Impegnati per il NO

NO NO NOOOAncora cinquanta giorni di lotta per dire NO ai nemici della Costituzione più bella del mondo.

di Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Tomaso Montanari, Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky.

Tra cinquanta giorni, il prossimo 4 dicembre, il Governo Renzi chiederà agli italiani: «volete contare di meno, volete meno democrazia, volete darci mano libera?».
Noi risponderemo di No. Perché non vogliamo contare di meno, non vogliamo meno democrazia, non vogliamo dare mano libera a questo, come a qualunque altro governo.
Una classe politica incapace e spesso corrotta prova a convincerci che la colpa è della Costituzione: ma non è così. A chi ci dice che per far funzionare l’Italia bisogna cambiare le regole, rispondiamo: noi, invece, vogliamo cambiare i giocatori.

Questa riforma non abbatte i costi della politica: fa risparmiare 50 milioni l’anno (non 500 come dice il Presidente del Consiglio, mentendo), che è quanto gettiamo ogni giorno in spesa militare. Come possiamo credere alla buona fede di un governo che sottrae somme enormi al bilancio pubblico permettendo alla Fiat (ma anche all’Eni, controllata dallo Stato) di pagare le tasse in altri paesi, e poi viene a chiederci di fare a brandelli le garanzie costituzionali per risparmiare un pugno di soldi?

Questa riforma non abolisce il Senato: che continuerà a fare le leggi seguendo numerosi e tortuosi percorsi. Quella che viene abolita è la sua elezione democratica diretta: il Senato farà la fine delle attuali provincie, che esistono ancora, spendono denaro pubblico, ma sono in mano ad un personale nominato dalla politica, e non eletto dal popolo.

Questa riforma consentirà a una maggioranza gonfiata in modo truffaldino dalla legge elettorale su cui il governo Renzi ha chiesto per ben tre volte la fiducia di scegliersi il Presidente della Repubblica e di condizionare la composizione della Corte Costituzionale e del CSM.

Questa riforma attua in modo servile le indicazioni esplicite della più importante banca d’affari americana, la JP Morgan, che in un documento del 2013 ha scritto che l’Italia avrebbe dovuto liberarsi di alcuni ‘problemi’ dovuti al fatto che la sua Costituzione è troppo «socialista». Quei ‘problemi’ sono – nelle parole di JP Morgan –: «governi deboli; stati centrali deboli rispetto alle regioni; tutela costituzionale dei diritti dei lavoratori; il diritto di protestare se cambiamenti sgraditi arrivano a turbare lo status quo». Matteo Renzi dice che il suo modello politico è Tony Blair, il quale oggi percepisce due milioni e mezzo di sterline all’anno come consulente di JP Morgan. E la domanda è: a chi giova questa riforma costituzionale, ai cittadini italiani o agli speculatori internazionali?

Ma negli ultimi giorni anche osservatori legati alla finanza internazionale stanno iniziando a farsi qualche domanda. Il «Financial Times» ha definito la riforma Napolitano-Renzi-Boschi «un ponte che non porta da nessuna parte». La metafora è particolarmente felice, visto che la campagna referendaria di Renzi è partita con la resurrezione del Ponte sullo Stretto, di berlusconiana memoria.

E in effetti c’è un forte nesso tra la riforma e le Grandi Opere inutili e devastanti: il nuovo Titolo V della Carta è scritto per eliminare ogni competenza delle Regioni in fatto di porti, aeroporti, autostrade e infrastrutture per l’energia di interesse nazionale: e spetta ai governi stabilire quali lo siano.

Così il disegno si chiarisce perfettamente: lo scopo ultimo della riforma è umiliare e depotenziare la partecipazione democratica. Sarà il Presidente del Consiglio e il suo Governo, quali che essi siano oggi e domani, a decidere dove fare un inceneritore o un aeroporto: senza possibilità di appello. È la filosofia brutale dello Sblocca Italia: mani libere per il cemento e bavaglio alle comunità locali. Il motto dello Sblocca Italia è lo stesso della Legge Obiettivo di Berlusconi: «Padroni in casa propria». Un motto dalla genealogia dirigistica che ben riassumeva l’idea di poter disporre del territorio come padroni.

Ebbene, nel Mulino del Po di Riccardo Bacchelli un personaggio dice che la sua idea di buongoverno è che «tutti siano padroni in casa propria e uno solo comandi in piazza». Non è questa la nostra idea di democrazia: è a tutto questo che, il 4 dicembre, diremo NO.

