Trans Pacific partnership (Tpp): il peggio che avanza pericolosamente

TTIP-aladin-300x171———————————– È stato raggiunto l’accordo sul trattato di libero scambio nel Pacifico (Tpp). Gli Stati Uniti, il Giappone e altri dieci paesi che si affacciano sull’oceano hanno trovato un’intesa sulla Trans Pacific partnership per abbassare le barriere tariffarie su beni e servizi, rendendo omogenee regole che riguarderanno una quantità di scambi pari al 40 per cento dell’economia mondiale. Un’informazione attendibile su INTERNAZIONALE. – segueCorrelazioni e approfondimenti: TTIP e l’Europa su Aladinews.

TTP 12 paesi i ministri
I ministri del commercio dei dodici paesi che affacciano sul Pacifico e firmeranno la Trans Pacific partnership (Tpp), a margine della riunione in cui è stato raggiunto l’accordo ad Atlanta in Georgia, l’1 ottobre 2015. (Reuters/Contrasto) 05 OTT 2015 20.10

Le sette cose da sapere sul trattato di libero scambio nel Pacifico (Tpp)
. Su Internazionale.it.
Lunedì 5 ottobre gli Stati Uniti, il Giappone e altri dieci paesi che affacciano sul Pacifico hanno raggiunto un’intesa sul più grande trattato commerciale internazionale firmato negli ultimi due decenni, che riguarderà una quantità di scambi pari al 40 per cento dell’economia mondiale. Ecco le sette cose che vale la pena sapere sulla Trans Pacific partnership (Tpp).

1. Il Tpp ha un valore tanto commerciale quanto geopolitico

Spesso chiamato la “spina dorsale” della “svolta” asiatica del presidente statunitense Barack Obama, l’obiettivo di Stati Uniti e Giappone è superare la Cina, che non è coinvolta nel Tpp, e creare un’area economica sul Pacifico capace di creare un contrappeso al ruolo economico di Pechino sulla regione. Il trattato si occupa anche della creazione delle regole dell’economia del ventunesimo secolo, per tutto quanto va dai flussi internazionali di dati al modo in cui alle aziende di proprietà statale verrà permesso di competere a scala internazionale.

“Possiamo promuovere la crescita attraverso scambi commerciali che rispettino standard più elevati”, ha detto Obama la settimana scorsa all’assemblea generale dell’Onu. “Ed è quello che stiamo facendo attraverso il Partenariato transpacifico, un accordo commerciale che riguarda quasi il quaranta per cento dell’economia globale, un accordo che aprirà nuovi mercati, proteggendo i diritti dei lavoratori e proteggendo l’ambiente con uno sviluppo sostenibile”.

2. La Cina non ne fa parte, anche se prima o poi potrebbe essere inclusa

Nonostante in passato il Tpp sia stato considerato una mossa degli Stati Uniti per arginare la Cina, la posizione di Washington si è ammorbidita negli ultimi anni. La Cina ha affermato che sta osservando con attenzione lo sviluppo del Tpp mentre è impegnata in altri negoziati commerciali concorrenti. Molte fonti del mondo degli affari statunitense ritengono che la grande speranza del trattato stia proprio nell’apertura ad altri paesi, in particolare la Cina.

Attualmente sono coinvolti Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Peru, Singapore, Stati Uniti e Vietnam. Ma sono già pronte all’adesione anche alcune economie dell’Asia, come Corea del Sud, Taiwan e Filippine, o dell’America latina, come la Colombia.

3. Nel Tpp c’è anche un accordo di libero scambio tra due delle tre principali economie mondiali

Mai, fino a oggi, Stati Uniti e Giappone hanno stretto un accordo commerciale bilaterale. Ma quando il Giappone è entrato nei negoziati relativi al Tpp nel 2013, ha avviato delle trattative separate relative ad alcuni settori specifici come il commercio di automobili, manzo, riso e porco. Il risultato sarebbe, di fatto, un accordo di scambio tra due delle tre principali potenze economiche nazionali mondiali, il quale verosimilmente porterebbe, col passare del tempo, all’eliminazione delle barriere commerciali tra i due paesi.

Un’altra probabile conseguenza sarà l’ulteriore integrazione tra l’economia e le filiere produttive del Giappone e quelle del Nord America. Uno degli ultimi nodi della discussione sono state le regole relative alle quote minime di produzione locale di automobili e componenti automobilistici. La questione oppone i fabbricanti di componenti canadesi e messicani – che hanno prosperato grazie all’ormai ventennale Accordo nordamericano per il libero scambio (Nafta) – ai produttori automobilistici giapponesi i quali, nonostante un’importante presenza in Nord America, hanno ancora filiere produttive in paesi che non fanno parte del Tpp, come la Cina e la Tailandia.

4. Si tratterebbe di un accordo cruciale per il primo ministro giapponese Shinzō Abe

Per condurre in porto il Tpp, Abe ha dovuto coinvolgere alcune potenti figure della politica giapponese, inclusa la lobby agricola. Ma ha ripetutamente sostenuto che la cosa aiuterebbe il Giappone a intraprendere delle riforme strutturali fondamentali, necessarie a rilanciarne il potenziale di crescita economica.

