La riforma degli Enti Locali in Sardegna
IL PUNTO DI VISTA DELLA CSS SULLA RIFORMA DEGLI ENTI LOCALI
D.L. 176
Questo martedì 1 dicembre 2015 si riuniranno tutti i Sindaci della Sardegna per rinnovare la richiesta della sospensione del processo legislativo del D.L. 176 della Giunta Regionale, così come licenziato dalla I° Commissione del Consiglio Regionale e l’apertura immediata di un tavolo di confronto con la Giunta e lo stesso Consiglio,
La Confederazione Sindacale Sarda-CSS fa propria questa accorata ed unanime richiesta dei sindaci perché “nel rispetto del principio di leale collaborazione fra enti,siano individuati enti e livelli amministrativi che garantiscano pari diritti,medesime opportunità ed uguale riconoscimento (costituzionale e di rappresentanza politica) a tutti i territori e a tutti i cittadini della Sardegna”.
La Riforma, così come l’abbiamo potuta leggere nel testo licenziato dalla I° Commissione, non assicura questa parità di diritti ed è un fatto gravissimo che la stessa arrivi in aula alla discussione ed eventuale approvazione del Consiglio Regionale senza che si sia aperto un grande dibattito pubblico e coinvolgimento generale di tutti i protagonisti sociali a partire dai sindaci e dai Consigli comunali,rappresentanti delle nostre comunità, primi soggetti di democrazia partecipata.
La Riforma deve porre al centro i cittadini e la Sardegna, deve fondarsi sulle comunità dei nostri paesi e delle nostre città senza alcuna discriminazione e sottovalutazione del loro peso politico e rilevanza costituzionale. – SEGUE –
Le Unioni di Comuni devono sfuggire alla logica predeterminata in base ad ipotesi di regioni storiche e di lobbies di aggregazione con super provincie tirreniche,mediterranee o di città-territoriali allargate di tipo metropolitano che sono alchimie politiche e non razionali definizioni riformatrici secondo lo spirito dei risultati referendari e le innovative tendenze istituzionali che si possono sperimentare con il Federalismo dei Comuni.
Le Unioni di Comuni ,senza una visione alta di Federalismo Istituzionale,restano al massimo una “modalità di esercizio”di alcune funzioni e l’erogazione di alcuni servizi, solo quando ciò risulti più vantaggioso economicamente e più efficace ed efficiente.
Ma l’Unione dei Comuni non possono sostituire i livelli istituzionali politici previsti dalla Costituzione che si devono reggere sul principio di mutualità e collaborazione come sancito dalla Carta Europea delle Autonomie Locali.
La CSS ritiene che ,invece,in una logica di Federalismo intero istituzionale, i Comuni ed i loro Consigli Federali possono scegliere a seconda delle strategie territoriali di sviluppo ed i progetti attuativi delle scelte maturate in base alle risorse finanziarie disponibili o da acquisire, partenariati
tra Comuni definendo volta per volta,senza complicazioni burocratiche,confini di progetto o di gestione di servizi essenziali e collettivi. Queste opportunità ad aggregarsi dovranno garantire le soluzioni più efficaci,efficienti ed economiche possibili,garantendo la funzionalità dei servizi e dei programmi operativi e finanziari,dando vita a specifici Bilanci Federali concordati e deliberati in fase preventiva e consuntiva dalle Federazioni Territoriali dei Comuni interessati. oltrechè dal Consiglio Federale e quanto di competenza del Consiglio Regionale.
La CSS è convinta che con l’avvio del processo di integrazione Federale dei comuni della Sardegna sarà facilitato di conseguenza il processo federale dello Stato e dell’Europa dei Popoli.
Questa visione ed impostazione federale esclude la scelta antistorica e pericolosa per la stessa unità e autonomia speciale della Regione presente nel D.L. della Giunta Regionale ,licenziato dalla I° Commissione,di considerare la Città di Cagliari come unica città metropolitana della Sardegna,concentrando su di essa la maggior parte delle funzioni,enti e risorse che appartengono all’intera Sardegna e che,invece,devono essere equamente distribuite sul territorio sardo,rispettando le realtà socio-culturali,amministrative,economico-politico e istituzionali.
Facciamo appello a tutte le forze democratiche perché ci sia un ripensamento ed una modifica di questa inadeguata proposta di Riforma perché la fretta di decidere non costringa in una camicia di forza la nostra isola,che per volare ha bisogno almeno di due ali e di un motore .i cui componenti siano plurali e condivisi,nel rispetto dei valori di identità,equità,.fratellanza,democrazia e libertà di cui andiamo fieri.
CAGLIARI, 30 novembre 2015
Il Segretario Generale della CSS
Dr Giacomo Meloni
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Documentazione
Il Disegno di legge regionale 176/2015
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CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURA
DISEGNO DI LEGGE N. 176
presentato dalla Giunta regionale,
su proposta dell’Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica, ERRIU
di concerto con l’Assessore regionale degli affari generali, personale e riforma della Regione, DEMURO
il 15 gennaio 2015
Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna
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RELAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
Il presente disegno di legge considera come necessario e improrogabile il grande obiettivo di riforma del sistema delle autonomie locali della Regione, quale momento propulsivo di modernizzazione di una pubblica amministrazione che deve mirare a essere dinamica, efficiente, economica, il più possibile vicina ai cittadini, capace di individuare soluzioni gestionali e amministrative omogenee nei diversi ambiti territoriali governati.
La riforma risulta indifferibile considerata l’urgenza di dare risposta alle prospettive di riordino scaturenti dall’esito dei referendum del 6 maggio 2012, abrogativi delle leggi istitutive delle province di Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia Tempio, nonché dalla necessità di adeguarsi alla legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta legge Delrio), che contiene alcuni principi di grande riforma economica e sociale applicabili anche alla Regione Sardegna.
Il disegno di legge, cogliendo la richiesta di cambiamento che giunge dalla società, oggi più che mai pressante a causa della grave crisi economico-sociale, opera una scelta che si colloca nel solco del processo riformatore in atto e individua una nuova e più razionale organizzazione delle autonomie locali finalizzata a una gestione più efficiente delle funzioni e dei servizi da esse svolte.
I pilastri su cui poggia la riforma istituzionale sono i comuni, in forma singola o associata. La Regione continua a svolgere i compiti di indirizzo, programmazione e controllo; i comuni svolgono le funzioni amministrative in unione o Associazione di unioni per assicurarne l’esercizio più conforme al principio costituzionale di adeguatezza e, conseguentemente, assicurare criteri di economicità ed efficienza gestionale. É una riforma, dunque, imperniata sulla distribuzione razionale delle competenze e delle correlate funzioni (senza duplicazione di ruoli e di costi), in una prospettiva autonomistica marcata in favore dell’ente locale protagonista.
Ne discende che i comuni sono i veri protagonisti del cambiamento. In forma singola perché il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo, continuando a essere punto di riferimento insostituibile per i cittadini e in forma associata perché lo svolgimento delle funzioni e dei servizi insieme ai comuni contermini consente di migliorare la qualità degli stessi, ridurne i costi e aumentare la specializzazione degli addetti.
In questa nuova dimensione politica e amministrativa, gli stessi concetti di adeguatezza e sussidiarietà assumono una connotazione maggiormente adesiva alla finalità di garanzia di pari dignità del cittadino di fronte alla pubblica amministrazione.
La riforma non perde mai di mira l’aspetto essenziale della qualità della vita del cittadino, promuovendo l’organizzazione di una governance capace di offrire soluzioni alle difficoltà che i singoli enti incontrano nel dar corso alle competenze a essi attribuite.
Appare manifesta la direzione della riforma nel senso anzidetto, laddove si consideri l’effetto della previsione dell’ambito territoriale ottimale e dell’ambito territoriale strategico, basati sulla conformazione delle regioni storiche, quali aree geografiche adeguate a favorire “standard” di efficienza ed efficacia nell’erogazione dei servizi pubblici e non isolate performance da parte del singolo ente locale.
In quest’ottica il disegno di legge promuove l’associazionismo dei comuni, attraverso modalità estremamente flessibili di aggregazione, e l’adesione obbligatoria all’unione da parte di tutti i comuni, esprime la volontà del legislatore regionale di eliminare, laddove presente, il divario qualitativo nell’offerta del servizio erogato e di garantire lo sviluppo e l’equilibrio socio-economico delle comunità locali.
Ne consegue che i comuni, attraverso l’unione, e l’unione, attraverso l’associazione di unioni, per l’esercizio di alcune importanti funzioni di area vasta, costituiscono il fulcro della riforma e mirano a garantire ai cittadini la parità di accesso ai servizi, indipendentemente dal luogo in cui risiedono.
Il disegno di legge si sofferma in particolar modo sulle politiche regionali per i territori svantaggiati, prevedendo specifici incentivi alle pluriattività e altre iniziative volte alla tutela e alla valorizzazione delle vocazioni produttive dei territori.
Nella prospettiva di valorizzazione dell’autonomia locale nella gestione dell’area vasta si colloca, altresì, la disciplina della città metropolitana di Cagliari.
La particolare condizione di stretta interazione economico-sociale della città di Cagliari con alcuni dei comuni a essa contermini o, comunque, dalla stessa fortemente influenzati, come noto, avevano già da tempo evidenziato l’opportunità di assoggettare tale “area” a una specifica disciplina che ne considerasse l’importanza strategica.
Il presente disegno di legge prevede l’istituzione della città metropolitana di Cagliari, secondo un modello ristretto, ovvero, non coincidente con la Provincia di Cagliari, limitato al perimetro corrispondente ai territori comunali dei comuni facenti parte del forum dei sindaci del piano strategico intercomunale o aventi, con la stessa, rapporti di contiguità territoriale o economico-sociale. Si tratta di un’istituzione territoriale caratterizzata da un marcato policentrismo che per dimensioni, importanza demografica e funzioni a essa attribuite gestisce un ambito “ottimale” allargato e in continua crescita. La città metropolitana di Cagliari ha come obiettivo e conseguente responsabilità, il rilancio del sistema economico e produttivo del proprio territorio, il quale potrà riflettersi positivamente sull’intera regione. In proposito di primaria importanza sono le iniziative di livello comunitario, quale ad esempio la rete Eurocities, in quanto creano interessanti e proficue interazioni tra le diverse città metropolitane europee.
Il disegno di legge disciplina, altresì, in via transitoria, le funzioni delle province attraverso una serie di articoli che si preoccupano, innanzitutto, di predisporre propedeuticamente l’ordinamento locale alla definitiva abolizione di tale istituzione, salvaguardando le esigenze della cittadinanza e le professionalità nel tempo acquisite dai relativi operatori.
La parte del presente articolato dedicata alle province deve essere letta soprattutto nell’ottica riformistica sopra preannunciata e nel naturale ricostituirsi degli equilibri istituzionali di livello locale, alla luce del rinnovato atteggiarsi dei principi di adeguatezza, differenziazione e sussidiarietà.
Infine, i titoli IV e V del disegno di legge contengono disposizioni varie in materia di enti locali, quali l’abolizione del controllo eventuale, le norme sull’organo di revisione economico-finanziaria e quelle riguardanti il monitoraggio sullo stato di attuazione, resesi necessarie per adeguare la normativa regionale al mutato quadro legislativo.
Presentazione degli articoli
Il disegno di legge “Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna” è suddiviso in 5 titoli, a loro volta ordinati in capi. Si compone di 60 articoli. I titoli ordinano le seguenti discipline:
- Titolo I (artt. 1-3) Finalità e principi;
- Titolo II (artt. 4-25) Riordino territoriale, unioni di comuni e associazioni di unioni di comuni;
- Titolo III (artt. 26-44) Città metropolitana di Cagliari e norme transitorie in materia di province;
- Titolo IV (artt. 45-53) Norme in materia di controlli. Istituzione e fusione di comuni e disposizioni varie;
- Titolo V (artt. 54-60) Norme finali e abrogazioni.
Titolo I Finalità e principi (artt. 1-3)
Il titolo si compone di un unico capo.
Il titolo I detta le disposizioni contenenti le linee direttrici della riforma delle autonomie locali che avviene nel rispetto dell’invariato contenuto del titolo V della Carta costituzionale e in coerenza a quanto previsto dalle disposizioni di riferimento dello Statuto speciale.
I tre articoli del titolo delineano la prospettiva riformistica che si vuole perseguire e anticipano quali saranno le caratteristiche precipue della riforma.
Innanzitutto, si dispone che la Regione individua nei comuni, singoli o associati, nelle unioni di comuni e loro associazioni e nella città metropolitana, i soggetti deputati allo svolgimento delle funzioni amministrative e promuove la gestione associata delle funzioni e dei servizi incentivando le unioni di comuni e l’aggregazione delle unioni in ambiti di più vaste dimensioni.
