Una o più macroregioni mediterranee che la Sardegna può promuovere e candidarsi a guidare
La riflessione di Nicolò Migheli sulle macroregioni europee (che sotto riproponiamo da Sardegna Soprattutto) dalla quale emerge la proposta che la Sardegna promuova la costituzione di una “macroregione mediterranea” (così composta: per la Spagna da Catalogna, Valencia, Murcia, Aragona e Baleari; per la Francia da Languedoc-Roussillon e Corsica; per l’Italiada Sardegna, Sicilia e Toscana), che riprendiamo corredandola con un nostro contributo apparso su Aladinews il 23 giugno 2014, ci consente di sollecitare un apposito dibattito. Particolarmente necessario proprio in relazione allo stato delle proposte in campo, che non sono totalmente combacianti, come anche risulta dai due contributi pubblicati, tuttavia convergenti nell’individuazione dello strumento “macroregione” come grande opportunità di nuovo sviluppo per la Sardegna e per le altre entità coinvolgibili, Non ci possiamo permettere di sprecarla. Ci pensino innanzitutto il Consiglio e la Giunta regionale e tutti gli altri soggetti interessati. Tra questi, non ultime, le Camere di Commercio sarde e la loro Unione regionale. Al riguardo un ruolo decisivo potrà giocarlo la commissaria straordinaria della Camera di Cagliari, Paola Piras, che, nonostante il breve tempo del suo mandato, potrà invertire la deprecabile inattività e l’autoreferenzialità che hanno per troppo lungo tempo segnato il sistema camerale sardo e segnatamente la sua parte più rilevante.
Mentre Cagliari guarda Roma, sulle Alpi…
di Nicolò Migheli
By sardegnasoprattutto/ 12 agosto 2015/ Società & Politica/
Fino ad ora l’allarme dello Svimez ha prodotto un rinfocolarsi di reciproci pregiudizi. Da una parte le accuse allo stato per aver abbandonato il Sud, dall’altra il solito sprezzante giudizio sulle classi dirigenti meridionali. Entrambe le opinioni hanno una base di verità. Il governo risponde con stanziamenti, mirabolanti solo nei comunicati Tweeter. Si scopre infatti che non c’è nulla di nuovo: solo cofinanziamenti per i programmi comunitari 2014-2020.
Compartecipazione obbligatoria da parte dello stato. Senza, i fondi non potranno essere spesi. Soldi che finiranno in gran parte in Campania, Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata, nei documenti Ue meno sviluppate. Abruzzo Molise e Sardegna, in transizione per le stesse classificazioni, prenderanno molto meno. Un’ulteriore dimostrazione che l’accorpamento Mezzogiorno non ha più senso, se non nelle stanche abitudini di certi commentatori. Tanto meno per la Sardegna, per ragioni geografiche, storiche, di capitale sociale, cultura e lingua.
In quei stessi giorni, la Ue approvava EUSALP, macro regione europea delle Alpi. Ne fanno parte le regioni tedesche Baviera e Baden Wutemberg; le francesi Provenza-Alpi-Costa Azzurra (PACA), Rodano-Alpi, Franca Contea. Lombardia, Piemonte, Liguria, le provincie autonome di Trento e Bolzano, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia per l’Italia. Austria e Slovenia e come regioni associate, Svizzera e Liechtenstein. Settantacinque milioni di abitanti e il Pil pro capite tra i maggiori del continente. Obbiettivi di EUSALP: promuovere innovazione e sostenibilità, sviluppo territoriale, tutela del patrimonio alpino e delle risorse naturali e culturali. Programmi ambiziosi che lasciano intravedere la creazione di un nucleo oltre gli stati nazionali. Sono in arrivo la macroregione baltica, quella del Danubio e Adriatica-Jonica. È in atto un cambiamento che determinerà quale Europa e come volerla.
La Sardegna dal 1996 fa parte di IMEDOC, con Sicilia, Corsica e Baleari. Una macroregione che nell’Ue ha rivendicato, con scarsi risultati, solo il riconoscimento dell’insularità. Uno strumento che la politica sarda ha considerato marginale. Gli occhi sempre rivolti a Roma, percepita come alfa ed omega dei nostri destini. A questo punto però occorre ragionare in maniera diversa. Avere un approccio strategico. Quindi considerare quella che fino ad ora era politica estera dello stato, come politica propria. Se gli interlocutori, quelli che possono realmente determinare il nostro futuro stanno a Bruxelles, è lì che bisogna rivolgersi.
La Sardegna, regione e non stato indipendente, ha una forza limitata, ciò non toglie che possa farsi promotrice di un’aggregazione del Mediterraneo occidentale. Sarebbe come riprendere i rapporti storici che l’isola ha avuto per settecento anni, fino all’avvento dei Savoia. Basterebbe trasformare IMEDOC ed allargarla alle regioni sul mare. Per la Spagna le Comunità autonome: Catalogna, Valencia, Murcia e le Baleari. Benché non rivierasca, l’Aragona andrebbe inserita per ragioni storiche. Per la Francia Languedoc-Roussillon e Corsica. Per l’Italia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Questa, nelle programmazioni europee, ha fatto parte di numerosi programmi INTERREG con le regioni citate.