(15 ottobre 2016, da MicroMega)
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NO SARDEGNA
Referendum, Pubusa a Soddu: “Annullare la scheda aiuta il Sì, vota No anche tu”, su SardiniaPost
(SardiniaPost) Da Andrea Pubusa, avvocato, giurista e professore ordinario di diritto Amministrativo all’università di Cagliari, riceviamo e pubblicato questa lettera. È una risposta alla proposta dell’ex presidente della Regione, Pietrino Soddu, sul referendum costituzionale del 4 dicembre. Soddu ha invitato i sardi a riflettere sulla possibilità di “annullare la scheda scrivendo ‘Sardegna’”, con l’obiettivo di portare la questione isolana di nuovo al centro del dibattito nazionale. Così in un’intervista pubblicata nei giorni scorsi da Sardinia Post (leggi qui).*

Caro Pietrino,

non sarò certo io a stigmatizzare le azioni di resistenza civile, ma ti pare che il 4 dicembre si possa annullare la scheda, seppure scrivendo “Sardegna”, mentre i vertici istituzionali sardi i presidenti della Regione e del Consiglio regionale, Pigliaru e Ganau, baciano senza vergogna la pantofola di Renzi, segretario e capo del governo! Sono certo che se potessimo interpellare Renzi in persona sulla tua proposta, la approverebbe senza esitazione e con entusiasmo, perché quei voti annullati esprimono una protesta che sottrae voti al NO.

Caro Pietrino, non è vero che il NO e il Sì sono uguali. D’accordo con te, “per la nostra Isola non è più tempo di limitarci a difendere la specialità autonomistica”. D’accordo anche sulla necessità di un salto verso il federalismo all’interno dello Stato unitario Italia, ma questo salto è favorito da una sterzata neocentralista e autocratica?

Caro Pietrino, tu stesso ammetti che l’annullamento delle schede destinate al No, aiuta il Sì. E lo spieghi con la tua abituale lucidità, quando dici che la riforma Renzi-Boschi non ti piace. “Allo stato attuale – affermi – io sono più orientato verso il No. Mi ritrovo sulle posizioni di Onida, Zagrebelsky e De Siervo, tutti ex presidenti della Consulta, costituzionalisti che conosco direttamente e coi quali ho lavorato, anche a Sassari, dove hanno insegnato. Ne condivido l’analisi sulla mutazione inopportuna dell’architettura complessiva che, attraverso il combinato disposto con l’Italicum, configura uno Stato centralista con più ridotti spazi di democrazia. Il che si tradurrebbe pure in un difficile esercizio dei valori di uguaglianza, libertà e solidarietà”.

E allora? Allora, se sei federalista e sei “convinto del fatto che la specialità autonomistica non sia più l’assetto migliore” e sei convinto che la proposta Renzi-Boschi, come tu stesso dici “allontana e rifiuta questa prospettiva, perché umilia i regionalismi a scapito di un maggiore e inaccettabile neocentralismo”, non puoi pensare a gesti clamorosi, devi dire NO.

In vista del 4 dicembre molti i sovranisti sardi si sono già organizzati col comitato #BallaCaNo, pur partendo da presupposti simili ai tuoi ed anzi più radicali.

Caro Pietrino, alcune decine di migliaia di schede con la scritta Sardegna non farebbero notizia, verrebbero sommerse nel mare dei commenti sul risultati generale. farebbe più notizia se Pigliaru, anziché fare il servo sciocco di Renzi, dicesse un tondo NO, con le tue motivazioni. Se, invece, vince il Sì, il tuo generoso anelito verso nuovi spazi di sovranità sarebbe schiacciato da un concreto e duro neocentralismo, come tu stesso dici.

La Sardegna non sarebbe più forte ma più isolata. Pensaci a mente fredda, rifletti sulla capitolazione vergognosa dei vertici della Regione sarda, nella loro genuflessione al potere centrale e centralistico e ti convincerai che una tua dichiarazione per il NO sarebbe il gesto più clamoroso di protesta verso questa capitolazione dei nostri vertici nella Regione di Lussu, Gramsci, di Dettori, Cardia e di Pietrino Soddu. La vera reazione clamorosa a questa calata di braghe di Pigliaru, Ganau & C. C. è che il 4 dicembre in Sardegna le urne si riempiano di un mare di NO.

Con immutata stima,
Andrea Pubusa
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QS e bronzetto GLoy
* anche su Democraziaoggi.democraziaoggi loghetto
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L’Editoriale di lunedì 17 ottobre 2016
Oltre i festival, per una nuova alfabetizzazione.
Ottavio Olita su il manifesto sardo n.224
Libro SP Is Mirrionis ca

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