Dibattiti sulla Sardegna e su Cagliari in Sardegna
A Cagliari come a Roma, come a Wall Street, lo stesso pensiero, la stessa cattiva politica
di Massimo Dadea
By sardegnasoprattutto/ 20 ottobre 2016/ Società & Politica/
In Sardegna la cosiddetta riforma della Costituzione potrebbe portare alla cancellazione di diritti costituzionali che sono propri ed esclusivi dei cittadini sardi. Il nostro Statuto d’Autonomia rischia di essere spazzato via, e con esso il patto costituzionale che lega la Sardegna allo Stato italiano. La riscrittura del titolo V rappresenta una chiara svolta centralista. Ritornano in capo allo Stato competenze quali l’energia, l’ambiente, il paesaggio, i beni culturali; vengono eliminate le “materie concorrenti”.
Si introduce la “clausola di supremazia”, una norma ghigliottina che, in nome di un superiore “interesse nazionale”, fa prevalere la legge dello Stato su quella regionale. Significa che il governo nazionale potrà autorizzare trivellazioni, impianti fotovoltaici e termodinamici, inceneritori, a suo piacimento, infischiandosene delle proteste dei cittadini. Potrebbe persino decidere di localizzare in Sardegna il deposito delle scorie nucleari. Difronte a tutto questo il Presidente della giunta regionale di centrosinistra, sovranista e, pare, anche indipendentista, ha annunciato, orgoglioso, il suo SI’, convinto e incondizionato, al tentativo di stravolgere la nostra Carta Costituzionale.
A testimonianza che, per questo esecutivo e per questa maggioranza, parole come autonomia, sovranità e indipendenza, sono oramai parole vuote, suoni indistinti, privi di significato. Si dice anche che le regioni a Statuto Speciale sono escluse, almeno fino all’adeguamento dei loro statuti al nuovo dettato costituzionale. E’ del tutto evidente che si tratta di una furbata.
Quale possibilità di vincere avrebbe il fronte del SI’ se al corposo schieramento del No si aggiungessero le regioni a Statuto Speciale, assai poco disposte a rinunciare alle loro prerogative costituzionali? Come giustificare questo doppio regime istituzionale così fortemente differenziato? Perché lasciare in giro queste pericolose testimonianze di un decentramento che si vorrebbe cancellare? La verità è che all’indomani della vittoria del SI’, sulla spinta del consenso dato alla svolta centralista, le regioni a Statuto Speciale saranno spazzate via. Qualcuno dirà, ha ancora un senso battersi per una Autonomia ridottasi oramai ad un simulacro, ad una scatola vuota, priva di poteri?
Questa è una decisione che spetta prima di tutto ai cittadini sardi, dovranno essere loro a delineare quale forma istituzionale assumeranno le diffuse aspirazioni all’autodeterminazione e all’autogoverno. E’ certo comunque che il rilancio dell’idea autonomistica passa prima di tutto attraverso la sconfitta del SI: tertium non datur.
Senza indulgere ad uno stucchevole complottismo può essere utile chiedersi: da dove trae ispirazione la “riforma”? E’ figlia di un pensiero unico che propugna la verticalizzazione delle istituzioni, la centralizzazione dei livelli decisionali. Una struttura piramidale del potere che risponde ad un mantra: accentrare, concentrare, centralizzare. Una elaborazione sostenuta dalle grandi banche d’affari internazionali, dalle agenzie di rating: limitare la partecipazione popolare, puntare su esecutivi forti e su parlamenti deboli, modificare le Costituzioni nate dalla resistenza al nazifascismo perché contengono troppi elementi di socialismo.
Sono figli di questa concezione i trattati di libero scambio – il CETA e il TTIP con il Canadà e gli Stati Uniti – che di fatto esautorano gli Stati nazionali e la stessa Comunità Europea, a tutto vantaggio di organismi sovranazionali di natura privatistica. Un pensiero unico che si trasmette a cascata dal centro alla periferia.
La giunta regionale si è dimostrata tra le più ricettive. Alcuni esempi. La “riforma” della governance territoriale. Si cancellano le province e si accentra tutto nella Città metropolitana di Cagliari, con qualche briciola per la impalpabile Rete metropolitana di Sassari: tutto intorno il vuoto, il deserto. La “riforma” della sanità: si cancellano le otto ASL e si concentra tutto in un’unica ASL.
Una logica che, in nome dell’efficienza e del risparmio delle risorse, porterà ad una accelerazione dei processi di spopolamento e ad un impoverimento dei territori più deboli, a tutto vantaggio degli insediamenti urbani dove si concentrano maggiori investimenti, attività economiche e servizi essenziali. A Cagliari come a Roma, come a Wall Street, lo stesso pensiero, la stessa cattiva politica.
