La Confederazione Sindacale Sarda all’Eurallumina: sospendete tutto!
Il sindacato sardo chiama la Regione a rispondere della continuità dell’inquinamento a Porto Vesme da parte di una società che la Procura indaga per danni ambientali. Il documento di denuncia del segretario Giacomo Meloni.
Confederazione Sindacale Sarda
SINDACADU DE SA NATZIONE SARDA – SINDACATO DELLA NAZIONE SARDA
Spett.le Servizio SAVI
Assessoradu de sa defensa de s’ambiente
Regione Autonoma de Sardigna 09123 Casteddu
difesa.ambiente@pec.regione.sardegna.it
e p.c. Spett.le Gestione Commissariale Ex Provincia di Carbonia- Iglesias Area dei Servizi Ambientali, Ufficio I.P.P.C. Via Argentaria, 14 09016 Iglesias ambiente.provcarboniaiglesias@legalmail.it
Oggetto: osservazioni relative al progetto di Valutazione di impatto ambientale per il “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme”.
Il sottoscritto Giacomo Meloni(…), in qualità di Segretario Generale della Confederazione Sindacale Sarda-CSS-, Sindacato della Nazione Sarda – fondato nel 1985, con sede in Cagliari, CAP 09123, nella Via Roma n.72, in nome della CSS e per suo conto, esaminati i documenti pubblicati, presso il Servizio delle valutazioni ambientali (SVA) dell’Assessorato regionale della Difesa dell’ambiente, l’istanza di Valutazione di impatto ambientale (VIA), corredata della relativa documentazione, per il “Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)”.relativi all’ampliamento del bacino fanghi rossi (BFR) ed alla costruzione della nuova centrale di cogenerazione proposto da Eurallumina/EuralEnergy, con il contributo delle indicazioni fornite dallo staff legale e tecnico che abitualmente collabora con la CSS nell’attività propositiva e di denuncia a favore della Collettività, con questo documento illustra le proprie osservazioni, ai sensi dell’art.6, comma 9 della DGR 34/33 del 7.08.2012, invitando il servizio SVA ed in particolare il comune di Portoscuso e tutti gli Enti preposti al rilascio di pareri ed autorizzazioni a tenerle in debito conto in fase di valutazione ed autorizzazione del progetto. Le osservazioni che seguono, in parte analoghe a quelle presentate in data 15 giugno 2015 per la centrale (per quanto non integrato/chiarito), sono di diversi ordini e riguardano: A) l’affidabilità imprenditoriale del Gruppo Proponente, il concorso finanziario pubblico alle iniziative ed i margini operativi di Eurallumina. B) le carenze progettuali e conoscitive. C) le incongruenze con la pianificazione D) gli aspetti finanziari ed economici E) la centrale di cogenerazione.
- segue –
A) AFFIDABILITA’ DEL PROPONENTE E PROSPETTIVE DI CONTINUITA’
I requisiti di idoneità ed affidabilità del Proponente sono una condizione essenziale per il rilascio dell’autorizzazione. Eurallumina in passato, purtroppo ha più volte mancato agli impegni assunti e si è resa responsabile di presunti reati ambientali ed in particolare: per limitare le emissioni insopportabili di SO2, ha progettato e realizzato, in parte con risorse pubbliche (Fondi del Piano di Risanamento), l’impianto Sumitomo, senza di fatto ottenere risultati apprezzabili in termini di emissioni; nel 2004, a fronte della minaccia di chiusura dello stabilimento, Eurallumina ha ottenuto dal comune di Portoscuso e delle autorità Regionali l’assenso per l’ampliamento del bacino fanghi rossi per ben 14 milioni di mc (non è dato a sapere se c’è stata una quota di contributo pubblico), a fronte dell’impegno di garantire l’attività per almeno 20 anni, in deroga ad una precedente delibera comunale che poneva il divieto a nuove discariche sul territorio. Tre anni dopo l’entrata in esercizio del primo lotto di ampliamento ha iniziato la fase di fermata dell’impianto, disattendendo, fino ad oggi, gli impegni presi circa le misure di compensazione. Una gestione spesso “disinvolta” degli impianti ha comportato gravi criticità per il territorio e danni ambientali gravi per i quali la Magistratura è intervenuta anche con il sequestro del Bacino Fanghi Rossi. Per tali reati, in data 25/11/2015, la Dirigenza aziendale è stata rinviata a giudizio per disastro ambientale e smaltimento di rifiuti pericolosi. Tutto ciò non depone certo a favore dell’affidabilità dell’azienda. Chi ci garantisce che alla prima occasione avversa: 1) la nuova centrale non diventi un impianto energetico a carbone fine a se stesso, cofinanziato dal pubblico, senza ricadute sul territorio (max. 28 occupati previsti)?; 2) il BFR (Bacino Fanghi Rossi) diventi un’altra cattedrale nel deserto (se costruito). Va ricordato che la costruzione della centrale precede cronologicamente quella dell’ampliamento del bacino, per cui condizioni del mercato dell’allumina avverse, intervenute nel frattempo, potrebbero consentire la costruzione della centrale e giustificare la mancata ripresa produttiva della raffineria. Si chiede di conoscere quali garanzie di ripresa e di continuità produttiva 25-ennale RUSAL è in grado di fornire e quali garanzie di rimborso dei finanziamenti pubblici e di risarcimento alla collettività è pronta ad offrire in caso di disimpegno anticipato.
