Partecipare è necessario, ad esempio, dicendo NO al referendum costituzionale
di Gavino Dettori, Comitato per il NO di Cagliari, su Democraziaoggi
Il potere (o governo nei paesi democratici) è stato ed è ancora gestito dai potentati economici, che riescono a carpire il consenso dei cittadini con false promesse di apertura alla democrazia. Si! False promesse, perché i potentati economici farebbero a meno del consenso se fossero liberi di agire per conservare e gestire le risorse di cui si sono appropriati. Ma nel mondo libero e globale devono avere la certezza che i loro prodotti possano essere consumati dalla massa dei cittadini, e scongiurare ogni possibile contestazione. Così le democrazie si sminuiscono, tentando di restringere gli spazi partecipativi a livello istituzionale. Le “mani libere“ di Berlusconi fanno scuola, ed anche il governo Renzi non sembra esente da questa smània autoritaria, che in nome dell’efficientismo propone una legge elettorale e modifiche alla Costituzione in quella direzione, dando spazio, nelle nomine dei rappresentanti nelle istituzioni a persone nominate dai vertici politici, piuttosto che espressioni diretta dei cittadini. Per scongiurare questo pericolo, bisognerà partecipare attivamente alla diffusione delle informazione sulle motivazioni per votare NO al REFERENDUM costituzionale, che i comitati sociali di base stanno proponendo.
Sta di fatto che vivere in democrazia crea un certo torpore partecipativo. Si ha fiducia che le libertà che si conoscono non potranno mai venire meno, per cui è anche comodo starsene nel privato a curare i fatti personali. Il sistema d’altronde ha tanto esaltato la nostra individualità, concedendo a quasi tutti un briciolo di bene da custodire al quale ci si illude di legare la nostra esistenza. Così siamo inconsciamente chiusi in noi stessi, e deleghiamo ad altri la cura dei fatti collettivi, di cui si ha coscienza diffusa che non siano di nessuno. Basta vedere il mancato rispetto che si ha dello spazio pubblico: le strade, le scuole, l’ambiente, il territorio in generale. Salvo poi accorgerci che i nostri delegati si sono corrotti, ed oltre alle ruberie ci hanno sfasciato il “giocattolo”, portandoci in uno stato di povertà e annullando il valore di quello illusorio bene al quale avevamo legato le nostre speranze di vita.
Così ci siamo accorti che il rifugio nel privato non ci garantisce la protezione del bene economico e neanche la libertà, e gli spazi di democrazia. La cura insita nel sistema di proteggere ed esaltare il privato, considerandolo come spazio di costruzione e protettore di libertà, non ha funzionato. Le disuguaglianze prodotte sono tali che il mondo si è impoverito, concentrando le ricchezze nell’ 1% della popolazione mondiale, pari a quella posseduta dal 99%, tale da mettere in crisi l’intero sistema. Aumenta la disoccupazione perché il lavoro, l’apporto umano nel lavoro, è valutato solo in termini di profitto e non come contributo corale all’accrescimento collettivo del benessere sociale.
Questa è la causa della mancata partecipazione dei popoli alla gestione dei beni pubblici.
Mi viene in mente quanto si diceva quando ancora giovane mi avvicinavo alla politica, quando i partiti politici erano strutturati in sezioni dove i militanti respiravano l’aria dell’impegno per la costruzione e la critica delle problematiche sociali. La militanza era la chiave della salvaguardia della democrazia. Non bisognava mai abbassare la guardia nella sorveglianza del delegato, che doveva essere pungolato nell’esercizio del suo impegno, con proposte innovative legate alle esigenze della popolazione, nonchè esercitare un continuo controllo sul suo corretto operare. Quella che poteva sembrare una fatica, era invece un momento di corale e sentita partecipazione alla vita. Cosa voleva dire, stare al bar o in sezione! Anche in sezione si poteva giocare a carte, ma anche ci si allenava a praticare democraticamente gli spazi sociali e la loro gestione politica. Era l’interesse alla cura e gestione del bene di tutti, inquadrandolo in una visione di una giusta società che ci animava e valorizzava il nostro impegno, trasformando il sacrificio con una ricompensa in una visione e aspirazione migliore del domani.
I REFERENDUM sulle modifiche alla COSTITUZIONE sono l’occasione per rinforzare la partecipazione, dicendo NO alla svolta autoritaria che si vuole imprimere alla nostra democrazia.
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Anche a Cagliari si è costituito il Comitato per il NO al referendum. Si riunisce ogni mercoledì in via Alagon 30 alle 19. Ora sta organizzando per il 12 la partecipazione presso la Sala del Banco di Sardegna di viale Bonaria ad una Conferennza del Prof. Federico Sorrentino, costituzionalista della Sapienza, sulla portata delle modifiche costituzionali Renzi-Boschi-Verdini. Da molte parti ci si chiede cosa fare e cosa dire nella campagna referendaria. Ecco alcune istruzioni per l’uso.
Referendum costituzionale: istruzioni per il NO
di Alfiero Grandi
Il governo sta preparando una campagna di propaganda martellante e molto costosa – che temo pagheremo tutti noi – per convincere le elettrici e gli
elettori al sì..