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In Sardegna quelli che…“contenti & compiaciuti”
di Andrea Sotgiu
By sardegnasoprattutto / 18 ottobre 2016/ Società & Politica/
Impressiona leggere le recenti interviste ad assessori e allo stesso presidente della Regione Sardegna. Se ne ricava che nell’isola esista un ceto padronale e feudatario a casa, gregario e subalterno oltre Tirreno; provinciale sempre, che si autorappresenta pienamente “contento & compiaciuto”.
La percezione che amici e parenti mi hanno sempre segnalato, condivisa da molti sardi, è diventata mia. Ho avuto la ventura di vivere in Sardegna per un periodo più lungo delle solite vacanze e dei frequenti fine settimana in una casa nel nord est, eredità di una nonna gallurese. Mi arrogavo un punto di vista ed uno sguardo più lucidi e più indipendenti di amici e parenti per le mie credenziali professionali e relazionali. Sono pertanto spesso intervenuto sugli accadimenti sardi cercando di non farmi condizionare dai loro giudizi.
Viverci però per mesi ridiscute il mio atteggiamento che talvolta forse è sembrato persino troppo critico. In realtà è stato fin troppo bonario ed oggi ho sentimenti contrastanti e posizioni certamente più dure, al limite dell’insofferenza.
Girare ed assistere ad iniziative, eventi, feste, o quotidianamente leggere i giornali e guardare le televisioni locali mi inducono ad essere più indulgente con alcuni sardi del passato, residenti fuori dall’isola, che se gli capitava di ritornare e risiedervi a lungo diventavano persino aggressivi. Ne sono rimaste tracce in articoli, saggi, romanzi. Intellettuali che non si nascondevano dietro le apparenze e che raccontavano la verità sui comportamenti di decisori ed in generale delle classi dirigenti. Che, evidentemente, continuano imperterriti
Non è che non volessero bene alla loro terra ma rimanevano piuttosto sconcertati non solo dai comportamenti ma anche da come venivano raccontati. Raramente capita anche oggi che qualcuno entri nel merito dell’interdipendenza tra chi gestisce il potere e chi lo rappresenta e racconta. L’atteggiamento dominante nell’isola tra chierici, di qualsiasi natura specie quelli della politica, è quella del tipo “contento & compiaciuto”. Sempre rivendicativi e revancisti. Mai una nota autocritica.
Tutti felicemente mimetizzati nella comune categoria neofeudataria che non comprende solo molti accademici, professionisti ed esponenti della politica – talvolta coincidenti- ma anche organizzatori di festival e di sagre dai titoli bizzarri. Un circo festoso e molto pubblicizzato perché a carico della Regione che attraverso sagre, pubblicità istituzionali, trasmissioni trasudanti bollini RAS, cerca il consenso.
Ma i temi sul tappetto ci sono tutti e tutti irrisolti. Quelli di sempre. Dalle politiche del lavoro a quelle dell’industria – in questa legislatura i relativi assessorati potevano essere anche aboliti – dal diritto allo studio a quello della salute in ogni sperduto borgo – col direttore unico ha ancora senso un assessorato regionale? -, dai trasporti al welfare e ai servizi alla persona di fatto inesistenti, ai rapporti con lo stato ed il governo – le vicende del Patto per la Sardegna o le esternazioni sul Sì del governatore denunciano ormai che autonomismo e sovranismo per questa maggioranza sono parole senza senso. Che dire della fuga dei giovani tra cui massicciamente universitari e laureati.
Un giunta povera di politiche e di concretezza ma ricchissima di annunci e di proclami, tavole rotonde e giri da un borgo all’altro. Mai un consuntivo su risultati. Meglio non proseguire ma le sue inconsapevolezza e distanza dalla realtà sono ben raccontate persino dall’invadente quantità di veline che occupano ogni spazio.
Auguri ai Sardi che in gran parte sono esclusi da tanta razza “contenta & compiaciuta”.
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DIBATTITO. Ripensare la città e il suo ruolo. Ma le dichiarazioni programmatiche del Sindaco Zedda non aiutano.
Zedda: dichiarazioni programmatiche, un’occasione persa
di Roberto Mirasola, su il manifesto sardo
E’ risaputo che Voltaire non sia stato propriamente un ammiratore del filosofo tedesco Gottfried Leibniz l’autore del “il migliore dei mondi possibili”, tanto che per confutarne le tesi, a suo parere troppo ottimistiche, scrisse il noto capolavoro Candide. Ecco, leggendo le dichiarazioni programmatiche del sindaco Massimo Zedda per il quinquennio 2016/2021 mi sono sentito un po’ Voltaire, ho anch’io provato stupore, perplessità di fronte a tanti buoni ma confusi intenti, non suffragati da nessuna analisi di fondo. Sta proprio in questo il limite delle prospettive politiche di questa giunta, un insieme di buoni intenti mancanti di un filo conduttore dal quale possa emergere un’idea di città.