Si ritiene che tali garanzie (concrete e formali) siano condizione indispensabile per offrire ulteriore credito ad un Proponente purtroppo con dei precedenti di inaffidabilità.
B) OSSERVAZIONI AI PROGETTI DEFINITIVI ED ALLO SIA
1) Rifiuti smaltibili in discarica. Le Relazioni di progetto quantificano e classificano i rifiuti conferibili in discarica, come segue: a) 1.647.756 t/a di Fango rosso disidratato (cod CER 010309/010310*); b) 19.300 t/a di Ceneri pesanti provenienti dal CHP (nota: centrale di cogenerazione) (cod. CER 100101); c) 62.400 t/a di Ceneri leggere provenienti da CHP (cod CER 100102)
NOTA: i codici CER contrassegnati con asterisco si riferiscono a rifiuti pericolosi.
Per quanto riguarda i fanghi rossi, nelle Relazioni si dichiara che al momento Eurallumina non è in grado di assegnargli un codice univoco e tale assegnazione potrà avvenire solo dopo la ripresa produttiva. In altri termini, Eurallumina ora non sa se i fanghi rossi che andrà a produrre saranno rifiuti pericolosi o rifiuti non pericolosi! Fermo restando che, a determinate condizioni, anche i rifiuti pericolosi possono essere smaltiti in discariche per rifiuti non pericolosi, pare assurdo e motivo di apprensione il comportamento della Società e la leggerezza con cui ha affrontato il problema. Il D.M. 24.06.2015, pubblicato sulla G.U. il 11.09.2015 prevede che nelle discariche per rifiuti non pericolosi possano essere smaltiti solamente rifiuti pericolosi stabili e non reattivi, derivanti da trattamento “che presentano un comportamento alla lisciviazione che non subisca alterazioni negative nel lungo periodo nelle condizioni di collocazione in discarica per rifiuti non pericolosi …”. . Al momento attuale, in assenza di altre interpretazioni della norma, fa fede quella fornita dalla Regione Veneto, che precisa che tale requisito sia posseduto solamente da alcuni rifiuti classificati con codice CER 19 ….. . Ciò stante, qualora i fanghi rossi risultassero rifiuti pericolosi (anche rientranti nei limiti di ammissibilità in discarica per rifiuti non pericolosi) non potrebbero essere smaltiti nel BFR per almeno tre motivi: non è detto e dimostrato che i fanghi rossi posseggano i requisiti di stabilità e reattività richieste, nonchè le caratteristiche chimiche dell’eluato previste dalla Tab. 5a del DM 27.09.2010; non hanno e non possono avere (in quanto non oggetto di trattamento preventivo) il codice CER 19 …… . anche se tale interpretazione della Regione Veneto venisse superata, mancherebbe comunque il requisito essenziale, cioè il preventivo trattamento. Poiché, come si legge a pag. 58 della Relazione Generale: “Il fango rosso è prodotto all’interno del sito di discarica dall’impianto di disidratazione…” è pacifico che il rifiuto smaltibile in discarica ed oggetto di classificazione, sia il fango disidratato, che non subisce ulteriori trattamenti per lo smaltimento. La disidratazione della torbida in ingresso non può considerarsi quale trattamento del rifiuto da conferire in discarica, in quanto il rifiuto (solido e quindi smaltibile) si genera solo dopo la disidratazione della torbida.
Nota: la torbida, poteva essere considerata rifiuto smaltibile nel BFR solo nella precedente gestione dello stesso, in quanto, sebbene classificato come discarica per rifiuti non pericolosi, era di fatto un bacino di lagunaggio. In caso contrario, non sarebbe stato possibile consentire in esso, la presenza di acqua surnatante e lo smaltimento di altri rifiuti liquidi, così come previsto dalla precedente AIA (CER 191308 – Rifiuto liquido ….).
