Salviamo l’Alberti!

Alberti 1 SalviamoloUna scuola bella? Cancelliamola.
Bella. Proprio così. Devono, per caso, essere brutte e grigie, le scuole? Da sempre, la nostra ha il privilegio di una straordinaria posizione paesaggistica; a pochi metri dal mare, direttamente affacciata sul golfo. Diamo fastidio a qualcuno? Vi sembrano “stonati” dei giovani liceali in prossimità di una zona verde e del nuovo lungomare pedonale e ciclabile?
- segue -
Una scuola utile? Chiudiamola.
Siamo qui dal 1974. Nessun altro liceo in questa zona di Cagliari. Gli altri tre Scientifici sono esattamente sul lato opposto della città. Uno sradicamento assurdo. Considerata l’attuale utenza e la sua provenienza, spostare l’Alberti equivale a chiuderlo.
Un patrimonio umano e professionale formatosi in decenni? Disperdiamolo.
Un consistente nucleo “storico” di docenti; una lunga, fruttuosa esperienza di collaborazione. Numerosi progetti di approfondimento disciplinare e interdisciplinare. Un ricco ventaglio di attività educative extra­scolastiche. Un contributo importante alla formazione della classe dirigente e professionale di questa città. Arrivederci e Grazie.
La favola del rischio crolli? Raccontiamola.
Straripetute perizie tecniche escludono crolli: i problemi dell’ala lato­pineta, legati ad un particolare tipo di fondazioni, possono benissimo essere risolti con un intervento di consolidamento realizzabile in tempi e a costi ragionevoli. Basta volerlo.
Attrezzature nuove in ogni aula? Stacchiamole.
Un edificio interamente cablato. Fior di soldi pubblici della Regione Sardegna spesi, appena due anni fa, per dotare tutte le aule di lavagne multimediali e connessione­Internet. Laboratori potenziati e arricchiti da competenza e passione dei docenti “anziani”. Ora, di colpo, tutto andrebbe smontato e trasportato non si sa dove.
La programmazione educativa triennale? Facciamola alla giornata.
La situazione è grave ma non è seria: una normativa che impone di conquistare e fidelizzare il proprio bacino d’utenza, proponendo “identità culturale” e programmi in prospettiva triennale. Come ogni anno, a Novembre cominceremo a parlare ai ragazzi delle terze medie di Cagliari e provincia: descriveremo nei dettagli la nostra “offerta formativa”; inviteremo caldamente ad iscriversi da noi. Pregando gentilmente di non chiederci l’indirizzo.
Al posto di uno storico liceo? il mito consumistico della nautica.
Se non è di troppo disturbo per i padroni del golfo di Cagliari, vorremmo capire cosa si intende mettere al posto di una Scuola che serve centinaia di studenti e genitori. Banchine per motoscafi e yachts? Distributori di nafta? Ricambi per off­shore? Attracchi per “città galleggianti”? Servizi di
rimessaggio? Su Siccu, Sant’ Elmo e Marina Piccola non bastano? Benchè nessuno più dubiti della gravità del rischio climatico, ancora una volta si resta succubi di un modello di sviluppo economico centrato sul consumo di energie fossili. È stato seriamente misurato l’impatto ambientale di questo “progetto di riqualificazione”? In base alla legge che disciplina i poteri delle Autorità Portuali, nessuna pianificazione può prescindere dalla approvazione delle Autorità Politiche Locali (quelle elette da tutti). Pretendiamo troppo se chiediamo a Comune di Cagliari e Regione Sarda di pronunciarsi?
Una bella scuola: SALVIAMOLA !
DOCENTI, STUDENTI, GENITORI E PERSONALE TUTTO DEL LICEO SCIENTIFICO ALBERTI FANNO APPELLO AL SINDACO ZEDDA E AL PRESIDENTE PIGLIARU PERCHÈ IMPEDISCANO LA DISTRUZIONE DI UN PEZZO DI STORIA DELLA CITTÀ DI CAGLIARI
e DENUNCIANO

alla Cittadinanza e agli Organi di Stampa un progetto sbagliato e contrario al pubblico interesse, chiedendo il blocco dell’operazione e la conferma del Liceo Alberti nell’attuale sede.
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DOCUMENTAZIONE

LETTERA ALL’UNIONE SARDA ­ MARZO 2014
Tra le panchine, dove i nostri studenti siedono durante la ricreazione, e il mare, ci sono scarsi quattro metri. È possibile che questo, specie dopo l’apertura del bellissimo “lungomare”, disturbi qualcuno.
Non si spiega altrimenti il rilievo assunto, nella pubblica opinione, da un piccolo fatto accaduto poche settimane fa al Liceo “Alberti”, dove un assestamento del terreno ha prodotto una crepa nel muro di cinta lato mare (ben lontano dal corpo della scuola), risoltosi con poche ore di lavoro di demolizione di qualche metro di muratura e successiva applicazione di rete metallica provvisoria. Una banalità cresciuta, attraverso incontrollabili passa­parola, sino a diventare pericolo di crollo per l’intero edificio. “A pensar male”, diceva un notissimo adagio democristiano, “si fa peccato, ma …”.
Il Liceo “Alberti” esiste dal 1974, ha formato migliaia di giovani di Cagliari e provincia, e, negli anni, ha coagulato attorno a sé un patrimonio professionale di tutto rispetto. Da qualche anno, la nascita di un quarto liceo scientifico ha dirottato parte della sua tradizionale utenza verso la nuova destinazione. Con i buoni uffici di una Azienda Municipalizzata che da anni nega a noi un collegamento supplementare generosamente concesso ad altri.
Sorvolando sull’assurdità di un’autonomia scolastica che ha messo in competizione le scuole a colpi di allettamenti extra­ didattici, producendo singolari ipertrofismi da una parte e immeritati declini dall’altra, vogliamo con forza rassicurare studenti e famiglie, ribadendo che l’agibilità del nostro edificio scolastico è ­ perizie e monitoraggi alla mano ­ fuori discussione, e che dunque le nostre aule, dove da Settembre ­ primi a Cagliari ­ la didattica viene integrata con Internet e LIM, non costituiscono pericolo alcuno per l’utenza.
In più si vede il mare.
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MAGGIO 2015
La Provincia di Cagliari, per bocca del dirigente Ing. Camoglio ha manifestato la sua chiara volontà di trasferire il Liceo Scientifico “Alberti” dalla attuale sede –occupata da 40 anni– nell’edificio di via Mercalli (traversa V.le Marconi) lasciato libero da altra scuola. La ragione della decisione, secondo quanto pubblicamente affermato, va trovata nelle rinnovate e insistenti pressioni della Autorità Portuale – proprietaria dell’area e del manufatto – che vuole rientrare nella disponibilità del bene per realizzarvi non meglio definiti “servizi per la nautica”. È appena il caso di precisare che la scuola, attualmente a pochi metri dal mare, verrebbe spostata sul lato opposto della città, in piena “periferia industriale”. Nella nuova posizione, il nostro Liceo – da sempre frequentato da un’utenza mista, cioè cittadina e provinciale – si troverebbe ad operare in un comprensorio sul quale già gravitano gli altri tre Licei Scientifici cittadini, mentre i quartieri sud-orientali della città rimarrebbero totalmente sguarniti di servizi di istruzione liceale; un danno pari, se non superiore, riceverebbe l’utenza delle zone centro­occidentali della provincia, che raggiunge Cagliari attraverso mezzi pubblici (FFS e ARST) e che dai terminal di P.za Matteotti, in poco tempo arriva all’ “Alberti”. Queste sole, elementari considerazioni dovrebbero bastare a dimostrare l’irrazionalità dell’operazione. Noi crediamo che una città civile ed avanzata non antepone vaghe e discutibili ipotesi di sviluppo economico (sicuramente non prive di rilevanti impatti ambientali di cui non si sente certo il bisogno) all’interesse primario dell’istruzione. Per questi motivi, fermamente
DENUNCIAMO
alla Cittadinanza, agli Organi di Stampa, alla Giunta Comunale e al Sindaco Zedda, un progetto assolutamente sbagliato e contrario al pubblico interesse, e chiediamo il blocco dell’operazione e la conferma al nostro Liceo dell’attuale sede.
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ALBERTI LOGOScuola: rischio ‘sfratto’ per l’Alberti
Cagliari, braccio di ferro con Authority per sede viale Colombo
(ANSA)­ CAGLIARI, 20 OTT ­2015
Viale Colombo addio: la storica sede del liceo scientifico Alberti di Cagliari è stata chiesta indietro dall’Autoritá portuale. O meglio, il contratto per la concessione della scuola scade il prossimo 31 dicembre: l’anno scolastico in corso non è a rischio, ma dal 2016­-2017 gli studenti dovrebbero, salvo sorprese, trasferire gli zainetti altrove. L’Authority, che finora ha sempre concesso la proroga, per quello stabile ora ha altri progetti nel quadro di una riorganizzazione del “fronte del mare”.
Dirigente scolastico e genitori degli alunni però sono preoccupati. E questo pomeriggio si sono riuniti in una affollata assemblea nell’aula magna del plesso di via Ravenna per studiare qualche strategia alternativa. “Il nostro timore ­ ha spiegato il dirigente scolastico Raffaele Rossi ­ è che la scuola possa perdere utenze. La scelta è legata anche alla posizione: molti arrivano dalla zona di via Milano, dal Poetto. Ma molti dai centri dell’hinterland. E la vicinanza con piazza Matteotti (stazione Arst e treni, ndr) è uno dei motivi spesso decisivi per la scelta”.
Insomma, senza viale Colombo il pericolo è che le famiglie possano scegliere o trasferirsi negli altri licei scientifici. Le alternative? Una può essere uno stabile di via Rolando, a Monte Mixi ­ ha indicato la Provincia ­ L’altra potrebbe essere via Mercalli: presto potrebbero essere disponibili sedici aule. “Per me sono soluzioni di scarsa fattibilità ­ ha chiarito il preside ­ e non mi piacciono. La mia soluzione? Rimanere in viale Colombo sin quando non iniziano i lavori dell’Autoritá portuale”. L’ipotesi via Mercalli ha subito provocato mormorii e aperte proteste tra le mamme e i papà in sala. Negli anni scorsi ­ ha ricordato la Provincia ­ non sono mancate le
trattative per cercare soluzioni alternative per non rimanere sotto la spada di Damocle della scadenza del contratto.
Al momento l’Alberti ha una trentina di classi e circa seicentoquaranta studenti. Senza viale Colombo rimarrebbe con il solo plesso di via Ravenna. Con molti ragazzi da sistemare. Proprio ora che sono iniziate le giornate di orientamento in vista del “reclutamento” del prossimo anno scolastico. Intanto si mobilitano gli studenti: promossa una raccolta di firme per restare in viale Colombo. Nell’assemblea si è parlato anche di altre possibili forme di lotta. Ed è emersa la volontà di incontrare presto il sindaco Massimo Zedda.
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Liceo Alberti, trasferimento tra 2 anni: “Un pezzo di storia ko”
25 marzo 2015
Il dirigente Camoglio: “Sono in corso i lavori di completamento dell’istituto di via Mercalli, nel 2017 il trasferimento dell’Alberti”.
Addio confermato alla storica scuola di Cagliari.
Nei giorni scorsi i docenti e i lavoratori del liceo scientifico di viale Colombo avevano espresso la loro preoccupazione per l’annunciato trasferimento dell’Alberti in una nuova struttura. Oggi la notizia viene confermata dal dirigente del settore Edilizia scolastica della Provincia di Cagliari, Gian Michele Camoglio. “Il trasferimento è inevitabile – spiega – la struttura verrà destinata ad attività legate alla nautica come prevede il Piano regolatore portuale. Ma il trasloco non avverrà prima del 2017: dobbiamo ancora completare i lavori nell’istituto di via Mercalli, che al momento è l’unica struttura a disposizione per ospitare il liceo scientifico”.
“Il liceo Alberti è un patrimonio storico e culturale della città che non deve essere dismesso – è l’appello del consigliere regionale e comunale di Forza Italia, Edoardo Tocco, uno dei primi studenti a frequentare la scuola – Occorre una mobilitazione per salvaguardare lo scientifico che negli anni si è rivelato uno degli istituti superiori preferiti dagli studenti di Cagliari e dell’area vasta, considerato che il liceo ha una delle percentuali di pendolari più alte della città. Si eviti di cancellare una delle realtà storiche della formazione e dell’istruzione in città”.
di: Federica Lai
da: www.castedduonline.it
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L’Unione Sarda
Una speranza per il liceo Alberti Fonte: L’Unione Sarda 22 ottobre 2015
Il sindaco Zedda: no al trasferimento, le scuole cittadine non devono essere spostate
L’Authority: «Nessun ultimatum ma adesso bisogna decidere»

