Sardegna. “I limiti delle politiche meridionalistiche”

Federalismo e rilancio del Mezzogiorno e della Sardegna

di Lorenzo Bona

democraziaoggiDomani, venerdì 21 ottobre, alle ore 16, presso la sala della “Società operaia di mutuo soccorso” (Via XX settembre, n. 80 – Cagliari), Pietro Maturandi e Vittorio Dettori presenteranno il libro di Gianfranco Sabattini: I limiti delle politiche meridionalistiche. Il caso della Sardegna. Di seguito pubblichiamo una recensione del libro ad opera dell’economista dell’Ateneo Cagliaritano Lorenzo Bona.

Libro Sabattini ot16La casa editrice Tema ha recentemente stampato un volume intitolato “I limiti delle politiche meridionalistiche. Il caso Sardegna” che si rivolge a chiunque abbia una sensibilità sociale che lo porti a interrogarsi, non solo sull’origine e la persistenza del ritardo sulla via della crescita e dello sviluppo del Mezzogiorno, in generale, e della Sardegna, in particolare, ma anche sui possibili rimedi da adottare.
Autore del volume è Gianfranco Sabattini, autorevole economista sardo, noto anche per una non comune molteplicità di interessi di ricerca nel campo delle scienze sociali, capace di attraversare discipline diverse come la storia, la metodologia, la scienza politica, la sociologia e la psicologia sociale. - segue – Questa molteplicità di interessi si riflette nitidamente anche in questa sua nuova pubblicazione, dove si delinea un approccio interpretativo delle contraddizioni che hanno caratterizzato le misure di politica economica nelle regioni meridionali dell’Italia, dai giorni dell’unificazione nazionale sino a quelli nostri.
In particolare, l’approccio delineato dall’Autore si avvale di quella parte dell’economia chiamata neo-istituzionalismo, che punta ad estendere i confini tradizionali della scienza economica, concentrandosi sul ruolo delle regole legali e sociali, nonché sulla funzione dei codici informali del comportamento sociale. Questo approccio – diversamente da quello dell’economia standard – consente, ad esempio, di soffermarsi su concetti come quelli di fiducia, comunità e società per evidenziarne l’interconnessione, distinguendone però al contempo i confini in modo netto, e soprattutto utile a comprendere problematiche complesse, come quelle espresse dal divario sociale ed economico esistente tra il Nord e il Sud dell’Italia.
La tesi di Sabattini è che nelle misure volte a supportare la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno sarebbero stati trascurati due momenti strategici tra loro sequenzialmente connessi: la progettazione di una struttura sociale con nuove e più favorevoli motivazioni al cambiamento, e l’individuazione dei settori produttivi più adatti a ricevere stimoli funzionali per l’attivazione di dinamiche sempre più evolute della struttura economica. L’insufficiente consapevolezza della rilevanza di questi due momenti avrebbe caratterizzato sia il primo che il secondo meridionalismo, cioè sia le politiche meridionalistiche adottate dal 1861 al secondo dopoguerra, sia quelle attuate successivamente, a partire dalla fase di ricostruzione del Paese in poi.
Ricordando inoltre gli esiti dell’intervento straordinario del dopoguerra, interrotto poi solo all’inizio degli anni Novanta, Sabattini non manca di sottolineare i numerosi riflessi fallimentari di quegli esiti: ad esempio, il fatto che l’intervento si sia progressivamente burocratizzato, risultando progressivamente strumentale rispetto a logiche di cattura del consenso elettorale e a fare spazio a procedure di programmazione inidonee a promuovere dinamiche economiche pienamente favorevoli a migliorare le sorti del Mezzoguirno; é così che Sabattini solleva la domanda su cosa fare per favorirne la crescita e lo sviluppo.
Al riguardo la risposta di Sabattini è sostanzialmente incentrata sulla necessità di una riforma istituzionale ispirata ai principi del federalismo e a criteri di equità distributiva, così da favorire la formazione di un’autonoma soggettività meridionale, nell’ambito di una più ampia comunità nazionale. Una riforma che servirebbe a diminuire la distanza tra cittadini e istituzioni, a favorire una maggiore responsabilizzazione della amministrazioni locali e quindi a produrre un miglioramento della gestione delle risorse pubbliche.
È sulla base degli schemi d’analisi richiamati sin qui che Sabattini introduce profonde riflessioni sulla Sardegna, sottolineando che il modello di sviluppo attuato in questa regione rispecchierebbe tutti i limiti che hanno caratterizzato l’intervento messo in campo per l’intera area meridionale del Paese; nel senso che il modello cui l’intervento si ispirava, imperniato su politiche di industrializzazione forte e sulla costituzione di poli industriali ad alto rapporto capitale/lavoro, avrebbe puntato più al miglioramento del reddito disponibile per abitante, che del reddito prodotto attraverso l’aumentata efficienza nell’impiego dei fattori produttivi, mancando di creare stabili e crescenti opportunità occupazionali.
Per questi motivi Sabattini si fa proponente di un’urgente discontinuità rispetto al passato, da basare – per quanto riguarda la Sardegna – essenzialmente sull’avvio simultaneo di tre fasi. Una, di carattere economico, connessa alla riformulazione del modello di crescita e sviluppo in termini più aperti alla valorizzazione delle opportunità e delle attività produttive locali; un’altra, di tipo identitario, riguardante il recupero dell’identità storico-culturale delle comunità isolane; e una terza, di natura istituzionale, consistente nella riscrittura dello Statuto regionale per instaurare nuovi rapporti tra Stato e Regione e tra questa e i suoi enti locali, in un più vasto quadro federalista della struttura istituzionale dello Stato italiano, allo scopo di favorire la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali riguardanti il loro futuro.
Anche in questa prospettiva, in cui l’analisi positiva cede il passo alle linee di politica economica ed istituzionale, il volume di Sabattini è un prezioso quanto stimolante invito ad un approfondito ripensamento delle misure d’intervento sinora sperimentate, nella prospettiva di un più razionale approccio al problema del come supportare la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno e della Sardegna; tutto ciò, nell’ambito di una rinnovata comunità nazionale, più libera dai rischi di un eccessivo centralismo decisionale.

One Response to Sardegna. “I limiti delle politiche meridionalistiche”

  1. […] soccorso” Pietro Maurandi e Vittorio Dettori hanno presentato il libro di Gianfranco Sabattini, recensito su Democraziaoggi da Lorenzo Bona. Dopo un’introduzione di Antonello Angioni, neo direttore dell’Istituto Antonio Gramsci […]

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