Per non vanificare il risultato referendario. Attenti alle trappole!
La sedia
di Vanni Tola.
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Non è vero che riconoscono la sconfitta referendaria. Attenti che ci imbrogliano!
Diceva Giorgio Gaber nel testo “La democrazia”: “Il referendum è una pratica di democrazia diretta, non tanto pratica, attraverso la quale tutti possono esprimere il loro parere su tutto. (omissis). Ma il referendum ha più che altro un valore folcloristico simbolico. Perché dopo aver discusso a lungo sul significato politico dei risultati, tutto resta come prima, e chi se ne frega”. La mia non vuole essere un’analisi sul dopo referendum costituzionale, direi, piuttosto, l’espressione di alcune sensazioni inquietanti suggerite dalla lettura della rassegna stampa del giorno dopo. Attenzione che ci fregano o, quantomeno, che ci proveranno seriamente a farlo. Intanto direi che occorre prendere atto del fatto che Renzi non ha alcuna intenzione di lasciare la scena politica, né di rinunciare a portare avanti il suo progetto di riforme, costi quel che costi. Il suo annuncio notturno di dimissioni, a ben vedere, non ammetteva nessuna sconfitta, nessun errore strategico sostanziale. Era una lunga sequela di ottimi risultati politici conseguiti dal suo governo nei mille giorni. Sono gli altri che “non hanno capito” non loro ad aver sbagliato. Il PD, grande protagonista della scena politica principalmente per la consistenza numerica della rappresentanza parlamentare, non ha un progetto di reale cambiamento e di alternativa al renzismo. La cosiddetta sinistra interna anzi, appena ha cominciato a delinearsi la catastrofica sconfitta referendaria e di Renzi, si è affrettata a dichiarare che al segretario del partito non avrebbero chiesto le dimissioni dall’incarico, come sarebbe stato logico fare, e che per il congresso straordinario c’è tempo, meglio riflettere con calma sulla situazione. Tradotto, significa che non esiste al momento nel PD alcuna soluzione alternativa a Renzi. Movimento Cinque Stelle, Lega e Forza Italia, ciascuno a modo proprio, si intestano la vittoria del NO ed esercitano notevoli pressioni sul Presidente della Repubblica affinché si vada al più presto a elezioni anticipate. Ma tutti sanno che non è cosi semplice farlo. La legislazione elettorale è da rivedere, c’è da attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge elettorale vigente, è necessario stabilire uniformità legislativa tra Camera e Senato (ora che non è stato abolito), forse sarà necessario pensare a un nuovo quadro legislativo in materia di elezioni. Tutte cose che richiedono tempo, molto tempo. Non si intravvede alcuna ipotesi di alleanza possibile tra M5S, Lega e Forza Italia che possa creare a una sorta di “grossa coalizione” capace di guidare un nuovo governo. Ciascuna di queste forze politiche ha un proprio orizzonte strategico e poca o nessuna propensione al confronto o al compromesso con le altre. C’è poi il discorso del Patto del Nazareno, a mio avviso ancora vigente, e del progetto del “Partito della nazione” che resta la scelta strategica di Renzi e, ritengo, anche di Berlusconi. Nascono da tutto questo le sensazioni inquietanti del dopo referendum delle quali scrivevo in apertura. Il popolo ha parlato, ha dato sfogo al desiderio di difendere la Carta Costituzionale da stravolgimenti, ha espresso insofferenza per la politica di Renzi ma, ci sono tanti ma. Gli impegni urgenti e prioritari del Paese, indicati dal Presidente Mattarella, non possono attendere, le scadenze internazionali pure. Per modificare le leggi elettorali occorre del tempo, le elezioni immediate, ammesso che ci si arrivi, si potranno realisticamente tenere non prima di sei mesi o un anno e già molti dicono che, a questo punto, tanto vale attendere la scadenza naturale del 2018. Che cosa resterà dunque nelle mani di chi ha votato NO per cambiare qualcosa subito? Poco, molto poco. Presto, in mancanza di cambiamenti sostanziali e immediati, tornerà la rassegnazione. La consapevolezza che neppure una vittoria consistente nel pronunciamento referendario avrà prodotto alcun cambiamento concreto, determinerà nuovo spazio politico per un altro Renzi o per il populismo e la destra. Potrebbe accadere quindi che: “…. dopo aver discusso a lungo sul significato politico dei risultati, tutto resta come prima, e chi se ne frega”, come sottolineava Giorgio Gaber.
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DOCUMENTAZIONE. Il voto sardo comune per comune (da L’Unione Sarda online)
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