l futuro del liceo Alberti di viale Colombo è scritto nel Piano regolatore del porto varato nel 2010-2011. Un documento approvato da tutti gli enti e le istituzioni che fanno capo al comitato portuale. In primo luogo l’Authority, proprietaria dell’intera fascia costiera da Cagliari a Punta Zavorra, ma anche la Provincia, l’amministrazione municipale cittadina, la Confindustria, la Regione, i Comuni di Capoterra e Sarroch.
Un sì che distribuisce equamente le responsabilità sulle decisioni prese a suo tempo per lo sviluppo di questa zona.
IL TRASFERIMENTO È per questo che il commissario dell’Autorità portuale, Vincenzo Di Marco, non ci sta a passare come il firmatario di un ultimatum per lo sgombero dell’edificio che ospita lo Scientifico. O meglio, della sua restituzione al legittimo proprietario.
CHIAREZZA «Il Piano regolatore, tra l’altro approvato quando io non ero neppure a Cagliari in qualità di comandante della Capitaneria, tanto meno di commissario dell’Authority, non contempla l’esistenza di una scuola, ma qui dovranno sorgere servizi di supporto alla nautica e al diporto. Questo non vuol dire che abbiamo firmato un ultimatum per l’Alberti», avverte Di Marco, oggi alla guida della Capitaneria di Livorno il cui mandato come commissario dell’Autorità portuale scadrà questo mese.
LE SCELTE Insomma, non un ultimatum ma comunque un richiamo alla Provincia di far presto. E decidere. Anche alla luce di quel “sì” apposto al Piano al momento dell’approvazione. Come dire: la politica faccia il suo dovere e non lasci agli uffici il compito di dialogare. Anche perché la scuola pretende risposte e chiarezza, la stessa rivendicata l’altra mattina durante un’assemblea tra studenti, insegnanti e dirigenti e culminata con una richiesta precisa: «Lasciateci qui».
Un no secco al trasferimento in via Mercalli, nell’edificio dell’ex Marconi oggi in via di restauro, come indicato dalla Provincia.
DAL MUNICIPIO Intanto sul caso-Alberti interviene il sindaco Massimo Zedda. «Non sono mai stato d’accordo sullo spostamento delle scuole cittadine dalle sedi storiche fuori città. La mia opinione è che l’Alberti e il Martini debbano rimanere nel centro cittadino. Per non svuotare Cagliari dalla presenza degli studenti che contribuiscono a vitalizzare i luoghi attorno alle scuole. Il Commissario della Provincia che ha la responsabilità sugli istituti tecnici e sui licei, ha garantito il ritorno del Martini, dopo i lavori, nella sua sede storica e la volontà di mantenere in città anche l’istituto Alberti».
Andrea Piras
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(Settembre 2014) lettera aperta ­ petizione
Al direttore generale del CTM, Dott. Ezio Castagna,
Al sindaco di Assemini, dott. Mario Puddu
All’assessore alla cultura del comune di Assemini, dott. Gianfranco Schirru Al consigliere comunale di Assemini, dott. Simone Carta
All’assessore alla cultura del comune di Cagliari, dott.ssa Enrica Puggioni All’assessore alla viabilità del comune di Cagliari, dott. Mauro Coni
Al sindaco di Cagliari, dott. Massimo Zedda
Al commissario straordinario della provincia di Cagliari, dott. Pietro Cadau
Nell’ultimo triennio, la popolazione scolastica del liceo Alberti ha fatto registrare una continua discesa, che si avvia, oggi, verso un secco dimezzamento. È reale il rischio di una definitiva scomparsa della scuola.
A pochi metri dal mare, in una posizione urbanistica felicissima (oggi ­ sospettiamo­ sotto speciale “osservazione”), il Liceo Scientifico Alberti esiste dal 1974, ha formato migliaia di giovani di Cagliari e provincia, e ha, negli anni, coagulato attorno a sé un patrimonio professionale di tutto rispetto. Le attività di approfondimento disciplinare e interdisciplinare (di cui esistono tangibili prove), la assidua partecipazione a competizioni regionali e nazionali (con più che onorevoli risultati), la fattiva presenza sul fronte di svariate iniziative culturali, ci consentono di poter affermare che ­ a dispetto di qualche torbido venticello che da tempo ha preso a spirare ­ la nostra scuola, per livello e tradizione, non merita il declino al quale congiunture particolarmente sfavorevoli sembrano condannarla.
La nascita del quarto Liceo scientifico di “Su Planu”, ha, come era naturale attendersi, spostato una significativa quota di utenza verso la nuova destinazione. Ciò non è però avvenuto in un quadro di equità. Infatti, sin dal suo primo nascere il nuovo liceo ha ottenuto servizi specifici “mirati”, che hanno permesso agli studenti dei comuni limitrofi di usufruire di un collegamento supplementare tra terminal ferroviario e ingresso dell’Istituto. Da due anni a questa parte, tale situazione di vantaggio si è ulteriormente rafforzata grazie alla istituzione di due bus navetta che collegano direttamente il comune di Assemini (nostro “storico” bacino di utenza) con il Liceo in questione.
A parte ogni altra considerazione intorno alla dilettantesca ideologia mercantilistica che, da qualche lustro, continua a immaginarsi le scuole come piccole aziende in competizione fra loro, riteniamo legittimo esigere che, se concorrenza ha da esserci, questa debba svolgersi assicurando a tutti le stesse condizioni di partenza. Per essere più chiari, “ad armi pari”.
Sulla base di queste semplici motivazioni e consapevoli di non domandare nulla di più di quanto già altri hanno,
chiediamo
che a partire dall’anno scolastico 2014­2015, il Consorzio Trasporti Mobilità (CTM) istituisca un servizio supplementare che colleghi il terminal ferroviario di p.za Matteotti con l’ingresso del Liceo Alberti in viale Colombo.