Quindi, allo stato attuale, Eurallumina: A) non sa se produrrà e smaltirà rifiuti pericolosi o non pericolosi; B) se saranno pericolosi, alla luce del recente Decreto, non potranno essere comunque smaltiti nel BFR (Bacino Fanghi Rossi); C) in assenza di certezze sulle caratteristiche dell’eluato, anche senza (in deroga!) del predetto decreto, l’eluato potrebbe non rispondere ai requisiti chimici di smaltibilità in discarica per rifiuti non pericolosi (non ne conosce la composizione).
A tutto ciò le conseguenze possibili potrebbero essere solo due: A) si fa una deroga “ad aziendam!!!” per consentire lo smaltimento di oltre 20 milioni di rifiuti pericolosi in una discarica non abilitata e non abilitabile per ubicazione a tale fine; B) non sarebbe possibile la ripresa produttiva e tutte le opere realizzate risulterebbero inutilizzabili (compresa la centrale CHP).
A fronte dei dubbi sollevati dalla stessa Eurallumina in merito alla classificazione dei futuri fanghi, viene spontaneo domandarsi: prima di autorizzare l’ampliamento del BFR (Bacino Fanghi Rossi) e la ripresa produttiva QUALCUNO si è preoccupato di accertare le effettive caratteristiche dei fanghi già deposti?
Il Piano di Gestione operativa riporta inoltre: “ il fango rosso disidratato sarà ammesso in discarica solo se conforme a quello che è stato sottoposto a caratterizzazione di base” “dalla caratterizzazione di base dovrà risultare che le ceneri sono conformi ai criteri di ammissibilità previsti per la specifica categoria di discarica per rifiuti non pericolosi; in caso contrario le ceneri non potranno essere smaltite nel BFR” .
Ciò conferma che, allo stato attuale, Eurallumina, oltre a non essere in grado di classificare univocamente tutti i rifiuti conferibili nel BFR (fanghi e ceneri), non è neppure certa della persistenza/continuità/stabilità delle caratteristiche di tali rifiuti nel corso dell’esercizio, per cui, in caso contrario, questi rifiuti non saranno, a detta della stessa Eurallumina, smaltibili nel BFR (Bacino Fanghi Rossi) e quindi, come logica conseguenza: o si andrà incontro a deroghe (in nome della salvaguardia occupazionale) ed a danno dell’ambiente e della salute o si avranno buone ragioni per sospendere/cessare l’attività.
NOTA: mentre le ceneri non smaltibili nel BFR potrebbero essere smaltite in altre discariche del territorio senza ripercussioni sull’operatività della raffineria (salvo l’incremento di costi), per i fanghi rossi, stante i quantitativi, non vi sono alternative di smaltimento.
Altro aspetto relativo alla smaltibilità nel BFR dei rifiuti previsti riguarda la possibilità di smaltimento delle ceneri CHP. Il BFR è classificato dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali come discarica monoculturale dedicata ad uno dei Grandi Flussi Omogenei di rifiuti prodotti da specifica industria. E’ di fatto una discarica gestita dal produttore per conferirvi i propri rifiuti, come per altro ribadito nel progetto. La centrale CHP è un impianto costruito e gestito da un Soggetto Terzo (EuralEnergy); è giuridicamente trascurabile il fatto che questa società sia partecipata interamente da Eurallumina, in quanto costituisce persona giuridica autonoma. Pertanto, il conferimento delle ceneri CHP nel BFR trasformerebbe questo in una discarica per conto terzi, non prevista dal PRGRS ed in palese concorrenza con gli impianti autorizzati a tal fine.
Tutto ciò conferma che allo stato attuale del progetto, Eurallumina non è in grado di conoscere le caratteristiche dei rifiuti e la loro smaltibilità nel BFR!!!
A fronte della gravità delle conseguenze che potrebbero derivare dalle incertezze evidenziate dal Proponente in materia di classificazione dei rifiuti da smaltire nel BFR, si chiede: 1. che si accertino, attraverso organi di controllo pubblico, le caratteristiche dei fanghi rossi smaltiti (analisi complete rispetto alla Tab. 5 del DM 27.09.2010); 2. che si sospenda l’iter autorizzativo fin tanto che, da accertamento validato da Organismi pubblici, non risulti la smaltibilità certa e continuativa dei fanghi nel BFR, nella sua conformazione prevista in progetto e la costanza/stabilità futura dei rifiuti; 3. che si individuino e che si designino fin d’ora, siti alternativi di smaltimento delle ceneri, coerenti con la natura e caratteristiche del BFR e con la pianificazione di settore.
