La Sardegna del dopo Referendum. Incombono importanti scadenze istituzionali: come affrontarle?
Verso le elezioni politiche regionali: il metodo
di Rita Cannas*
By sardegnasoprattutto/20 dicembre 2016/ Società & Politica/
Il risultato del Referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre ha decretato la vittoria incontrovertibile del No. Vittoria straordinaria in Sardegna, con un esito referendario che è andato ben oltre le più rosee aspettative: il 72% degli elettori sardi ha respinto al mittente il tentativo di riforma della costituzione che, fra i tanti effetti deleteri, avrebbe comportato una marcata riduzione dell’autonomia regionale.
Già dalle prime battute, le analisi del voto hanno ricalcato lo stesso modello di comunicazione dominante che ha imperato durante la propaganda referendaria, secondo il quale si sarebbe trattato di vittoria o di sconfitta dei partiti. L’ombelico delle analisi elettorali è stato incentrato su di loro, e se ne sono sentite di tutti i tipi, la più esilarante delle quali è stata quella della sconfitta ribaltata in vittoria.
Questo meccanismo ha mediaticamente posto in secondo piano una realtà meno rassicurante per i partiti, ovvero: che a decidere siano stati gli elettori, in piena autonomia e non telecomandati dagli apparati elettorali delle segreterie di partito, per quanto mai sino ad oggi si sia assistito a un tale massiccio bombardamento mediatico pro-governativo. Certo, il legame tra elettori e partiti resta consistente, ma è la non centralità, o la non univocità di questo legame che è emersa come elemento più significativo dal voto del 4 dicembre.
A dimostrazione di ciò si osserva l’esperienza dei tanti Comitati per il No disseminati su tutto il territorio nazionale e regionale, sorti in forme più o meno spontanee sotto l’egida di alcune organizzazioni come l’ANPI e che si sono fortemente arricchiti su base locale con la presenza di volontari di varia appartenenza politica. Il vero collante che ha tenuto insieme persone diverse per storia personale e sensibilità politica è stata la difesa della Costituzione e, nel caso sardo, la difesa dell’autonomia.
A dispetto del massiccio spiegamento di mezzi mediatici ed economici a favore della riforma, i Comitati del no sono stati capaci di arrivare agli elettori con forme più orizzontali, esperienza che ha molto da insegnare sia ai big del marketing elettorale importati per l’occasione, sia a quanti si apprestano a calcare la scena del panorama elettorale isolano.
In altre parole, lo stesso porta a porta che ha superato le forme organizzate del consenso dei grandi partiti, dovrebbe essere al centro della riflessione sugli scenari elettorali che a breve riguarderanno lo stesso governo della Sardegna. Mai come ora la modalità di coinvolgimento del cittadino elettore determinerà non solo la forma ma soprattutto la sostanza della sua partecipazione democratica. Questo hanno chiesto i Sardi con la forza di quei no.
Assodato che in Sardegna sia tempo di costruire l’alternativa ai governi di centro-destra e centro-sinistra, ci sono lezioni che sono venute dal referendum che sarebbe bene tenere a mente:
gli elettori sardi manifestano una crescente insofferenza verso i leader imposti dall’alto, selezionati all’interno di ristrette cerchie di potere. Il riconoscimento della leadership può realizzarsi solo a valle del lavoro collettivo, non gerarchico, tra soggetti diversi che operano e sono espressione di realtà territoriali diverse;
gli elettori sardi non sono più facilmente incasellabili negli schieramenti attuali. Il Referendum ha segnato un punto di non ritorno per molti di essi, specie di area del centro-sinistra, per i quali l’assalto peggiorativo alla costituzione e la presa di coscienza della necessità dell’attuazione dell’autonomia, non più ritrattabile, sono diventati fattori dirimenti nelle loro future scelte elettorali;
gli elettori sardi vogliono partecipare alla costruzione del loro destino politico: lo hanno già in parte dimostrato alle passate elezioni regionali, sostenendo la formazione politica Sardegna Possibile, che proprio sulla partecipazione imperniò la propria proposta elettorale, riportando un risultato significativo. Sardegna Possibile non ottenne rappresentanza in Consiglio regionale a seguito dell’ignobile blocco orchestrato da PDL e PD che costruirono a loro misura la legge elettorale-truffa ancora in vigore;
i partiti indipendentisti o di area autonomista, unendosi per costruire il cosiddetto quarto polo elettorale, difficilmente raggiungerebbero da soli i numeri per governare. Guardando ancora a quanto di positivo ha proposto la scorsa tornata elettorale, il successo espresso dalla terza formazione politica isolana venne non solo da elettori già schierati di area indipendentista, ma anche dai tanti che scelsero la prospettiva critica della non-dipendenza (oggi declinata in autogoverno), attratti dai contenuti innovativi della proposta e dal metodo partecipativo.