La nostra risposta non può che essere quella di fare appello ai cittadini, alla loro partecipazione, al loro contributo. Già oggi la concentrazione di
appoggio mediatico al governo è enorme. Dobbiamo reagire, chiedendo l’aiuto di tutti. Chiederemo a tutti gli organi di garanzia di fare il loro
mestiere, non solo durante la campagna elettorale ma a partire da subito, pretendendo parità di diritti anche a chi ha, come noi, una posizione
contraria già nell’avvio della campagna per il no e per la raccolta delle firme per abrogare le norme della legge elettorale.
Cercheremo con le forze che abbiamo, intellettualmente brillanti ma finanziariamente modeste, di reagire. Molti aderenti stanno chiedendoci di
affinare gli slogan elettorali, di semplificare il messaggio ed è giusto provarci, rispondendo colpo su colpo.
A chi dirà che sono stati tagliati i posti in parlamento dovremo rispondere che è stato ignorato un ddl nato proprio nel Pd che proponeva con meno parlamentari complessivi un equilibrio numerico accettabile tra camera e senato, senza mantenere l’attuale bicameralismo perfetto. Il Senato invece è
ridotto da queste modifiche costituzionali ad un ectoplasma, con ben 10 modalità di partecipazione ai compiti legislativi (alla faccia della semplificazione) come ha calcolato il prof. Azzariti, con componenti che non verranno eletti e quindi non risponderanno agli elettori e questo – come ha detto più volte il prof. Pace – contraddice i “principi supremi” della Costituzione. Il Senato avrà componenti che non avranno né il tempo, né la voglia di svolgere i compiti loro assegnati perché sono stati eletti per fare i sindaci e i consiglieri regionali e dedicheranno il tempo libero all’attività parlamentare.
L’elettività diretta di tutti i parlamentari è un principio fondamentale inderogabile. Il futuro Senato inoltre non avrà mai i numeri sufficienti per
garantire un minimo di effettiva rappresentanza politica e malgrado questo eleggerà due giudici costituzionali, interverrà sugli altri organi di garanzia
costituzionale e per di più dovrebbe rappresentare le autonomie locali e le Regioni, per ironia della sorte: proprio quando vengono ridotti i loro poteri.
Un autentico pasticcio e un grande imbroglio.
A chi dirà che diminuiranno le spese per la politica ricorderemo che spendere meno in questo caso è spendere peggio perché il Senato diventerà una sorta di dopolavoro di lusso, mentre la Camera dei deputati, unico organo che darà la fiducia al governo, resterebbe esattamente come è ora, con la differenza di fondo che il suo ruolo è ribaltato rispetto al governo.
Infatti ora è il parlamento che decide (o dovrebbe farlo) gli indirizzi politici e il governo è un esecutivo che ne attua le leggi, in futuro grazie
ai meccanismi di modifica della Costituzione ci sarà oltre a un accentramento dei poteri nel governo anche una subalternità della Camera al
governo che ne decide l’agenda, sommando all’uso smodato dei decreti legge la possibilità per il governo di obbligare la Camera ad approvare entro 75
giorni i suoi provvedimenti di legge.
In realtà la Costituzione cambiata da Renzi avrà al centro il governo, renderà subalterno il parlamento, influenzerà in modo pesante tutti gli organi di garanzia e le autonomie che la Costituzione nata dalla Resistenza ha previsto per impedire che l’Italia potesse slittare verso l’uomo solo al comando.
Il sindaco d’Italia o il premierato forte, non ha molta importanza la definizione, è esattamente un uomo solo al comando, per di più rafforzato dall’essere anche il leader del partito di maggioranza e quindi determinante nella nomina di fatto dei parlamentari. Se le modifiche della Costituzione andassero in porto e questa legge elettorale restasse in vigore; malgrado i ricorsi a raffica presentati nei tribunali dei capoluoghi dal gruppo di avvocati guidato da Felice Besostri e l’iniziativa referendaria per abrogare 2 punti salienti della legge elettorale, il futuro governo potrebbe decidere di abusare dell’enorme premio di maggioranza per completare il percorso delle modifiche istituzionali.
Non ci è sfuggito che importanti Banche di affari abbiano chiesto esplicitamente all’Italia come agli altri paesi europei di abbandonare le
Costituzioni democratiche nate dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Anche se noi dobbiamo mantenere una capacità di argomentazione e dobbiamo ribattere punto per punto nel merito è chiaro che i messaggi di fonte
governativa tenderanno alla semplificazione. Quindi dobbiamo impegnare noi stessi e soprattutto farci aiutare da chi ne ha le competenze, chiedendo a
tutti coloro che sono in grado e vogliono farlo di aiutarci a rispondere con immagini efficaci. Padellaro domenica scorsa ha messo il dito nella piaga,
ma non basta che figure che consideriamo amiche ci dicano quali sono i nostri limiti, in parte almeno li conosciamo già, occorre che ci aiutino sapendo che allo stato non abbiamo neppure le risorse per commissionare progetti e tanto meno per acquistare spazi sui media.
Ci rivolgiamo a tutti: aiutateci a fare meglio, non limitatevi a contemplare i nostri limiti, sono in gioco la Costituzione, la qualità della democrazia italiana e questo riguarda tutti. La democrazia si esercita parteggiando nelle scelte di fondo e ci auguriamo che tanti capiscano che in questo caso occorre più che mai parteggiare e occorre farlo come scelta gratuita, perché noi non avremo mai i mezzi che altri stanno mettendo in campo. Saremo forti
se sapremo mobilitare le energie disponibili, se faremo sentire importanti le persone, contando sulle loro energie, sulla loro intelligenza e volontà di partecipazione e riscatto.
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