2. Aspetti costruttivi e gestionali del BFR.
Premesso che: Il BFR (Bacino Fanghi Rossi) esistente, quantunque classificato come discarica per rifiuti speciali non pericolosi, di fatto è un “bacino di lagunaggio”, come esplicitamente riportato nell’introduzione della Relazione di progetto. Prova ne sia che in esso era ammesso il conferimento anche: a) dell’acqua di veicolazione dei fanghi (rifiuto liquido) b) del rifiuto liquido CER 191308 così come risulta dall’AIA a suo tempo rilasciata e riportato in tabella 3 della Relazione Tecnica di progetto, rifiuti liquidi questi, non ammissibili in impianto di discarica. L’ampliamento proposto è una nuova discarica per rifiuti speciali non pericolosi, costruita su quella esistente, come ripetutamente riportato in progetto.
Detto ampliamento DEVE essere realizzato secondo quanto previsto dal D.Lgs. 36/03 e suoi allegati, come ripetutamente riportato nei documenti di progetto Dall’esame della documentazione risulta che il progetto definitivo presentato NON sia conforme a questa norma per i seguenti aspetti:
1) Costruzione delle sopraelevazioni e deposizione dei fanghi. I criteri costruttivi per le discariche di rifiuti non pericolosi (all.1 al DLg) prevedono, seppure implicitamente, che i rifiuti debbano essere depositati in un volume confinato. Ciò si desume dal fatto che prevedono che il fondo ed i fianchi della discarica siano impermeabilizzati. Trattandosi di norme costruttive e non di chiusura della discarica, è evidente che tali opere devono precedere la fase di deponia dei rifiuti. E’ per altro ovvio che il corpo di discarica debba garantire a priori l’impossibilità di fuoriuscita dei rifiuti. Il progetto proposto, prevede la deponia dei rifiuti in assenza di strutture perimetrali di contenimento (argini) e solo successivamente, il riporto di uno strato drenante e di argilla di copertura, quale fase di progressiva chiusura perimetrale (come esplicitamente definita tale operazione) della discarica. Il fatto che i rifiuti deposti abbiano uno stato fisico e consistenza tale da auto reggersi non costituisce condizione sufficiente per evitare la preventiva costruzione degli argini. Tale tesi è suffragata per altro dal fatto che tutte le discariche autorizzate in Sardegna (e non solo) per rifiuti analoghi (auto-reggenti) (v. discarica di Genna Luas, discarica per le ceneri Enel di Carbosulcis, ecc.) sono realizzate con argini perimetrali di contenimento, indipendentemente dalle caratteristiche geotecniche dei rifiuti smaltiti. La soluzione proposta comporta i seguenti rischi: a) anche in condizioni metereologiche ordinarie, rimane esposta al trasporto eolico una fascia perimetrale di altezza fino a 8 m (v Relaz. Pag.82); b) in caso di precipitazioni di eccezionale intensità (evento sempre più frequente), la fascia esposta è soggetta ad erosione e trasporto e spandimento dei rifiuti lungo le fasce sottostanti già chiuse e di fatto irrimovibili (i rifiuti). Si tratterebbe di fuoriuscita di rifiuti dal corpo di discarica (condizione inaccettabile). Dalla Relazione idraulica risulta che in caso di eventi eccezionali, le acque meteoriche ricadenti sul bacino, eccedenti la capacità di accoglimento del decant pond verranno temporaneamente contenute nella concavità del bacino stesso. La possibile erosione dei fanghi perimetrali di cui sopra, potrebbe comportare anche la fuoriuscita incontrollata dal corpo di discarica (lungo le scarpate perimetrali già chiuse) di acque meteoriche contaminate. Poiché le soluzioni proposte, oltre a non essere conformi a norme inderogabili, comportano rischi ambientali inaccettabili, si chiede che vengano individuate soluzioni tecniche coerenti con la normativa vigente e prive di rischi ambientali.
Rischi reali se si pensa al disastro avvenuto il 6/10/2010 ad Ajkai in Ungheria con la fuoriuscita di circa 1 milione di metri cubi di fanghi tossici e corrosivi da un deposito di molto inferiore al nostro,provocando la morte di 4 npersone e l’inquinamento di una parte del fiume Danubio. Nè possiamo tacere del recente disastro ambientale avvenuto in Brasile a causa del cedimento della diga di contenimento dei fanghi rossi che hanno invaso il Rio Doce portando morte e desolazione in centinaia di ettari di terreno,trasformando terra e corsi d’acqua in una massa arancione e uniforme
2) Costruzione fondo discarica. A) Il progetto prevede che per i settori A,B,C, lo strato geologico di fondo sia sostituito da uno strato di m 2,0 di spessore di fanghi rossi, compattati secondo la tecnica del mud farming, tale da fargli assumere la richiesta permeabilità. Si dichiara inoltre, che tale soluzione, e quindi la sua fattibilità, è in fase di sperimentazione. In assenza di soluzioni progettuali certe, si chiede che: a) venga sospeso l’iter autorizzativo fin tanto che non verrà confermato l’esito positivo della sperimentazione; b) in alternativa, si individuino soluzioni alternative certe.
