Dove va l’Università? E dove va l’Università della Sardegna? BISOGNA OSARE DI PIU’ !
Dal sito web dell’Università della Sardegna – Università di Cagliari il servizio di Sergio Nuvoli sull’inaugurazione del 395° anno accademico dell’Ateneo di Cagliari, in particolare una sintesi della relazione del Rettore Maria Del Zompo.
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Cagliari, 10 dicembre 2015 – “Le cose, per essere fatte bene, devono essere fatte insieme. E si fanno insieme se con la città, con le imprese e con le istituzioni troviamo obiettivi comuni. Vogliamo continuare a lavorare insieme”. Con queste parole il Magnifico Rettore dell’Università di Cagliari, Maria Del Zompo, ha chiuso la sua relazione questa mattina durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo Anno accademico. Dopo la sua relazione, gli interventi dei rappresentanti del personale, Roberta Silvagni, e degli studenti, Francesca Serra. Quindi la prolusione del professor Enrico Berti.
“ORGOGLIOSI DELLA FIDUCIA DI STUDENTI E FAMIGLIE”
“La cultura come strumento per uscire dalla crisi, come mezzo per cambiare il destino della propria famiglia e di tutta la società” è stato invece il punto di partenza di un discorso ad ampio raggio in cui il Rettore ha elencato le ombre e le luci del sistema universitario. Tra le prime certamente quelli che la prof.ssa Del Zompo ha definito “prelievi forzosi dal Fondo di finanziamento ordinario” operati dal Governo: “è un gioco al massacro, e noi non ci stiamo – ha detto – E’ un percorso ad ostacoli che equipara in base a parametri iniqui atenei profondamente diversi tra loro”.
Sul numero di iscritti totali in calo pesa la crisi economica, come pure sul numero degli esonerati per reddito e per merito, passati dal 16% dell’anno scorso al 18% dell’anno appena cominciato. Diminuisce il numero dei laureati, passati dai 4002 del 2014/15 ai 3586 attesi alla fine di quest’anno; a Cagliari si registra un docente ogni 51 studenti, contro la media di uno a 18 di Padova o uno a 4 di Yale.
Anche il personale è in costante diminuzione numerica, e sconta il blocco degli stipendi e il mancato riconoscimento economico della propria professionalità: “Un problema quest’ultimo – ha detto il Magnifico – che intendo affrontare al più presto. Siamo i paria della Pubblica amministrazione italiana”. Tra le luci, il fatto che l’Università di Cagliari si confermi research university, con la sua multidisciplinarietà che permette di offrire 38 corsi di laurea triennale, 34 magistrale e 6 a ciclo unico.
“C’è qualcosa di nuovo e di positivo – ha proseguito il Rettore – Il numero degli immatricolati cresce: è un segnale di fiducia dei ragazzi e delle loro famiglie che ci responsabilizza, perché vuol dire che la cultura universitaria è ancora vista come ascensore sociale. Vogliamo agire, nei limiti del possibile, anche sul diritto allo studio: abbiamo cercato di attutire l’effetto iniquo delle nuove fasce ISEE sulle famiglie sarde, e vogliamo migliorare la qualità dei nostri corsi di laurea”.
L’internazionalizzazione procede spedita “fiore all’occhiello delle nostre attività”. “Stiamo migliorando sulla terza missione, nel rapporto con imprese e territorio”. Quindi le opere: la nuova biblioteca del Polo di Piazza d’Armi (“contiamo di inaugurare presto”, l’impegno della prof.ssa Del Zompo), la nuova spina dipartimentale e il Centro per la ricerca nella Cittadella di Monserrato.
Quindi un passaggio sul rapporto con il Comune: “L’Università di Cagliari è la città di Cagliari – ha detto il Rettore – C’è perfetta identità tra l’Ateneo e la città che lo ospita: vogliamo proseguire nel rapporto intrapreso a vantaggio degli studenti”. Spazio nella relazione di inaugurazione anche per i progressi nel completamento del “Duilio Casula” di Monserrato e per il “Contamination Lab”, il riuscito progetto che punta sulla cultura di impresa cui hanno partecipato 350 studenti e ha generato 15 startup (tra cui “IntendiMe”, che ha vinto recentemente il Premio Nazionale per l’Innovazione).
Infine “Unica Social”, cioè la presenza dell’Università di Cagliari sui social media: “il nostro è il secondo ateneo pubblico in una recente classifica – ha concluso il Rettore – in base al numero dei like e per il livello di interattività mostrato con gli utenti”.
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INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA – UNIVERSITA’ DI SASSARI. La relazione del Rettore Massimo Carpinelli.
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Gli studenti italiani voltano le spalle all’università: in sette anni -20%
[di A. D. G.]
By sardegnasoprattutto / 11 dicembre 2015/ Conoscenza /
Corriere della sera.it 10 dicembre 2015. Il Rapporto della Fondazione Res. Dal 2008, 66mila matricole in meno: in fuga dagli atenei del Sud il 30% degli studenti. Diritto allo studio: nel Meridione 40% di idonei non ricevono borse di studio
Se il Paese non investe sull’Università, l’università si restringe. Una pozza d’acqua che si asciuga. Per la prima volta nella sua storia, è diventata più piccola di circa un quinto. Lo conferma il Rapporto 2015 della Fondazione Res «Nuovi divari. Un’indagine sulle Università del Nord e del Sud» curato da Gianfranco Viesti e presentato giovedì a Palermo.
