CAGLIARI. Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali
Riprendiamo l’articolo di Gianni Corbia su SardegnaSoprattutto, considerandolo un interessante contributo al Dibattito su/per la città alla vigilia delle elezioni comunali (ormai è cominciata una lunga campagna elettorale).
Al riguardo il senso del nostro impegno come Aladinews è stato ben delineato in una dichiarazione che ci sembra opportuno qui richiamare per una lettura integrale e di cui di seguito riportiamo un passaggio. Le campagne elettorali hanno aspetti ambivalenti e contraddittori: da un lato sono occasioni di strumentalizzazioni di ogni tipo, dall’altro costringono i cittadini e soprattutto le forze politiche a una disponibilità al dibattito, sconosciuta in altri periodi. Tocca a noi, opinione pubblica, fornire un terreno di confronto che diminuisca i rischi del primo aspetto e consenta ai cittadini elettori di farsi un’opinione di programmi e persone che li rappresentano, misurandone la credibilità. Altrimenti c’è la sfiducia e la conseguente diserzione delle urne, che, badate bene, fa premio a una classe politica il cui motto è diventato “meno siamo (gli elettori), meglio stiamo (gli eletti)”. Noi pratichiamo una linea virtuosa, quella della partecipazione popolare per la città di tutti. Ecco perchè pensando alle elezioni comunali di Cagliari del prossimo anno, prendendo atto che la campagna elettorale è ormai aperta, diamo spazio a un dibattito sulla città, senza limiti e pregiudizi o rispetto reverenziale per chicchessia. Con queste motivazioni (e questa apertura che non prevede necessariamente adesione alle idee, tutte rispettabili, di quanti intervengono, purchè animatrici di senso critico) abbiamo pubblicato una serie di interventi che ci sono sembrati particolarmente “utili alla causa” e continuiamo a pubblicarne di nuovi, come quello se segue di Gianni Corbia. Chiaramente la nostra è una scelta “arbitraria” che vuole esplicitamente portare acqua al mulino del rinnovamento nei programmi e nelle persone che vorremmo al governo della nostra città, obiettivo che ci vede precisamente schierati.
Ma a Cagliari il problema è solo l’inquinamento?
di Gianni Corbia
By sardegnasoprattutto/ 30 ottobre 2015/ Città & Campagna/
Cosa accade a Cagliari? C’è un allarme inquinamento? Pare di sì. Lo dice Legambiente, organizzazione poco allarmistica. Che la situazione sia fuori controllo? L’inquinamento in quelle quantità è conseguenza di un’approssimativa organizzazione del traffico (esiste un Piano del traffico?) e di una pianificazione non esattamente ecosostenibile (è stato adeguato il PUC al PPR?). Sarà mai che l’allarme riguardi l’essenza stessa della città che l’amministrazione non capisce?
Nel registro degli allarme l’elenco è lungo. C’è un allarme periferie? Sì. Un giro veloce in auto o a piedi e uno sguardo alle cronache lo evidenziano. C’è un allarme centro storico? Sì. Lo ha detto il Prefetto che ha fotografato quello che i residenti sanno da anni. Invasione di tavolini in ogni buco anche negli ingressi delle case, topi, blatte, sporcizia, orinatoi dove capita, inquinamento acustico, lavori pubblici a caso e nel caos più assoluti, mentre le altre città europee stanno smontando la fasulla economia del cibo spazzatura, del turismo mordi e fuggi, dei B&B abusivi.
Uno sguardo a Barcellona dove il sindaco, vicino a Podemos, ha detto basta al sistema che stava minando la città più ricca della Spagna, in declino rispetto a Milano, Lione, Francoforte con cui formava un quadrilatero economico di eccellenza. Alle quattro si aggiunga Marsiglia che ha colto tutte le opportunità di capitale europea della cultura ed in cui l’investimento pubblico su grandi progetti, firmati da noti architetti, è stata la chiave di volta. Musei prestigiosi e qualità urbana ne fanno un esempio per l’Europa.
Cagliari ha perso con Emilio Floris quell’opportunità. Questo ha determinato la sconfitta della destra ma anche il fallimento dell’attuale amministrazione. La giunta Zedda poteva recuperare l’Accordo Regione e Comune che Floris non volle farsi ratificare. Non lo ha fatto, dimostrando di non conoscere la città e l’accordo che avrebbe emancipato Cagliari dalle dimensioni asfittiche di Delogu e di Floris. Zedda e la sua giunta, più realisti del re, si sono mossi nello stesso solco di mediocrità, ma per la poca esperienza sono stati meno efficienti e più pasticcioni.
