Difendiamo la Costituzione. Impegno totale per il NO nel referendum costituzionale
L’altra sera al banchetto per il NO con Zedda e gli altri candidati sindaco…
di Andrea Pubusa, su Democraziaoggi
L’altra sera al banchetto per il NO di via Garibaldi, mentre gli uomini e le donne del Comitato del No e dell’Anpi raccoglievano le firme e dialogavano coi passanti, ecco avvicinarsi la Martinez con alcuni del M5S. Solidarizza con i raccoglitori di firme e annuncia l’impegno del M5S di fare altri banchetti, loro sono per il NO dalla prima ora. Poi con noi, fin da subito, finita la campagna elettorale, è venuto a raccogliere le firme Pino Calledda, fresco di elezione al Consiglio comunale.
Ma ecco che mentre si chiacchiera con la Martinez e Calledda, arriva Massimo Zedda. E’ una visita non annunciata, ma non sembra casuale. Max, che non si è pronunciato in campagna elettorale, vuol dare un segnale di interesse. La visita è ovviamente gradita ed è auspicabile che ora il Sindaco assumma una posizione chiara per il NO, in sintonia con la posizione di SEL. Comprendiamo che il rapporto col PD a Cagliari impone qualche prudenza nelle forme, ma, essendo un’allenza fondata sulla reciproca autonomia, è importante che il sindaco di SEL si esprima pr la difesa della nostra Carta. Attendiamo fiduciosi eventi.
Sarà un caso? Ma è passato al banchetto anche Piergiorgio Massidda, cordiale come sempre, ha confermato il suo NO alla schiforma, che, invero, aveva già espresso durante la campagna elettorale. Ha anche detto, fra lo scetticismo dei presenti, di non essere di destra ma di centro, e dunque il suo NO non è una ritorsione contro Renzi, ma frutto di una valutazione di merito del testo. Anche lui ha affermato di voler procedere ad una raccolta di firme fra i suoi sostenitori.
Perché parliamo di questi incontri? Perché queste visite ai nostri banchetti dicono che noi del NO non siamo isolati, ma che semmai la solitudine è di Renzi e della Boschi, cui non giova l’abbraccio con Verdini. Elezioni amministrative docent, Napoli docet!
Il fronte del NO è ampio e pieno di bella gente, libera e allegra per la tranquilla coscienza. Vedo tristura in quei sostenitori del Sì, che furono accesi avversari della schiforma Berlusconi-Bossi nel 2006. Non sanno come giustificare il loro voltafaccia. Il testo attuale è uguale o perfino peggiore di quello battuto al referendum giusto di dieci anni fa. Pensate ai vari Ciarlo, Demuro, Guido Melis e al buon Sitzia, che addirittura fu presidente del Comitato per il NO a Cagliari. Oggi arrancano con motivazioni forzate. Dieci anni fa tuonavano contro l’aspirazione autoritaria dell’ormai ex cavaliere, oggi la stessa pretesa di Renzi è giustificata con l’esigenza di governabilità. Ieri, mettevano in guardia dal neocentralismo di B., oggi dicono che è bene ridimensionare l’autononia regionale perché la classe politica locale è pessima. Ma, di grazia, non sono loro stessi e i loro amici di partito a sgovernare in periferia? E non sono questi che vogliono mettere nel nuovo Senato? E poi il PD a livello nazionale fa meglio? E quando avranno più poteri e meno controlli a Roma perché dovrebbero d’incanto diventare buoni e virtuosi governanti? Non è più probabile che, senza contrapesi, divengano più arroganti? Quando li lasci senza via d’uscita intonano in coro un ritornello un po’ stonato: ”E’ una cagata, ma meglio di niente…“, questo è il pensiero più ripetuto in questi giorni da quelle parti. In realtà, questi grandi intenditori di istituzioni pensano che l’autoritarismo è brutto se è praticato dagli altri, è bello se lo fai tu. No se lo fa Berlusconi, Sì se lo pratica Renzi e il suo codazzo di dignitari. Sciagurati! Son convinti di prendersi il Paese col 20% del consenso degli elettori, grazie