Si evidenziano le finalità di garanzia di sviluppo ed equilibrio socio-economico delle comunità locali, attraverso l’individuazione degli ambiti ottimali e strategici quali aree di riferimento territoriale, idonee ad assicurare la coesione tra territori e la conseguente ottimizzazione e semplificazione delle relazioni tra gli enti che di quei territori fanno parte; in questo modo si potrà garantire l’uniformità dei livelli essenziali delle prestazioni nell’intero territorio regionale (articolo 1).
L’articolo 2 definisce l’ambito territoriale ottimale e strategico, la città metropolitana, le province soppresse, i commissari straordinari e le associazioni di unioni di comuni.
Il titolo chiude con la proclamazione delle politiche regionali (articolo 3) che mirano a favorire la gestione associata delle funzioni e dei servizi, coordinandosi con le indicazioni del Piano di riordino (di cui all’articolo 5), con riguardo alle aree caratterizzate da particolari situazioni di svantaggio economico e sociale, prevedendo apposite disposizioni su misure di sostegno e servizi di prossimità dei territori svantaggiati.
Titolo II Riordino territoriale, unioni di comuni e associazioni di unioni di comuni (artt. 4-25)
Il titolo si suddivide in tre capi.
Il capo I definisce gli ambiti territoriali ottimali e strategici quali circoscrizioni sovracomunali adeguate per lo svolgimento delle funzioni attribuite alle unioni e alle associazioni di unioni di comuni (articolo 4).
Una volta definite le forme di manifestazione della potestà pubblica comunale nelle diverse dimensioni ultra municipali, il titolo affronta il tema del riassetto dei livelli territoriali attualmente in essere.
La proposta di Piano, che coinvolge tutti i comuni della Regione, è adottata entro venti giorni dall’entrata in vigore della legge di riordino e ha il fine di incrementare i livelli di efficienza ed efficacia nella gestione delle funzioni degli enti locali. Il piano, che ha validità triennale, definisce gli ambiti territoriali ottimali e strategici nella considerazione della continuità territoriale e della conformazione delle regioni storiche della Sardegna. Garantisce, inoltre, il riordino dei distretti sanitari, al fine di assicurarne la coerenza con uno o più ambiti territoriali ottimali o con l’ambito territoriale strategico.
Entro trenta giorni successivi alla proposta di piano i comuni trasmettono all’Assessorato regionale degli enti locali, finanza e urbanistica la delibera del consiglio comunale contenente l’eventuale richiesta di inserimento in un ambito territoriale diverso; opzione praticabile anche da comuni che per effetto delle scelte deliberate da altri comuni si trovino a esser confinanti (pur non essendo originariamente contigui) con il diverso ambito prescelto (articolo 5).
La possibilità di configurare assetti territoriali (quindi organizzativi e funzionali) diversi è contemplata anche per le unioni di comuni, le quali possono chiedere l’inserimento in un diverso ambito territoriale strategico, purché siano rispettati i requisiti indicati dall’art. 7. L’ambito strategico, inoltre, costituisce riferimento per la distribuzione territoriale delle articolazioni dei servizi regionali.
Nel capo II, l’articolo 8 disciplina le unioni, enti locali con autonomia normativa e finanziaria, che hanno lo scopo di esercitare in forma associata funzioni e servizi di loro competenza. Le unioni non potranno avere una popolazione inferiore a 10 mila abitanti. Le modalità organizzative dell’unione sono flessibili, così che, tramite apposita previsione statutaria, la gestione delle funzioni e dei servizi potrà avvenire anche per ambiti sub-territoriali.
L’adesione all’unione è obbligatoria. I comuni non appartenenti a unioni al momento della entrata in vigore della legge, a eccezione dei comuni appartenenti alla città metropolitana di Cagliari, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, costituiscono unioni di comuni in coerenza con l’ambito ottimale di riferimento ovvero aderiscono a una unione già esistente.
Saranno denominate unioni di comuni anche le comunità montane di cui alla legge regionale 2 agosto 2005, n. 12, che dovranno adeguare i loro statuti e i regolamenti alle disposizioni della legge sul riordino.
L’articolo 9 disciplina lo statuto dell’unione approvato dai consigli dei comuni aderenti. Lo statuto individua la sede e la denominazione dell’ente, le competenze e le modalità di funzionamento degli organi e dei relativi rapporti, le norme fondamentali dell’organizzazione interna e le procedure di approvazione dei regolamenti. Per la modifica dello stesso è competente l’Assemblea dell’unione. Lo statuto non potrà derogare ai limiti demografici minimi stabiliti dal precedente articolo 8.
L’unione ha potestà regolamentare nelle materie di propria competenza e in particolare per l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni e per i rapporti con i comuni associati (articolo 10).
L’articolo 11 disciplina gli organi dell’unione che sono: l’assemblea dei sindaci, il presidente e il consiglio di amministrazione. Tutte le predette cariche sono svolte a titolo gratuito.
L’assemblea dei sindaci dei comuni associati è l’organo di indirizzo politico-amministrativo dell’unione e, come accennato, approva le modifiche dello statuto, i regolamenti, gli atti pianificatori e programmatici oltre agli altri atti previsti dallo statuto (articolo 12).
Il consiglio di amministrazione è formato dal presidente e da non più di quattro membri; ha competenza residuale sulle funzioni di governo non riservate ad altri organi dallo statuto; opera istituzionalmente come collegio e collabora col presidente al governo dell’ente (articolo 13).
Il presidente è scelto tra i sindaci dei comuni associati. É il rappresentante dell’unione, convoca e presiede l’assemblea e il consiglio di amministrazione, sovrintende al funzionamento degli uffici, attribuisce gli incarichi dirigenziali e nomina i responsabili degli uffici e dei servizi (articolo 14).
L’unione dispone di una propria dotazione organica composta, in sede di prima applicazione della legge, dal personale proveniente dalle province soppresse ovvero proveniente dalle altre province e dai comuni facenti parte dell’unione. Alle unioni è data la facoltà di nominare un direttore generale scelto tra il personale di qualifica dirigenziale delle province soppresse, ovvero del comparto regione-enti locali e tra i segretari comunali.
Nei trasferimenti del personale, con riferimento agli aspetti economico-giuridici delle posizioni lavorative, la disciplina è quella delineata dall’articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 7 aprile 2014, n. 56 (articolo 15).
L’articolo 16 disciplina le associazioni di unioni di comuni per l’esercizio delle funzioni di area vasta. Si tratta di una delle disposizioni fondamentali della riforma. Le associazioni offrono una ulteriore opportunità per la realizzazione di politiche pubbliche di razionalizzazione della gestione dei servizi e delle funzioni. L’associazione si costituisce anche attraverso l’istituto della convenzione, la quale definisce l’esercizio coordinato delle funzioni di area vasta attribuite o delegate con legge regionale, comprese quelle già svolte dalle province o conferite dalle unioni facenti parte dell’associazione. Stabilisce inoltre i fini, la durata, le forme di consultazione e i rapporti finanziari e di garanzia tra gli enti interessati (articolo 16, comma 2). L’associazione può costituire uffici comuni che operano con personale degli enti convenzionati, ovvero può delegare la funzione a uno degli enti stessi che la eserciterà in nome e per conto dei deleganti. La rappresentanza degli enti partecipanti all’associazione è garantita dalla conferenza dei presidenti delle unioni.
Viene poi stabilito che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (3.000 per quelli che sono appartenuti alle comunità montane) svolgono obbligatoriamente in forma associata, mediante le unioni di comuni, le funzioni fondamentali indicate dalla normativa statale e che il limite demografico minimo che i comuni tenuti all’esercizio obbligatorio in forma associata devono raggiungere è di 10.000 abitanti. Tale limite demografico non si applica nelle unioni che comprendono uno o più comuni non obbligati all’esercizio associato delle funzioni fondamentali. Per i casi di mancato ottemperamento nei termini agli obblighi di esercizio associato delle funzioni, la Regione interviene in sostituzione del comune inadempiente (articolo 17).
I comuni potranno svolgere in forma associata anche le funzioni non fondamentali. Si affermano, inoltre, il cosiddetto principio di non duplicazione, a guisa del quale la stessa funzione non può essere svolta da più di una forma associativa e il principio di non sovrapposizione per il quale i comuni associati non potranno svolgere singolarmente le funzioni svolte in forma associata (fondamentali e non).
Tra le funzioni facoltativamente esercitabili dai comuni in forma associata (nell’unione) ve ne sono alcune che per la loro importanza vengono integralmente disciplinate dal legislatore regionale, che individua il profilo giuridico del responsabile dell’attività e il soggetto titolare del potere di nomina di tale responsabile (articolo 18).
A far data dall’approvazione della modifica dell’articolo 43 dello Statuto, come per le unioni (per le quali l’obbligo è immediato) alcune funzioni sono svolte obbligatoriamente anche dall’associazione delle unioni, ovvero da una singola unione che abbia i requisiti dimensionali dell’ambito strategico, nella prospettiva di rafforzamento dell’efficienza e dell’efficacia nell’erogazione dei servizi e nella gestione delle funzioni, nonché al fine di rendere omogenei i livelli delle prestazioni anche nelle associazioni di unioni (articolo 19).
Gli articoli 20 e 21 sono dedicati ai finanziamenti che la Regione eroga per favorire l’esercizio associato di funzioni e a quelli finalizzati a incentivare le spese di investimento in forma associata. I primi, con funzione di garanzia della stabilità della gestione associata, sono realizzati nella forma del trasferimento di risorse dal fondo unico di cui alla legge 29 maggio 2007, n. 2 con criteri definiti dalla Giunta regionale, previa intesa in sede di Conferenza permanente Regione-enti locali, avuto riguardo alle situazioni di maggiore svantaggio economico sociale, ma anche ai risparmi di spesa ottenuti nella gestione delle funzioni svolte. I finanziamenti per investimento (assegnati con programma triennale) saranno disponibili per opere di interesse sovracomunale, acquisizione di beni strumentali all’esercizio di funzioni in forma associata, trasformazione in senso sovracomunale di infrastrutture già esistenti.
Il capo III è dedicato alle politiche per i territori svantaggiati. Il disegno di legge considera lo svantaggio oggettivo di alcuni territori rispetto alla restante parte della Regione. In queste realtà, la riforma organizzativa sottesa al riordino degli enti locali, rischia di non essere ragione sufficiente della ripresa del benessere economico-sociale, se non sostenuta da ulteriori forme di supporto strutturale, logistico e finanziario.
Vengono così individuati degli indici da ponderare al fine di calcolare un parametro unitario di disagio utile all’orientamento delle politiche per i territori svantaggiati (articolo 22). Sono, quindi, garantiti anche per le unioni di comuni i servizi minimi di trasporto locale (articolo 23) e sono previsti incentivi per agevolare l’imprenditoria giovanile e valorizzare le vocazioni produttive dei territori, con particolare riferimento alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale e alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico (articolo 24). Inoltre, la Regione promuove i servizi di prossimità i quali, ancora nella prospettiva di omogeneizzazione della qualità dei servizi erogati, sono organizzati al fine di presiedere all’erogazione di servizi e alla gestione di funzioni che assicurano la buona qualità della vita anche nei territori svantaggiati (articolo 25).
Titolo III Città metropolitana di Cagliari e norme transitorie in materia di province (articoli 26-44)
Il titolo si suddivide in due capi.
Nel capo I si trovano le disposizioni relative all’istituzione dell’area metropolitana di Cagliari.
La disciplina della città metropolitana costituisce il punto di arrivo di una meditazione ultraventennale sulla riorganizzazione dell’area vasta caratterizzata dalla stretta interrelazione (sociale-economica-culturale) tra una città e gli enti comunali che attorno a questa vivono, si sviluppano e quotidianamente si relazionano. L’istituzione della città metropolitana di Cagliari rappresenta qualcosa di più dell’ente destinato a sostituire la provincia che lo include(va). Intanto per le dimensioni: è stato adottato un modello ristretto costituito dai comuni contermini alla città di Cagliari, dai comuni facenti parte del forum permanente dei sindaci del Piano strategico intercomunale e dai comuni i cui insediamenti abbiano con la città di Cagliari rapporti di stretta integrazione (articolo 26).