3) Quantunque richiesto dalle norme costruttive, il progetto non prevede la posa di strato drenante di fondo, giustificandolo con il fatto che, stante l’impermeabilità dei fanghi deposti, non vi sarà formazione ed infiltrazione di percolato. Al di là che questa è un’imposizione prescrittiva e non discrezionale, per altro giustamente sempre pretesa dagli Enti per le altre discariche analoghe, quanto asserito è un assunto tutto da dimostrare, visto che: a) nel Quadro Ambientale dello SIA, si da atto che la falda a valle del bacino esistente abbia subito contaminazioni dallo stesso almeno per quanto riguarda il pH (nota: nonostante lo spessore di fanghi depositati).; b) il Piano di Gestione operativa prevede la gestione del percolato. Si chiede che la costruzione dello strato di fondo di tutte le sezioni del bacino siano dotate di strato drenante e relativi sistemi di captazione.
4) Fondo sezione D. Dal progetto risulta che verrà mantenuta una distanza dalla massima quota della falda di m 1,50. Poiché nell’area interessata la falda non è confinata, ma libera e quasi affiorante, si chiede che venga mantenuto il franco minimo di m 2,00, previsto in questo caso dal D.Lgs. 36/03.
Inoltre, si evidenziano le seguenti criticità:
5) Fasi operative. E’ previsto che nella Fase 3 la coltivazione riguardi tutti i settori A,B,C,D, da m 26,50 a m 44,00, in pratica interessi tutta la discarica (circa 180 ha). Si chiede che la coltivazione avvenga per settori fino alla quota finale con successiva immediata chiusura e ripristino ambientale del settore.
6) Decand pond. La vasca di raccolta delle acque meteoriche contaminate della sommità del bacino interesserà una fascia rilevata lungo i lati del bacino verso il mare e la laguna di Boi Cerbus. In pratica si tratta di un deposito temporaneo di rifiuti liquidi della capacità di mc 220.000 a ridosso del mare/laguna in posizione sopraelevata. Al fine di evitare rischi, che danneggerebbero irrimediabilmente l’ambiente acquatico, si chiede che venga ubicato altrove ed in subordine che vengano adottate caratteristiche più restrittive di quelle previste per la costruzione e gestione. In particolare, si chiede che il fondo e le pareti vengano impermeabilizzate, oltre che con geomembrana, anche con argilla, in analogia alle discariche.
7) Gestione acque meteoriche. Dalla Relazione idraulica risulta che le acque incidenti sul versante esterno degli argini verranno: quelle di prima pioggia inviate al decant pond, quelle di seconda pioggia drenate nel terreno. Poiché queste acque vengono a contatto anche con i fanghi deposti per gli strati non ancora impermeabilizzati corticalmente, si ritiene che esse rientrino tra quelle prodotte da attività “altamente sporcanti” , così come definite dalla normativa regionale sugli scarichi e quindi, si chiede che tutte le acque incidenti sugli argini vengano inviate al decant pond. Stante l’ubicazione del BFR e la fragilità delle matrici ambientali circostanti, si chiede che le verifiche idrauliche vengano rifatte con tempi di ritorno T almeno di 100 anni (anziché 10, 15 e 50 come fatto).
8) Filtropresse. Il progetto prevede l’installazione di n. 4 filtropresse, di cui tre in esercizio contemporaneo ed una di riserva. Considerato che l’impianto produttivo non può arrestarsi e la torbida non può/deve essere scaricata in discarica, neppure in condizioni emergenziali, si chiede che la dotazione di filtropresse a disposizione sia doppia rispetto al fabbisogno di esercizio.
9) Barriere frangivento. Mentre il progetto prevede la posa di barriere frangivento (da sperimentare) solo nelle aree di mud farming, lo SIA evidenzia un peggioramento qualitativo dell’aria dovuto alla dispersione di polveri dovuto alla tecnica del dry disposal. Si chiede che le reti frangivento vengano estese a tutti i settori (in esercizio e preparazione). Poiché la soluzione proposta deve ancora essere sperimentata (esito incerto), si chiede inoltre che l’autorizzazione sia subordinata all’esito della sperimentazione e che vengano individuate fin d’ora soluzioni alternative.
