Migranti. Verso il Dossier Statistico Immigrazione 2016

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Il Centro Studi e Ricerche IDOS con la rivista Confronti
hanno programmato per il 27 ottobre 2016
la presentazione del “Dossier Statistico Immigrazione 2016”

Questi i punti affrontati nella introduzione al Dossier Statistico Immigrazione 2016:
- Nel 2015 è apparentemente stazionario il livello della presenza straniera in Italia: 5.026.153 residenti (aumento di sole 12mila unità rispetto all’anno precedente);
- Ma non è mancata una notevole movimentazione. 250mila stranieri sono stati registrati in anagrafe in provenienza dall’estero, mentre 178mila residenti sono diventati cittadini italiani, poco più di 6mila sono morti e a molti disoccupati di lungo periodo non è stato rinnovato il permesso di soggiorno;
- Nel 2015, inoltre, sono sbarcate in Italia 153.842 persone, tra richiedenti asilo e migranti economici e si è accentuata tra gli italiani la “sindrome dell’invasione”;
- Tuttavia, secondo le proiezioni demografiche dell’Istat, nell’ipotesi media (quella più realistica) per garantire l’equilibrio demografico della popolazione in diminuzione (-150mila persone nel 2015), si deve considerare che i nuovi ingressi di cittadini stranieri (solo in parte destinatari a tradursi in soggiorni stabili) non si collocano al di sopra di queste previsioni;
- Sussiste la necessità di valorizzare al meglio le nuove presenze a livello formativo, occupazionale e sociale, impegno quanto mai funzionale alla fase di ripresa dell’economia;
- Fin da ora, però, sembra possibile realizzare un’accoglienza sul territorio più diffusa dei nuovi arrivati, attraverso un coinvolgimento strutturale anche delle famiglie, devolvendo loro parte dei fondi destinati per l’accoglienza e favorendo un più fruttuoso e molteplice processo di inte(g)razione sociale.

Segue l’introduzione al “Dossier”

Dossier Statistico Immigrazione 2016: statistiche e prospettive controcorrente
Introduzione del Centro Studi e Ricerche IDOS e della rivista interreligiosa “Confronti”

A cura di Ugo Melchionda, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos
Claudio Paravati, direttore della rivista interreligiosa “Confronti”