I tempi della istituzione della città metropolitana sono individuati nel comma 3 dell’articolo 26 per quanto attiene all’approvazione dell’elenco dei comuni che faranno parte della città metropolitana (20 giorni) e dai termini per l’esercizio della facoltà di distacco dalla città (articolo 27). La procedura in questione, ammessa solo nel caso in cui il distacco non interrompa la continuità territoriale nell’ambito della città metropolitana, dovrà essere attivata entro 20 giorni dall’adozione della delibera di Giunta regionale di approvazione dell’elenco di cui all’articolo 26. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, la Giunta regionale, approva l’elenco definitivo dei comuni che costituiscono la città metropolitana. Entro novanta giorni, i comuni interessati approvano l’atto costitutivo e lo statuto della stessa. Nello stesso tempo, la città metropolitana subentra alla provincia di Cagliari con riguardo all’area territoriale risultante dalla sommatoria delle circoscrizioni dei comuni aderenti. Il subentro riguarderà anche tutti i rapporti attivi e passivi. Dalla stessa data la città metropolitana opererà con le risorse umane e strumentali a essa conferite secondo quanto previsto dall’articolo 35. I comuni partecipanti conferiscono alla città metropolitana le risorse umane e strumentali per lo svolgimento delle funzioni amministrative a essa trasferite. Sempre dalla stessa data il sindaco del comune capoluogo assumerà le funzioni di sindaco metropolitano (articolo 28).
L’articolo 29 disciplina lo statuto della città metropolitana e individua quali organi della stessa il sindaco metropolitano, l’assemblea metropolitana e il consiglio di amministrazione (articolo 30). Tutti gli organi della città metropolitana (sindaco, componente dell’assemblea e del consiglio di amministrazione) esercitano l’incarico a titolo gratuito. Il sindaco della città metropolitana, rappresenta l’ente, convoca e presiede l’assemblea e il consiglio di amministrazione, sovrintende al funzionamento degli uffici e all’esecuzione degli atti oltre a esercitare le ulteriori funzioni a esso conferite dallo statuto. Il disegno di legge stabilisce che lo statuto della città metropolitana può prevedere l’elezione diretta del sindaco metropolitano secondo il sistema elettorale che sarà determinato con legge regionale e che, in fase di prima applicazione, e in ogni caso fino all’approvazione della legge elettorale regionale, sindaco metropolitano è il sindaco del comune capoluogo (articolo 31). L’assemblea è l’organo di indirizzo e controllo ed è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni appartenenti alla Città metropolitana, fatta salva l’eventuale previsione statutaria di elezione diretta, come prevista da apposita legge regionale. Tra i suoi compiti rientrano, tra l’altro, l’approvazione delle modifiche statutarie, dei regolamenti, dei piani e dei programmi e dei bilanci dell’ente (articolo 32).
Il consiglio di amministrazione viene eletto dall’assemblea dei sindaci al suo interno. È un collegio formato da non più di quattro membri, oltre al sindaco metropolitano, col quale collabora nelle funzioni non riservate agli altri organi di governo, oltre a quelle a esso attribuite dallo statuto (articolo 33).
La città metropolitana esercita le funzioni fondamentali della provincia di Cagliari, quelle proprie stabilite dalla presente legge o da altre leggi regionali e quelle che saranno attribuite dai comuni partecipanti e in particolare: adozione e aggiornamento annuale del piano di sviluppo strategico triennale del territorio, elaborazione dello strumento di pianificazione generale della città metropolitana; promozione e gestione in forma integrata dei servizi, infrastrutture e reti di comunicazione di interesse della città, cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici e organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e locale, promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano (articolo 34).
Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il commissario della provincia di Cagliari trasmette all’Assessore degli enti locali, finanze e urbanistica, l’elenco dei beni mobili e immobili della provincia, il rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio finanziario, la situazione di bilancio aggiornata, l’elenco del personale. Entro i trenta giorni successivi, tramite decreto del presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, si provvede ad assegnare alla città, secondo il criterio della competenza territoriale: i beni mobili e immobili insistenti nel territorio dei comuni appartenenti alla città metropolitana; il personale a tempo indeterminato necessario per l’esercizio delle funzioni conferite alla città, l’elenco dei procedimenti connessi alle funzioni medesime. Sono garantite al personale la posizione giuridica ed economica e le altre voci del trattamento economico fondamentale e accessorio goduto fino al trasferimento (articolo 35).
Il capo II riguarda il riordino, gli organi e le funzioni delle province. Il territorio della Regione si articola nella città metropolitana di Cagliari e nelle province di Sassari, Nuoro, Oristano e Sud Sardegna, quest’ultima coincidente con la provincia storica di Cagliari, escluse le circoscrizioni comunali facenti parte della città metropolitana omonima. Le circoscrizioni provinciali corrispondono a quelle antecedenti all’entrata in vigore della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 e dello schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale con provvedimento del 31 marzo 1999. Entro venti giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta lo schema di assetto delle province (articolo 36). Entro venti giorni dalla pubblicazione sul Buras dello schema di cui all’articolo 36 citato, i soli comuni che, in base a tale riassetto mutano provincia, potranno optare, con deliberazioni dei rispettivi consigli comunali, per l’inserimento in una provincia diversa, purché confinante con il proprio territorio. Tale facoltà è estesa anche ai comuni non confinanti con la provincia prescelta purché, a seguito della scelta di aggregazione sopra descritta, sia garantita la continuità territoriale (articolo 37).
La Giunta regionale, entro venti giorni dall’entrata in vigore della presente legge, stabilisce gli indirizzi a cui devono uniformarsi i commissari per lo svolgimento delle loro funzioni, con particolare riguardo al personale, ai trasferimenti dei beni e ai procedimenti in corso. La Regione, con successivo decreto presidenziale, procede all’assegnazione dei beni mobili e immobili delle province soppresse alle unioni di comuni nel cui territorio sono ubicati i beni da trasferire, fatta eccezione per le strade provinciali e le scuole di istruzione secondaria di secondo grado che, in attesa della riforma dell’art. 43 dello Statuto speciale, rimangono di competenza delle province cosiddette “storiche” e della Città metropolitana. Provvede, inoltre, all’assegnazione del personale in ruolo prioritariamente alle unioni predette, in subordine ai comuni dello stesso territorio e in via ulteriormente subordinata ai restanti comuni della Sardegna. I commissari straordinari, nei venti giorni successivi al citato decreto del Presidente della Regione, adottano gli atti conseguenti alla sua attuazione e, in ogni caso, cessano dalla carica entro il trentesimo giorno successivo al medesimo decreto presidenziale (articolo 38).
Le province esercitano le funzioni fondamentali indicate dal’articolo 1, comma 85 della legge 7 aprile 2014, n. 56. Entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale approva la legge di riordino delle funzioni fondamentali, stabilendo i criteri per l’assegnazione dei beni, delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle stesse funzioni (articolo 39).
Gli articoli 40, 41 e 42, disciplinano gli organi della provincia, individuati nel presidente della provincia e nel consiglio provinciale che esercitano i loro incarichi a titolo gratuito. Il presidente è eletto, con elezioni di secondo grado e con voto ponderato, tra i sindaci dei comuni della provincia e decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (articolo 41). Possono essere eletti, sempre con elezioni di secondo grado e con voto ponderato, nel consiglio provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica nonché, in sede di prima applicazione della presente legge, i consiglieri provinciali uscenti (articolo 42). Per l’elezione degli organi si applicheranno le disposizioni di cui all’articolo 1 commi 61, 62 e 64 (quanto al presidente) e i commi dal 70 al 75 e 77, 78 (quanto al consiglio provinciale) della legge 7 aprile 2014, n. 56.
Ai fini delle elezioni, i comuni sono suddivisi in 5 fasce demografiche (fino a 1.000 abitanti, superiore a 1.000 e fino a 3.000, superiore a 3.000 e fino a 5.000, superiore a 5.000 e fino a 15.000, superiore a 15.000) sulle quali è individuato un indice di ponderazione determinato secondo le modalità indicate analiticamente dal’articolo 43.
L’articolo 44, ultimo del titolo III, prevede che, le società in house delle province soppresse siano poste in liquidazione entro i venti giorni successivi alla adozione della deliberazione di Giunta, che stabilisce gli indirizzi a cui devono uniformarsi i commissari delle medesime province soppresse. La Regione promuove la ricollocazione del personale appartenente alle società poste in liquidazione presso altre società in house del sistema degli enti locali.
Titolo IV Norme in materia di controlli. Istituzione e fusione di comuni e disposizioni varie (articoli 45-53)
Il titolo si compone di un solo capo.
L’articolo 45, in aderenza al principio di equiordinazione e pari dignità tra le istituzioni territoriali, dispone l’abolizione del controllo eventuale sugli atti degli enti locali di cui alla legge regionale 22 aprile 2002, n. 7.
L’articolo 46 disciplina il potere sostitutivo. Per la salvaguardia degli interessi unitari nel pieno rispetto dell’autonomia degli enti locali e del principio di leale collaborazione, in caso di mancata adozione nel termine previsto di atti obbligatori ai sensi della presente legge di riordino, l’Assessore competente in materia di enti locali, sentito l’ente inadempiente, assegna a quest’ultimo un termine per provvedere, trascorso il quale adotta gli atti in via sostitutiva mediante la nomina di un commissario ad acta. Il comma 5 dell’articolo estende la disciplina prevista in tutti i casi in cui le leggi regionali prevedono poteri sostitutivi da parte della Regione per il compimento di atti obbligatori da parte degli enti locali.
L’articolo 47 reca la disciplina sulla composizione del consiglio e della giunta comunale. Il consiglio è composto dal sindaco e da otto membri nei comuni con popolazione fino a mille abitanti, dal sindaco e da dodici, sedici, venti, ventiquattro, ventotto, trentaquattro membri rispettivamente nei comuni con popolazione superiore a 1.000, 5.000, 15.000, 25.000, 50.000 e 100.000 abitanti. Si dispone, altresì, che a decorrere dall’entrata in vigore della legge il numero degli assessori comunali non debba essere superiore a un quarto, arrotondato all’unità superiore, del numero dei consiglieri comunali, computando a tal fine anche il sindaco.
Si dispone, inoltre, sui revisori dei conti (articolo 48). È previsto che nei comuni con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti la revisione economico-finanziaria sia affidata a un collegio di tre membri, mentre al di sotto di tale soglia demografica la revisione è affidata a un unico revisore. Nelle unioni di comuni le funzioni dell’organo di revisione sono svolte da un unico revisore. Sono previste particolari forme di revisione economico-finanziaria per le unioni che svolgono in forma associata tale funzione e per quelle che svolgono tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte.
L’articolo 49 dispone in merito alle modalità di pubblicazione delle deliberazioni degli organi locali, prevedendo l’utilizzo dell’albo pretorio on line dell’ente e la contestuale trasmissione, anche in via telematica, da parte del segretario dell’ente, ai gruppi consiliari o assembleari, della comunicazione dell’avvenuta pubblicazione delle deliberazioni.
Si prevede, inoltre, la sostituzione dell’articolo 2 della legge regionale 30 ottobre 1986, n. 58, con altra disposizione in cui si stabilisce, fatti salvi i casi di fusione o incorporazione, l’impossibilità di istituire nuovi comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti o la cui costituzione comporti come conseguenza che altri comuni scendano sotto tale limite (articolo 50).
É previsto che la Regione eroghi contributi aggiuntivi a quelli statali al fine di favorire la fusione dei comuni (articolo 51).
L’articolo 52 reca disposizioni sul personale delle soppresse comunità montane, per il quale si applicano le disposizioni previste dai commi 5, 6, 7 e 8 dell’articolo 38, nell’ipotesi in cui non trovi collocazione alla data di entrata in vigore della presente legge.
Si dispone, inoltre, lo scioglimento dei consorzi costituiti per l’esercizio di funzioni comunali (articolo 53) e il conseguente subentro dell’unione dei comuni coincidente col territorio dei comuni consorziati, in tutti i rapporti attivi e passivi.
Titolo V Norme finali e abrogazioni (articoli 54-60)
Il titolo si compone di un solo capo.
L’articolo 54 reca la disciplina degli organi elettivi provinciali in scadenza, prevedendo che a decorrere dal 15 giugno 2015 il presidente della provincia in carica (ovvero il commissario) assuma le funzioni del consiglio e della giunta provinciale, nei limiti di quanto disposto dall’articolo 163, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e per gli atti urgenti e indifferibili. Il Presidente ovvero il commissario cessa dalla carica con l’elezione del presidente eletto ai sensi dell’articolo 41 della presente legge.
Si prevede un rinvio al decreto legislativo n. 267 del 2000 per tutto quanto non previsto dalla presente legge (articolo 55).
Il legislatore, al fine di monitorare lo stato di attuazione della presente legge, prevede che la Giunta, trascorsi sei mesi dall’entrata in vigore della stessa, trasmetta al Consiglio regionale una relazione che riferisca, tra l’altro, sulla gestione associata delle funzioni, sull’istituzione della città metropolitana e sul riordino delle circoscrizioni provinciali, sul trasferimento di fondi alle unioni per l’esercizio delle funzioni loro conferite, sul personale trasferito, sull’esercizio dei poteri sostitutivi e sulle ulteriori iniziative adottate o da adottare ai sensi della presente legge (articolo 56).