all’Italicum, ma se a vincere saranno gli altri? Non sempre si può vincere, diceva, saggiamente, una canzonetta di tanti anni fa. E se a vincere sarà una forza della nuova destra che cresce in molte parti d’Europa? Cosa ne pensano i nostri antiautoritari a corrente alternata? Le Costituzioni e le leggi elettorali si fanno per durare nel tempo e valgono per tutti, anche per le forze eversive. Hitler non si è preso la cancelleria con le elezioni? Ma forse gli intellettuali già del NO, ora del Sì, temono il lanciafiamme di Renzi. Si schierano perché soggiogati dai diktat del segretario-presidente o per essere in regola al cospetto del suo occhiuto apparato di controllo? Si dice che Renzi li stia interpellando uno per uno: o dite pubblicamente sì oppure sarete inceneriti, questo è il messaggio. Sembra di tornare al tempo della caccia alle streghe o del maccartismo! E così vediamo molti pensatori di area PD abdicare alla loro libertà di giudizio, al loro essere intellettuali, che anzitutto significa essere liberi. A chi di loro è giurista, basterebbe la lettura del “nuovo” articolo 70 per prendere le distanze dalla revisione votata da Renzi-Boschi-Verdini. E’ sufficiente la formulazione del testo, senza esaminare il merito, che è pessimo, per capire che la Costituzione più bella del mondo, esempio di eccelsa tecnica giuridica e di mirabile appropriatezza linguistica, tanto da vincere il premio Strega nel 2006, non può essere imbrattata ed offesa con innesti immondi sul piano letterale, prima ancora che su quello dei contenuti.
Amici miei, ne vale la pena? Non vi viene il dubbio di aver sbagliato cavallo? Siete saliti sul treno dell’innovazione e vi trovate in un vagone blindato. E per di più il monito elettorale di domenica vi dice che a ottobre il trombettiere toscano ha molte probabilità di perdere la tromba. Ma voi perdete molto di più.
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Se la sinistra non mette al centro il lavoro
di Mario Sai
il manifesto EDIZIONE DEL 09.06.2016
PUBBLICATO
8.6.2016, 23:58
Le città, che sono i luoghi delle grandi trasformazioni, in cui dal basso premono coloro che sfuggono alla miseria e dall’alto trionfa la grande ricchezza, sono anche i luoghi dove con più evidenza si manifesta la forza o la debolezza delle culture politiche. Per questo meriterebbe una discussione approfondita il voto di Roma, dove si affronteranno al ballottaggio una erede di Casaleggio ed un erede di Pannella.
Al fondo sono ambedue espressione di quella trasformazione delle culture politiche caratterizzata dalla affermazione delle libertà individuali e delle relazioni di comunità; dal rifiuto della mediazione politica e dei partiti in nome della immediatezza dell’agire sociale e della democrazia diretta dei cittadini; dal rovesciamento del vecchio sistema di potere, ma dal mantenimento della struttura economica e produttiva. Si deve distribuire meglio la ricchezza, contro l’1% dei super ricchi, ma il governo delle imprese deve rimanere ai tanti grandi e piccoli Marchionne ed il lavoro autonomo deve stare al centro della scena politica e sociale con le sue rivendicazioni contro i “privilegi” dei lavoratori sindacalizzati.
Radicali e Pd hanno esultato per l’abolizione dell’art 18 e per la messa ai margini del sindacato; il M5S ha fatto opposizione più per tenere alto lo scontro con il governo che per convincimento , essendo il suo programma economico tutto centrato sulla piccola e media impresa e la sua politica sociale sul reddito di cittadinanza. Ciò che manca, nella contesa tra vecchi e nuovi ceti medi, tra la ferocia dei manipolatori delle paure e l’inconcludenza del politically corret, è una sinistra che sappia misurarsi con la catastrofe che in questi anni ha colpito il lavoro.