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GIURETA Vol. VI Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente 2008
L’AMBITO PORTUALE ED I PIANI REGOLATORI PORTUALI*
Francesco Pellegrino **
SOMMARIO: 1. Porto e ambito portuale. – 2. Competenza in materia di pianifica- zione e iter di adozione del piano regolatore portuale. – 3. Natura giuridica del piano regolatore portuale. – 4. I rapporti tra piano regolatore del porto (PRP) e piano regolatore generale (PRG). – 5. Conclusioni.
1. – Nell’impianto codicistico prevale la concezione del porto come in- frastruttura, come bene pubblico soggetto alla particolare disciplina dei beni demaniali. L’art. 28 c.n., infatti, include i porti tra i beni del demanio maritti- mo (art. 822 c.c.) e l’art. 35 c.n. ne individua l’elemento di qualificazione nel- la “utilizzabilità” per i “pubblici usi del mare”1 (difesa nazionale, navigazio- ne, traffico marittimo, pesca e altre attività connesse).
Dal combinato disposto di tali disposizioni discende che è la stessa sog- gezione ad un pubblico uso che giustifica l’inclusione dei porti nella catego- ria dei beni demaniali.
Di fronte all’assenza di una definizione giuridica di porto, si è tentato di ricostruirne la nozione ora facendo riferimento al profilo squisitamente fisi- co (tratto di mare chiuso, atto al rifugio, all’ancoraggio, all’attracco delle im- barcazioni, caratterizzato dalla presenza di elementi naturali e artificiali), ora ponendo sempre più l’accento sull’aspetto funzionale e quindi sulle attività
* Relazione al convegno “Le infrastrutture marittime ed aeronautiche. Evoluzione con- cettuale e problematiche di gestione”, Palermo, 2-3 maggio 2008.
** Università degli Studi di Messina.
1 Ai beni del demanio marittimo si applica la presunzione di “necessarietà” nel senso che conservano tale natura giuridica fino all’emanazione di un provvedimento di “sdemanializza- zione”, con la conseguenza che non si applica la “sdemanializzazione” tacita. Sull’argomento v. MORANDI F., La tutela del mare come bene pubblico, Milano, 1998; MALTESE D., Demanio portua- le e pubblici usi del mare, in Dir. mar., 2002, 1506 ss.
Rivista di diritto dell’economia, dei trasporti e dell’ambiente, vol. VI – 2008 ISSN 1724-7322

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economiche che si svolgono al suo interno, volte alla prestazione di servizi2. In seguito ai profondi mutamenti che si sono verificati nel settore, si pen- si in particolare all’evoluzione dei pubblici usi del mare e alla crisi della con- cezione tradizionale del demanio marittimo3, il porto non è stato più consi- derato un terminale locale, un luogo di transito, ma ha assunto – com’è noto – il ruolo di “mercato”, centro di servizi, elemento dell’offerta logistica di un
territorio, tassello integrato di un “sistema”4.
Questo mutato scenario è stato recepito dalla legge di riordino della legi-
slazione in materia portuale (l. 28 gennaio 1994, n. 84)5, che ha superato la visione naturalistica del porto-infrastruttura, privilegiando un criterio basato sulla “funzionalizzazione” dei beni immobili, naturali o artificiali, delle at- trezzature e dei mezzi al servizio della nave, della merce trasportata e delle molteplici attività che si svolgono in quell’area. Nella nuova prospettiva, è stata ritenuta essenziale l’esistenza di un quid pluris: il coordinamento funzio- nale tra i diversi elementi costitutivi, al fine di rendere più organizzati, effi- cienti e competitivi i porti italiani.
2 Come è noto, negli ultimi anni le attività portuali si sono notevolmente incrementate, ed alcuni tipi di traffico hanno assunto particolari specializzazioni, si pensi al fenomeno del tra- sporto containers, sviluppatosi in maniera significativa in alcuni porti del Mediterraneo. Di qui la necessità di modificare le attuali configurazioni portuali, al fine di dare risposte adeguate alle pressanti esigenze di spazi, di banchine, di moderne attrezzature, nonché di idonee infra – strutture di trasporto per un razionale e veloce collegamento dello scalo con il suo retroterra.
3 Laconfigurazionedeibenidemanialipassadaunaconcezione“statica”,ancorataalper- seguimento di interessi statali, ad una concezione “dinamica”, basata sull’ampliamento dell’interesse pubblico marittimo e sulla conseguente dilatazione dei poteri discrezionali della P.A., finalizzati a selezionare, tra varie attività, quelle che meglio soddisfano i bisogni della collettività.
4 Si pensi, ad es., all’area compresa tra i Comuni di Milazzo e Messina o alla c.d. “area del – lo Stretto”, alla cui area di sicurezza è stata preposta l’Autorità marittima della navigazione nello Stretto, istituita dall’art. 8, comma 7, della recente legge 29 novembre 2007, n. 222 (G.U. n. 279 del 30 novembre 2007).
5 Per un commento v. tra gli altri Carbone S.- Munari F., La legge italiana di riforma dei porti e il diritto comunitario, in Foro it., 1994, 367 ss.; Id., Gli effetti del diritto comunitario sulla riforma portua- le in Italia. Risultati e prospettive, in Dir. mar., 1994, 3 ss.; Id., La disciplina dei porti tra diritto comuni- tario e diritto interno, Milano, 2006, 133 ss.; Casanova M. – Brignardello M., Diritto dei Trasporti (infrastrutture e accesso al mercato), Milano, 2004, 69 ss.; Carbone S., Verso una nuova disciplina dell’ordinamento portuale, in I porti dell’area dello Stretto di Messina nelle reti transeuropee (a cura di Ver- miglio G. – Moschella G. – Pellegrino F.), n. 25 della collana ricerche Cust Euromed, Villa S. Giovanni, 2007, 101 ss.

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Alla luce di questa evoluzione, non v’è da meravigliarsi se il recente D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 2036 ha introdotto una precisa definizione di porto (traducendo quasi ad litteram quella contenuta nella Direttiva del 2005/65/CE) come “specifica area terrestre e marittima, comprendente im- pianti7 ed attrezzature intesi ad agevolare le operazioni commerciali di tra- sporto marittimo”. Si tratta quindi di un complesso di beni naturali e artifi- ciali destinati alla prestazione di un insieme di servizi e allo svolgimento di attività portuali.
È evidente l’influsso esercitato su questa definizione dalla proposta di di- rettiva sui servizi portuali che – sia nel testo originario (c.d. Palacio 1)8 che in quello modificato (c.d. Palacio 2)9 – fa riferimento alla “zona di terra e di mare, appositamente predisposta e dotata di attrezzatura che le consente, in via principale, di accogliere naviglio, effettuare operazioni di carico, scarico, trasbordo e deposito di merci, di presa in consegna e riconsegna di tali merci per il trasporto terrestre, l’imbarco e lo sbarco di passeggeri”. E’ evidente che anche in questa nozione la l’aspetto naturalistico si fonde e si confonde con quello funzionale, volto alla valorizzazione delle attività economiche lo- calizzate nel porto.
La legge n. 84/94 ha introdotto, accanto al concetto di porto, altre espressioni affini: “area portuale” (art. 5, comma 1 e art. 4, comma 3), “am- bito portuale”, “assetto complessivo” del porto (art. 5, comma 1) e “circo- scrizione territoriale” (art. 6, comma 7).
Il primo comma dell’art. 5, infatti, così recita: “Nei porti di cui alla cate- goria II, classi I, Il e III10, con esclusione di quelli aventi le funzioni di cui all’articolo 4, comma 3, lettera e) (id est, turistici e da diporto), l’ambito e l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzio- ne industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferrovia-
6 “Attuazione della Direttiva 2005/65/CE relativa al miglioramento della sicurezza nei porti” (G.U. n. 261 del 9 novembre 2007).
7 Definiti, nella citata Direttiva, come luogo in cui avviene l’interfaccia nave/porto, com- prendente aree quali le zone di ancoraggio, di ormeggio, le aree di accosto dal mare, ecc..
8 Cfr. la prima proposta del 2001: COM(2001)35 def. 2001/047(COD).
9 La seconda proposta, ripresentata dopo il fallimento della prima, e anch’essa bocciata dal Parlamento europeo, è del 13 ottobre 2004: COM(2004)654 def. 2004/0240(COD). L’art. 3 ricomprende nella nozione di “servizi portuali” i servizi tecnico-nautici (pilotaggio, rimor- chio, ormeggio) insieme alle operazioni portuali.
10 A rilevanza, rispettivamente, internazionale, nazionale, regionale/interregionale.