Gli articoli 57 e 58 dispongono diverse abrogazioni, sostituzioni o modificazioni di norme. L’articolo 59 dispone che dalla presente legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale. L’articolo 60 dispone sull’entrata in vigore della presente legge e sulla sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.
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INDICE
Titolo I Finalità e principi
Capo I Disposizioni generali
Art. 1 Oggetto e finalità
Art. 2 Definizioni
Art. 3 Politiche regionali
Titolo II Riordino territoriale, unioni di comuni e associazioni di unioni di comuni
Capo I Ambiti territoriali
Art. 4 Ambiti territoriali
Art. 5 Piano di riordino territoriale
Art. 6 Ambito territoriale ottimale
Art. 7 Ambito territoriale strategico
Capo II Unioni di comuni e associazioni di unioni di comuni
Art. 8 Unioni di comuni
Art. 9 Statuto
Art. 10 Regolamenti
Art. 11 Organi dell’unione
Art. 12 Assemblea dei sindaci
Art. 13 Consiglio di amministrazione
Art. 14 Presidente
Art. 15 Organizzazione e funzionamento
Art.16 Associazioni di unioni
Art. 17 Funzioni fondamentali dei comuni esercitate dall’unione
Art. 18 Funzioni delegate all’unione
Art. 19 Esercizio delle funzioni da parte delle associazioni di unioni di comuni
Art. 20 Finanziamenti per l’esercizio associato di funzioni
Art. 21 Finanziamenti per spese di investimento in forma associata
Capo III Politiche per i territori svantaggiati
Art. 22 Indici di svantaggio socio-economico
Art. 23 Trasporti pubblici
Art. 24 Incentivi alle pluriattività e tutela delle vocazioni del territorio
Art. 25 Servizi di prossimità
Titolo III Città metropolitana di Cagliari e norme transitorie in materia di province
Capo I Norme per l’istituzione della città metropolitana di Cagliari
Art. 26 Istituzione della città metropolitana di Cagliari
Art. 27 Norme per il distacco dalla città metropolitana di Cagliari
Art. 28 Avvio della città metropolitana di Cagliari
Art. 29 Statuto della città metropolitana
Art. 30 Organi della città metropolitana
Art. 31 Sindaco metropolitano
Art. 32 Assemblea metropolitana
Art. 33 Consiglio di amministrazione
Art. 34 Funzioni della città metropolitana
Art. 35 Successione e subentro
Capo II Riordino, organi e funzioni delle province
Art. 36 Riordino circoscrizioni provinciali
Art. 37 Aggregazione ad altra provincia
Art. 38 Norme sulle province soppresse
Art. 39 Funzioni
Art. 40 Organi della provincia
Art. 41 Presidente
Art. 42 Consiglio provinciale
Art. 43 Voto ponderato
Art. 44 Società in house delle province soppresse
Titolo IV Norme in materia di controlli. istituzione e fusione di comuni e disposizioni varie
Capo I Controlli sulle autonomie locali. Istituzione e fusione di comuni e disposizioni varie
Art. 45 Abolizione controllo eventuale
Art. 46 Potere sostitutivo
Art. 47 Composizione dei consigli comunali e delle giunte comunali
Art. 48 Organo di revisione economico-finanziario
Art. 49 Pubblicazione deliberazioni
Art. 50 Condizioni per l’istituzione di nuovi comuni
Art. 51 Fusioni di comuni
Art. 52 Personale delle cessate comunità montane
Art. 53 Consorzi
Titolo V Norme finali e abrogazioni
Capo I Norme finali e abrogazioni
Art. 54 Organi elettivi provinciali in scadenza nel 2015
Art. 55 Norma di rinvio
Art. 56 Monitoraggio sullo stato di attuazione
Art. 57 Abrogazioni
Art. 58 Modifiche all’articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45
Art. 59 Norma finanziaria
Art. 60 Entrata in vigore
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TESTO DEL PROPONENTE
Titolo I
Finalità e principi
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1
Oggetto e finalità
1. La presente legge, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), e dell’articolo 44 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e in armonia con i principi di cui al comma 1 dell’articolo 118 della Costituzione, disciplina l’articolazione territoriale, l’ordinamento e lo svolgimento delle funzioni delle autonomie locali della Sardegna nel rispetto del principio di leale collaborazione.
2. La Regione, al fine di sostenere il processo di riforma delle autonomie locali, individua nei comuni, singoli o associati, nelle unioni di comuni e loro associazioni e nella città metropolitana di Cagliari i soggetti deputati allo svolgimento delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.
3. La Regione promuove la gestione associata delle funzioni e dei servizi di competenza comunale e sovracomunale, incentivando le unioni di comuni e l’aggregazione delle unioni in ambiti di più vaste dimensioni.
4. Allo scopo di garantire lo sviluppo e l’equilibrio socio-economico delle comunità locali, gli ambiti ottimali e gli ambiti territoriali strategici costituiscono il riferimento territoriale per lo svolgimento delle funzioni di competenza degli enti locali, in considerazione della memoria storica e culturale dei territori e della conformazione delle regioni storiche della Sardegna.
5. L’articolazione territoriale, l’ordinamento e lo svolgimento delle funzioni delle autonomie locali della Sardegna sono disciplinati assicurando la semplificazione delle relazioni tra gli enti e la coesione tra i territori, l’uniformità dei livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio regionale e la parità di accesso ai servizi da parte dei cittadini.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini della presente legge si intende:
a) per ambito territoriale ottimale la circoscrizione sovracomunale minima per l’esercizio in forma associata di funzioni e di servizi da parte delle unioni di comuni, in relazione alle caratteristiche geografiche, sociali ed economiche del territorio;
b) per ambito territoriale strategico l’area territoriale corrispondente a una o più unioni di comuni, convenzionate tra loro, per lo svolgimento unitario delle funzioni di area vasta, già esercitate dalle province, attribuite o delegate dai comuni, dalle unioni di comuni o dalla Regione;
c) per città metropolitana di Cagliari l’ente territoriale istituito secondo il modello di area metropolitana ristretta, corrispondente alla circoscrizione territoriale risultante dall’aggregazione dei comuni individuati secondo i criteri di cui all’articolo 26 e seguenti;
d) per province soppresse, le province di Carbonia-lglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio le cui leggi istitutive sono state abrogate dai referendum del 6 maggio 2012;
e) per commissari straordinari, i commissari nominati ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge regionale 28 giugno 2013, n. 15 recante Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province;
f) per associazioni di unioni di comuni l’insieme di unioni che, anche in convenzione tra loro, svolgono le funzioni di area vasta.
Art. 3
Politiche regionali
1. La Regione indirizza le proprie politiche in favore della gestione associata delle funzioni e dei servizi, in coerenza con le indicazioni del Piano di riordino degli ambiti territoriali e con particolare riguardo alle aree con maggiore disagio socio-economico.
2. La Regione attraverso gli atti generali e settoriali di programmazione:
a) assicura benefici economico-finanziari, in via prioritaria a favore delle unioni di comuni, per le gestioni realizzate in forma associata;
b) prevede azioni e specifiche misure di sostegno, anche di carattere finanziario, in favore dei territori che presentano indici di svantaggio socio-economico, come definiti all’articolo 22;
c) incentiva la diffusione dei servizi di prossimità di cui all’articolo 25.
Titolo II
Riordino territoriale, unioni di comuni
e associazioni di unioni di comuni
Capo I
Ambiti territoriali
Art. 4
Ambiti territoriali
1. Gli ambiti territoriali ottimali e gli ambiti territoriali strategici costituiscono circoscrizioni sovracomunali adeguate per lo svolgimento delle funzioni attribuite alle unioni di comuni e alle associazioni di unioni di comuni.
Art. 5
Piano di riordino territoriale
1. La Giunta regionale, entro venti giorni dall’entrata in vigore della presente legge, su iniziativa dell’Assessore competente in materia di enti locali, adotta la proposta di Piano di riordino territoriale, che comprende tutti i comuni della Regione, con l’obiettivo di incrementare i livelli di efficienza e di efficacia nella gestione delle funzioni degli enti locali. La proposta di Piano è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione.
2. La proposta di Piano di cui al comma 1, definisce gli ambiti territoriali ottimali e gli ambiti territoriali strategici tenendo conto della conformazione delle regioni storiche della Sardegna e salvaguardando, nel rispetto delle disposizioni della presente legge e della continuità territoriale dei comuni, le unioni già esistenti. Garantisce, altresì, il riordino dei distretti sanitari di cui alla legge regionale 28 luglio 2006, n. 10 (Tutela della salute e riordino del servizio sanitario della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5), al fine di assicurarne la coerenza con uno o più ambiti territoriali ottimali o con l’ambito territoriale strategico.
3. Nei venti giorni successivi alla pubblicazione della proposta di Piano, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale da trasmettere all’Assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica possono chiedere l’inserimento in un ambito territoriale ottimale diverso, purché confinante con il proprio territorio.
4. Tale facoltà, nei termini e con le modalità di cui al comma 3, è esercitabile anche dai comuni non confinanti con l’ambito territoriale prescelto, purché essi risultino con questi confinanti in seguito alle scelte deliberate dagli altri comuni ai sensi del comma 3.
5. Nello stesso termine di cui al comma 3, le unioni di comuni, con deliberazione dell’assemblea dei sindaci, possono chiedere l’inserimento in un ambito territoriale strategico diverso, purché siano rispettati i requisiti di cui all’articolo 7.
6. Le richieste di cui ai commi 3, 4 e 5 devono essere motivate con riguardo al contesto territoriale-organizzativo e socio-economico.
7. La Giunta regionale entro i successivi venti giorni, previa intesa in sede di Conferenza permanente Regione-enti locali, approva il Piano di riordino territoriale.
8. Il Piano di riordino territoriale è rinnovato ogni tre anni con le procedure previste dal presente articolo; a tal fine la Giunta regionale, con avviso da pubblicarsi nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna, comunica la data di avvio delle procedure di rinnovo.
Art. 6
Ambito territoriale ottimale
1. Nell’ambito territoriale ottimale i comuni esercitano le funzioni in forma associata attraverso le unioni, costituite ai sensi dell’articolo 8.
Art. 7
Ambito territoriale strategico
1. Nell’ambito territoriale strategico, i comuni svolgono le funzioni di area vasta di cui all’articolo 19, attraverso le associazioni di unioni di comuni.
2. Le funzioni di cui all’articolo 19, comma 1, sono svolte dalle associazioni di unioni di comuni a decorrere dall’entrata in vigore della legge costituzionale di riforma dell’articolo 43 dello Statuto speciale.
3. L’ambito territoriale strategico rispetta i seguenti parametri dimensionali:
a) continuità di conformazione geografica e omogeneità dei caratteri storico-sociali ed economici del territorio;
b) coerenza con le aggregazioni di comuni per la gestione di servizi e funzioni fondamentali (unioni di comuni, comunità montane, consorzi);
c) popolazione residente non inferiore a 180.000 abitanti con riferimento ai dati dell’ultimo censimento Istat;
d) diffusione territoriale delle relazioni e delle dotazioni economiche e sociali di cui alle unità territoriali definite Sistemi locali del lavoro (SLL), come individuate dall’Istat sulla base dei flussi di pendolarismo per motivi di lavoro;
e) coerenza territoriale con gli ambiti territoriali ottimali di cui al Piano regionale gestione rifiuti.
4. L’ambito territoriale strategico costituisce riferimento anche per l’articolazione territoriale dei servizi regionali.
Capo II
Unioni di comuni
e associazioni di unioni di comuni
Art. 8
Unioni di comuni
1. Le unioni di comuni sono enti locali con autonomia normativa, organizzativa, finanziaria e hanno potestà statutaria e regolamentare.
2. Le unioni sono costituite da quattro o più comuni contermini, con popolazione complessiva non inferiore a 10.000 abitanti, e con lo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni e servizi di loro competenza. Esercitano le funzioni a esse attribuite dalla legge e dai comuni che ne fanno parte.
3. Al fine di una migliore organizzazione dell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi e in relazione al particolare contesto territoriale, lo statuto dell’unione può prevedere la gestione delle predette funzioni e servizi per sub-ambiti territoriali.
4. L’adesione a un’unione è obbligatoria per tutti i comuni della Sardegna. I comuni non appartenenti a unioni di comuni entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, costituiscono obbligatoriamente, in coerenza con l’ambito territoriale ottimale individuato con il Piano di cui al comma 1 dell’articolo 5, unioni di comuni ovvero aderiscono a una unione di comuni già esistente.
5. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai comuni compresi nella città metropolitana di Cagliari.
6. Le comunità montane costituite ai sensi della legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l’esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni) assumono la denominazione di unioni di comuni. Esse esercitano le funzioni di cui al comma 2 e le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna e gestiscono gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla normativa dell’Unione europea e dalla legge statale e regionale. I predetti enti adeguano lo statuto e i regolamenti alle disposizioni della presente legge, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore.
7. I comuni classificati montani in base alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna) continuano a beneficiare degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali.
8. Le unioni di comuni che al loro interno hanno uno o più comuni con sistemi di trasporto quali porti e aeroporti di interesse regionale e nazionale, possono assumere la denominazione di unioni di comuni di area metropolitana per svolgere anche le funzioni di cui all’articolo 34, lettere a) e f).
9. I comuni facenti parte di unioni con popolazione complessiva inferiore a 10.000 abitanti, entro il termine previsto dal comma 4, in coerenza con l’ambito territoriale ottimale di cui al comma 1 dell’articolo 5, costituiscono una nuova unione ovvero aderiscono a unioni di comuni aventi i requisiti di cui al comma 2.
Art. 9
Statuto
1. L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione, in fase di prima istituzione, sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e le maggioranze richieste per le modifiche statutarie di cui all’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Lo statuto individua in particolare:
a) la sede e la denominazione dell’ente;
b) le competenze e le modalità di funzionamento degli organi e dei relativi rapporti;
c) le norme fondamentali che regolano l’organizzazione interna e i rapporti finanziari;
d) la procedura di approvazione dei regolamenti, nel rispetto dei principi della presente legge.
2. Lo statuto non può derogare ai limiti demografici minimi di cui all’articolo 8, comma 2, della presente legge.
3. Le modifiche dello statuto sono approvate dall’assemblea dell’unione con le procedure e le maggioranze richieste per le modifiche statutarie di cui all’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Art. 10
Regolamenti
1. L’unione di comuni, nel rispetto della legge e dello statuto, adotta regolamenti nelle materie di propria competenza e in particolare per l’organizzazione e lo svolgimento delle funzioni e per i rapporti con i comuni associati.
Art. 11
Organi dell’unione
1. Sono organi dell’unione di comuni l’assemblea dei sindaci, il presidente e il consiglio di amministrazione.
2. Le cariche di cui al comma 1 sono svolte a titolo gratuito.
Art. 12
Assemblea dei sindaci
1. L’assemblea dei sindaci è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’unione. É formata dai sindaci dei comuni associati.
2. I sindaci in caso di assenza, di impedimento temporaneo o per impossibilità a partecipare alle riunioni dell’assemblea possono delegare un assessore a rappresentarli.
3. L’assemblea approva le modifiche statutarie e i regolamenti, i piani e i programmi; approva o adotta ogni altro atto a essa sottoposto dal consiglio di amministrazione, nonché gli altri atti fondamentali previsti dallo statuto.
Art. 13
Consiglio di amministrazione
1. Il consiglio di amministrazione è eletto dall’assemblea dei sindaci al suo interno ed è formato da non più di quattro membri oltre al presidente. Il consiglio collabora con il presidente dell’unione nel governo dell’ente ed esercita le proprie funzioni in forma collegiale.
2. Il consiglio di amministrazione esercita le funzioni attribuite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti, e compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni di governo che non siano riservati, dalla legge e dallo statuto, all’assemblea, al presidente o ai dirigenti dell’ente.
Art. 14
Presidente
1. Il presidente è scelto tra i sindaci dei comuni associati. Il presidente è il rappresentante legale dell’unione; nomina il vicepresidente, convoca e presiede l’assemblea e il consiglio di amministrazione, sovrintende al funzionamento degli uffici, attribuisce gli incarichi dirigenziali.
Art. 15
Organizzazione e funzionamento
1. Nell’ambito della propria autonomia normativa, organizzativa e finanziaria l’unione di comuni provvede alla determinazione della propria dotazione organica e all’organizzazione e gestione del personale.
2. In sede di prima applicazione della presente legge, l’unione opera con il personale proveniente dalle province soppresse ai sensi dell’articolo 38, comma 5, lettera a), e con il personale assegnato o trasferito dalle altre province e dai comuni facenti parte dell’unione.
3. Il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni).
4. Gli effetti derivanti dal trasferimento del personale, il cui onere rimane a carico del fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2 (Legge finanziaria 2007) non rilevano, per le unioni, ai fini delle disposizioni statali in materia di spesa del personale.
5. Al fine di garantire l’attuazione del processo di riforma e per una migliore organizzazione ed efficienza dell’ente, l’unione di comuni può nominare un direttore generale scelto tra i dirigenti presenti negli elenchi del personale di cui al comma 5 dell’articolo 38 e tra i dirigenti del Comparto Regione-Enti Locali e i segretari comunali.
6. Nell’unione di comuni non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 23, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001), riguardanti la possibilità dei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti di assegnare ai membri della giunta la responsabilità degli uffici e dei servizi.
7. Lo statuto e i regolamenti disciplinano i casi di scioglimento dell’unione, assicurando il trasferimento del personale a tempo indeterminato ai comuni associati, previa intesa tra l’unione e i comuni medesimi. Sono garantiti, altresì, i rapporti di lavoro in corso a tempo determinato fino alla scadenza per essi prevista.
8. Le unioni assicurano, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, progressivi risparmi di spesa in materia di personale.
Art.16
Associazioni di unioni
1. Le unioni di cui all’articolo 8 costituiscono associazioni di unioni di comuni, anche mediante la stipula di apposita convenzione, per l’esercizio coordinato delle funzioni di area vasta attribuite o delegate con legge regionale, comprese quelle già svolte dalle province.
2. Le convenzioni stabiliscono i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari e i reciproci obblighi e garanzie, nonché le modalità di organizzazione e di gestione.
3. La rappresentanza degli enti partecipanti all’associazione di cui al comma 1, è assicurata dalla Conferenza dei presidenti delle unioni di comuni, che svolge funzioni di indirizzo e controllo.
4. La Conferenza dei presidenti delle unioni elegge al suo interno il presidente, con funzioni di rappresentanza dell’associazione.
5. Nelle ipotesi di recesso, l’unione recedente, fermo restando l’obbligo di costituirsi in associazione con altre unioni, resta comunque vincolata, per le obbligazioni assunte e per le spese deliberate prima del recesso dall’associazione di unioni originaria.
6. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere, per lo svolgimento delle funzioni di competenza, anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale degli enti convenzionati, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni in luogo degli enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’associazione a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
Art. 17
Funzioni fondamentali dei comuni
esercitate dall’unione
1. Nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 per i comuni che siano appartenuti a comunità montane, le funzioni fondamentali di cui alla normativa statale in materia, sono obbligatoriamente esercitate in forma associata mediante le unioni di comuni. Il limite demografico minimo, che l’insieme dei comuni tenuti all’esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali deve raggiungere, è fissato in 10.000 abitanti. Tale limite demografico non si applica nelle unioni che comprendono uno o più comuni non obbligati all’esercizio associato delle funzioni fondamentali.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione, ai compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici.
3. I comuni di cui al comma 1 non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali esercitate in forma associata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.
4. Trascorsi i termini di cui al comma 1, l’Assessore competente in materia di enti locali assegna agli enti inadempienti venti giorni di tempo entro i quali provvedere. Decorso inutilmente tale termine si applica l’articolo 46.
5. Ai fini dell’esercizio dell’intervento sostitutivo di cui all’articolo 46, salvo diversa disposizione di legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze, il contenuto delle funzioni fondamentali è definito con deliberazione della Giunta regionale, adottata entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente Regione-enti locali, tenuto conto della ricognizione delle attività, dei procedimenti e dei servizi già svolti dalle forme associative.
Art. 18
Funzioni delegate all’unione
1. Oltre alle funzioni di cui all’articolo 17, l’unione svolge le funzioni a essa delegate dai comuni che ne fanno parte, ivi compresa la funzione prevista dall’articolo 1 della legge regionale 15 dicembre 2014, n. 33 (Norma di semplificazione amministrativa in materia di difesa del suolo). Le unioni di cui all’articolo 8, comma 6 e le unioni che comprendono al loro interno comuni montani, svolgono, altresì, la funzione di valorizzazione delle zone montane.
2. Le seguenti attività possono essere svolte, previo accordo, dalle unioni di comuni in forma associata anche per i comuni che le costituiscono, con le seguenti modalità:
a) le funzioni di responsabile anticorruzione sono svolte da un funzionario nominato dal presidente dell’unione tra i funzionari dell’unione e dei comuni che la compongono;
b) le funzioni di responsabile per la trasparenza sono svolte da un funzionario nominato dal presidente dell’unione tra i funzionari dell’unione e dei comuni che la compongono;
c) le funzioni di competenza dell’organo di valutazione e di controllo di gestione sono attribuite dal presidente dell’unione, sulla base di apposito regolamento approvato dall’unione stessa.
Art. 19
Esercizio delle funzioni
da parte delle associazioni di unioni di comuni
1. Le seguenti funzioni di area vasta, per la loro rilevanza socio-economica, sono riconducibili all’ambito territoriale strategico e sono obbligatoriamente svolte, secondo la competenza territoriale, dalle associazioni di unioni di comuni:
a) pianificazione territoriale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente per quanto di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto e autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade extraurbane e regolamentazione della circolazione stradale a essa inerente;
c) programmazione della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
d) gestione dell’edilizia scolastica;
e) raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità.
2. Le associazioni di unioni di comuni di cui all’articolo 16, comma 1, svolgono altresì, le seguenti funzioni:
a) cura dello sviluppo strategico del territorio;
b) le funzioni non fondamentali già esercitate dalle province.
3. Le funzioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere svolte anche da una singola unione qualora raggiunga i parametri dimensionali di cui all’articolo 7, comma 3. Le medesime funzioni non possono essere svolte dai singoli comuni.
4. Nelle more dell’approvazione della legge costituzionale di modifica dell’articolo 43 dello Statuto speciale, le funzioni di cui al comma 1 sono svolte dalle province.
Art. 20
Finanziamenti
per l’esercizio associato di funzioni
1. Per favorire la stabilità delle gestioni associate, la Regione contribuisce al finanziamento delle funzioni svolte dai comuni in forma associata, attraverso i trasferimenti delle risorse del fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la Giunta regionale individua la misura percentuale dei trasferimenti da destinare alle unioni di comuni e loro associazioni, nonché alla città metropolitana di Cagliari, a valere sulle risorse del fondo unico.
3. I criteri per la ripartizione delle risorse sono definiti con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica previa intesa in sede di Conferenza permanente Regione-enti locali, avuto riguardo alle situazioni di maggiore svantaggio economico-sociale dei territori interessati e tenuto conto di indicatori di efficacia e di efficienza nel conseguimento degli obiettivi, verificando in particolare i risparmi di spesa conseguiti dalle unioni, anche sulla base dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni svolte.
Art. 21
Finanziamenti per spese di investimento
in forma associata
1. È istituito un fondo per le spese di investimento effettuate dai comuni in forma associata.
2. A valere su tale fondo sono finanziate:
a) le trasformazioni in senso sovracomunale di opere o infrastrutture esistenti;
b) le acquisizioni, trasformazioni, implementazioni di strutture e beni strumentali all’esercizio delle funzioni svolte in forma associata;
c) le opere di interesse sovracomunale.
3. Si considerano opere sovracomunali quelle destinate a servizio dell’intero territorio dei comuni associati ovvero, se destinate solo a una parte di esso, che si integrano con altre esistenti o da realizzare secondo un programma unitario in modo da attuare una rete omogenea e integrata di servizi e infrastrutture, avente nel suo insieme come bacino di utenza la popolazione dell’intero territorio.
4. I finanziamenti sono assegnati con programma triennale approvato dalla Giunta su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica e sottoposto alla Conferenza permanente Regione-enti locali per l’acquisizione dell’intesa ai sensi dell’articolo 13 della legge regionale 17 gennaio 2005, n. 1 (Istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regione-enti locali).
Capo III
Politiche per i territori svantaggiati
Art. 22
Indici di svantaggio socio-economico
1. Ai fini del presente capo è individuato un parametro unitario di disagio da definirsi in relazione ai seguenti elementi:
a) svantaggio ambientale;
b) reddito medio imponibile;
c) spopolamento nell’ultimo ventennio desunto dai censimenti della popolazione;
d) indice di vecchiaia della popolazione;
e) occupati in agricoltura sulla popolazione totale;
f) occupati in altre attività sulla popolazione totale;
g) incidenza della superficie agricola;
h) densità abitativa;
i) prevalenza del territorio montano;
l) indice di accesso ai servizi;
m) svantaggio derivante dall’insularità;
n) minore gettito per tributi locali.
