Impegnati per il NO

sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
NO NO NOOOReferendum Costituzionale: Le ragioni del NO spiegate in un intervento di Raniero La Valle (pubblicato dalla rivista Micromega).

Raniero La Valle 3Un saggio di Raniero La Valle non può certamente essere riassunto o condensato, deve assolutamente essere letto integralmente e con la dovuta attenzione. Lo sforzo del lettore sarà però ampiamente ripagato dalla chiarezza espositiva e dallo spessore culturale del ragionamento che La Valle sviluppa in modo articolato e coerente, tale da far comprendere le reali motivazioni politiche che hanno portato alla necessità di questa riforma costituzionale.

Mi limiterò pertanto a elencare brevemente i punti cardine del saggio di Raniero La Valle che costituiscono l’asse portante dalla sua indicazione a favore del NO al referendum. A parere di Raniero La Valle la situazione attuale è caratterizzata da una serie di fenomeni di grande importanza. I movimenti di migranti nel mondo, sessantadue milioni tra profughi, perseguitati e fuggiaschi, in giro per il mondo alla ricerca di una nuova vita. Qualcuno dice che nel 2050 i trasmigranti saranno 250 milioni.
E’ in corso una terza guerra mondiale non dichiarata, ma che fa vittime in tutto il mondo. Aleppo, la Siria, l’Iraq, l’Afganistan, la Palestina, da cinquant’anni prigione di un popolo nella propria terra. Fallisce il G20 ad Hangzhou in Cina. I grandi della terra non riescono a indurre neppure un ragionevole cessate il fuoco in Siria, per soccorrere la popolazione civile bombardata dagli aerei dei belligeranti. I Grandi della Terra: “ Non sanno che fare per i profughi, non sanno che fare per le guerre, non sanno che fare per evitare la catastrofe ambientale, non sanno che fare per promuovere un’economia che tenga in vita sette miliardi e mezzo di abitanti della terra, e l’unica cosa che decidono è di disarmare la politica e di armare i mercati, di abbattere le residue restrizioni del commercio e delle speculazioni finanziarie, di legittimare la repressione politica e la reazione anticurda di Erdogan in Turchia e di commiserare la Merkel che ha perso le elezioni amministrative in Germania”. L’Europa vede messa in crisi la sua stessa esistenza e non soltanto per l’uscita della Gran Bretagna dal consesso UE ma anche, direi soprattutto, perché si sta rivelando inconsistente il progetto stesso di Europa unita che non è finora riuscita ad andare oltre una discutibile unione monetaria. Il referendum costituzionale, presentato dai sostenitori del Si come il rimedio universale per tutti i mali dell’Italia, nasconde una verità differente che ci porta a darne una lettura in un contesto più ampio di quello territoriale italiano, referendum come espressione di un processo geopolitico in atto, guidato da grandi centri di potere internazionale, all’interno dei quali l’Italia e Renzi hanno un ruolo di pedine da manovrare, di collaboratori ubbidienti e sottomessi che devono facilitare i processi in atto. Quella che c’è raccontata dal Governo sarebbe quindi una verità di facciata. Il Referendum non servirebbe per risparmiare sui costi della politica. Non servirebbe per risparmiare sui tempi della politica, non assicurerebbe maggiore stabilità politica. - segue -
Seguendo una serie di “indizi” Raniero La Valle afferma che il referendum non è soltanto un fatto produttore di effetti politici, è un evento rivelatore della vera lotta in atto nel mondo e di quale sia la posta in gioco in un contesto geopolitico molto ampio.
L’impegno “appassionato” del Presidente emerito Napolitano, ma soprattutto un documento della banca J.P.Morgan del 2013, forniscono qualche indizio interessante per comprendere la realtà e le dinamiche in atto. A parere della J.P.Morgan e del gruppo di potere che rappresenta, le Costituzioni adottate in Europa (e ritenute socialiste) presenterebbero quattro importanti difetti ragionando in una logica di capitalismo avanzato: “ a) una debolezza degli esecutivi nei confronti dei Parlamenti; b) un’eccessiva capacità di decisione delle Regioni nei confronti dello Stato; c) la tutela costituzionale del diritto del lavoro; d) la libertà di protestare contro le scelte non gradite del potere”.
Prima ancora c’era stato il programma avanzato dalla Commissione Trilaterale, formata da esponenti di Stati Uniti, Europa e Giappone e fondata da Rockefeller, che aveva chiesto un’attenuazione della democrazia ai fini di quella che era allora la lotta al comunismo. E la stessa cosa vogliono ora i grandi poteri economici e finanziari mondiali, tanto è vero che sono scesi in campo i grandi giornali che li rappresentano, il Financial Times ed il Wall Street Journal, i quali dicono che il No al referendum sarebbe una catastrofe come il Brexit inglese. E alla fine è intervenuto lo stesso ambasciatore americano che a nome di tutto il cocuzzaro ha detto che se in Italia viene il NO, gli investimenti se ne vanno.
