Povera Patria sarda!
Caro Pigliaru, non fingere di non capire, col sì tradisci la Sardegna e affondi l’autonomia regionale
di Andrea Pubusa, su Democraziaoggi.
(La Sardegna, se passa lo scasso Renzi, isolata e indifesa, sarà, come S. Sebastiano, esposta agli strali dei neocentralisti)
Un cattedratico, anche quando è in politica, dovrebbe sempre tendere al vero e, in nome di questa missione, lasciar perdere la propaganda spicciola. Pigliaru, invece, sembra dimenticare questo elementare dovere e si butta a capo fitto nella vulgata, secondo cui la deforma Renzi-Boschi-Verdini non depotenzia o, addirittura, rinforza le regioni speciali. Trae spunto da un editoriale di Michele Ainis, noto costituzionalista per il NO al referendum. Cosa ha scritto Ainis su Repubblica? Ha detto che la riforma Boschi trasformerà le cinque regioni a statuto speciale in una sorta di Regioni-Stato. “C’è – scrive Ainis – una norma, nascosta fra le disposizioni transitorie della riforma Boschi, che è più potente d`un cannone. Perché inventa la suprema fonte del diritto, superiore alla Costituzione stessa”.
(…) Il 9 ottobre 2015, ricorda Ainis, “il Senato approva l`emendamento 39.700, primo firmatario Karl Zeller, ovvero il presidente del Gruppo per le autonomie. Da qui il comma 13 dell`articolo 39, da qui la regola che vieta per tutti i secoli a venire di sforbiciare le competenze delle Regioni speciali, a meno che non siano loro stesse a decretarlo. Cambia infatti il procedimento di formazione degli statuti, dove per l`appunto s`elencano tali competenze: nel caso delle cinque Regioni ad autonomia differenziata, servirà una legge costituzionale adottata dallo Stato «sulla base di intese con le medesime Regioni»”.
E così, con la riforma Boschi per modificare, riformare i rapporti tra lo Stato e le regioni a statuto speciale, non basterà una semplice legge costituzionale, ma occorrerà una revisione costituzionale subordinata a un’intesa con le regioni a statuto speciale. Insomma, si tratta di una legge costituzionale rinforzata, da approvare previa intesa.
Cosa trae Pigliaru da questo editoriale? Esulta. E’ salva l’autonomia sarda! Anzi è potenziata! Ed ecco che gli si allunga il naso come Pinocchio perché sa che non è vero.
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Caro Francesco, può crescere un fiore vigoroso e bello se intorno si è creata terra bruciata? O detto in altri termini: può dispiegarsi pienamente l’autonomia speciale sarda se l’ordinamento generale ha una torsione decisamente accentratrice ed antiautonomistica? Perché Ainis, come del resto tutti i costituzionalisti, ammettono che la “clausola vampiro”, che consente al governo di avocare a sé ogni legge che ritenga d’interesse nazionale, ancorché spettante alla potestà legislativa regionale, in realtà espunge l’autonomia delle Regioni dal nostro ordinamento in violazione dell’art. 5 che impone alla Repubblica di “promuorle”. Così – contrariamente a quanto dice Renzi – si attacca e s’intacca anche uno dei principi fondamentali, espresso nella prima parte della Carta. Tu non puoi ricordare, per ragioni anagrafiche, la battaglia culturale e politica degli anni ‘50 e ‘60 di tutti gli autonomisti italiani ed anche di quelli sardi, che indicavano nella mancata realizzazione di un ordinamento generale a base regionale la causa dell’asfittica autonomia delle Regioni speciali e di quella sarda in particolare. Di quella battaglia ricordo le fasi finali, quando, appena laureato, iniziai a collaborare con Umberto Allegretti, che di quel movimento culturale fu attivo esponente in Sardegna, in collegamento con la Scuola di Feliciano Benvenuti della Cattolica di Milano. Ora, altro che 30 anni indietro!, con Renzi torniamo addirittura agli anni ‘50 e al triste ricordo della compressione delle cinque regioni speciali. Tu – come dicevo – per ragioni d’età non la ricordi, ma la conosci per acquisizione culturale. Anche tuo padre ha scritto pagine mirabili sull’autonomia e forse faresti bene a rileggerle in questi giorni di attacco alla Carta e al suo fondamentale principio delle autonomie locali, sancito nell’art. 5. Del resto non puoi non sapere che anche attualmente il procedimento di revisione dello Statuto è “rinforzato”: secondo l’art. 54, se l’iniziativa di modifica è statale, infatti, dev’essere richiesto un parere al Consiglio regionale; non solo, la Regione può indire un referendum consultivo dei sardi se le Camere in prima votazione approvano un testo contrastante col parere del Consiglio regionale. Non ci vuole molto a capire che è difficilmente ipotizzabile che un governo nazionale voglia andare ad uno scontro così aperto con l’Isola e i sardi. Tuttavia, questa procedura non ha impedito la compressione sostanziale della nostra autonomia, che sarà ancor più limitata quando l’ordinamento – se malauguratamente passasse lo scasso Renzi – assumesse un carattere dichiaratamente cetralista.
Caro Francesco, da politico tu tradisci la cattedra e la Sardegna anche sotto altro profilo. Ainis esprime un orientamento anti-specialità quasi generalizzato nella cultura costituzionale italiana, che comunque, negli esponenti democratici, tende – a mio avviso a torto – a omogeneizzare il regionalismo italiano elevando le Regioni ordinarie al livello di quelle differenziate. In fondo, la revisione del titolo V del 2001 a questo mirava e in qualche misura ha chiuso, anche se non del tutto, la forbice fra le regioni speciali e quelle ordinarie. Ainis, dunque, critica la deforma renziana per salvare le autonomie regionali, non per affossarle. In questa prospettiva mette in luce la contraddittorietà della presenza di Regioni speciali in un ordinamento dove il regionalismo viene in generale crocifisso. Ed infatti – ben lo comprendi – il passaggio ulteriore non è orientato verso il rafforzamento delle Regioni speciali; più probabilmente, esse, isolate e in ordine sparso, saranno il bersaglio, sul piano culturale e politico, degli attacchi delle forze neocentralistiche, che nello scasso Renzi-Boschi-Verdini vedono non l’assetto finale, ma la testa d’ariete per sovvertire ogni rimasuglio di autonomia territoriale. Come S. Sebastiano, la Sardegna sarà il bersaglio indifeso degli strali dei neocentralisti, che la piegheranno ai voleri centrali. Del resto, caro Francesco, tu già pratichi l’obiettivo, genuflettendoti al capo del governo, anche quando – come in questo caso – dovresti levare alta e chiara la voce a difesa dell’autonomia di Gramsci, Lussu, Dettori, Tittino e Mario Melis, e tanti altri, fra i quali, non ultimo, Antonio Pigliaru.
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