Sono cresciuti impoverimento, incertezza nel futuro, declassamento, in particolare per gli operai. Si sentono scivolare in basso anche gli impiegati ed una parte del lavoro autonomo, mentre liberi professionisti, imprenditori e ceti medi affluenti affollano l’ascensore sociale. Da ciò sono venute potenti ripercussioni culturali e politiche, che la sinistra dei movimenti, come del resto la sempre più esangue socialdemocrazia, non ha più saputo interpretare. Fuori moda il conflitto capitale-lavoro, nell’ebbrezza del fare per progredire o nella felicità della decrescita, non c’è stato più spazio per i diritti dei lavoratori, messi nel grande mare degli ultimi, di cui si può occupare un Papa “comunista”.
La sinistra dei movimenti non si è mai interrogata del perché un operaio può essere iscritto alla Fiom e votare Lega Nord o M5S, come non sa capire perché se non c’è Sanders gli operai americani potrebbero votare Trump o del perché in Francia, se alle lotte non ci sarà sbocco , chi ha fatto sciopero con la Cgt potrebbe votare Marine Le Pen. L’orizzonte rimane, per tutte le forze politiche da destra a sinistra, la “crisi della classe media” che fa scrivere nello stesso giorno dei risultati elettorali al Corriere delle Sera che a pagare le tasse in Italia sono non i lavoratori dipendenti e i pensionati, ma soprattutto coloro che hanno un reddito da 50.000 euro in su e alla Repubblica che per colpa dei sindacati, della loro idea di garantire con i contratti uguale remunerazione per uguale lavoro, si vive peggio a Milano che a Ragusa e, perché no, a Reggio Emilia che a Reggio Calabria.
Non c’è da stupirsi che questo isolamento, questo continuo sentirsi messi ai margini, generi in chi lavora, rincorrendo la produttività o sopravvivendo nella precarietà, rabbia, abbandono della politica, astensionismo, protesta, a cui la sinistra dei movimenti non sa cosa proporre, se non qualche tardiva parola di condivisione per poi tornare a litigare intorno al magro bottino del 4% dei voti; a proporre un nuovo nome a un vecchio ceto politico.
Si tratta di mettere mano a un lungo lavoro di ricostruzione culturale e di promozione sociale , di formare una nuova generazione politica che voglia il cambiamento dello stato di cose presente e sappia come farlo , insomma una “sinistra del lavoro”, che difenda la Costituzione non tanto e solo per le garanzie democratiche, che con le riforme il governo vuol manomettere, ma perché essa stabilisce le condizioni per la promozione a classe di governo dei lavoratori.
La nostra carta vincente!
Ieri (venerdì 10) al nostro banchetto di via Garibadi si è avvicinato un distinto signore, anziano, ma non diciamo l’età, il quale ha così esordito: “Siete del Comitatp per il referendum costituzionale? Sapete io sono contento di questa riforma di Renzi”. Noi siamo democratici e parliamo con tutti, anche quelli che si professano per il Sì e pensavamo di avere a che fare con uno di questi. Ma il signore, sorprendendoci, ha così continuato: “Sapete perché? Perché questa volta Renzi l’ha fatta proprio grossa e prenderà una bella batosta, tale da farlo scomparire dalla scena politica. Sa – ha continuato il simpatico (a questo punto molto simpatico) signore – io sono stato un socialdemocratico saragatiano e non posso sopportare un personaggio messo da chi sa chi (ma io lo so: l’ex presidente della Repubblica) a distruggere quanto di buono è stato fatto nel nostro Paese. Perciò firmo subito sia contro la legge elettorale sia contro la sciagurata riforma, che sono sicuro non passerà! Siamo dalle stessa parte!”.
Beh! Sono soddisfazioni. La raccomandazione che ne viene è che noi militanti per la Costituzione nella nostra attività dobbiamo essere aperti, inclusivi, dialoganti, costruttivi… nello spirito che caratterizzò i nostri costituenti nella ricostruzione della Repubblica nata dalla Resistenza! Questo è il messaggio che molti, moltissimi giovani comprendono e condividono con anziani e meno anziani. E’ la nostra carta vincente! (Franco Meloni, Comitato per il NO)
[…] del Sindaco Zedda verso la candidata sindaco dei 5 stelle Antonietta Martinez e perfino la sua “visita” al banchetto della raccolta-firme del Referendum contro l’Italicum e la r…, possono essere lette come interesse a lasciare aperte ipotesi diverse da quelle che Renzi vuole […]