A chiusura di questo intervento, si vuol porre l’accento su un paio di considerazioni: la prima, mutuabile dal mondo scientifico, è che come la scienza progredisce per processi di accumulazione del sapere, così in politica si migliora facendo tesoro delle esperienze positive già sperimentate, al netto dei loro immancabili limiti.
Il metodo per una reale alternativa a modelli fossilizzati di governo è nella partecipazione, inclusiva, orizzontale, diffusa, predisposta da chi è capace di ascolto. Per favorire e realizzare la partecipazione è necessario, per esempio, spostare l’asse dai “dibattiti” programmati con relatori-mummia che si concedono sul finale dando il contentino a quei pochi fortunati che riescono ad esprimersi, alle forme che permettano l’incontro e lo scambio effettivo tra le persone.
Un altro tassello metodologico riguarda i luoghi: la partecipazione va favorita su tutti i territori, non solo sui centri più abitati, o su quelli che fanno eco a un qualche richiamo identitario. Mai come ora è necessaria la ricomposizione della frattura tra aree metropolitane, aree interne e isole minori, perché la Sardegna è fatta di ogni sua parte. L’alternativa si costruisce sul riconoscimento del bisogno all’ascolto e sulla stessa capacità d’ascolto.
L’auspicio è che il metodo partecipativo, la costruzione e la tessitura di relazioni orizzontali, l’emersione di leadership a valle dei processi di ascolto dei vari detentori di competenze diffuse, la condivisione delle idee, lo sforzo verso l’inclusione degli elettori sempre più emarginati da sistemi elettorali truffaldini, diventino in misura crescente patrimonio comune tra coloro che agiscono per l’autogoverno della Sardegna.
*Ricercatrice. Università di Cagliari
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I “Diritti Fondamentali” vengono prima del “pareggio di bilancio”
Sentenza della Corte Costituzionale: i “Diritti Fondamentali” vengono prima del “pareggio di bilancio”
La sentenza appena emessa dalla Corte Costituzionale nei confronti della Regione Abruzzo è destinata a far storia per quanto riguarda anche l’assetto della nostra Costituzione.
di Antonello Tinelli su L’Opinione pubblica.
Con la sentenza n.275/2016, in merito ad una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara per quanto concerne il servizio di trasporto scolastico dei disabili, la Corte ha riconosciuto che le garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere condizionato da motivi di bilancio.
Nella fattispecie, la Regione Abruzzo aveva negato in parte il finanziamento del 50% per il servizio trasporto degli studenti disabili alla Provincia di Pescara, in quanto l’articolo 6 comma 2-bis della legge regionale n.78 del 1978, aggiunto all’art.88 comma 4 del 2004, preveda l’erogazione “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa”.
Nella dichiarazione di illegittimità della suddetta legge, la Consulta scrive:
11.− Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.
La sentenza conferma ciò che da anni economisti e giuristi affermano inascoltati: la costituzionalizzazione (Governo Monti) del dogma liberista del pareggio di bilancio, e l’approvazione dei Trattati di Maastricht e Lisbona, si pongono in antitesi con i diritti fondamentali della nostra Carta costituzionale che pone l’economia al servizio dell’interesse pubblico.
Dopo la schiacciante vittoria del NO al Referendum, e alla luce della sentenza della Corte, le forze politiche che si sono battute per salvare la Costituzione dalla deforma Boschi-Renzi-Napolitano, dovrebbero iniziare una seria battaglia parlamentare al fine di abrogare l’attuale articolo 81.
Solo così, la Costituzione potrà ritornare a garantire integralmente i diritti sociali del popolo italiano.
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