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rie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale, che individua altresì le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate”.
Questa disposizione richiama diversi concetti, quello di “ambito”, quello di “assetto complessivo” del porto e quello di “aree destinate alla produzio- ne industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferrovia- rie”, delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale.
La distinzione tra queste espressioni, lungi dal costituire una mera disqui- sizione teorica, assume ai nostri fini una portata fondamentale per compren- dere quale “spazio” possa formare oggetto del piano regolatore portuale.
Quanto alle “aree portuali”, la disposizione inesame fa riferimento alle “aree destinate alla produzione industriale, alla cantieristica e alle infrastrut- ture stradali e ferroviarie”, richiamando così una nozione funzionale. Ciò è confermato dall’art. 4, comma 3, della stessa legge, laddove si precisa – come se si trattasse di concetti diversi – che i “porti” (di cui alla categoria II, classi I, II, III) e le “specifiche aree portuali” svolgono molteplici funzioni (commerciali, industriali e petrolifere, di servizio passeggeri, pescherecci, tu- ristici e diporto)11, anche congiuntamente.
Le “aree portuali” in senso tecnico allora rappresentano, nel loro insie- me, il contesto territoriale nel quale si inseriscono tutte le infrastrutture de- stinate a svolgere una funzione portuale.
Alla luce della su richiamata disposizione, i “porti” sono stati assimilati alle “aree portuali” per quanto riguarda la possibilità di una loro catalogazio- ne sotto il profilo funzionale, ma – considerate nel loro insieme – si diffe- renzierebbero (rectius, potrebbero differenziarsi) sotto il profilo dimensiona- le, nel senso che potrebbero estendersi anche al di fuori dei limiti del porto propriamente detto (c.d. porto operativo), inteso come spazio morfologica- mente limitato.
Più ampia delle singole aree sembra essere l’“area portuale” di cui al suc- cessivo D.Lgs. 4 febbraio 2000, n. 4512 . L’art. 1, primo comma, lett. r), infat-
11 Le caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali e la classificazione di tali porti sono determinate con decreto ministeriali, sentite le Autorità portuali o marittime (art. 4, comma 4, l. n. 84/94).
12 Emanato in attuazione della Direttiva 98/18/CE del Consiglio del 17 marzo 1998 (G.U.C.E. L 144 del 15 maggio 1998), relativa alle disposizioni e alle norme di sicurezza per le navi da passeggeri adibite a viaggi nazionali.

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ti, intende con tale espressione “quell’area che si estende fino alle strutture portuali permanenti più periferiche che costituiscono parte integrante del si- stema portuale o fino ai limiti definiti da elementi geografici naturali che proteggono un estuario o un’area protetta affine”.
L’area portuale viene quindi ricollegata al concetto di “sistema portuale”13. Ricordiamo che già il Piano Generale Trasporti (PGT) del 198614 si ispirava ad una pianificazione per sistemi portuali, per distretti por- tuali specializzati15. Questa concezione, che verrà poi ripresa dal Piano Ge- nerale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) del 200116, è stata peraltro re- cepito dall’art. 1 della legge n. 84/94, laddove precisa che l’ordinamento e le attività portuali devono adeguarsi agli obiettivi del Piano Generale dei Tra- sporti.
Alla luce di questa nuova “visione sistemica”, il disegno di legge n. 1044, presentato il 27 settembre 200617, all’art. 11, ha previsto una organizzazione in “sistemi portuali”18 dei porti vicini, appartenenti al medesimo “mercato geograficamente rilevante”, pacificamente inteso dalla giurisprudenza ammi- nistrativa19 come “quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in rapporto di concorren- za”.
Chiarito ciò, occorre chiedersi cosa debba allora intendersi per “ambito
13 Sul tema, v. in particolare Camarda G., Enti portuali, demanialità dei porti e sistema portuale, in Studi mar., 1985, 67 ss.; Id., Il disegno di legge sui sistemi portuali, in Porti, mare, terr., 1989, 41 ss. e in Autonomie e dir., 1989, 265 ss.
14 Per un approfondimento in materia di PGT v. FOIS P., Il PGT nel processo di integrazione europea, in Il Piano Generale dei Trasporti. Prospettive di attuazione in Sardegna, Atti del Convegno di Cagliari 18-19 maggio 1990, Napoli, 1991, 7 ss.
15 Ad esempio, Genova-Savona-La Spezia, Napoli-Salerno, Brindisi-Bari-Taranto, Trieste-
Venezia-Monfalcone.
16 Approvato con D.P.R. 14 marzo 2001 (G.U. n. 163 del 16 luglio 2001).
17 Annunciato nella seduta n. 41 del 28 settembre 2006, di iniziativa dei senatori Mazzarel-
lo, Adragna, Amati e altri, in corso di esame in VIII commissione il 28 novembre 2007.
18 Per ogni sistema portuale deve essere nominato dal Ministro dei trasporti un coordina-
tore tra i presidenti delle Autorità portuali.
19 Cfr. sentenza Consiglio di Stato n. 5733 dell’8 novembre 2001, Istituti Vigilanza Sardegna;
n. 150 del 14 gennaio 2002, RAI-RTI-CGC; n. 1305 del 5 marzo 2002, RAI-RTI; nonché TAR del Lazio n. 7451 del 13 settembre 2001, Latte artificiale per neonati e n. 368 del 16 gennaio 2002, Mezzi di contrasto.

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portuale”, se si tratti di un concetto diverso da quello di “area portuale”. Ebbene, da quanto sopra detto, l’“ambito portuale”20 di cui alla legge di riforma dei porti sembrerebbe più ampio, sotto il profilo spaziale, non solo del “porto” stricto sensu, ma talvolta anche delle singole “aree portuali” pro- priamente dette, comprendendo al suo interno sia l’uno che le altre, ma po- tendo racchiudere anche altre zone più periferiche. L’ambito portuale, in al- tri termini, a nostro avviso coinciderebbe con l’area portuale di cui al D.Lgs.
n. 45/2000.
Che il concetto di “ambito portuale” sia molto ampio e onnicomprensi-
vo, peraltro, si evince dallo stesso tenore dell’art. 18 della legge del 1994, lad- dove prevede che siano soggette a concessione non solo le “aree demaniali” (id est, del demanio portuale) e le banchine21 ricadenti all’interno dell’“ambito portuale” per lo svolgimento di “operazioni portuali”22, ma anche le “opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell’ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee” in quanto “anch’esse da conside- rarsi a tal fine ambito portuale”, purché interessate dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali. Perché l’ambito portuale possa ricom- prendere anche queste aree esterne, è stata quindi posta questa limitazione di natura funzionale.
Il legislatore del 1994 ha però fatto riferimento anche all’“assetto com- plessivo” quale concetto diverso dall’“ambito”.
Ebbene, l’avere appena accolto una nozione estremamente ampia di “ambito” non ci permette di attribuire all’espressione “assetto complessivo” una portata ancor più lata. Evidentemente, allora, la differenza tra le due lo- cuzioni – a nostro avviso – non attiene tanto all’ampiezza spaziale, quanto al contenuto, nel senso che, mentre l’ambito fa riferimento alla delimitazione dello spazio complessivo di riferimento, l’assetto attiene, invece, alla sistema- zione interna dell’area, alla sua configurazione, alla sua struttura, alla posizio-
20 Su tale concetto v. TAR Sicilia, Sez. Catania, 13 settembre 2005, n. 1346, con nota di CELLERINO C., Spazi di attività operativa dell’Autorità portuale e autonomia finanziaria, in Dir. mar., 2007, 894 ss.
21 Sulla concessione delle banchine v. da ultimo INGRATOCI C., La concessione di aree e ban- chine, in Riv. dir. econ. trasp. amb., rivista giuridica on-line,V/2007, e in Dir. mar., 2007, 984 ss.
22 Sul punto v. TAR Sicilia, Sez. Catania, III, n. 2111 dell’11 agosto 2004, in Diritto&Dirit- ti, rivista giuridica on-line, ottobre 2004. La concessione dell’area demaniale in ambito portuale per lo svolgimento delle operazioni portuali compete solo alle imprese portuali autorizzate, iscritte in appositi registri.