Zedda e la sua giunta hanno preferito inoltre recuperare il peggio di quelle amministrazioni, persino quanto era stato accantonato. E’ il caso dei parcheggi nelle mura spagnole, del progetto del Poetto il cui esito è modesto, o della cosiddetta area concerti sant’Elia, dove si poteva rilanciare il Betile approfittando dei governi amici in Regione e a Roma, o dei lavori pubblici condotti con l’ansia da prestazione elettorale piuttosto che con uno scatto in avanti rispetto alla piazzetta Maxia, nei fatti modello per Zedda.
L’assenza di una visione è stata evidente nella vicenda Capitale europea della cultura, persa in partenza, ove si pensi alla testa del gruppo di progetto e ai temi proposti o agli attuali programmi di Cagliari, Capitale italiana della cultura 2015. Lo stato infine in cui versano i luoghi della cultura è all’ordine della cronaca.
Ridurre il tema dell’inquinamento, rimasto costante in questi cinque anni, ad un problema di centraline e di confronto “con l’amministrazione comunale con una posizione costruttiva che portasse alla definizione di un obiettivo credibile e raggiungibile, basato su interventi effettuati principalmente sul traffico motorizzato”, significa fare i gattini ciechi. In altri termini significa non disturbare mai il manovratore e non discutere il tema di fondo che è politico prima che ambientale o paesaggistico.
Significa ammettere che l’amministrazione che governa Cagliari e le forze politiche (quali oggi?) che la sostengono non hanno un’idea di Cagliari per oggi e per il futuro. La loro autoreferenzialità rischia di condannarci ad una giunta di destra o, al più, cinque stelle a meno che il Pd, partito di maggioranza, non si svegli e trovi una via di uscita magari al di fuori del gruppetto che in questi anni non ha percepito quanto stava accadendo.
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Storie di piazze e chiese e muri, e di uomini grandi e piccoli a Cagliari, di Gianfranco Murtas su Fondazione Sardinia.
(Stralcio da un lungo articolo)
(…) Piazza San Michele. Nello stradario sociale-topografico ovviamente sembra conquistare un suo ruolo capitale, per anzianità di apripista, la piazza della chiesa, conversione dell’antico Campo Carboni. In quella piazza, dopo l’impianto della stazione AGIP, nel 1965, venne il rondò con la fontana e lo zampillo e vennero i sedili all’ombra sperata dei pini piantumati sul fianco orientale della piazza. Passava il tram, anch’io in ogni anno della mia infanzia, preciso nel mese di novembre, lo prendevo da Villanova per raggiungere quel cimitero che sembrava lontanissimo. La meraviglia del tram, su binari che finivano appunto nella piazza San Michele, prima dell’inoltro fangoso (pioveva a novembre!) lungo la via Duca degli Abruzzi. Così dal 1952 al 1968. Da quel 1968, salvo errore, funzionava anche l’edicola. In testa alle vendite, con L’Unione Sarda, i giornali sportivi ed i settimanali di famiglia.
L’8 febbraio 1979, un giovedì salvo errore, la ruspa abbatté la modesta chiesetta dei pionieri: la chiesetta con l’annessa sala-riunioni ed il cinematografo, nel cuore della piazza. Giustamente vinceva la monumentale, accogliente e luminosa, mossa e multispaziale pur in quell’unica aula moderna, nel frattempo salita verso il cielo con la rivendicazione mariana del sentimento popolare che il papa Paolo VI aveva ammirato nella sua visita cagliaritana del 1970 (anno dello scudetto e anno della visita papale in città). Soltanto un lustro più tardi si pensò, da parte del Comune, a piastrellare con qualche eleganza la piazza, a dotarla di aiuole e alberi, ora pini ora magnolie o altro, e anche di panchine, 34 i sedili di ferro, per le pause personali e i salotti sociali, sotto il sole tiepido dei pomeriggi e nel fresco della sera. L’illuminazione della piazza venne nella notte del 6 giugno 1985. Un ricordo a latere: un cippo memoriale evocativo di una vita breve, quella di un ex alunno della Alagon, di Giuliano Figus vittima di belve inferocite. Una colomba bronzea ferita a morte e la mano consolatrice d’una madre, sconfitta nel soccorso.