Il Dossier Statistico Immigrazione 2016 propone, come di consueto, i dati principali sul fenomeno migratorio in Italia, che aiutano a superare i luoghi comuni troppo spesso diffusi. Tali dati, desunti da archivi ufficiali, sono stati elaborati e commentati dall’équipe interna al Centro Studi e Ricerche IDOS in collaborazione con la redazione della rivista Confronti e con la rete dei redattori regionali del Dossier e di oltre un centinaio di autori. Anche quest’anno è stato fondamentale il supporto del Fondo Otto per Mille della Chiesa Valdese.
La tesi di fondo della nuova edizione, avvalorata dai dati, evidenzia che l’immigrazione non è una questione ormai superata, né una “invasione”, come alcuni paventano, ma un fenomeno sociale importante di cui occorre tenere conto proprio a partire dai dati statistici.
Alla fine del 2015 la popolazione straniera in Italia è rimasta pressoché invariata rispetto all’anno precedente: 5.026.153 residenti, con un aumento di appena 12mila unità. Si tratta, però, di una immobilità solo apparente. Nelle anagrafi comunali sono stati registrati 250mila cittadini stranieri in arrivo dall’estero (lo stesso numero dell’anno precedente), un livello equiparabile ai grandi flussi degli emigrati che lasciavano l’Italia negli anni ’60. Inoltre, nel 2015 sono stati 72mila i nuovi nati da genitori entrambi stranieri (circa un settimo di tutte le nascite registrate nel paese).
Se è mancato un corrispondente aumento dei residenti stranieri registrati nelle anagrafi, ciò dipende dal fatto che nello stesso periodo ben 178mila stranieri sono diventati cittadini italiani, portando il numero complessivo degli italiani di origine straniera a circa 1 milione e 150mila. È inoltre presumibile che anche nel 2015, considerato il non brillante andamento occupazionale, siano stati molti i nuovi disoccupati non comunitari a cui non è stato rinnovato il permesso di soggiorno, con il conseguente obbligo di lasciare il paese.
Nel periodo 2011-2065, secondo lo scenario più probabile ipotizzato nelle proiezioni demografiche curate dall’Istat, la dinamica naturale in Italia sarà negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite e 40 milioni di decessi) e quella migratoria con l’estero sarà positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi e 5,9 milioni di uscite). Per la prima volta nel 2015, infatti, la popolazione complessiva residente nel paese è in calo di 150mila unità (gli italiani erano in calo già negli anni precedenti) e questa tendenza peggiorerà, trovando un parziale temperamento nei flussi dall’estero e nelle nascite che ne conseguono. L’Istat ha ipotizzato, a partire dal 2011, un livello iniziale di migrazioni nette con l’estero superiore alle 300mila unità annue (livello superiore agli ingressi attuali), per discendere sotto le 250mila unità annue dopo il 2020, pervenendo ad un livello di 175mila unità annue nel 2065. Quindi, si sta verificando quanto per l’Italia è stato ritenuto funzionale da un punto di vista demografico.
Purtroppo, favorisce un atteggiamento di chiusura la considerazione che, rispetto al passato, i flussi attuali, per lo più composti da profughi, non sono programmati. In realtà, una programmazione efficace è mancata anche nel passato, come attestano le sette regolarizzazioni varate (1986, 1990, 1995, 1998, 2002, 2009, 2012) e le misure adottate dai Decreti flussi annuali, per molti versi equiparabili ad altrettante regolarizzazioni di fatto. Guerre, contrapposizioni politiche interne, disastri finanziari, cause naturali, persecuzioni di varia natura: sono tante le cause delle migrazioni. Venirne a capo è difficile e, anche se si può e si deve fare meglio a livello internazionale e nazionale, a poco servono le schermaglie politiche. Preso atto che, da una parte gli arrivi dei profughi sono andati fortemente incrementandosi e che, dall’altra, dal 2012 non sono state più varate le quote di ingresso per lavoro per non comunitari, è tempo di iniziare a considerare anche i nuovi venuti come persone da inserire nel mondo del lavoro, facendosi carico del bilancio delle loro competenze e di adeguate strategie formative e occupazionali.
Al 30 agosto 2016 si è trattato di 107.089 persone giunte via mare in Italia a partire dal primo gennaio dello stesso anno, a cui si aggiungono i 153.842 sbarcati nel 2015 e i 170.100 nel 2014, per un totale di 431.031 persone approdate negli ultimi 30 mesi. Dei nuovi arrivati, a fine agosto 2016, solo 145.900 risultano ospiti del sistema nazionale di accoglienza (e di essi 111.061 presso i centri straordinari delle diverse regioni e solo gli altri presso lo Sprar).
C’è un’altra obiezione, spesso ricorrente: il costo dell’accoglienza. Roberto Garofoli, capo Gabinetto del Ministro dell’Economia, presentando all’Accademia dei Lincei il “Libro dell’anno del Diritto 2016”, ha precisato che per i nuovi arrivati nel 2015 sono stati spesi 3,3 miliardi di euro, il doppio degli anni precedenti. Una cifra considerevole, probabilmente non destinata a diminuire. A tale riguardo è stato ipotizzato in ambito sociale che, oltre al coinvolgimento dei centri specializzati, in particolare quelli che fanno parte dello Sprar, l’accoglienza, per assumere un carattere ordinario, possa ricorrere anche al coinvolgimento strutturale delle famiglie, dando un seguito effettivo alle ipotesi sperimentali finora condotte. In questo modo una parte delle spese sostenute andrebbe direttamente a favore delle famiglie stesse (opportunamente selezionate e preparate), ma soprattutto ne deriverebbero per i nuovi arrivati benefici a livello di vitto e di alloggio, di pratica dell’italiano e di conoscenza del contesto, oltre che, per entrambe le parti coinvolte, occasioni preziose di convivenza e conoscenza.
Del resto, molte Regioni e Comuni hanno già sperimentato forme di inserimento dei rifugiati e dei richiedenti asilo in attività sociali a favore della comunità ospitante (con modalità e ipotesi, a volte controverse, che vanno dal volontariato al servizio civile): una prospettiva che, se accompagnata da un’adeguata formazione civica, professionale e linguistica, con l’opportuno coinvolgimento del terzo settore e delle organizzazioni religiose, potrebbe avviare un’integrazione efficace, replicabile in vari contesti territoriali.
Questi sono solo alcuni dei dati e delle riflessioni che è possibile trovare nel Dossier Statistico Immigrazione 2016: leggendolo, queste e molte altre informazioni su immigrati, rifugiati e richiedenti asilo potranno essere utili a scoprire quanto si può ancora fare insieme a loro, per una società aperta e partecipata.
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Dossier Statistico Immigrazione 2016: statistiche e prospettive controcorrente
Introduzione del Centro Studi e Ricerche IDOS e della rivista interreligiosa “Confronti”

Ugo Melchionda, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos
Claudio Paravati, direttore della rivista interreligiosa “Confronti
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Riferimenti
Centro Studi e Ricerche IDOS
via Arrigo Davila, 16
00179 Roma
tel.: 06.66514345 int. 1 o 2
Fax: 06.66540087
www.dossierimmigrazione.it

One Response to Migranti. Verso il Dossier Statistico Immigrazione 2016

  1. […] Correlato con l’editoriale, pubblichiamo due interventi sulla questione dei migranti apparsi in questi gioni su Democraziaoggi. Riproponiamo al riguardo anche un nostro intervento datato 22 marzo 2016, che ci sembra mantenga (purtroppo) validità rispetto alla situazione migranti. Infine condividiamo un appropriato commento di Francesco Cocco, sempre su Democraziaoggi, che riportiamo integralmente. Francesco Cocco, 12 Settembre 2016 su Democraziaoggi Due interventi stimolanti sia quello di Franco Sabattini sia quello quello del direttore di Democraziaoggi. La soluzione la indica Sabattini a conclusione del suo articolo: stabilizzarli nei loro paesi d’origine pena la catastrofe. Non si può porre soluzione a questo esodo biblico con forme di carità pelosa o con interventi di becero affarismo come giustamente sostiene Andrea. Si stanno cominciando a delineare grossi problemi di ordine pubblico che col tempo possono diventare irrisolvibili. L’Occidente ha gravi responsabilità verso il terzo mondo ed oggi se ne deve far carico anche perchè quei popoli non hanno solo diritto ad un’assistenza caritatevole ma soprattutto a realizzare la loro soggettività storica e loro identità nelle terre d’origine. Quel che sta accadendo è in linea col più speculativo e cieco capitalismo non certo con gli interessi del popolo dei migranti. […]

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