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ne e alle caratteristiche dei singoli elementi che la compongono.
In altri termini, il legislatore avrebbe accolto una nozione tecnico-inge- gneristica di assetto, e ciò sembra confermato dalla stessa formulazione dell’art. 5, laddove si precisa che “l’ambito e l’assetto complessivo del porto” sono “rispettivamente delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale”, in cui l’avverbio “rispettivamente” sembrerebbe voler operare una distinzio- ne netta tra l’ambito, che viene “delimitato”, l’assetto, che viene
“disegnato”23.
Ne discende che il piano regolatore portuale ha la funzione di delimitare
e disegnare “l’ambito” e “l’assetto complessivo del porto”24 inteso in senso territoriale (e quindi individua anche moli, banchine, opere foranee25, specchi acquei e, in genere opere portuali, edilizie o impiantistiche) comprese le “aree” destinate ad attività industriali e cantieristiche, nonché le infrastruttu- re stradali e ferroviarie al servizio dell’attività portuale.
Per completare questo complesso apparato concettuale, l’art. 6, comma 7, della legge n. 84 richiama un ulteriore concetto, quello di “circoscrizione portuale”, da intendersi come spazio geografico, individuato e delimitato con decreto del Ministro dei trasporti, entro il quale si esercita la giurisdizio- ne portuale. Ci si riferisce, in altri termini, a quel tratto di costa compresa tra confini (o punti) ben precisi del territorio, costituita dalle aree demaniali ma- rittime, dalle opere portuali e dagli antistanti spazi acquei, entro i quali la sin-
23 Così TAR Venezia Giulia 18 marzo 1998, in Urbanistica e appalti, 1998, 858 ss., laddove si legge che il piano regolatore portuale costituisce “un’estrinsecazione del potere spettante all’autorità pubblica che ne ha la disponibilità esclusiva di determinare l’assetto viario, la siste – mazione degli edifici e la distribuzione degli impianti in detto ambito” (confermata da sent, Cons. St., sez. IV, 24 marzo 2006, n. 1538, in Riv. dir. pubbl. it. com. comp., Federalismi.it, rivista telematica).
24 Per un approfondimento v. CERVETTI D’AMICO A., Demanio marittimo e assetto del territo- rio, Milano, 1983, 82 ss.; CORBINO M.L., Il demanio marittimo. Nuovi profili sostanziali, Milano, 1990, 184 ss.; ID., Demanio costiero e demanio portuale: attuale regime concessorio e prospettive di riforma, in Studi in onore di Gustavo Romanelli, Milano, 1997, 377 ss.
25 Quando possibile, il porto viene costruito in zone protette da un riparo naturale, ma spesso occorre completare o ampliare la protezione naturale, o crearne una artificiale con opere di difesa foranee, o esterne; queste vengono realizzate in relazione alle caratteristiche geografiche del luogo, nonché al suo regime idraulico, quale è determinato, per esempio, da correnti, maree, moto ondoso, ecc. Le opere foranee costituiscono la cintura esterna del por – to e comprendono antemurali, dighe, frangiflutti, moli, disposti in genere secondo determina – ti schemi.

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gola Autorità portuale26 esercita le funzioni (amministrativo-pubblicistiche) di “indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo”.
Dal momento che – come si è visto – numerosi ma generici sono i riferi- menti normativi che riguardano l’ambito portuale, v’è da chiedersi se tale spazio coincida con la circoscrizione, con la conseguenza che il piano incon- trerebbe il vincolo di cui all’art. 6, comma 7, e che i poteri dell’Autorità por- tuale sarebbero confinati entro tale spazio.
Ebbene, dal momento che l’art. 5 della legge n. 84/94 prevede che sia oggetto di pianificazione l’“ambito portuale”, mentre l’art. 6, comma 7, si ri- ferisce alla “circoscrizione” quale spazio nella quale si esercita la giurisdizio- ne dell’Autorità Portuale, non è detto che il primo coincida sempre con la seconda, potendo l’ambito comprendere porzioni del territorio esterne alla circoscrizione, sempreché – si intende – circostanti e funzionali all’operativi- tà delle strutture portuali: si pensi ai magazzini, ai siti di stoccaggio, al re- troporto, alle aree anche non appartenenti strettamente al demanio, ma fun- zionalmente connesse col porto in quanto costituenti un unico terminale con le attività rese entro la circoscrizione.
D’altra parte, sono le stesse “Linee guida per la redazione dei piani rego- latori portuali” del 200427, elaborate allo scopo di stabilire criteri omogenei, che hanno espressamente previsto la possibilità che l’ambito portuale non coincida pienamente con la circoscrizione territoriale, ma comprenda aree anche non strettamente appartenenti al demanio, purché funzionalmente connesse col porto, ovviamente previa “intesa” con il comune28, che accetta che esse siano disciplinate dallo strumento di pianificazione portuale.
L’ambito oggetto del PRP, pertanto, da un lato, può escludere alcune aree demaniali marittime, in quanto ritenute non strategiche ai fini portuali, e di converso può includere anche aree non demaniali, sempreché interconnesse
26 V. amplius VERMIGLIO G., Autorità portuale, in Enc. dir., Agg., VI/2002, 194 ss.; ID., La disciplina dell’ordinamento e delle attività portuali tra diritto della navigazione e diritto pubblico dell’econo- mia, in Riv. dir. pubbl. econ. trasp. amb., rivista giuridica on-line, III/2005; CITRIGNO A.M., Autori- tà portuale, profili organizzativi e gestionali, Milano, 2003, 137 ss.
27 Elaborate da una Commissione ministeriale, nominata con D.M. 19 maggio 2003, ed emanate con la circolare. 15 ottobre 2004, prot. 17778 MM del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
28 Per un approfondimento v. RAIMONDI S., Modelli organizzativi e procedimentali per una pia- nificazione integrata interregionale, in I porti dell’area dello Stretto di Messina nelle reti transeuropee, cit., 41 ss.

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funzionalmente e/o strutturalmente al porto.
Ciò significa che se si tratta di beni del demanio marittimo, allora nulla
quaestio, mentre se si tratta di spazi a terra esterni alla circoscrizione, e non assoggettati al regime giuridico demaniale, il piano è sottoposto ad una limi- tazione di ordine funzionale.
Pertanto, se è possibile adottare un piano regolatore che si riferisca anche ad aree poste al di fuori del territorio circoscrizionale, quest’ultimo invece costituisce il limite per l’esercizio, da parte dell’Autorità Portuale, delle fun- zioni di “indirizzo, programmazione, promozione e controllo” delle attività portuali. Conseguentemente, con riferimento alle aree esterne alla circoscri- zione sarebbero riconosciute all’Autorità Portuale le funzioni di pianificazio- ne, ma non quelle di programmazione, promozione e controllo.
Onde evitare dubbi interpretativi dovuti alla mancata coincidenza tra am- bito e circoscrizione, il citato disegno di legge n. 1044 aveva proposto di modificare il comma 7 dell’art. 6 della legge n. 84 precisando che nei limiti della “circoscrizione portuale” sono compresi “gli specchi acquei esterni alle difese foranee, purché interessati dal traffico portuale, dalla prestazione di servizi portuali e dalla realizzazione di impianti destinati ad operazioni di im- barco e sbarco”29.
Ma posto che, allo stato, non vi è necessariamente coincidenza tra la cir- coscrizione e l’ambito, ci si chiede a quale nozione bisogna riferirsi ai fini dell’applicazione della legge n. 84, se a quella restrittiva o a quella estensiva. A questo proposito è appena il caso di richiamare una sentenza del TAR Ca- tania dell’11 agosto 2004 (peraltro riformata)30 la quale ha stabilito che in tal caso non deve farsi riferimento al vecchio piano portuale, ma agli atti nor- mativi successivi e più recenti, quali il Decreto del Ministro dei Trasporti e
29 L’attività di imbarco-sbarco di automezzi costituisce operazione portuale, riservata alle imprese portuali autorizzate ai sensi dell’art. 16, comma 3, della legge n. 84/94; non si tratta invece di servizi di interesse generale ai sensi dell’art. 6, comma 1, della stessa legge (per l’affi – damento in concessione dei quali è necessaria invece la gara pubblica), né di servizi tec- nico-nautici per i quali l’art. 14 della legge n. 84/94 conferma la disciplina del codice naviga- zione e la cui regolamentazione è affidata all’Autorità marittima. Contra, il Consiglio Giustizia Amm. (sent. 11 aprile 2008, n. 328) ha ritenuto che le operazioni di imbarco-sbarco di auto- mezzi non costituiscono operazioni portuali, né servizi portuali specialistici, complementari o accessori al ciclo delle attività portuali (art. 16 l. n. 84/94), né servizi di interesse generale (art. 6 legge n. 84/94), ma delle attività libere, cui sarebbe applicabile l’art. 36 c.n.
30 Cfr. sent. TAR Sicilia, Sez. Catania, 13 settembre 2005, n. 1346, cit., 894 ss.

