Referendum costituzionale: le ragioni del NO
Renzi, referendum, Europa: parla Paolo Maddalena, Corte Costituzionale
Ad Affaritaliani il Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale
Che ne pensa del referendum costituzionale e di come è stato gestito dalle parti, in particolare da Palazzo Chigi?
Innanzitutto occorre dire che la revisione costituzionale non giova alla popolo italiano ma alla finanza, e cioè alle multinazionali ed alle banche. La campagna per il referendum confermativo è stata gestita in modo menzognero dai sostenitori del SI’. Basti pensare che non si tratta di una semplice revisione della Costituzione ma della trasformazione della forma di governo, da una forma parlamentare ad una forma cripticamente presidenziale; che è assolutamente falso che ci sia una riduzione dei costi, se si tiene presente che la ragioneria generale dello Stato ha parlato di 51 milioni, un risparmio risibile di fronte ad un debito pubblico di 2.300 miliardi ed oltre di Euro, e che comunque non si giustificherebbe mai a carico del più importante organo dell’ordinamento democratico, e cioè il Parlamento; infine è assolutamente falso che la revisione costituzionale produca un’abbreviazione per la procedura di approvazione delle leggi: per convincersene è sufficiente leggere le 17 pagine della revisione costituzionale pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dalle quali si evince che tutte le leggi possono passare all’esame del Senato mentre lo stesso Senato ha l’obbligo di intervenire sulle leggi che hanno ad oggetto 12 materie diverse con 12 diverse procedure; e le lungaggini non finiscono qui poiché i prevedibilissimi contrasti tra Camera e Senato dovrebbero essere risolti dai presidenti delle due Camere ed in caso di disaccordo dalla Corte Costituzionale con un allungamento di almeno un anno e mezzo.
Quanto al comportamento dei sostenitori del NO occorre rilevare che è necessario scuotere la generale indifferenza per questi problemi con un argomento forte, esplicitando cioè il fatto che questa riforma, come tutte le leggi di Renzi, come il TTIP, come il CETA, e come molti regolamenti e direttive europee (vedi da ultimo il bail-in) sono tutte a favore della finanza e contro gli interessi del popolo.
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Pensa che questa riforma costituzionale sia stata ispirata da qualcuno soprattutto a livello internazionale? I mercati ne hanno veramente bisogno per ripartire?
Certamente è stata ispirata dalle lobby internazionali. E’ stata diffusa dalla stampa una chiara richiesta della J.P. Morgan in ordine all’abolizione delle costituzioni antifasciste degli Stati del sud Europa del dopoguerra. Questa modifica, che segue le linee suicide dell’economia neoliberista, opponendosi alle leggi economiche naturali del keynesianesimo, mira a distruggere l’economia reale, ad accentrare la ricchezza nelle mani di pochi, a condurre i popoli alla miseria e, infine, ad evitare qualsiasi forma di ripresa economica.
I mercati non ne hanno bisogno perché questa riforma non serve per far ripartire l’economia ma per affossarla. Si tratta di mercati nelle mani di lobby che perseguono solo l’accentramento della ricchezza.
Rapporto governo Renzi/lobby: qual è la sua opinione?
C’è uno stretto legame tra questo Governo e le lobby, in particolare con la J.P. Morgan.
Cosa servirebbe al paese per rilanciarsi sul serio, sia a livello di riforme economiche politiche che sociali?
Servirebbero grandi opere pubbliche di risanamento dell’equilibrio idrogeologico del Paese e di messa in sicurezza del patrimonio immobiliare con l’applicazione delle norme antisismiche, in modo da distribuire ad una larga fascia di lavoratori le ingenti somme di denaro pubblico in modo che i lavoratori vadano ai negozi, i negozi alle imprese, e le imprese assumano e producano. Ci sarebbe un ritorno all’economia keynesiana produttrice di beni reali e si eviterebbe l’attuale affermazione del neoliberismo che crea prodotti finanziari, e cioè una ricchezza fittizia, tutta nelle mani di pochi speculatori che riducono alla miseria intere popolazioni.
Qual è e quale dovrebbe essere il ruolo dell’Europa?
I ruolo dell’Europa dovrebbe essere quello di costruire gli stati uniti d’Europa su un piano di parità e non un’Europa nella quale domina la Germania e tutti gli altri stati sono sottomessi. E ciò avviene perché l’Euro è moneta debole rispetto al Marco, ed è moneta forte rispetto alla Lira, per cui è facile per la Germania avere un surplus commerciale, cui corrispondono i deficit dei Paesi del sud Europa, surplus commerciale che raggiunge il 9% del PIL tedesco e che la Germania si guarda bene dal pubblicizzare violando così i trattati che impongono ad ogni Stato di non superare il 6% di avanzo commerciale nei tre anni.
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