10) Ripristino ambientale. Dal Quadro Programmatico risulta che per il ripristino ambientale della superficie di chiusura superficiale (fine coltivazione) necessiteranno circa 1.500.000 mc di terra agraria, di cui non è stato possibile individuare l’ approvvigionamento, ma non è stata verificata neppure la possibilità di approvvigionamento della terra agraria necessaria per il ripristino progressivo delle superfici perimetrali, stimata in alcune centinaia di migliaia di mc. Considerato che tali approvvigionamenti comporterebbero lo scortico di una superficie di circa 150 – 200 ha, -improponibile!-, al fine di evitare che tali attività rimangano “ …… nelle buone intenzioni” necessarie per acquisire l’autorizzazione, si chiede, in assenza di documentata individuazione e disponibilità del materiale, che vengano individuate soluzioni alternative da sottoporre ad autorizzazione.
11) Durata post-chiusura. La normativa vigente prevede un periodo di post-chiusura di anni 30, mentre il progetto la prevede immotivatamente per anni 25. Si chiede l’applicazione della norma.
3 PIANIFICAZIONE
1. Usi civici. Nei documenti prodotti non si evidenzia che parte del BFR (Bacino Fanghi Rossi) ricade in aree assoggettate ad uso civico. Quantunque su tali aree sia stata edificata (legittimamente o meno ) parte del bacino, si ritiene che nessuna ulteriore opera sia realizzabile sulle medesime aree, anche in addizione all’esistente), prima della conclusione della procedura di svincolo e del riconoscimento alla collettività di Portoscuso di adeguato indennizzo. Si chiede pertanto la sospensione della procedura autorizzativa, nelle more di quanto sopra.
2. PUC. Nei documenti prodotti si afferma che il comune di Portoscuso non ha ancora avviato la procedura di adeguamento del PUC al PPR ed al PAI. Risulta che tale procedura, avviata da tempo, sia in fase conclusiva. Si chiede che, in vista di una prossima adozione del nuovo PUC, la verifica di coerenza tenga conto anche di quanto previsto dallo strumento in fase di redazione, anche in funzione di quanto previsto dalla L.R. 10 del 25.07.2008.
3. Piano di prevenzione e conservazione della qualità dell’aria. La dimostrazione di coerenza con questo Piano risulta meramente formale, in quanto detto Piano non considera tra gli inquinanti la CO2, mentre il richiamato POR Sardegna prevede espressamente la riduzione delle emissioni di carbonio.
4. Piano di Gestione dei Rifiuti (PRGRS). Il progetto non è coerente con questo Piano, in quanto lo stesso classifica il BFR come “impianto di smaltimento in conto proprio dedicato in via esclusiva allo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle proprie attività;…” Per le motivazioni in precedenza riportate, il progetto non è coerente, se prevede il conferimento delle ceneri della centrale EurEnergy (soggetto giuridicamente diverso da Eurallumina). Si chiede che, per coerenza con il Piano, qualora ricorrano tutte le circostanze (v. sopra) il BFR sia dedicato esclusivamente allo smaltimento dei fanghi rossi.
5. Piano energetico regionale. La presunta coerenza con il Piano energetico regionale del 2012, là dove auspica “l’utilizzo della fonte carbone per facilità di approvvigionamenti, economicità , ecc.” risulta una evidente forzatura, in quanto tale auspicio scaturiva evidentemente dalla volontà di tenere in esercizio la Carbosulcis. Con la decretata chiusura della miniera, tale obiettivo del Piano deve intendersi superato. Per contro, l’analisi di coerenza sottace l’indirizzo del PEARS quando auspica il ricorso integrato e sinergico delle energie rinnovabili con altre fonti energetiche. La dimostrazione secondo cui il bilancio delle emissioni di CO2 ante e post-operam rimane invariato è inaccettabile in quanto si basa sull’ipotesi, non dimostrata e non sostenibile, che con la nuova centrale CHP, l’Enel ridurrà la produzione di energia elettrica di pari quantità (262.800 MWh/a). In assenza di tale condizione, l’incremento di emissioni di CO2 sarà di circa 210.000t/a derivanti dalla combustione di 450.000 t/a di carbone.
6. In merito alla coerenza con il Piano delle attività estrattive (PRAE) si rileva che, da quanto riportato in progetto che, per la prevalenza dei materiali occorrenti, attualmente non vi è certezza di disponibilità di approvvigionamento; infatti: per il calcare (43.800 t/a), la cava di approvvigionamento individuata, ha presentato da poco una richiesta di ampliamento/proroga alla coltivazione di cui risulta ancora incerto l’esito e l’effettiva disponibilità; per l’argilla (1.170.800 mc), a parte il fatto che una delle cave di approvvigionamento indicate sia chiusa da anni e non riattivabile (compresa entro SIC), e per il terreno vegetale (1.557.800 mc), Eurallumina dichiara che le risorse individuate sono insufficienti.