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della navigazione del 6 aprile 199431, che definiscono la “circoscrizione terri- toriale” in senso evolutivo, prendendo atto della realtà fattuale evolutasi nel tempo e che l’Amministrazione non può ignorare.
2. – Quanto alla competenza in materia di pianificazione32, le leggi istitu- tive dei vecchi enti portuali ad essi attribuivano la potestà a redigere piani re- golatori, che venivano definiti “piani di opere” in quanto si limitavano ad in- dividuare i lavori che si intendevano realizzare nel porto. Si trattava di meri progetti, la cui mancata esecuzione non comportava conseguenze sul piano giuridico.
La più risalente fonte normativa era rappresentata dalla legge 20 agosto 1921, n. 117733 che, all’art. 2234, trattava di “spese per opere portuali”, di competenza dell’ente portuale locale, che dovevano obbligatoriamente rien- trare tra quelle previste dai “piani regolatori” approvati nei modi di legge, sebbene di questi piani non venissero definiti né contenuti, né funzioni, né tanto meno procedure di approvazione. I piani regolatori erano quindi con- figurati dal legislatore come “documenti di programmazione della spesa pubblica”, e non come strumenti di pianificazione del territorio portuale.
A completamento di questo primo (frammentario) intervento legislativo era poi intervenuta la legge 3 novembre 1961, n. 124635, la quale aveva stabi- lito che i piani regolatori dei porti di categoria II, classi I (a rilevanza interna- zionale) e III (a rilevanza regionale o interregionale)36 dovessero essere “ap- provati” con decreto del Ministero LL.PP., di concerto con quello della Ma- rina mercantile, previo parere tecnico del Consiglio Superiore LL.PP.37.
31 E successiva ordinanza ministeriale n. 1/1996.
32 Sul tema v. BATOLI A.M. – PREDIERI A., Piano regolatore, in Enc. dir., XXXIII/1983, 674 ss.
33 “Provvedimenti per combattere la disoccupazione” (G.U. n. 212 del 7 settembre 1921). Per un commento v. TELLARINI G., I porti e le classificazioni, in Rivista dir. econ. trasp. amb., rivista giuri- dica on-line, 28 giugno 2008.
34 L’articolo unico della legge 3 novembre 1951, n. 1246 così recita: “I piani regolatori di porti iscritti nella 2a e 3 a classe della 2 a categoria previsti dall’art. 22 della legge 20 agosto 1921, n. 1177 sono approvati con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici di concerto col Ministeri per la Marina Mercantile, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici”.
35 “Norme relative ai piani regolatori dei porti di 2 a e 3 a classe della seconda categoria”.
36 Questa vecchia classificazione dei porti era contenuta nel R.D. 28 aprile 1885, n. 3095 (e relativo regolamento di esecuzione, R.D. 26 novembre 1904, n. 713).
37 Competenze successivamente trasferite alle Regioni in forza del D.P.R. 24 luglio 1977,

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L’art. 5, comma 3, della legge n. 84/94 ha, com’è noto, attribuito all’Autorità Portuale, laddove istituita, la competenza in materia di pianifica- zione dei porti della categoria II, classi I, II e III (rispettivamente, a rilevanza internazionale, nazionale o regionale/interregionale), ad eccezione di quelli aventi “funzione turistica e da diporto”. Non formano oggetto di pianifica- zione, a contrario, neppure i porti della categoria I, finalizzati alla difesa mili- tare e alla sicurezza dello Stato.
Il piano regolatore portuale viene adottato dal Comitato portuale, previa intesa del comune o dei comuni interessati. Nei porti nei quali non è istituita l’Autorità portuale, la competenza spetta invece all’Autorità marittima.
Questa potestà residuale in materia deve, tuttavia, ritenersi oggi superata alla luce della legge 15 marzo 1997, n. 5938, che – ferma restando la titolarità dominicale delle aree demaniali marittime in capo allo Stato – ha conferito alle regioni e ai comuni tutte le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio marittimo, ma anche sulla base del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 11239, che all’art. 105, comma 2, lettera e) ha attribuito alle Regioni la com- petenza in materia di pianificazione relativamente ai porti a rilevanza regio- nale o interregionale.
Una volta adottato il piano, di concerto con il comune, viene sottoposto al “parere tecnico” del Consiglio dei LL.PP., che deve essere espresso entro 45 gg., trascorsi inutilmente i quali, si intende reso in senso favorevole, se- condo il meccanismo del silenzio-assenso.
Il piano viene quindi sottoposto alla procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA)40: un’apposita commissione paritetica (istituita con decreto
n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382). Nulla era invece di- sposto per i porti delle classi II (rilevanza nazionale) e IV (rilevanza locale: porti turistici) con riferimento ai quali si seguiva la prassi di sottoporre la proposta di piano, formulata dall’amministrazione portuale quale programma di opere, ad approvazione del Ministero LL.PP. per i porti della II classe e della Regione per quelli di IV classe.
38 Recante “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (G.U. n. 63 del 17 marzo 1997).
39 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in at- tuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, in vigore dal 1° gennaio 2002. Sul tema v. sent. Corte cost. 10 marzo 2006, n, 89, in Dir. mar., 2007, 127 ss., con nota di SALAMONE L., La gestione del demanio marittimo tra accentramento e decentramento amministrativo, ivi, 126 ss.
40 Ai sensi della legge n. 349/86, di istituzione del Ministero dell’ambiente, e sulla base della Direttiva. 85/337 del Consiglio del 27 giugno 1985. Il successivo D.P.R. 12 marzo 2003,

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del Ministero dei trasporti, di concerto con quello dell’ambiente) accerta la compatibilità degli interventi previsti nel piano portuale con la normativa di tutela ambientale41 e degli ecosistemi42.
Per i porti aventi funzione industriale o petrolifera, l’art. 5, comma 5, ha, altresì, previsto l’obbligo di allegare al piano un “rapporto sulla sicurezza dell’ambito portuale”. In tal caso, la sicurezza viene intesa nel senso di safety, ossia di prevenzione di incidenti tecnici, allo scopo di determinare, a fini preventivi, il livello di rischio di tali porti.
Infine, il piano è soggetto ad approvazione della Regione interessata (art. 5, comma 3).
3. – Il piano regolatore portuale disciplinato dalla legge n. 84 riveste la natura tecnica di strumento di pianificazione, volto alla delimitazione delle aree (c.d. localizzazione territoriale)43. Una volta delineato lo spazio fisico del porto44 (rectius, dell’ambito portuale), lo stesso deve però individuare anche le “caratteristiche” e la specifica “destinazione funzionale” (turistica, petrolife- ra, industriale, commerciale, cantieristica, da diporto) delle aree.
L’elemento di novità rispetto al passato è rappresentato proprio dal fatto che il piano provvede alla “funzionalizzazione” delle aree allo scopo di valo-
n. 120 (G.U. n. 124 del 30 maggio 2003) ha espressamente sancito l’obbligo per tutti gli stru- menti di pianificazione e programmazione territoriale, compresi i piani regolatori portuali, di aver riguardo all’impatto sull’ambiente.
41 Si pensi ai lavori di dragaggio, con riferimento ai quali le esigenze di sviluppo e compe – titività dei porti si scontrano con esigenze di tutela ambientale, si pensi ai siti inquinati e biso- gnosi di interventi di bonifica. Sul tema v. GARZIA G., Il regime giuridico delle attività e dei materia- li di dragaggio dei fondali in aree portuali, in Riv. giur. amb., 6/2004, 849 ss.; PICCOLO F.D. – SQUILLANTE D., Le problematiche del dragaggio dei fondali portuali tra esigenze di sviluppo e vincoli giu- ridici di compatibilità ambientale, in Innovazione e dir., rivista on-line, 4/2007.
42 Cfr. la “Direttiva Habitat” (92/43 del Consiglio del 21 maggio 1992), la “Direttiva Ac- que”(2000/60 del Parlamento e del Consiglio del 23 ottobre 2000) e la “Direttiva Severo III” (2003/105 del Parlamento e del Consiglio del 16 dicembre 2000), attuata con D.Lgs. 21 set- tembre 2005, n. 238 (G.U. n. 189 del 21 novembre 2005, n. 271).
43 Cfr. CHIOFALO M., La composizione dei diversi interessi territoriali nel procedimento di adozione del piano regolatore portuale, in I porti dell’area dello Stretto di Messina nelle reti transeuropee, cit., 92 ss.; 333; per i profili tecnici, GATTUSO D., Pianificazione di un sistema integrato dei trasporti nell’area del- lo Stretto, ivi, 25 ss.
44 Operazione non semplice, perché nonostante il decreto ministeriale di individuazione della circoscrizione, sono tante le pretese di titolarità avanzate: si pensi ad aree di parcheggio, rivendicate dal comune, nonostante siano state oggetto di concessione demaniale.