Si parla, e tanto, di sviluppo economico sostenibile, di creare le condizioni per l’insediamento di imprese, di una crescita inclusiva che possa promuovere un’economia con alto tasso di occupazione, ma l’unico metodo che emerge dalla lettura è che la strada da seguire sia l’utilizzo dei vari fondi europei senza però indicare su cosa precisamente si debba puntare. Nessun accenno ad esempio al porto di Cagliari che invece può e deve essere un volano di sviluppo economico. Come più volte detto il porto di Cagliari va messo a sistema con l’economia locale in un’ottica di sinergia turistica e di sviluppo del sistema crocieristico con l’agroalimentare e la cultura. Non è chiaro, poi, se si vuole puntare sul piccolo commercio e rivalorizzare dunque il centro storico oppure sui grandi centri commerciali. Cosa si intende fare al riguardo?
Si parla di turismo ma l’unica strategia che si intende mettere in campo è quella di realizzare un infopoint nel nuovo terminal crociere. Si parla di promuovere Cagliari come location ideale per le produzioni cinematografiche dando seguito alla Film Commission Comunale, dimenticandosi che il Comune di Cagliari ad oggi non aderisce ancora alla Fondazione Sardegna Film Commission e dunque non entra nelle scelte strategiche. Al contrario servirebbe un atteggiamento attivo capace di attuare una vera e propria pianificazione. Puntare sui finanziamenti europei non è sufficiente se non si risolve ad esempio il dramma dei trasporti in Sardegna. Certo la competenza non è del Comune, ma sarebbe opportuno quantomeno porsi il problema.
E’ pensabile attrarre investimenti senza creare le condizioni necessarie? E’ pensabile sostenere l’imprenditoria con la sola previsione di ampliamento degli orari di apertura al pubblico degli Uffici? E del tessuto di cui hanno bisogno le imprese? E degli incubatori di impresa? Niente, silenzio assoluto.
Il capitolo iniziale è dedicato al ruolo della città metropolitana di Cagliari e, tra le altre cose, si dice che si deve garantire l’integrazione tra le diverse culture. Come farlo non è dato sapere, nelle 58 pagine non vi è nulla riguardo l’ immigrazione. Nessuna parola né su che modello si debba seguire per le politiche di immigrazione attiva né tantomeno su come si debba gestire la prima accoglienza, che a questo punto sarà inevitabilmente una continua emergenza. Solo che gli sbarchi ormai si protraggono da diversi anni e sarebbe anche ora di dare adeguate risposte. Probabilmente si intende proseguire sul comodo scarica barile delle competenze tra Prefettura, Amministrazione Comunale e Regione, dimenticando che il problema riguarda la città e che sempre di più crescono i malumori sociali. Sino a quando non si darà una risposta precisa alle esigenze dei quartieri periferici allora non potranno che aumentare gli episodi di intolleranza nei confronti dell’altro, del diverso.
E’ grave dunque la totale assenza di una strategia su come si intenda procedere per la lotta alla povertà nei quartieri come Is Mirrionis e San Michele perché non può essere sufficiente un generico rimando alle concrete azioni di riqualificazione sociale dei quartieri. Quali sarebbero queste concrete azioni non è dato sapere.
Proseguendo nella lettura l’attenzione cade sul consumo del suolo zero e sulle critiche rivolte al passato incremento dell’espansione edilizia. Ci si chiede allora come si può coniugare tutto ciò con l’intervento edilizio sull’area di oltre 11 mila metri quadri tra la via Bacaredda e San Rocco con tanto di variante al PUC.
Non mancano infine le note curiose e divertenti. Come non sorridere alla lettura della necessità degli interventi sulle strade con la relativa messa in sicurezza delle reti sottostanti inadeguate a reggere le mutate condizioni meteorologiche? Come non pensare alla pavimentazione saltata in via Garibaldi all’accenno delle prime piogge?
Il Candido di Voltaire fu costretto a lasciare il suo paese e a girovagare per il mondo. Purtroppo anche da noi iniziano a essere tanti, troppi coloro che lasciano la nostra città perché non hanno una prospettiva di futuro, speriamo dunque che le nostre critiche servano a far riflettere e siano di buon auspicio a comprendere la drammaticità dei tempi attuali che devono essere necessariamente governati.
Roberto Mirasola
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IL DIBATTITO
Ripensare la città. Senza la partecipazione popolare non c’è presente e futuro accettabili
- Oltre i festival, per una nuova alfabetizzazione. Ottavio Olita, su il manifesto sardo
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