Oggi mercoledì 7 ottobre 2015

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Da domani
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Sassari e il centro storico
Non è con il controllo sociale che si recupera la città dimenticata
di Rita Marras su La Nuova Sardegna del 7 ottobre 2015
È dei giorni scorsi la mozione presentata in Consiglio Comunale da alcuni consiglieri di maggioranza che ha come oggetto “Interventi urgenti nella parte bassa del centro storico”. Gli amministratori di Sassari, siano essi di maggioranza o di opposizione, quando affrontano il tema del centro storico “basso” usano lo stesso linguaggio e propongono identiche soluzioni ai problemi. L’aggettivo più usato è “urgente” l’altro è “sicuro”. Urgenza e sicurezza sono sempre i temi centrali del dibattito e di conseguenza polizia e telecamere la soluzione. Il controllo sociale è la soluzione più semplice quando la politica è latitante e i cittadini aspettano risposte. (Perché non pensare a un checkpoint stile israeliano all’angolo con Piazza Colonna Mariana per sapere sempre chi entra ed esce dal ghetto?). È fin troppo banale dire che ogni cittadino vorrebbe vivere in un ambiente sicuro. Pochi mesi fa l’appello alla tolleranza zero di un esponente della minoranza, per settimane l’abbiamo visto il corso “blindato” con polizia, carabinieri, guardia di finanza, ma non ci siamo accorti del miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Questo quartiere è carico di contraddizioni ma dovrebbe essere il cuore pulsante della città, il suo enorme potenziale culturale, la convivenza di diverse etnie potrebbe essere ricchezza e invece si vuole sia miseria. Le scelte politiche non si misurano nell’immediato ma sulle ricadute sociali nel medio e lungo periodo, è evidente che lo stato attuale di un luogo è il frutto di scelte strategiche precedenti e che le politiche in continuità confermano. Il “degrado” indica un doppio e parallelo fenomeno: l’abbandono da parte delle istituzioni e lo “spappolamento” sociale. Alla base di entrambi i tagli crescenti alla spesa pubblica e le scelte che hanno deviato altrove le risorse che prima affluivano verso il basso. È ora di smetterla con l’ipocrisia di certa sinistra perbenista che criminalizza il disagio, vedere la povertà, sentirne l’odore è per “la classe media” insopportabile, si può perdonare tutto (se hai soldi) ma non di essere povero. La povertà non è un reato ma è il risultato delle politiche sfacciatamente neoliberiste degli ultimi anni, al quale le amministrazioni di questa città si sono colpevolmente adeguate e che hanno immiserito la comunità del nostro tempo. Rispondere alla mancanza di lavoro, all’abbandono scolastico, alla solitudine degli stranieri con il controllo sociale non solo è roba vecchia ma è roba da fallimento politico conclamato. Questa amministrazione parla di Sassari Città Turistica, di tassa di soggiorno e di museo dei Candelieri, ma di quale città parla? Di quella in cui la stazione dei treni è in dismissione da anni e quella dei pullman sembra Hiroshima dopo la bomba, quella in cui mancano essenziali servizi di accoglienza, in cui non esiste niente che promuova la cultura del territorio e naturalmente quella in cui l’acqua non è potabile. Bisogna invertire la rotta, non è con la repressione che si risolvono problemi sociali, ma con il lavoro e la cultura. Appare stravagante che cittadini vogliano discutere di recupero, lavoro, istruzione, nel loro quartiere senza invocare polizia o telecamere, strumenti storicamente inadeguati e inutili a garantire alcunché a nessuno. Lavoro non assistenzialismo, dunque, bloccare le politiche di privatizzazione, cambiare il sistema degli appalti e ripubblicizzare servizi e beni comuni, salvaguardia del patrimonio architettonico e abitativo con l’obbligo del recupero degli immobili abbandonati pena l’esproprio, creare posti di lavoro e redistribuire ricchezza al territorio. La conoscenza in un quartiere multietnico è: attività artistiche, laboratoriali e artigianali, fare in modo che ogni bambino possa diventare adulto mentre studia è ricchezza sulla quale investire risorse.
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Migranti: buonismo compassionevole o lotta?
7 Ottobre 2015

democraziaoggiFrancesco Cocco su Democraziaoggi

Mi perdonino i pasdaran del buonismo. Quelli che sono per l’accoglimento dei migranti “senza se e senza ma”. Sono tanto vecchio da ricordare le file degli sfollati che nel ’43 fuggivano da Cagliari, devastata dai bombardamenti, quindi sentimentalmente anch’io mi considero un buonista. Ma ho il “cattivo vizio” di pormi degli interrogativi e di avanzare dei dubbi. Mi vengono soprattutto quando sento questi pasdaran tuonare contro i privilegi dell’ Occidente e sono in una posizione di difesa assoluta dei propri privilegi, quando parlano di salvaguardia della propria identità e poi invocano una sorta di meticciato indefinito, quando predicano contro lo spopolamento dei nostri paesi e invocano il ripopolamento con i migranti, senza tener conto che lo stesso comporta la desertificazione umana dei territori di provenienza dei migranti.
Certo l’Europa ha debiti grandissimi nei confronti dell’Africa, l’Italia in particolare ha un debito storico nei confronti dei Libici e degli abitanti dell’ Africa Orientale. A me viene il dubbio che il debito aumenti perché stiamo sottraendo a quei Paesi le energie umane migliori e ad esse spetterebbe sottrarre le rispettive economie da una condizione di sottosviluppo.
Quando leggo della seconda grande potenza capitalistica mondiale, la Cina, che compra milioni di ettari di terra in Africa, di un grande canale parallelo al corso del Nilo per creare nuove terre coltivabili, acquistate dai principi arabi del petrolio, mi viene il dubbio che si vogliano spopolare volutamente quelle terre seguendo la strada che i sionisti, già alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, hanno seguito in Palestina.
Vi sono situazioni di guerra, dittature inumane, soppressione di diritti elementari ma siamo sicuri che la via giusta sia la fuga e non la lotta per rovesciare certe situazioni? Naturalmente tenendo ben presente che la via americana di “esportazione della democrazia” è una grande cavolata e che le istituzioni devono attagliarsi alle specifiche realtà storiche.
Io non ho elementi né le capacità per avanzare suggerimenti. Ho voluto solo esprimere il fastidio per certo buonismo semplicista. Convinto come sono, secondo l’insegnamento di Papa Francesco, che esista anche un “diritto alla propria terra”. Che, poi, in ultima istanza è il diritto a costruire la nostra storia nella realtà dove il destino ci ha fatto nascere. Sono anche convinto che l’Occidente debba pagare il suo debito storico, rinunciando in non piccola misura, all’opulenza con un’equa distribuzione della ricchezza livello mondiale. Se questo non farà, saremo in presenza di nuove e più pesanti forme di neo-colonialismo.

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