2. La definizione del parametro unitario di disagio di cui al comma 1 è effettuata sulla base dei dati elaborati dal servizio statistico regionale.
3. Sulla base del parametro unitario sopra indicato, la Giunta regionale definisce apposita graduatoria, da aggiornare con cadenza triennale, attraverso la ponderazione di uno o più criteri fra quelli di cui al comma 1.
Art. 23
Trasporti pubblici
1. La Regione, data la particolare rilevanza delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale, garantisce alle unioni di comuni l’espletamento dei servizi minimi di trasporto pubblico locale e a tal fine provvede all’adeguamento degli strumenti di finanziamento ai sensi dell’articolo 21.
2. Le unioni di comuni incentivano la mobilità interna organizzando i servizi di trasporto in favore di tutti i comuni dell’unione. I servizi, da affidare attraverso procedure concorsuali anche a imprese che esercitano autoservizi pubblici non di linea o servizi di trasporto di persone o promiscuo su strada, possono prevedere modalità particolari di espletamento, come servizi a chiamata o altre modalità sperimentali.
Art. 24
Incentivi alle pluriattività
e tutela delle vocazioni del territorio
1. Le unioni di comuni, al fine di favorire il radicamento nel territorio degli imprenditori e agevolare in particolare l’imprenditoria giovanile, stipulano convenzioni volte alla tutela e alla valorizzazione delle vocazioni produttive del territorio, incentivando lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale e alla cura e al mantenimento dell’assetto idrogeologico.
2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle unioni di comuni che possono consistere, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all’agricoltura, anche in finanziamenti e contributi.
Art. 25
Servizi di prossimità
1. Per servizi di prossimità, si intendono i servizi relativi a funzioni di interesse pubblico erogati da soggetti pubblici privati che risultino essenziali per la buona qualità della vita delle comunità locali, tra i quali, in particolare, si ricomprendono, i servizi alla persona, il servizio farmaceutico, postale, bancario, distribuzione degli alimenti e il servizio di trasporto pubblico locale.
2. La Regione promuove le iniziative delle unioni di comuni orientate all’attivazione o implementazione di servizi di prossimità di cui al comma 1, tenuto conto degli indici di cui all’articolo 22.
Titolo III
Città metropolitana di Cagliari
e norme transitorie in materia di province
Capo I
Norme per l’istituzione
della città metropolitana di Cagliari
Art. 26
Istituzione della città metropolitana di Cagliari
1. È istituita la città metropolitana di Cagliari, secondo il modello dell’area metropolitana ristretta, con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
2. Fanno parte della città metropolitana, oltre al comune di Cagliari, i comuni individuati in base ai seguenti criteri:
a) i comuni contermini alla città di Cagliari;
b) i comuni facenti parte del “Forum permanente dei sindaci dell’area vasta di Cagliari”, costituito con Protocollo d’intesa sottoscritto il 13 dicembre 2005, se non compresi nella precedente lettera a);
c) i comuni non rientranti nelle lettere a) e b) i cui insediamenti abbiano con il comune di Cagliari rapporti di stretta integrazione territoriale in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali, alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali, secondo i dati Istat che misurano la mobilità e le matrici di origine e destinazione.
3. La Giunta regionale, con delibera adottata su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica, entro venti giorni dall’entrata in vigore della presente legge, approva l’elenco dei comuni facenti parte della città metropolitana dell’area vasta di Cagliari.
Art. 27
Norme per il distacco
dalla città metropolitana di Cagliari
1. Entro venti giorni dalla data di approvazione della delibera di cui all’articolo 26, comma 3, i comuni compresi nella città metropolitana di Cagliari possono esercitare l’iniziativa per il distacco dalla medesima, con deliberazione del consiglio comunale adottata a maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati.
2. L’iniziativa di cui al comma 1 non è ammessa qualora il distacco di un comune interrompa la continuità territoriale nell’ambito della città metropolitana.
3. Le deliberazioni dei consigli comunali sono trasmesse all’Assessorato degli enti locali, finanze e urbanistica per la verifica della sussistenza dei requisiti di cui alla presente legge.
Art. 28
Avvio della città metropolitana di Cagliari
1. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale approva con deliberazione l’elenco definitivo dei comuni che costituiscono la città metropolitana di Cagliari. In assenza della deliberazione della Giunta regionale, la città metropolitana è costituita dai comuni compresi nell’elenco approvato con la deliberazione della Giunta regionale di cui all’articolo 26, comma 3, esclusi i comuni che hanno esercitato l’iniziativa per il distacco dalla medesima ai sensi dell’articolo 27.
2. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i consigli comunali approvano l’atto costitutivo e lo statuto della città metropolitana con le procedure e le maggioranze di cui all’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e si insedia l’assemblea metropolitana, costituita ai sensi dell’articolo 32, comma 1.
3. Entro lo stesso termine di cui al comma 2, la città metropolitana subentra alla provincia di Cagliari con riguardo all’area territoriale ristretta di propria competenza e succede a essa in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercita le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno; dalla stessa data la città metropolitana opera con il proprio statuto e i propri organi assumendo le funzioni di cui all’articolo 34.
4. Alla città metropolitana sono conferite le risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni a essa attribuite, come previsto dall’articolo 35.
5. I comuni partecipanti conferiscono alla città metropolitana le risorse umane e strumentali per lo svolgimento delle funzioni amministrative a essa trasferite.
Art. 29
Statuto della città metropolitana
1. Nel rispetto della presente legge, lo statuto stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente, ivi comprese le attribuzioni degli organi, nonché l’articolazione delle loro competenze.
2. Lo statuto regola le modalità e gli strumenti di coordinamento dell’azione complessiva di governo del territorio metropolitano; disciplina i rapporti tra i comuni e la città metropolitana in ordine alle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane e comunali, prevedendo anche forme congiunte di organizzazione, eventualmente differenziate per aree territoriali.
3. Mediante convenzione che regola le modalità di utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie, i comuni possono avvalersi di strutture della città metropolitana, e viceversa, per l’esercizio di specifiche funzioni ovvero i comuni possono delegare il predetto esercizio a strutture della città metropolitana, e viceversa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
4. Lo statuto disciplina i sistemi di accordo con le unioni di comuni contermini al territorio metropolitano che hanno relazioni in ordine alle attività economiche, servizi essenziali, vita sociale e relazioni culturali.
Art. 30
Organi della città metropolitana
1. Sono organi della città metropolitana di Cagliari il sindaco metropolitano, l’assemblea metropolitana e il consiglio di amministrazione.
Art. 31
Sindaco metropolitano
1. Il sindaco metropolitano rappresenta l’ente, convoca e presiede l’assemblea metropolitana e il consiglio di amministrazione, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto.
2. Lo statuto della città metropolitana può prevedere l’elezione diretta del sindaco metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge regionale. In fase di prima applicazione della presente legge e, in ogni caso fino all’approvazione della legge elettorale regionale, sindaco metropolitano è il sindaco del comune capoluogo.
3. Il sindaco metropolitano può nominare un vicesindaco, scelto tra i componenti del consiglio di amministrazione, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione all’assemblea metropolitana. Il vicesindaco esercita le funzioni del sindaco metropolitano in ogni caso in cui questi ne sia impedito. Il sindaco metropolitano decade dalla carica per cessazione della titolarità dell’incarico di sindaco del proprio comune. In tal caso il vicesindaco metropolitano rimane in carica fino all’insediamento del nuovo sindaco metropolitano.
4. Il sindaco metropolitano può, altresì, assegnare deleghe a componenti del consiglio di amministrazione, nel rispetto del principio di collegialità secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto.
5. L’incarico di sindaco metropolitano è esercitato a titolo gratuito.
Art. 32
Assemblea metropolitana
1. L’assemblea metropolitana è l’organo di indirizzo e controllo ed è composto dal sindaco metropolitano, che la convoca e la presiede e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana o da un loro delegato. Lo statuto della città metropolitana può prevedere l’elezione diretta dei componenti dell’assemblea metropolitana con il sistema elettorale che sarà determinato con legge regionale. Approva le modifiche statutarie, i regolamenti, i piani e i programmi e i bilanci dell’ente; approva ogni altro atto a essa sottoposto dal sindaco metropolitano e dal consiglio di amministrazione; esercita le altre funzioni attribuitele dallo statuto.
2. Lo statuto determina le maggioranze per le deliberazioni dell’assemblea metropolitana.
3. L’assemblea metropolitana dura in carica cinque anni.
4. L’incarico di componente dell’assemblea metropolitana è esercitato a titolo gratuito.
Art. 33
Consiglio di amministrazione
1. Il consiglio di amministrazione è eletto dall’assemblea metropolitana al suo interno ed è formato da non più di quattro membri oltre al presidente. Il consiglio collabora con il sindaco metropolitano ed esercita le sue funzioni in forma collegiale.
2. Il consiglio di amministrazione esercita le funzioni attribuite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti e compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni di governo che non siano riservati, dalla legge e dallo statuto, all’assemblea, al sindaco metropolitano o ai dirigenti dell’ente.
3. L’incarico di componente del consiglio di amministrazione è esercitato a titolo gratuito.
Art. 34
Funzioni della città metropolitana
1. A valere sulle risorse proprie e trasferite, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e, comunque, nel rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, alla città metropolitana sono attribuite le funzioni fondamentali della provincia di Cagliari, quelle proprie stabilite dalla presente legge o da altre leggi regionali e quelle attribuite dai comuni facenti parte della città metropolitana.
2. La città metropolitana svolge le seguenti funzioni:
a) adozione e aggiornamento annuale del piano strategico di sviluppo del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalla Regione;
b) elaborazione, in coerenza con il piano strategico, dello strumento di pianificazione generale della città metropolitana al quale gli strumenti generali dei singoli comuni si coordinano, secondo le disposizioni della legge di governo del territorio;
c) promozione e gestione in forma integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana;
d) cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee;
e) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici e organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
f) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;
g) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico;
h) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
Art. 35
Successione e subentro
1. Entro lo stesso termine di cui all’articolo 28, comma 1, il commissario della provincia di Cagliari trasmette all’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica:
a) l’elenco dei beni mobili e immobili della provincia, specificando quelli che insistono nel territorio dei comuni appartenenti alla città metropolitana;
b) il rendiconto della gestione dell’ultimo esercizio finanziario;
c) la situazione di bilancio aggiornata;
d) l’elenco dei procedimenti in corso;
e) l’elenco del personale, suddiviso per categoria, sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato con qualsiasi tipologia contrattuale, distinto per funzione secondo la struttura del bilancio di previsione.
2. Entro lo stesso termine di cui all’articolo 28, comma 2, con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica e sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative per quanto riguarda il personale, si assegnano alla città metropolitana, secondo il criterio della competenza territoriale:
a) i beni mobili e immobili insistenti nel territorio dei comuni appartenenti alla città metropolitana;
b) il personale a tempo indeterminato nella misura percentuale necessaria allo svolgimento delle funzioni trasferite alla città metropolitana, tenuto conto della popolazione e della superficie territoriale della città metropolitana stessa;
c) i procedimenti in corso connessi alle funzioni trasferite.
3. Il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 96, lettera a) della legge n. 56 del 2014.
4. In fase di prima applicazione della presente legge, successivamente al decreto di cui al comma 2, può fare domanda di trasferimento anche il personale delle province che non svolge le funzioni attribuite alla città metropolitana, purché appartenenti alle categorie professionali necessarie per la copertura dei posti vacanti in organico.
5. All’atto dell’attribuzione delle funzioni dei beni e del personale alla città metropolitana, le province interessate, sopprimono i corrispondenti posti in organico.
6. Le risorse finanziarie necessarie per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 3 sono trasferite dalla Regione alla città metropolitana di Cagliari a valere sul fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.
7. Con il medesimo decreto e in base agli stessi criteri di cui al comma 2, si provvede all’assegnazione del personale con contratti di lavoro atipico e a tempo determinato in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, fino alla scadenza in essi prevista.
8. La città metropolitana esercita le funzioni a essa conferite dalla data di effettivo trasferimento dei beni e delle risorse umane e finanziarie.
Capo II
Riordino, organi e funzioni delle province
Art. 36
Riordino circoscrizioni provinciali
1. Le province della Regione sono disciplinate dalla presente legge.
2. Il territorio della Regione si articola nella città metropolitana di Cagliari e nelle province di Sassari, Nuoro, Oristano e Sud Sardegna.