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rizzare le potenzialità turistiche e/o commerciali del porto, grazie alla regola- mentazione delle attività umane e alla realizzazione di nuove opere che per- mettano una migliore e più idonea interconnessione con le infrastrutture già esistenti.
Si tratta allora non solo di uno strumento di pianificazione, ma anche di un atto generale di programmazione col quale la PA fissa le regole, i criteri e le modalità di utilizzazione delle aree.
Viene quindi configurato come “piano strutturale” delle scelte strategiche o come piano strategico di sviluppo (spaziale e funzionale) dell’area portua- le, in termini anche di sostenibilità ambientale e di rispetto dell’identità cul- turale dei luoghi, in una visione unitaria, finalizzata allo svolgimento ottimale delle attività portuali, alla valorizzazione dei contesti urbani e ambientali, all’integrazione con le reti di comunicazione del territorio.
Ebbene, le previsioni relative alla utilizzazione funzionale delle aree han- no carattere di “zonizzazione urbanistica”45 e creano un vincolo di destina- zione, con conseguente divieto di utilizzarle per finalità diverse rispetto a quelle previste nel piano, salva – si intende – un espressa “variante”46, trat- tandosi di modifiche sostanziali o addirittura di nuove previsioni47.
Non tutte le modifiche ad opere previste o realizzate in ambito portuale devono però seguire la complessa procedura di approvazione della variante: si pensi, ad esempio, a quelle che non incidono sulle scelte e sugli indirizzi di piano, costituendo semplici “adeguamenti tecnico-funzionali” delle opere esistenti48.
Il piano, quindi, si articola ancora oggi in progetti di opere, che però si inseriscono in un più vasto sistema di previsioni di sviluppo organico della struttura portuale e delle aree ad essa asservite.
La legge di riforma n. 84/94, quindi, non solo è andata a colmare una la- cuna, dovuta all’assenza di una disciplina organica dei piani regolatori por-
45 V. GISONDI R., La Cassazione boccia il concetto di zonizzazione basato sugli standards, in Urba- nistica e appalti, 2004, 1049 ss.
46 Attraverso gli stessi meccanismi procedurali previsti per l’adozione.
47 Si pensi alle opere di grande infrastrutturazione (art. 5, comma 9, legge n. 86/96), co- struzione di canali, nuove banchine, dragaggi. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con decisione del 2 luglio 1997, n. 242, in Foro amm., 1997, 3145 ss., ha però stabilito che anche opere amovibili o a carattere precario comportano un uso del porto in maniera non confor- me al piano portuale, e necessitano di una variante.
48 Ad es., modifiche più o meno rilevanti della forma e della lunghezza di moli e banchine.

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tuali, modificando l’impianto normativo preesistente, ma ha inciso sulla stes- sa filosofia di pianificazione portuale, intesa ora non più in senso “statico”, ma in senso “dinamico”, quale strumento fondamentale per definire l’asset- to organizzativo del porto-infrastruttura, per una corretta programmazione e promozione delle attività, in funzione dello sviluppo dello scalo e quindi dell’incrementodeitrafficimarittimi, anchenell’ottica(altroprofiloinnova- tivo) di un rinnovato rapporto con la città.
4. – La previsione della “previa intesa con il comune o i comuni interes- sati”49, permette una fattiva partecipazione dell’ente locale all’iter di adozio- ne del piano50, con la conseguenza che la mancanza di assenso, che può esse- re accordato anche mediante un semplice nulla osta, deve considerarsi un ostacolo alla conclusione del procedimento51.
Ancora, in merito al contenuto del piano, l’art. 5, comma 2, stabilisce che in ogni caso “le previsioni del piano non possono contrastare con gli stru- menti urbanistici vigenti” e quindi devono integrarsi con il piano regolatore generale (PRG)52, in termini di compatibilità ed equilibrio tra le funzioni portuali e quelle urbanistiche. Ciò comporta che il piano regolatore urbano e quello portuale devono essere tra loro coerenti nelle rispettive linee e devo- no condividere lo stesso modello di sviluppo53. La coerenza è richiesta anche per quanto riguarda le aree che non hanno funzioni strettamente portuali, ma connesse.
Dalla formulazione della norma sembra doversi ricavare una certa supre- mazia del piano comunale rispetto a quello portuale, atteso che il porto co-
49 Sul tema cfr. CHIOFALO M., La composizione dei diversi interessi territoriali, cit., 87 ss.
50 Sul tema, cfr. Cons. St., Sez. IV, 24 marzo 2006, n. 1538, in Dir. mar., 2007, 438, con nota di ANGELONE C., Piani regolatori portuali e strumenti urbanistici: coesistenza di funzioni, ivi, 438 ss.
51 Così Corte cost. 7 ottobre 2005, n. 378, in Dir. mar., 2006, 480.
52 D’altra parte, la legge urbanistica 17 agosto 194, n. 1150 ha enunciato il principio se- condo il quale il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale, compresa la fascia costiera e la zona di mare ad essa adiacente. Così ANGELONE C., op. supra cit., 445. Conseguentemente, le costruzioni eseguite dai privati nell’ambito dei porti e degli adiacenti specchi acquei non sono sottratte alla disciplina urbanistica che compete al comune.
53 Non va dimenticato però che fanno parte dei Comitati portuali che adottano i piani an- che i sindaci dei comuni interessati, e trovano rappresentanza tutti gli interessi rilevanti, sia quelli pubblici, istituzionali, affidati alle istituzioni nazionali, regionali e locali, sia quelli degli utenti portuali, imprese e lavoratori.

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stituisce parte integrante del territorio comunale54.
Anche le citate “Linee guida” ministeriali suggeriscono un approccio in-
tegrato in cui, pur mantenendo il porto la sua autonomia, non viene trascu- rata la confinante realtà urbana e vengono considerate le aree di interazione porto-città.
Nel caso in cui il piano contrasti con gli strumenti urbanistici vigenti, l’intesa eventualmente accordata impegna formalmente il comune ad adotta- re la variante al PRG al fine di rendere tra loro coerenti i due strumenti di pianificazione. In tal caso, la Regione approva prima l’eventuale variante al piano urbanistico e successivamente quella al piano portuale.
Qualora la verifica della compatibilità da parte del comune sortisca esito negativo, l’Ente locale potrà legittimamente negare l’intesa per mancata coe- renza col piano regolatore generale, opportunamente motivando la decisio- ne, cosa che non può fare, ad esempio, in caso di mancato accoglimento di sue indicazioni di gradimento circa la destinazione di determinate aree.
Allorché si incontrino difficoltà nel trovare un’intesa, può risultare utile il ricorso alla “conferenza dei servizi”55 – convocata dalla Regione, su proposta dell’Autorità Portuale – ai sensi della nota legge 7 agosto 1990, n. 24156 (art. 14, 14 bis e ter).
Il piano regolatore portuale è anche strumento di destinazione delle diver- se aree a specifiche attività portuali, e quindi, oltre a coordinarsi col piano re- golatore generale, deve raccordarsi con il “Piano Operativo Triennale”57 (POT), ulteriore strumento di programmazione del porto, nonché di pianifica-
54 Se questa è l’interpretazione più elastica dell’art. 5, e rispettosa delle competenze sia del comune che delle Autorità portuali, non sono mancate posizioni più restrittive che hanno ri- conosciuto al Comune una legittimazione in materia di pianificazione urbanistica, anche di ca- rattere esecutivo, all’interno delle aree portuali.
55 Strumento espressamente previsto dal citato disegno di legge n. 1044. V. SANTINI M., Analisi della recente giurisprudenza del Consiglio di Stato in tema di conferenza di servizi , in Urbanistica e appalti, 2004, 512 ss.
56 Recante: “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai docu- menti amministrativi” (in G.U. n. 192 del 18 agosto 1990), modificata dalla legge 11 febbraio 2005,n.15(G.U.n.42del21febbraio2005).Peruncommentov.,traglialtri, ITALIAV.- BASSANI M., Procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti (legge 7 agosto 1990 n. 241 e regolamenti d’attuazione), Milano, 1995, 2 ss.
57 Approvato, entro 90 gg. dal suo insediamento, dal Comitato, su proposta del presiden- te, e soggetto a revisione annuale. Cfr. GAROFALO V., Pianificazione e programmazione dello svi- luppo dei porti, cit., 133 ss.

