni provinciali. Ci riusciamo ad osare di più? Detto questo, mentre riconosciamo il grande sforzo fatto dall’Università per porsi al servizio del territorio, nell’impegno per la “terza missione” (le politiche di promozione dell’innovazione, con Contamination Lab e altre iniziative, ne sono una prova), riteniamo al riguardo tuttora inadeguata la propria iniziativa, se solo pensiamo alla ridottissima offerta formativa post lauream e allo scarso impegno nella formazione professionale (longlifelearning). O, ancora, all’insufficiente investimento di studio e ricerca nelle tematiche della “nuova economia”, quella che può valorizzare le significative esperienze in atto anche in Sardegna e dare prospettive consistenti di occupazione rispetto alle vecchie e superate impostazioni socio-economiche, che si sostengono solo con interventi assistenziali a carico dei fondi pubblici. E poi: balza all’occhio come l’Università tenda ad esaurire il rapporto con il territorio nel rapporto con le Istituzioni. Molto importante, ma l’Università è un entità autonoma, qualità costituzionalmente garantita, che deve essere al servizio di tutti, includendo, tra questi “tutti” e in aggiunta alle Istituzioni, altri soggetti: le imprese, le entità del terzo settore, i cittadini associati e singoli. Insomma vorremo al riguardo una Università che praticasse la sussidiarietà, secondo il principio costituzionale (art.118), cioè una Università che sappia riconoscere come interlocutori anche i cittadini e le loro associazioni.
4) PICCOLO PISTOLOTTO CONCLUSIVO
“Ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country”. “Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”. E’ questa una delle frasi più famose tra quelle pronunciate da John Fitzgerald Kennedy; esattamente risale al 20 gennaio 1961, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca come 35° presidente degli Stati Uniti d’America. Riscrivendola “a nostro uso e consumo” suona così: cara Università “non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”, mettendo concretamente da parte la tua autoreferenzialità.
Forse troverai più gente e più organizzazioni convintamente al tuo fianco per salvarti insieme al paese!
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“DEL ZOMPO, UNA MAGNIFICA SFIDA”
Sergio Nuvoli, Unica
Cagliari, 6 marzo 2017 – E’ stata pubblicata ieri su L’Unione Sarda un’intervista di Paolo Paolini con il Rettore Maria Del Zompo. Il colloquio è il primo di una serie che il giornalista realizzerà con le figure più autorevoli nella città di Cagliari. Nella conversazione pubblicata ieri dal quotidiano, la prof.ssa Del Zompo fa il punto della situazione e risponde puntualmente ad alcuni rilievi, senza sottrarsi ad alcuna domanda.
- L’UNIONE SARDA - segue –
Prima Pagina (Pagina 1 – Edizione CA)
DEL ZOMPO, UNA MAGNIFICA SFIDA
«Rettrice? No, rettore». Maria del Zompo è stata eletta da quasi due anni Magnifico dell’Università di Cagliari. Farmacologa, ha il difficile compito di salvare l’ateneo dalla scure del Governo. Assicura di non essersi mai accorta dei primi malumori che serpeggiano all’interno di alcuni dipartimenti. Contesta la classifica del Sole 24 Ore che relega Cagliari al terz’ultimo posto. Si considera autonoma dal potere politico e dice di non aver fatto neppure un pensierino alla candidatura a sindaco.
P. PAOLINI A PAGINA 24
L’UNIONE SARDA
Cronaca di Cagliari (Pagina 24 – Edizione CA)
DEL ZOMPO: MAI RICEVUTO CRITICHE
«Rettrice? No, rettore. Penso che gli incarichi istituzionali debbano mantenere il nome di sempre». Il sessantunesimo Magnifico dell’università di Cagliari è una farmacologa di fama internazionale che non s’appassiona al linguaggio di genere. Forgiata professionalmente negli Stati Uniti, Maria Del Zompo è la prima donna alla guida dell’ateneo. Un’elezione bulgara, se l’espressione avesse ancora un senso. «Irripetibile», sibilano maligni i critici. Lei non se ne cura: «Il 2 aprile saranno trascorsi due anni dall’investitura. Ho lavorato intensamente per il bene dell’università e continuerò su questa strada».
Sessantacinque anni, allieva di Gianluigi Gessa, ha dedicato la vita alla ricerca. Oggi si barcamena tra tagli governativi all’istruzione e folate interne di malcontento, che lei però assicura di non cogliere. Fa parte del micro esercito di rettrici, cinque su settantotto, ma mette una distanza siderale tra sé e le integraliste delle quote rosa: «Non sono la soluzione. Il nostro obiettivo è mettere le donne nelle condizioni di giocarsela ad armi pari con i colleghi».
La differenza tra lei e l’ex rettore Melis?
«Ho una visione più aperta verso il territorio. I cittadini devono sapere cosa si fa dentro l’università. È fondamentale aprirsi di più alla città contaminandosi vicendevolmente».
Concretamente cos’è cambiato?
«Siamo più vicini alle studentesse con le tessere baby per le mamme, le stanze rosa, il riequilibrio di genere per le risorse da destinare ai dipartimenti».
Eletta con 825 voti, un plebiscito. Dicono che la fiducia in lei sia calata.
«Se è così non me ne sono accorta. Stiamo lavorando sodo, alcuni indicatori sono già migliorati».
Però la classifica del Sole 24 Ore affonda Cagliari al terz’ultimo posto.