3. Le circoscrizioni territoriali delle province corrispondono a quelle antecedenti alla data di entrata in vigore della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell’Ogliastra e di Olbia-Tempio) e dello schema di nuovo assetto provinciale, approvato dal Consiglio regionale con provvedimento del 31 marzo 1999 (Legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 – Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l’istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali. Schema di nuovo assetto provinciale approvato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1999), pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna n. 11 del 9 aprile 1999.
4. Nel rispetto della volontà già espressa dalle comunità locali, i comuni di Bosa, Flussio, Genoni, Laconi, Magomadas, Modolo, Sagama, Suni, Tinnura e Montresta sono aggregati alla provincia di Oristano e i comuni di Escalaplano, Escolca, Esterzili, Gergei, Isili, Nuragus, Nurallao, Nurri, Orroli, Sadali, Serri, Seulo e Villanovatulo sono aggregati alla provincia del Sud Sardegna.
5. La circoscrizione territoriale della provincia del Sud Sardegna corrisponde a quella della provincia di Cagliari, a eccezione dei comuni appartenenti alla città metropolitana di Cagliari e fatte salve le scelte di aggregazione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 37.
6. Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta lo schema di assetto delle province secondo quanto previsto nei commi 2, 3, 4 e 5. Lo schema è pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione.
Art. 37
Aggregazione ad altra provincia
1. I comuni che in base allo schema di cui al comma 6 dell’articolo 36, mutano provincia di appartenenza rispetto all’assetto già previsto dall’articolo 1, comma 1, della legge regionale 1° luglio 2002, n. 10 (Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4) come da ultimo modificato dalla legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni provinciali), entro venti giorni dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione del medesimo schema possono optare, con deliberazioni dei rispettivi consigli comunali, adottate a maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati, per l’inserimento in una provincia diversa purché confinante con il proprio territorio.
2. Nel medesimo termine di cui al comma 1, con deliberazione del consiglio comunale, adottata a maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati, può essere esercitata l’opzione per l’inserimento in una diversa provincia, anche dai comuni non confinanti con la provincia prescelta, purché essi risultino con questa confinanti in seguito alle scelte di aggregazione deliberate dagli altri comuni ai sensi del comma 1.
3. Successivamente all’esercizio dell’opzione di cui ai commi 1 e 2, la Giunta regionale, su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica, nei successivi venti giorni, predispone il disegno di legge con lo schema definitivo delle circoscrizioni delle province e lo trasmette al Consiglio regionale, che lo approva entro i successivi sessanta giorni.
4. Trascorso il termine di cui ai commi 1 e 2, qualora nessun comune abbia esercitato l’opzione per l’inserimento in una diversa provincia, si intende confermata per ciascuno di essi l’adesione alla provincia di appartenenza, secondo la delimitazione riportata nello schema di assetto pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna ai sensi dell’articolo 36, comma 6.
Art. 38
Norme sulle province soppresse
1. La Giunta regionale, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposita deliberazione, stabilisce gli indirizzi a cui devono uniformarsi i commissari per lo svolgimento delle loro funzioni, con particolare riguardo al trasferimenti dei beni, del personale e dei procedimenti in corso. Gli atti di straordinaria amministrazione sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale.
2. I commissari straordinari delle province soppresse nei venti giorni successivi alla data di adozione della deliberazione di cui al comma 1, aggiornano e trasmettono all’Assessore competente in materia di enti locali, per ciascun ente amministrato:
a) lo stato di consistenza dei beni mobili e immobili e la ricognizione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi;
b) la situazione di bilancio;
c) l’elenco dei procedimenti in corso;
d) l’elenco di tutto il personale distinto per qualifiche e ogni altra indicazione utile a definirne il profilo professionale e la posizione giuridica;
e) l’elenco degli organismi partecipati.
3. La Regione, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale adottata su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica, assegna i beni mobili e immobili delle province soppresse alle unioni di comuni nel cui territorio sono ubicati i beni da trasferire.
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono individuate le unioni, tra quelle destinatarie dei rapporti attivi e passivi, compreso il contenzioso, cui è affidata la conclusione dei procedimenti in corso di cui al comma 2, lettera c).
5. Con lo stesso decreto di cui al comma 3, si assegna il personale in ruolo, alle seguenti sedi di destinazione:
a) prioritariamente alle unioni di comuni il cui territorio insiste nella provincia soppressa della quale il personale è dipendente;
b) in subordine ai comuni il cui territorio insiste nella provincia soppressa della quale il personale è dipendente;
c) in ulteriore subordine ai restanti comuni della Sardegna.
6. L’assegnazione del personale di cui al comma 5 è disposta in base al fabbisogno degli enti di destinazione nel rispetto della graduatoria elaborata secondo criteri di preferenza quali la residenza, dimora del nucleo familiare, altre esigenze personali rilevanti, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Il personale che non trova collocazione ai sensi della presente disposizione è assegnato d’ufficio.
7. Il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 96, lettera a), della legge n. 56 del 2014.
8. Le risorse finanziarie necessarie per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 sono trasferite dalla Regione agli enti destinatari a valere sul fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.
9. Con il medesimo decreto e in base agli stessi criteri di cui al comma 5, si assegna il personale con contratti di lavoro atipico e a tempo determinato in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, fino alla scadenza in essi prevista.
10. Entro i termini di cui al comma 1, sono avviate le procedure di dismissione delle partecipazioni delle Province soppresse negli organismi societari e di diritto pubblico.
11. I commissari straordinari, nei venti giorni successivi all’emanazione del decreto presidenziale di cui ai commi 3 e seguenti, adottano gli atti conseguenti alla sua attuazione e cessano in ogni caso dalla carica il trentesimo giorno successivo al medesimo decreto. Fino a tale data, i commissari straordinari garantiscono il proseguimento dell’esercizio di tutte le funzioni e dell’erogazione dei servizi di competenza.
12. Gli effetti derivanti dal trasferimento del personale non rilevano, per gli enti subentranti, ai fini delle disposizioni in materia di contenimento della spesa del personale.
13. In fase di prima applicazione della presente legge, le strade provinciali e le scuole di istruzione secondaria di secondo grado, non rientrano nelle fattispecie di assegnazione di cui al comma 3 e rimangono di competenza delle province di cui all’articolo 36, comma 2, nonché della città metropolitana, limitatamente al suo territorio.
Art. 39
Funzioni
1. Le province esercitano le funzioni fondamentali di cui all’articolo 1, comma 85, della legge n. 56 del 2014.
2. Entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale approva la legge di riordino delle funzioni non fondamentali svolte dalle autonomie locali e stabilisce i criteri per l’assegnazione dei beni, delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle stesse funzioni.
Art. 40
Organi della provincia
1. Sono organi della provincia il presidente della provincia e il consiglio provinciale.
Art. 41
Presidente
1. Il presidente della provincia rappresenta l’ente, convoca e presiede il consiglio provinciale, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti. Esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Indice le elezioni del consiglio provinciale e del presidente.
2. Il presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia.
3. Il presidente dura in carica quattro anni.
4. Sono eleggibili, a presidente della provincia, i sindaci dei comuni della provincia, il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni. Il presidente della provincia decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco.
5. Il presidente della provincia può nominare un vicepresidente scelto fra i consiglieri provinciali, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il vicepresidente esercita le funzioni del presidente in ogni caso in cui questi ne sia impedito.
6. Il presidente può, altresì, assegnare deleghe a consiglieri provinciali, nel rispetto del principio di collegialità, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto.
7. Per l’elezione del presidente si applicano le norme della presente legge e le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 61, 62 e 64, della legge n. 56 del 2014.
8. Ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato secondo quanto previsto dall’articolo 43.
9. L’incarico di presidente della provincia è esercitato a titolo gratuito.
Art. 42
Consiglio provinciale
1. Il consiglio è l’organo di indirizzo e controllo, approva lo statuto e i bilanci dell’ente con i voti che rappresentano la maggioranza dei comuni compresi nella provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente.
2. Il consiglio approva i regolamenti, i piani e i programmi; approva o adotta ogni altro atto a esso sottoposto dal presidente della provincia; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto.
3. Lo statuto determina le maggioranze per le deliberazioni del consiglio provinciale.
4. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da dodici componenti e dura in carica due anni.
5. Il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia entro trenta giorni dallo svolgimento delle consultazioni per l’elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica, nonché, in sede di prima applicazione della presente legge, i consiglieri provinciali uscenti. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere provinciale.
6. Per l’elezione del consiglio provinciale si applicano le norme della presente legge e le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 70, 71, 72, 73, 74, 75, 77 e 78, della legge n. 56 del 2014.
7. Le schede di votazione sono fornite a cura dell’ufficio elettorale provinciale costituito ai sensi dell’articolo 1, comma 61, della legge n. 56 del 2014, in colori diversi a seconda della fascia demografica del comune di appartenenza degli aventi diritto al voto, secondo le fasce di popolazione stabilite ai sensi dell’articolo 43. Agli aventi diritto è consegnata la scheda del colore relativo al comune in cui sono in carica.
8. Ciascun elettore esprime un solo voto, che viene ponderato ai sensi dell’articolo 43, per uno dei candidati. Ciascun elettore può esprimere, inoltre, nell’apposita riga della scheda, un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere provinciale compreso nella lista, scrivendone il cognome o, in caso di omonimia, il nome e il cognome; il valore del voto è ponderato ai sensi dell’articolo 43.
9. In sede di prima applicazione della presente legge le elezioni dei presidenti delle province e dei consigli provinciali sono indette dal Presidente della Regione non oltre il trentesimo giorno antecedente quello di scadenza del mandato degli organi provinciali. Entro lo stesso termine sono indette le elezioni del presidente e del consiglio provinciale di Nuoro e Sud Sardegna.
10. L’incarico di consigliere provinciale è esercitato a titolo gratuito.
Art. 43
Voto ponderato
1. Ai fini delle elezioni, i comuni della provincia sono ripartiti nelle seguenti fasce:
a) comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti;
b) comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 3.000 abitanti;
c) comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti;
d) comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 15.000 abitanti;
e) comuni con popolazione superiore a 15.000.
2. L’indice di ponderazione per ciascuna delle fasce demografiche dei comuni appartenenti alle province è determinato secondo le seguenti modalità:
a) con riferimento alla popolazione legale accertata e alle fasce demografiche in cui sono ripartiti i comuni ai sensi del comma 1, si determina il totale della popolazione di ciascuna delle fasce demografiche cui appartengono i comuni della provincia, la cui somma costituisce il totale della popolazione della provincia,
b) per ciascuna delle suddette fasce demografiche si determina il valore percentuale, calcolato fino alla terza cifra decimale, del rapporto fra la popolazione di ciascuna fascia e la popolazione dell’intera provincia;
c) qualora il valore percentuale del rapporto fra la popolazione di un comune e la popolazione dell’intera provincia sia maggiore di 45, il valore percentuale del comune è ridotto a detta cifra; il valore percentuale eccedente è assegnato in aumento al valore percentuale delle fasce demografiche cui non appartiene il comune, ripartendolo fra queste in misura proporzionale alla rispettiva popolazione;
d) qualora per una o più fasce demografiche il valore percentuale di cui alla lettera b), eventualmente rideterminato ai sensi della lettera c), sia maggiore di 35, il valore della fascia demografica è ridotto a detta cifra; è esclusa, da tale riduzione, la fascia demografica cui appartiene il comune di cui alla lettera c); il valore percentuale eccedente è assegnato in aumento al valore percentuale delle altre fasce demografiche della medesima provincia, ripartendolo fra queste in misura proporzionale alla rispettiva popolazione, in modo che il valore percentuale di nessuna di esse superi comunque la cifra di 35; è esclusa da tale operazione la fascia demografica cui appartiene il comune di cui alla lettera c);
e) si determina, infine, l’indice di ponderazione del voto degli elettori dei comuni di ciascuna fascia demografica; tale indice è dato, con approssimazione alla terza cifra decimale, dal risultato della divisione del valore percentuale determinato per ciascuna fascia demografica, secondo quanto stabilito dalla lettera c), ovvero d), per il numero complessivo dei sindaci e dei consiglieri appartenenti alla medesima fascia demografica, moltiplicato per 1000.
Art. 44
Società in house delle province soppresse
1. Le società in house delle province soppresse sono poste in liquidazione entro il termine di cui all’articolo 38, comma 2; a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge tali società non ricevono affidamenti diretti di servizi, né rinnovano gli affidamenti di cui sono titolari.
2. La Regione promuove la ricollocazione del personale delle società di cui al comma 1, presso le società in house del sistema degli enti locali, secondo le disposizioni di cui ai commi 3 e 4.