Oggi una quinta grigia e spessa. La stampa scritta, i telegiornali regionali e i blog della rete hanno scritto o mostrato, nelle ultime settimane, le immagini della piazza sconvolta dai lavori comunali, e dato conto delle proteste, pressoché unanimi, dei residenti per uno spesso muro alto cinque metri che fascia la chiesa monumentale dal basso separandola dalla piazza antistante, benché le offra lateralmente i gradini di accesso.
Non ho la competenza di giudicare l’opera che è ancora tutto cantiere. Condivido però le perplessità dei più e, pur immaginando che la struttura finita possa attenuare i disvalori estetici oggi rilevati, non credo possa però rovesciarne il segno, trasformando il negativo in positivo.
Mi interessa piuttosto evidenziare, per quanto possa essermi documentato, la miopia (cento altre volte mostrata e registrata) del sindaco Zedda circa la modalità del suo rapporto corrente con la cittadinanza, per quanto sia pure vero che egli non amministra la città dal chiuso di una stanza. Miopia non solo di Zedda – che ho votato quattro anni fa, improponibile essendo il suo competitore (non per la persona al voto, ma per la composita area politica di riferimento, parademocristiana e parafascista, con il più dei pagani irridenti alla bandiera), ma certo invotabile oggi – ma anche di altri esponenti della giunta e del Consiglio, delle commissioni cioè, incapaci di modalità dialogiche e democratiche nella sostanza.
I consiglieri di Forza Italia Nazionale e più, che di scempi cittadini sono esperti per averli compiuti nella loro troppo lunga stagione – come i rivestimenti lignei dell’anfiteatro e il ripascimento del Poetto insegnano – dicono che il muro cresciuto alla base della magnifica chiesa della Medaglia Miracolosa, nella piazza San Michele di Cagliari, sia proprio uno scempio. Da competenti, potrebbero avere ragione. In materia si è pronunciato, fra gli altri o più degli altri, anche il consigliere democristiano-berlusconiano (povero De Gasperi!) Tocco. Il quale, dopo essersi annessi molti meriti circa il recente riconoscimento della cittadinanza onoraria al rettore maggiore dei Salesiani (la prima autorità mondiale dell’Opera di Don Bosco) – meriti invece pari a zero, perché tutti accreditabili ai giovani ex allievi che hanno fatto tutto e più di tutto, soprattutto studio e collazione dei materiali forniti al Consiglio comunale – ha anche lui condannato gli amministratori e i tecnici, carezzando l’opinione protestante.
Basta così. Rilevo con malinconia che anche i migliori – dico quelli del centro-sinistra –, quando si innamorano troppo di se stessi, cadono nella trappola della autoreferenzialità e al civis quidam che si mostra inorridito per la malachirurgia imposta alla piazza San Michele non si offrono con un cordiale, o almeno cortese, «parliamone», ma obiettano – come hanno obiettato – un «ma chi ti manda?». La teoria del complotto accompagna sempre gli insicuri.
Una piazza metafora del ceto dirigente. E’ tutto qui forse, non lo so e non lo spero, il filo che potrebbe portare alla sconfitta del PD e dei suoi alleati politici o civici, al prossimo turno elettorale. Insomma, Berlusconi ci ha fatti vergognare davanti al mondo, ma la democrazia riformatrice italiana poteva opporgli soltanto Renzi? E a un sindaco di Cagliari sul cui nome si erano riversati i consensi di fiducia morale, prima ancora che amministrativa, di settori i più vari della opinione cittadina, potrebbe mai perdonarsi, con le altre scivolate – compresa questa di piazza San Michele – la schiena piegata davanti a un arcivescovo non credente che minacciava il muso davanti a un riconoscimento civico – dico e ripeto civico – a un don Cugusi per i trent’anni di fatiche sociali e culturali, scolastiche e pedagogiche, nel quartiere della Marina? Mentre a Firenze, davanti al muso di un arcivescovo per un simile riconoscimento (il fiorino d’oro) attribuito dalla Municipalità al fondatore della comunità dell’Isolotto, l’oggi scomparso don Enzo Mazzi, il sindaco aveva risposto: «prendiamo atto, ma la Municipalità non attende autorizzazioni dalla Curia per gli atti di propria competenza».
Non sembri lontana quella vicenda tutta cagliaritana che aveva l’epicentro nel quartiere storico della Marina da quest’altra insediata nella già periferica piazza San Michele. Lascio ampio spazio d’intuizione a chi voglia declinarne i nessi.
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