A fronte di tale situazione, che potrebbe non consentire la completa realizzazione del progetto così come proposto o imporre varianti sostanziali in deroga a quanto originariamente autorizzato, si chiede che l’iter autorizzativo venga sospeso, fino a definizione certa dei predetti aspetti o, in alternativa vengano proposte soluzioni progettuali compatibili con le risorse di materiali disponibili.
4. ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI
Il Piano finanziario presentato non fornisce gli elementi di valutazione minimi, utili a dimostrare la sostenibilità economica del progetto, elemento essenziale per l’espressione di un parere positivo di compatibilità ambientale. Inoltre, visto che tutte le innovazioni proposte sono finalizzate a rendere competitiva la produzione di allumina, condizione indispensabile per mantenere in esercizio l’impianto (esperienza passata insegna!), deve essere la dimostrazione di come il costo unitario di produzione si rapporta all’andamento dei prezzi di mercato. L’analisi costi-benefici prodotta nei precedenti documenti (non si sa se ancora valida), per quanto non esaustiva, mette in evidenza che Eurallumina, ai livelli produttivi previsti, si attesterà su un costo di produzione di circa 300 $/t di allumina, contro un costo della concorrenza dell’ordine di 180-200 $/t ed un costo critico intorno ai 360$/t. Ciò fa presumere che con una variazione di prezzo dell’allumina o di costo di produzione del 16% (60$ su 300), ci si ritrova nelle condizioni del 2009 (chiusura!). Si chiede che venga fornito: una dettagliata analisi del costo unitario di produzione una dimostrazione, sulla base del trend pluriennale del prezzo di mercato dell’allumina, di quale è il margine tra il costo di produzione massimo ed il prezzo minimo di mercato sostenibile. In pratica, a quale prezzo di mercato Eurallumina realizza il pareggio di bilancio (condizione limite che comporterebbe una nuova fermata/chiusura). L’entità di tale margine rappresenta l’unica garanzia ed affidabilità del progetto e quindi la condizione per la sua approvabilità in termini sociali.Dal Piano finanziario prodotto si rileva che, tra i costi di esercizio non è compresa la cosiddetta “ecotassa” dovuta per lo smaltimento dei rifiuti in discarica. Considerato che tale tributo, previsto da legge dello Stato, non può essere soppresso per deroga o altro atto (es. Intesa, ecc.), si chiede che nei costi di produzione venga correttamente quantificato, sia nell’ipotesi che i rifiuti vengano classificati come pericolosi, che non pericolosi. In particolare, per le ceneri, si chiede che non vengano applicate condizioni di favore rispetto agli altri produttori, per rispetto delle condizioni di concorrenza.
5. CENTRALE DI COGENERAZIONE ED ALTERNATIVE
Il documento sviluppa l’analisi delle alternative in chiave teorica ed astratta, senza approfondire, con analisi puntuali, calate nella specifica realtà, le eventuali possibilità (analizzate sotto l’aspetto tecnico, economico ed ambientale) delle possibili sinergie tra fonte convenzionale (carbone) e fonti rinnovabili, al fine di minimizzare gli impatti dell’impiego massivo di carbone. In particolare, manca una valutazione economica dell’incidenza di tali soluzioni sul costo unitario di produzione dell’allumina. In seguito alla dichiarazione dell’Enel di “non essenzialità” della centrale di Portovesme, la cui chiusura potrebbe comportare (come riportato nei documenti di progetto) la perdita di occupazione per circa 600 lavoratori (circa 100 in più di quelli potenzialmente rioccupati da Eurallumina), indipendentemente dai protocolli d’intesa, sottoscritti in tempi e condizioni assai differenti, si chiede che ogni autorizzazione in merito alla costruzione della centrale, venga subordinata all’esito di approfondite verifiche ( da parte anche dei Soggetti pubblici) di disponibilità da parte di Enel a fornire vapore ed energia elettrica e relativa analisi economica.