Di sicuro Abe ha bisogno di questo accordo. Il prodotto interno lordo giapponese è sceso a un tasso annualizzato dell’ 1,2 per cento nel secondo trimestre di quest’anno. I dati suggeriscono inoltre che il terzo trimestre non sarà molto migliore e che farà scivolare il Giappone in una recessione tecnica.

5. Il Tpp suscita polemiche in molti dei paesi che aderiscono

Nella campagna elettorale canadese attualmente in corso i negoziati relativi al Tpp sono stati uno dei principali elementi del dibattito. La cosa non è senza importanza. Attualmente i sondaggi elettorali prevedono un pareggio a pari merito tra tre formazioni e Tom Mulcair, capo del Nuovo partito democratico (Ndp), ha promesso di uscire dal Tpp se il suo partito dovesse vincere le elezioni del 19 ottobre . “Quando formeremo il governo, il 19 ottobre, l’Ndp non sarà vincolato a questo accordo segreto negoziato dal [primo ministro Stephen] Harper”, ha dichiarato.

Ma il Canada non è certo l’unico paese dove il Tpp sta suscitando polemiche. Negli Stati Uniti, in Australia e in altri paesi, in molti sono contrari a una disposizione che permettere alle aziende straniere di mettere in discussione le decisioni governative davanti a delle commissioni di arbitrato internazionale. In Australia la questione è particolarmente delicata poiché il gigante del tabacco Philip Morris, facendo leva su un oscuro trattato d’investimento con Hong Kong, ha fatto causa al governo in seguito alla decisione, da parte di Canberra, di imporre confezioni generiche per la vendita di sigarette. Ma questa non è l’unica controversia del genere.

6. Il Tpp sta semplicemente flirtando con la questione della manipolazione valutaria…

Tra le questioni che più hanno provocato polemiche negli Stati Uniti c’è quella delle valute e delle svalutazioni competitive.

Diffidenti nei confronti dello yen debole e della concorrenza della Toyota e di altri costruttori, l’industria automobilistica statunitense e i suoi sostenitori al congresso hanno fatto pressioni affinché il Tpp includesse il divieto di manipolazione valutaria.

È improbabile che tale divieto venga formalmente incluso. Ma secondo fonti vicine ai negoziati, i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrale dei paesi del Tpp si sono messi d’accordo su un’intesa parallela che li obbligherebbe a non effettuare svalutazioni competitive per aiutare gli esportatori del proprio paese.

Appartengono tutti all’Fmi e molti al G20, due organizzazioni dotate di regole proprie sulla manipolazione valutaria. Ma persone vicine ai negoziati sostengono che verranno stabiliti standard più elevati e che verranno previste disposizioni per ottenere consultazioni distinte e regolari in materia.

Nessuno dei paesi del Tpp, tuttavia, è disposto ad autorizzare il fatto che tali impegni vengano fatti rispettare attraverso sanzioni commerciali, le quali invece sono una delle principali richieste dell’industria automobilistica e dei suoi sostenitori.

7. Il Tpp creerebbe nuovi standard lavorativi e ambientali all’interno degli accordi commerciali

È dal 2007 che agli Stati Uniti viene richiesto di prevedere le discussioni relative agli standard ambientali e lavorativi nei propri negoziati commerciali. Ma il Tpp, per la prima volta, renderebbe tali impegni obbligatori e potenzialmente soggetti a sanzioni commerciali in caso di mancato rispetto.

Molti attivisti ambientali restano scettici, ma gli Stati Uniti sostengono che il Tpp contribuirebbe a ridurre il traffico di specie in via d’estinzione o a contrastare altri problemi come la pesca eccessiva nel Pacifico. Se i paesi non rispettassero i loro impegni, Washington userebbe l’accordo per richiamarli all’ordine.

Anche le nuove disposizioni del Tpp relative al lavoro imporrebbero un grande cambiamento delle pratiche in paesi quali Malesia e Vietnam. Per poter essere coinvolti nell’accordo, questi paesi dovrebbero dimostrare di rispettare gli standard dell’Organizzazione mondiale del lavoro.

Ai paesi membri del Tpp potrebbe essere richiesto di introdurre un salario minimo. Dovrebbero inoltre introdurre divieti per le pratiche che oggi sono all’origine del lavoro forzato, come il sequestro, da parte dei datori di lavoro, del passaporto dei lavoratori migranti o l’imposizione di spese straordinarie di assunzione che possono provocare l’indebitamento dei lavoratori. In Vietnam, il governo dovrà per esempio permettere ai lavoratori una maggiore libertà di organizzazione sindacale, oltre che autorizzare la creazione di una federazione sindacale alternativa all’unica attualmente esistente.

(Traduzione di Federico Ferrone, per Internazionale)
Questo articolo è stato pubblicato sul sito del Financial Times con il titolo “TPP trade deal: seven things you need to know”, il 5 ottobre 2015.

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