«Il quotidiano economico stila un elenco contestato da molti atenei perché privo di solide basi scientifiche. Non dichiara le fonti e tanti altri dati. Invece la graduatoria di Repubblica-Censis – basata su parametri precisi – ci colloca al sesto posto tra i grandi atenei, abbiamo recuperato due posizioni in un anno».
Al Policlinico, suo bacino elettorale, è convinzione diffusa che lei non stia mantenendo le promesse.
«Andrò a rivedere il programma elettorale. Di sicuro ho garantito che avrei firmato i protocolli d’intesa con Regione e università di Sassari e sto mantenendo l’impegno. Entro il 2018 avremo anche l’ atto aziendale che aspettiamo da dieci anni per programmare in maniera seria ed efficiente. Nel frattempo siamo impegnati nelle procedure di accreditamento dell’università da parte del Ministero»
L’ex rettore Mistretta sostiene che invece di un nuovo campus si potrebbero usare i vuoti urbani in mezza città.
«Mi stupisce perché l’idea del campus è nata quando lui era rettore, e i vuoti urbani c’erano anche allora. Per noi è fondamentale aumentare i posti letto per gli studenti. Istituzionalmente il compito spetta all’Ersu, ma sono pronta a impegnarmi con chiunque metta a disposizione spazi e idee. Abbiamo deciso di creare una commissione per progettare Cagliari città universitaria».
Si considera autonoma dal potere politico?
«Se si intendono i partiti, sono autonomissima, mai avuto tessere, solo quella del sindacato. Autonoma dalla politica non è possibile, tutto è politica, ogni scelta che facciamo è politica».
Che rapporto ha con i partiti?
«Credo siano importanti, soprattutto se hanno storia e ideali. Però penso che più dei simboli contino le persone che traducono gli ideali in fatti concreti: qualche volta vanno bene altre meno».
Un rettore deve essere necessariamente governativo per avere i finanziamenti?
«Non è necessario. Nella mia esperienza ho notato che chi è al governo della Regione – di qualunque colore sia – ha a cuore la crescita culturale dei cittadini. Va da sé che deve esserci rispetto reciproco tra le persone che hanno incarichi istituzionali, altrimenti i rapporti possono complicarsi».
È vero che sta già facendo un pensierino alla poltrona di sindaco?
«Niente di più fantasioso».
C’è chi lo dà per certo.
«Anni fa mi inserirono nel totonomine per l’assessorato alla Sanità: risposi che l’unica cosa cui ambivo – se i colleghi mi avessero votata – era fare il rettore. La mia ambizione si ferma qui».
La massoneria decide le carriere nel suo settore, la sanità.
«Spesso si dà credito a leggende metropolitane».
Pensa davvero che questa lo sia?
«Direi di sì».
Cagliari e Sassari, due atenei per un milioneseicentomila abitanti. Quanto si può resistere ancora?
«Molto. Sono in assoluto le università più lontane tra loro all’interno della stessa regione. La peculiarità del territorio ha la sua importanza, a meno che non si punti alla desertificazione della Sardegna».
Una fusione?
«A cosa dovrebbe servire? Ad avere un solo rettore? O a risparmiare sui ridottissimi gettoni di presenza? Esiste già anche una redistribuzione delle facoltà. Per esempio Sassari ha quella di Agraria, Cagliari no. Il precedente governo ha cercato di farci chiudere, è vero, ma i sardi sono testardi e orgogliosi».
Non basta per rientrare nei criteri ministeriali.
«Hanno imposto una migliore organizzazione: ci stiamo adeguando alla velocità del suono. Per il resto portiamo avanti il confronto nazionale sull’insularità e la scarsa densità di popolazione».
Quanti sono i docenti per diritto di parentela?
«I miei genitori avevano la quinta e la sesta elementare, nessuna amicizia universitaria, eppure ho lavorato nel gruppo di Gessa e riuscendo a costruire la mia carriera».
Quanti prendono la scorciatoia?
«Cagliari ha avuto una buona valutazione sui cosiddetti nuovi ingressi dei docenti. A me interessa questo, non il cognome».
Però l’ateneo nel 2012 era terzo in Italia per nepotismo.
«Dal 2010 ci sono nuove norme, ciò che fa il singolo ricade sul dipartimento e sull’ateneo, nel bene e nel male, quindi tutti sono obbligati a migliorare. Se in passato è andata diversamente, io non l’ho vissuto».
Docenti fannulloni?
«Vedo una grande partecipazione da parte di molti professori. Sì, probabilmente ci sono anche situazioni di impegno ridotto, ma oggi un docente che sta con le mani in mano viene penalizzato, perde la possibilità di avere finanziamenti e scatti di stipendio».
È defunto il ruolo intellettuale, di dibattito, dell’università?
«No, è un continuo interagire con la città e il resto del mondo sui temi di attualità».
Tanti hanno notato la sua assenza al funerale della psichiatra Nereide Rudas.
«Mi è dispiaciuto non essere presente ma purtroppo quel giorno ero lontana da Cagliari».
Non c’era neppure alla commemorazione.
«Ero fuori città anche quel giorno. Rimedierò organizzando un’altra cerimonia in ateneo».
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[…] Università che sembrano maledettamente inchiodate sulla vecchia economia. Non è un caso che il Rettore Maria Del Zompo abbia preferito invitare Romano Prodi per l’inaugurazione dell’anno accademico […]