… è difficile trovare parole per ciò che ci accade intorno, mi sono domandato spesso come avranno vissuto il dramma dell’olocausto i comuni cittadini che loro malgrado ne sono stati testimoni senza poter cambiare il corso della storia. Noi viviamo oggi la stessa situazione, purtroppo.

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di Vanni Tola

Un cimitero d’acqua per migliaia di persone. I corpi spiaggiati come balene che hanno perduto la rotta.

Ancora morti nel Mediterraneo. Notti insonni, risvegli all’alba. La paura di accendere la televisione e la radio sapendo che certamente è già accaduto o sta per accadere. L’ennesimo naufragio. Ieri i morti erano circa quattrocento, trecento individui “però” sono stati salvati. Oggi “soltanto” trecentocinquanta, molte donne e bambini. Però, cercano di rassicurare le autorità, il numero complessivo di sbarchi non è aumentato, sono aumentati “soltanto” i morti. Ieri il mare ha riportato sulla spiaggia i corpi di centinaia di donne e bambini. I governanti si incontreranno nuovamente, non ora e subito, ma soltanto a fine mese per programmare il niente, per continuare a disquisire sulla differenza tra disperati che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni di feroci dittature e altri disperati che fuggono “soltanto” da fame e miseria. Ci spiegano che i primi si chiamano “profughi” e vanno in qualche modo accolti e collocati da qualche parte, i secondi invece, vanno rispediti nei luoghi di provenienza dai quali sono fuggiti attraversando il deserto e poi il mare e riuscendo ad arrivare vivi sulle nostre spiagge. Ti senti male per rabbia e impotenza. La mente vorrebbe indirizzare lo sguardo altrove, rimuovere questo angosciante problema, indurci a pensare che, in fondo, non è colpa nostra, che non siamo anche noi responsabili di ciò che accade e delle vicende politiche, economiche e sociali che hanno determinato questa tragica migrazione. “Se questo è un uomo”, si domandava qualcuno in altro contesto comunque analogo. “Restiamo umani” diceva qualcun altro riferendosi ad altra analoga tragedia umanitaria. Diciamo alle nostre menti di non distogliere il pensiero indirizzandolo altrove, dirigiamo lo sguardo sulle drammatiche immagini che documentano ciò che accade e fissiamole nella nostra memoria. Operiamo con tutte le nostre forze per porre fine a questo sterminio. Guardiamo le foto dei corpi spiaggiati come balene che hanno perduto la rotta. Un giorno i nostri figli e i nostri nipoti ci domanderanno dove eravamo e che cosa abbiamo fatto per impedire che tutto ciò accadesse. E per allora dovremo avere una risposta da dare.
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