In ogni caso, dai documenti pregressi: a) mancano gli elementi essenziali per valutare la compatibilità finanziaria ed economica dell’investimento. Si legge che EuralEnergy venderà l’energia elettrica ed il vapore ad Eurallumina, ma non risultano gli elementi essenziali (numeri) per valutare la sostenibilità finanziaria dell’investimento, in parte pubblico: prezzo di vendita dell’energia, costi di investimento e di esercizio (compresa l’incidenza dei certificati CO2 non trascurabile vista la produzione di gas serra emessa, anche se mai quantificata in progetto)). L’impianto di per se non fornisce vantaggi sociali significativi al territorio (28 posti di lavoro) a fronte di un finanziamento di € 20.000.000 solo dal Piano Sulcis. I benefici socio-economici sono legati alla ripresa produttiva di Eurallumina, strettamente dipendente dal bacino fanghi e quindi non attribuibili, se non in parte al presente progetto. Ammettendo che EuralEnergy sia una società di servizio per Eurallumina e quindi operi senza profitti, per valutare l’accettabilità economica di questo impianto si dovrebbe dimostrare che il costo di produzione dell’energia di questa centrale è nettamente inferiore a quello di mercato ( prezzo zonale medio). b) Dai documenti risulta che il rapporto tra EuralEnergy ed Eurallumina è regolato da un contratto Take or Pay (Prendi o paghi). Al fine di valutare la sostenibilità economica di entrambe le imprese (l’una parzialmente agevolata dal finanziamento pubblico) è necessario che vengano resi pubblici i termini del predetto contratto. Si chiede che il documento Analisi costi-benefici venga adeguatamente sviluppato con le dovute analisi di cui sopra e con l’addendum del contratto Take or Pay
Pare di capire che la potenzialità dell’impianto sia tarata sulla quantità di vapore necessario e che la quantità di energia elettrica prodotta sia una conseguenza. Per ciò è’ prevista la vendita dell’energia elettrica eccedente il fabbisogno di EA(circa 15 MW), pari a circa 120.000 MWh/a, il cui valore di mercato è di circa 5.000.000 di €/a. Considerato che: La sostenibilità economico-finanziario dell’azienda deve basarsi sulla produzione di allumina che l’energia elettrica venduta rappresenta un prodotto secondario si chiede che quota-parte significativa di tali proventi, vengano devoluti, alla Collettività locale, quale misura di compensazione per i disagi pregressi subiti dal territorio e per il rischio che lo stesso corre ad accogliere l’impianto per il futuro.
Un discorso a parte merita l’emissione di CO2, che viene volutamente trascurata in tutti i documenti, pur riconoscendo eufemisticamente che “la tecnologia a carbone è fonte di emissioni non trascurabili (nota: la maggiore fonte!)”. Assumendo dai dati bibliografici e dal PEARS, per una centrale a carbone, una produzione di CO2 di circa 0,7 Kg//Kwh prodotto, la nuova centrale produrrà quasi 400.000 t/a di CO2, dato assolutamente contrastante con gli obiettivi del PEARS adottato, in una regione in cui la riduzione dei gas ad effetto serra nell’ultimo anno si è ridotta solo del 4,1% (rispetto all’8,2% della media nazionale) ed è la quinta regione italiana con le più alte emissioni di CO2:12.412 migliaia di tonnellate (fonte: EcoWay – Gestione certificati CO2 – Rapporto emissioni 20132014
6. CONCLUSIONI
Il riavvio di Eurallumina deve avvenire: con un Piano industriale serio, credibile e garantito; attraverso un processo corretto, trasparente e condiviso; senza generare ulteriori criticità ad un territorio già pesantemente provato,comprese le incidenze di impatto ambientale nelle aree antistanti l’attuale Impianto di Eurallumina che interessano il tratto di mare fino a Carloforte.. In considerazione della natura, importanza e dimensione del progetto proposto, della criticità ambientale e sanitaria del territorio e della complessità del percorso autorizzativi, nell’interesse comune di tutte le Parti in causa, si suggerisce: ad Eurallumina/EuralEnergy di procedere a redigere le integrazioni richieste e chiarire gli aspetti dubbi del progetto e dei suoi Piani operativi agli Enti (Comune in primis) di garantire una corretta procedura ed adeguata pubblicità degli atti e condivisione delle scelte. Stanti: le non conformità sostanziali del progetto alle norme di settore ed in particolare al D.Lgs. 36/03; le non conformità del progetto alla pianificazione territoriale e di settore; le incertezze/indeterminatezze progettuali in merito ad aspetti sostanziali, quali: 1) le caratteristiche e classificazione dei rifiuti prodotti 2) la reperibilità dei materiali da costruzione e per l’esercizio 3) l’esito di sperimentazioni: efficacia del mud farming e dei sistemi di contenimento polveri che comportano una sostanziale revisione del progetto e dello SIA, si chiede che , trattandosi di varianti sostanziali al progetto presentato, ai sensi della DGR 34/33 del 7.08.2012, il Proponente provveda ad una nuova ripubblicazione dei documenti aggiornati ed una ripresentazione pubblica del progetto.
Cagliari,11 dicembre 2015
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