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zione attuativa, previsto dall’art. 9, comma 3, lett. a) della legge n. 84 col com- pito di individuare le “attività economiche imprenditoriali” che si svolgono in ambito portuale e definire le “strategie di sviluppo” delle attività portuali e de- gli interventi necessari al perseguimento degli obiettivi prefissati.
5. – Dopo aver esaminato il contenuto e le attuali caratteristiche del pia- no regolatore del porto, ci preme esprimere qualche considerazione finale.
In una fase storica in cui la “regolazione del mercato” è affidata ad enti pubblici di regolazione58 e promozione, quali sono le Autorità portuali, do- vrebbe essere ormai superato il rigido, tradizionale modello di ripartizione delle competenze per “circoscrizioni territoriali”.
Questa prospettiva dovrebbe ormai lasciare il posto a forme di compe- tenza per sistema, che perseguano logiche di sviluppo in cui l’ambito portua- le vada considerato come area di sviluppo e promozione del sistema portua- le integrato sotto il profilo funzionale, amministrativo, logistico.
In questa nuova ottica, la regolazione e gestione dei porti deve essere ispirata a criteri di sussidiarietà orizzontale59, di multilevel governance60 e di leale collaborazione interistituzionale in funzione della promozione del sistema portuale, avuto riguardo ad un “mercato (comune) rilevante” e ai “nodi”61 strategici di traffico, che costituiscono la base dei corridoi e delle reti tran- seuropee di trasporto62. Oggi le autorità (anche amministrative) nazionali –
58 V. CELLERINO C., Spazi di attività operativa dell’Autorità portuale e autonomia finanziaria, cit., 895 ss.
59 Cfr. in particolare MUNARI F., La trasformazione dei porti da aree demaniali portuali a mercati: amministrazione e gestione delle aree portuali tra sussidiarietà e privatizzazione, in Dir. mar., 2004, 374- 398.
60 Così CASSESE S., Le trasformazioni del diritto amministrativo dal XIX al XXI secolo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2002, 27 ss.; ID., Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri originali?, ivi, 2003, 35 ss.; CHITI E. – FRANCHINI C., L’integrazione amministrativa europea, Bologna, 2003, in parti- colare cap. III e IV.
61 Così disegno di legge n. 1044, cit., art. 3.
62 Il Libro Verde della Commissione dell’Unione Europea sui porti e sulle infrastrutture portuali del 10 dicembre 1997 COM(97)678, pubblicato all’inizio del 1998, ha manifestato l’orientamento dell’UE di assegnare ai porti una centralità nella politica dei trasporti europei. Sulle reti transeuropee v. PARUOLO S., Le grandi vie europee di trasporto, in Trasp., 1995, 67; PREDIERI A., Le reti transeuropee nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Dir. U.E., 3/1997, 304; ID., Gli orientamenti sulle reti transeuropee, ivi 4/1997, 569 ss.; GIACCARDI G. – MARESCA M., La politica europea in materia di infrastrutture nel settore dei trasporti: la sua attuazione in Italia, in

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come ha sottolineato la Corte di Giustizia63 – sono vincolate dall’obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente al diritto comunitario, quest’ultimo costituito non solo dalle norme contenute negli atti vincolanti, ma anche nelle raccomandazioni, negli indirizzi di politica comunitaria, e nelle mere indicazioni64.
La nuova logica competitiva è perseguibile solo se si riesce a costruire un modello operativo-gestionale di “sistema portuale integrato”, fondato sulla specializzazione e sull’integrazione con il territorio circostante, capace di in- serire la singola realtà portuale nel tessuto economico complessivo, su scala nazionale, comunitaria ed internazionale.
Riv. it. dir. pubbl. com., I/1998, 267 ss.; CANNIZZARO E., Regole di concorrenza e reti transeuropee: ri- flessioni sul problema della coerenza tra politiche comunitarie, in Dir. U.E., 2-3/2001, 392 ss. Si rinvia altresì al nostro studio PELLEGRINO F., L’evoluzione della politica delle reti transeuropee di trasporto, in I porti dell’area dello Stretto di Messina nelle reti transeuropee, cit., 123 ss.; AFFINITA T., L’area dello Stretto: nodo dei corridoi tirreno e ionico-adriatico, ivi, 53 ss.; GALLANTI G., Pianificazione dei porti e dei sistemi infrastrutturali in Europa, ivi, 61 ss.
63 Sentenze Corte Giustizia CE 22 giugno 1989, causa C-103/88, Fratelli Costanzo, in Racc., 1989, 1839; sent. 13 dicembre 1989, causa C-322/88, Grimaldi, in Racc., 1989, 4407 e sent. 13 novembre 1990, Marleasing, causa C-106/89, in Racc, 1990, 1-4135.
64 Sulla base di una lettura aperta dell’art. 117 Cost. Cfr. VERMIGLIO G., Porti e reti di tra- sporto e di navigazione tra Stato e Regioni (dopo la modifica del Titolo V della Costituzione), in Dir. trasp., 2003, 449 ss.: ID., La portualità tra Stato e Regioni, in Mare Porti e reti infrastrutturali: per una nuova politica dei trasporti (a cura di Fanara E.), n. 20 della collana ricerche Cust, Villa S. Giovanni, 2002, 167 ss.; DE VERGOTTINI G., Le competenze in materia di porti alla luce della riforma della Costituzione, in Dir. amm., 2001, 4, 593 ss.
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Tratto da “GIURETA”
Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente
Vol. VI 2008
piano regolatore portuale
L’art. 5, comma 3, della legge n. 84/94 ha, com’è noto, attribuito
all’Autorità Portuale, laddove istituita, la competenza in materia di pianificazione
dei porti della categoria II, classi I, II e III (rispettivamente, a rilevanza
internazionale, nazionale o regionale/interregionale), ad eccezione di quelli
aventi “funzione turistica e da diporto”. Non formano oggetto di pianificazione,
a contrario, neppure i porti della categoria I, finalizzati alla difesa militare
e alla sicurezza dello Stato.
Il piano regolatore portuale viene adottato dal Comitato portuale, previa
intesa del comune o dei comuni interessati. Nei porti nei quali non è istituita l’Autorità portuale, la competenza spetta invece all’Autorità marittima.
Questa potestà residuale in materia deve, tuttavia, ritenersi oggi superata
alla luce della legge 15 marzo 1997, n. 5938, che – ferma restando la titolarità dominicale delle aree demaniali marittime in capo allo Stato – ha conferito
alle regioni e ai comuni tutte le funzioni relative al rilascio di concessioni di
beni del demanio marittimo, ma anche sulla base del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 11239, che all’art. 105, comma 2, lettera e) ha attribuito alle Regioni la competenza in materia di pianificazione relativamente ai porti a rilevanza regionale
o interregionale.
Una volta adottato il piano, di concerto con il comune, viene sottoposto
al “parere tecnico” del Consiglio dei LL.PP., che deve essere espresso entro
45 gg., trascorsi inutilmente i quali, si intende reso in senso favorevole, secondo
il meccanismo del silenzio­assenso.
Il piano viene quindi sottoposto alla procedure di valutazione di impatto
ambientale (VIA): un’apposita commissione paritetica (istituita con decreto
del Ministero dei trasporti, di concerto con quello dell’ambiente) accerta la compatibilità degli interventi previsti nel piano portuale con la normativa di
tutela ambientale 41 e degli ecosistemi 42.
Per i porti aventi funzione industriale o petrolifera, l’art. 5, comma 5, ha,
altresì, previsto l’obbligo di allegare al piano un “rapporto sulla sicurezza dell’ambito portuale”. In tal caso, la sicurezza viene intesa nel senso di safety,
ossia di prevenzione di incidenti tecnici, allo scopo di determinare, a fini
preventivi, il livello di rischio di tali porti.
Infine, il piano è soggetto ad approvazione della Regione interessata (art.
5, comma 3).
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