Contrazione. Rispetto al momento di massima espansione nel 2008, scrivono i ricercatori, la tendenza alla contrazione ha raggiunto oggi il momento più critico: gli studenti immatricolati si sono ridotti di oltre 66mila (-20%); i docenti sono scesi a meno di 52mila (-17%); il personale tecnico amministrativo a 59mila (-18%); i corsi di studio a 4.628 (-18%). E la tendenza a disinvestire è evidente nei dati sul Fondo di finanziamento ordinario, diminuito, in termini reali, del 22,5%. In valore: sette miliardi, che vanno comparati agli oltre 26 miliardi della Germania. Una tendenza opposta a quelle in corso in tutti paesi avanzati. L’obiettivo europeo di raggiungere, al 2020, il 40% di giovani laureati sembra decisamente fuori dalla portata dell’Italia che, con il 23,9%, è all’ultimo posto fra i 28 stati membri.
Effetto «palla di neve». La situazione è drammatica soprattutto per gli atenei del Centro-Sud, e peggio ancora va nelle isole: il Fondo di finanziamento, ripartito in modo assai diverso negli ultimi anni, ha visto tagli, al Sud, di circa il 12% e nelle Isole di oltre un quinto. I cambiamenti introdotti nei meccanismi di ripartizione dei finanziamenti, con un aumento fino al 20% della quota premiale legata a risultati conseguiti nella didattica e nella ricerca, paradossalmente aggravano il quadro perché penalizzano le università del Mezzogiorno per la loro inefficienza, senza spingerle realmente su un sentiero di miglioramento e di maggiore responsabilizzazione. Un meccanismo «a palla di neve», dice la Fondazione: posizione sfavorevole e riduzione delle risorse finanziarie e umane peggiorano offerta didattica e immatricolazioni: «tutti elementi che si contraggono contemporaneamente o in sequenza, ciascuno rinforzando l’effetto degli altri».
Studenti in fuga. Dell’esercito di giovani che non si iscrivono più a un corso di laurea, oltre il 50% disertano atenei del Mezzogiorno: (37mila matricole in meno dal 2003 al 2014). Maggiore, nel Meridione, la quota di studenti che abbandona gli studi universitari dopo il primo anno (il 17,5% al Sud, contro il 12,6% al Nord e il 15,1% al Centro).
La mobilità studentesca, che potrebbe essere anche letta in positivo, mostra invece solo il volto triste della «migrazione»: il 30% degli immatricolati meridionali si iscrivono in università del Centro-Nord. Un flusso a senso unico. Tra le cause, va considerata anche la scarsa disponibilità di borse di studio e di servizi per gli studenti nelle regioni meridionali: nel 2013-14, il 40% degli idonei non beneficiava di borsa per carenza di risorse (60% nelle Isole).
Il gap. Per sottolineare il gap ci sono anche i dati sul tempo medio di completamento di un corso triennale: 5,5 anni al Centro e al Sud, e 4,5 al Nord. O quelli sulla diminuzione del personale docente di ruolo: 18,3% nel Mezzogiorno, 11,3% al Nord e 21,8% nelle università del Centro. Per qualità della ricerca, poi, tutti gli atenei meridionali presentano valori inferiori alla media nazionale.
Serie A e serie B. Alberto Campailla, portavoce di LINK – Coordinamento Universitario mette sotto accusa soprattutto i servizi del diritto allo studio, che «si rivolgono solo al 10 % del totale degli universitari. «Tra gli idonei a ricevere la borsa di studio – dice – uno su quattro non la ottiene per mancanza di fondi. Anche i servizi mensa e alloggio sono a dir poco carenti: solo il 2% degli studenti è assegnatario di un posto alloggio nelle residenze universitarie, mentre è disponibile un posto in mensa ogni 35 studenti iscritti». «Queste profonde differenze derivano in larga parte – afferma Campailla – da un sistema di riparto dei fondi che insistendo su ambigui criteri di merito sta finendo per concentrare le risorse e gli investimenti in pochi atenei di serie A che coprono un triangolo di 200 chilometri di lato con vertici Milano, Bologna e Venezia (e qualche estensione territoriale a Torino, Trento, Udine); mentre la serie B, cioè gli altri atenei, copre il resto del Paese».
Accuse che Francesca Puglisi, responsabile Scuola, Università e Ricerca del Pd, cerca di smontare: «Dopo anni di tagli nella legge di stabilità in discussione alla Camera dei deputati il Governo Renzi torna ad investire nell’Università e nel diritto allo studio. È vero, come argomenta la Fondazione Res i divari che attraversano il Paese nascono anche dalla diversa attenzione che le Regioni del centro nord tradizionalmente hanno dedicato all’istruzione, all’innovazione e al diritto allo studio. Oggi il Governo aumenta di 50 milioni di euro il diritto allo studio perché tutti i capaci e meritevoli privi di mezzi possano accedere ai più alti gradi di istruzione, sblocca la possibilità di assumere giovani ricercatori a tempo determinato e realizza un piano straordinario di assunzioni di 1000 ricercatori». «Ma le Regioni che secondo la riforma costituzionale dovranno promuovere il diritto allo studio devono fare la loro parte», aggiunge.
«Programma pluriennale per il rilancio». Per Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari «è necessario un programma pluriennale per il rilancio dell’università italiana, specie nel Mezzogiorno – conclude -. Noi lo denunciamo da tempo e continueremo la nostra campagna sulla “questione meridionale” realizzando una serie di iniziative in tutt’Italia. Scuola, università e diritti sono i punti di partenza per il rilancio del Meridione e di tutto il Paese».
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