3. Per la ricollocazione del personale delle società di cui al comma 1, le gestioni commissariali delle province soppresse e le società in house o, comunque, controllate del sistema degli enti locali, entro il termine di cui all’articolo 38, comma 2, possono concludere accordi, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, finalizzati al trasferimento dei dipendenti, presso le medesime società in conformità a quanto disposto dall’articolo 1, commi 563, 564, 565, 566, 567, 567 bis 568, 568 bis, 568 ter e 569, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014).
4. Il trasferimento del personale non può avvenire tra le società di cui al comma 1 e le pubbliche amministrazioni.
Titolo IV
Norme in materia di controlli. istituzione e fusione di comuni e disposizioni varie
Capo I
Controlli sulle autonomie locali. Istituzione
e fusione di comuni e disposizioni varie
Art. 45
Abolizione controllo eventuale
1. É abolito il controllo eventuale di cui all’articolo 31, commi 3 e 4, della legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 (Legge finanziaria 2002).
Art. 46
Potere sostitutivo
1. Nel rispetto dei principi di autonomia e di leale collaborazione, promossi dalla presente legge, nonché a salvaguardia degli interessi unitari della Regione, in caso di mancata adozione, nel termine previsto, da parte degli enti locali, di atti obbligatori ai sensi della presente legge, l’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica avvalendosi delle strutture dell’Amministrazione regionale, sentito l’ente inadempiente, assegna all’ente medesimo un termine per l’adempimento non inferiore a quindici giorni. Per gravi e motivate ragioni di urgenza può essere previsto un termine inferiore.
2. Decorso inutilmente il termine assegnato, l’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica adotta gli atti in via sostitutiva mediante la nomina di un commissario ad acta, individuato tra i funzionari e i dirigenti in servizio del sistema Regione di cui all’articolo 1, comma 2 bis, della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione) introdotto dall’articolo 1 della legge regionale 25 novembre 2014, n. 24 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione). Il commissario si avvale delle strutture dell’ente inadempiente, il quale fornisce l’assistenza, i documenti e la collaborazione necessaria.
3. L’ente, nei confronti del quale è stata disposta la nomina del commissario, conserva il potere di compiere gli atti o l’attività per i quali è stata rilevata l’omissione, fino a quando il commissario stesso non sia stato nominato.
4. Gli oneri conseguenti all’adozione dei provvedimenti sostitutivi sono a carico dell’ente inadempiente.
5. La procedura prevista dal presente articolo si applica in tutti i casi in cui le leggi regionali prevedono poteri sostitutivi da parte della Regione, per il compimento di atti obbligatori da parte degli enti locali. La procedura è posta in capo all’Assessore degli enti locali, finanza e urbanistica.
6. Al commissario compete un’indennità di carica pari a quella prevista per il sindaco del comune soggetto a commissariamento, avuto riguardo alla durata dell’incarico e in ogni caso non inferiore a una mensilità.
7. Nel caso di mancata emissione di mandati di pagamento di somme dovute dagli enti locali, per legge o per altro titolo non in contestazione, si procede con le stesse modalità di cui al presente articolo.
Art. 47
Composizione dei consigli comunali
e delle giunte comunali
1. Nei comuni della Sardegna, il consiglio comunale è composto dal sindaco e:
a) da 34 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti;
b) da 28 membri nei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;
c) da 24 membri nei comuni con popolazione superiore a 25.000 abitanti;
d) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti;
e) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti;
f) da 12 membri nei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti;
g) da 8 membri nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti.
2. A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, nei comuni della Sardegna il numero degli assessori comunali non è superiore a un quarto, arrotondato all’unità superiore, del numero dei consiglieri comunali, computando a tale fine il sindaco.
3. Per il calcolo dei consiglieri di cui al comma 1, il numero degli abitanti è quello risultante dai dati dell’ISTAT relativi alla popolazione residente, calcolata al 31 dicembre del penultimo anno precedente la data di convocazione dei comizi elettorali.
Art. 48
Organo di revisione economico-finanziario
1. Nei comuni con popolazione pari o superiore a 15.000 abitanti la revisione economico-finanziaria è affidata a un collegio di revisori composto da tre membri, di cui uno individuato tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, con funzioni di presidente, uno tra gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e uno tra gli iscritti nell’albo dei ragionieri.
2. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la revisione economico-finanziaria è affidata a un solo revisore, individuato tra le categorie di cui al comma 1.
3. Le funzioni dell’organo di revisione delle unioni di comuni sono svolte da un unico revisore.
4. Nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte, la revisione economico-finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell’unione.
5. L’attività di revisione economico-finanziaria può essere svolta dalle unioni di comuni in forma associata, anche per i comuni che le costituiscono, con le seguenti modalità:
a) per le unioni formate da comuni che complessivamente non superano 10.000 abitanti da un unico revisore;
b) per le unioni che superano tale limite da un collegio di revisori.
6. I revisori sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 (Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE), nonché gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanze e urbanistica sono stabiliti i criteri per l’inserimento degli interessati nell’elenco di cui al primo periodo, il soggetto abilitato all’estrazione, nonché le modalità di scelta dell’organo di revisione economico-finanziario.
7. Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui è affidato l’incarico entro venti giorni dall’avvenuta esecutività della delibera di nomina.
Art. 49
Pubblicazione deliberazioni
1. Le deliberazioni degli organi degli enti locali sono pubblicate, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla loro adozione nell’albo pretorio on line dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Le deliberazioni dichiarate immediatamente eseguibili sono pubblicate, a pena di decadenza, entro sette giorni dalla loro adozione con le modalità di cui al comma 1.
3. Contestualmente alla pubblicazione all’albo pretorio, il segretario dell’ente trasmette ai gruppi consiliari o assembleari, anche in via telematica, la comunicazione dell’avvenuta pubblicazione delle deliberazioni.
Art. 50
Condizioni per l’istituzione di nuovi comuni
1. L’articolo 2 della legge regionale 30 ottobre 1986, n. 58 recante “Norme per l’istituzione di nuovi comuni, per la modifica delle circoscrizioni comunali e della denominazione dei comuni e delle frazioni” è sostituito dal seguente:
“Art. 2 (Condizioni per l’istituzione di nuovi comuni)
1. Salvo i casi di fusione o incorporazione di comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni scendano sotto tale limite.
2. L’istituzione di nuovi comuni e la variazione delle circoscrizioni comunali non può determinare la discontinuità del territorio comunale.”.
Art. 51
Fusioni di comuni
1. Per le fusioni di comuni si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni e integrazioni.
2. Al fine di favorire la fusione dei comuni, la Regione eroga contributi aggiuntivi a quelli statali, per dieci anni consecutivi decorrenti dalla fusione stessa, commisurati alla quota dei trasferimenti del fondo unico di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 2 del 2007.
Art. 52
Personale delle cessate comunità montane
1. Al personale delle soppresse comunità montane che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non ha trovato collocazione, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 38, commi 5, 6, 7 e 8.
Art. 53
Consorzi
1. A far data dall’entrata in vigore della presente legge i consorzi costituiti per l’esercizio di funzioni comunali sono sciolti; l’unione di comuni, il cui territorio coincida anche parzialmente con quello dei comuni consorziati, subentra in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al disciolto consorzio e ne acquisisce i beni, mobili e immobili, e il personale.
Titolo V
Norme finali e abrogazioni
Capo I
Norme finali e abrogazioni
Art. 54
Organi elettivi provinciali in scadenza nel 2015
1. A decorrere dal 15 giugno 2015 il presidente della provincia in carica, ovvero il commissario, qualora la provincia sia commissariata, assume le funzioni del consiglio provinciale e della giunta provinciale, nei limiti di quanto disposto per la gestione provvisoria degli enti locali di cui all’articolo 163, comma 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000, e per gli atti urgenti e indifferibili. Il presidente, ovvero il commissario, cessa dalla carica con l’insediamento del presidente della provincia eletto ai sensi dell’articolo 41 e seguenti.
Art. 55
Norma di rinvio
1. Per quanto non previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Art. 56
Monitoraggio sullo stato di attuazione
1. La Giunta regionale, sei mesi dopo l’entrata in vigore della presente legge e, successivamente, ogni anno, al fine di assicurare un costante monitoraggio sull’attuazione della presente legge, di valutarne l’efficacia e la rispondenza alle esigenze del sistema delle autonomie locali, trasmette al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della medesima, con particolare riferimento:
a) alla gestione associata delle funzioni di cui al capo II del titolo II;
b) all’istituzione della città metropolitana di Cagliari e al riordino delle circoscrizioni provinciali;
c) ai trasferimenti di risorse finanziarie in favore dei comuni e delle unioni di comuni, disposti dalla Regione per la gestione delle funzioni loro conferite;
d) al personale trasferito e ai procedimenti di trasferimento in corso ai sensi della presente legge;
e) ai casi di esercizio di poteri sostitutivi ai sensi dell’articolo 46;
f) alle iniziative legislative adottate o da adottare ai sensi della presente legge.
2. La Giunta regionale, in esito alla relazione di cui al comma 1, con apposita deliberazione, approvata su proposta dell’Assessore degli enti locali, finanze e urbanistica, adotta le azioni conseguenti.
Art. 57
Abrogazioni
1. Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) la lettera b), del comma 1, dell’articolo 2, la lettera b), del comma 1, dell’articolo 3, gli articoli 16, 17 e 18 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale);
b) la legge regionale 13 dicembre 1994, n. 38 (Nuove norme sul controllo sugli atti degli enti locali);
c) la legge regionale 13 gennaio 1995, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 13 dicembre 1994, n. 38 – Nuove norme sul controllo sugli atti degli enti locali);
d) il comma 4 dell’articolo 1 della legge regionale 31 luglio 1996, n. 32 (Accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche);
e) gli articoli 1 e 2 della legge regionale 24 febbraio 1998, n. 7 (Riduzione dei controlli sugli atti degli Enti locali. Modifiche alla legge regionale 13 dicembre 1994, n. 38 (Nuove norme sul controllo sugli atti degli enti locali));
f) il comma 3 dell’articolo 11 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 (Legge finanziaria 1999);
g) il comma 6 dell’articolo 2 della legge regionale 14 giugno 2000, n. 6 (Modifiche alla legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione) e norme varie sugli uffici e il personale della Regione));
h) la legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l’esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni);
i) la legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13 (Scioglimento degli organi degli enti locali e nomina dei commissari. Modifica alla legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane));
i) il comma 3 dell’articolo 10 della legge regionale 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo);
k) l’articolo 3 della legge regionale 1 giugno 2006, n. 8 (Integrazioni alla legge regionale 17 gennaio 2005, n. 2 (Indizione elezioni comunali e provinciali) e alla legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13 (Scioglimento organi enti locali). Interventi per la partecipazione elettorale);
l) l’articolo 9 e il comma 1 dell’articolo 19 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali);
m) il comma 13 dell’articolo 12 della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2 (Legge finanziaria 2007);
n) il comma 32 dell’articolo 1 e il comma 13 dell’articolo 4 della legge regionale 5 marzo 2008, n. 3 (Legge finanziaria 2008);
o) il comma 3 dell’articolo 2 della legge regionale 18 marzo 2011, n. 10 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali);
p) la legge regionale 4 agosto 2011, n. 18 (Unioni di comuni: modifiche all’articolo 3 della legge regionale 2 agosto 2005, n. 12 (Norme per le unioni di comuni e le comunità montane. Ambiti adeguati per l’esercizio associato di funzioni. Misure di sostegno per i piccoli comuni));
q) i commi 1, 2, 3 e 5 dell’articolo 1 e i commi 3, 6 e 7 dell’articolo 2 della legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione e affidamento delle ceneri funerarie);
r) il comma 27 dell’articolo 1 della legge regionale 15 marzo 2012, n. 6 (Legge finanziaria 2012);
s) il comma 2 dell’articolo 1 della legge regionale 13 aprile 2012, n. 9 (Norme urgenti in materia di enti locali e modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4);
t) il comma 30 dell’articolo 1 della legge regionale 21 gennaio 2014, n. 7 (Legge finanziaria 2014).
Art. 58
Modifiche all’articolo 4
della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45
1. Nell’articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 recante “Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”, sono apportate le seguenti modifiche:
a) nel comma 1 sono soppresse le parole “le province” e le parole “e le Comunità montane”;
b) nella lettera a) del comma 2 sono soppresse le parole “delle Province, delle Comunità montane e”;
c) nel secondo periodo della lettera d) del comma 2 sono soppresse le parole “in conformità alle previsioni del piano urbanistico provinciale”.
Art. 59
Norma finanziaria
1. Dall’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale.
Art. 60
Entrata in vigore
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).
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