Le richieste avanzate dai centri di potere internazionali sono state integralmente accolte e incorporate nella riforma costituzionale oggetto del referendum. Se vincesse il Sì alla riforma, sarebbe, infatti, drasticamente indebolito il potere del Parlamento per dare più potere all’Esecutivo, sarebbe limitato o scomparirebbe il potere di controllo del Senato sul lavoro del Parlamento. Il potere esecutivo sarebbe padrone del calendario dei lavori parlamentari. Il rapporto di fiducia tra il Parlamento e il governo sarebbe vanificato, oltre che dalla sostanziale assenza del Senato, anche dal fatto che, con la nuova legge elettorale, l’esecutivo potrà esercitare il proprio potere semplicemente ottenendo la fiducia di un solo partito, quello che con l’Italicum avrebbe la maggioranza assoluta pur non avendo avuto una maggioranza particolarmente consistente dagli elettori. Per la verità il governo Renzi non è stato con le mani in mano, si può perfino affermare che si sia portato avanti con il lavoro anche prima di progettare la riforma costituzionale. I diritti del lavoro
sono stati già compromessi dallo Jobs Act, il rapporto tra Stato e Regioni ha subito un rovesciamento che rilancia il centralismo illimitato, nuove procedure renderanno più difficili le forme di democrazia diretta come i referendum o le leggi d’iniziativa popolare, e quindi ci sarà una diminuzione della possibilità per i cittadini di intervenire nei confronti del potere. Il governo Renzi quindi non si limita a realizzare un semplice progetto di riforma della Costituzione vigente, porta avanti il disegno di un’altra Costituzione, organica e funzionale alle direttrici dei potentati economici internazionale e al loro progetto di rilancio del capitalismo avanzato e del liberismo illimitato e incontrollato. Appare curioso ciò che riferisce La Valle a proposito di una dichiarazione di Prodi. Interrogato sul suo voto referendario Prodi ha dichiarato: ”non mi pronunzio perché se no turbo i mercati e destabilizzo l’Italia in Europa”. Considerato che Prodi non è certamente un politico incompetente e disinformato e neanche uno sconosciuto in ambito europeo, se ne può dedurre che la questione della riforma referendaria non è una questione italiana bensì una questione che riguarda l’Europa. Una questione che potrebbe turbare i mercati, cioè qualcosa che ha a che fare con la lotta per nuovi assetti geopolitici mondiali.
Dalla Guerra del Golfo del 1991 comincia a delinearsi un processo di ridefinizione del regime capitalistico internazionale sempre più fondato sul governo del denaro e lo sviluppo dell’economia che ha dato origine a uno scontro in atto tra i potentati economici mondiali ancora in atto, del quale la globalizzazione diffusa e i grandi accordi internazionali (vedi TTIP e altri) sono un’importante componente. Questi ultimi aspetti devono necessariamente essere approfonditi con la lettura dell’intero saggio di La Valle. A Lui lasciamo le conclusioni: “La nuova Costituzione è la quadratura del cerchio. Gli istituti della democrazia non sono compatibili con la competizione globale, con la guerra permanente, chi vuole mantenerli è considerato un conservatore. Il mondo è il mercato; il mercato non sopporta altre leggi che quelle del mercato. Se qualcuno minaccia di fare di testa sua, i mercati si turbano. La politica non deve interferire sulla competizione e i conflitti di mercato. Se la gente muore di fame, e il mercato non la mantiene in vita, la politica non può intervenire, perché sono proibiti gli aiuti di Stato. Se lo Stato ci prova, o introduce leggi a difesa del lavoro o dell’ambiente, le imprese lo portano in tribunale e vincono la causa. Questo dicono i nuovi trattati del commercio globale. La guerra è lo strumento supremo per difendere il mercato e far vincere nel mercato.
Le Costituzioni non hanno più niente a che fare con una tale concezione della politica e della guerra. Perciò si cambiano. Ci vogliono poteri spicci e sbrigativi, tanto meglio se loquaci.
E allora questa è la ragione per cui la Costituzione si deve difendere. Non perché oggi sia operante, perché è stata già cambiata nel ‘91, e il mondo del costituzionalismo democratico è stato licenziato tra l’89 e il ’91 (si ricordi Cossiga, il picconatore venuto prima del rottamatore). Ma difenderla è l’unica speranza di tenere aperta l’alternativa, di non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale, è la condizione necessaria perché non siano la Costituzione e il diritto che vengono messi in pari con la società selvaggia, ma sia la società selvaggia che con il NO sia dichiarata in difetto e attraverso la lotta sia rimessa in pari con la Costituzione, la giustizia e il diritto”
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