Si avrebbero circa 23 milioni di abitanti e molti programmi comuni da affrontare: salute del mare, ricerca, agroalimentare, artigianato di qualità, sostenibilità e sviluppo rurale; beni culturali, salvaguardia degli ambienti naturali e delle culture autoctone. Pilastri strategici della politica europea. La regione che potrebbe promuovere questa nuova aggregazione potrebbe essere la Sardegna. In questi anni con i programmi INTERREG, la cooperazione internazionale del Programma LEADER, l’iniziativa euro mediterranea dell’EMPI- la cui sede resterà in Sardegna anche per la prossima programmazione – l’isola si è dotata di professionisti e funzionari che hanno maturato esperienza. La politica dovrebbe farsi promotrice di immaginazione e di un programma ambizioso.
La Sardegna potrebbe uscire dal frangente proponendosi come perno del progetto. Basta crederci. La Catalogna impegnata in elezioni che porteranno, quasi sicuramente, ad una dichiarazione unilaterale di indipendenza, difficilmente può essere regione capofila. Lo scontro con Madrid si annuncia molto duro. Per Barcellona l’aggregazione del Mediterraneo occidentale può rivelarsi un’arma di consenso. Per la Sardegna una modalità per pensarsi centro e non periferia e per prendere in mano il proprio destino come soggetti attivi e non destinatari di scelte altrui. Agire come se Roma non ci fosse. Per quel che è possibile.
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Articolo pubblicato su Aladinews il 23 giugno 2014
Le politiche della Sardegna verso il Mediterraneo. L’interesse della Sardegna a partecipare alle Euroregioni (o altre entità cooperative similari) del Mediterraneo.
Nei giorni scorsi sulla nostra news abbiamo dato rilievo alla notizia dell’approvazione da parte della Commissione Europea della costituzione della Macroregione europea Adriatica-Ionica, per la quale si attende ora l’approvazione finale da parte del Consiglio europeo prevista il prossimo 24 ottobre. Di questa Macroregione non fa parte la Sardegna (1) in quanto la nostra isola è situata nella parte tirrenica del mar Mediterraneo. Ma, allora, perchè siamo così interessati a questa nuova realtà istituzionale? La risposta sta in quello che appare, dai documenti pubblicati, un progetto serio e credibile, che va dandosi un’organizzazione robusta in grado di sostenere un programma ambizioso e, cosa estremamente importante, che raccoglie il consenso e l’impegno di tutte le istituzioni interessate. Al riguardo il coordinatore dell’iniziativa Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, sostiene che la costituzione della Macroregione “è il frutto di un intenso lavoro svolto dalla comunità adriatica e ionica, dalle città, Università, Camere di Commercio e Istituzioni territoriali che hanno trovato a Bruxelles, nel Comitato delle regioni, il luogo per dare forza al loro progetto”. Noi che siamo del parere che una delle ragioni della situazione disastrosa della Sardegna sia imputabile in gran parte alla incapacità delle istituzioni sarde di cooperare per l’attuazione di una buona politica nell’interesse dell’Isola, non possiamo che plaudire alla capacità costruttiva delle diverse Istituzioni coinvolte nel processo di realizzazione di questa Macroregione, la quale per i protagonisti, per il percorso effettuato, per i progetti strategici e così via, costituisce un modello per altre Macroregioni o per altre Entità similari di cui fa parte o potrà far parte la Sardegna. Attualmente la Sardegna non partecipa ad alcuna Macroregione, che ha una propria caratterizzazione normativa europea, ma a un’altra aggregazione cooperativa, molto somigliante denominata Euroregione (su queste nuove Istituzioni occorrerebbero approfondimenti soprattutto di carattere giuridico; intanto si segnala l’ottimo saggio di Laura Berionni “La strategia macroregionale come nuovo strumento di cooperazione territoriale” ). Partecipa infatti alla Euroregione delle Isole, chiamata Archimed, la quale sembra versare in una situazione di precarietà, decisamente lontana dalla vitalità impressa alla Macroregione Adriatica-Ionica. Forse la causa della inconsistenza di Archimed sta nel suo vizio originario di un nuovo soggetto nato senza grande coinvolgimento istituzionale e sociale, che “si aggiunge” a tanti altri quasi una nuova bottega di generi alimentari in una città già ricca di tali esercizi. Che male c’è? Qualche posto di lavoro in più, qualche nuova prebenda per qualche amico, qualche occasione in più di turismo congressuale a spese della collettività, qualche occasione per fare fotografie di gruppo per far finta che qualcosa si fa. La gestione di Ugo Cappellacci della vicenda Archimed da proprio questa sensazione di superficialità e spreco di risorse pubbliche. Di interesse per la Sardegna esiste poi un’altra Euroregione, denominata Alp-Med, che allo stato coinvolge diverse regioni francesi e italiane (2), ma non la Sardegna né la Corsica, anche se sussisterebbe un interesse delle stesse isole, evidenziato dal fatto che ambedue fanno parte di una struttura parallela di associazionismo delle Camere di Commercio della stessa Euroregione, in attesa di un allargamento istituzionale. Peraltro anche l’euroregione Alp-Med sembra allo stato poco attiva, prova ne sia il non aggiornamento del sito web ufficiale gestito dalla regione Piemonte, fermo al 2013).
Perchè siamo così interessati alle Macroregioni europee e alle Euroregioni? Perchè crediamo possano essere utili per la Sardegna. Ci pensiamo da molto tempo. Ma diverse recenti occasioni di dibattito hanno riacuito l’interesse per questa questione. Innanzitutto mi riferisco al dibattito sulla necessità di un nuovo Statuto per la Sardegna. In particolare, trattando di politica di relazioni esterne della Sardegna, che devono avere riconoscimento anche nello Statuto, mi riferisco alle relazioni della Sardegna con il Mediterraneo. L’argomento è stato specificamente oggetto dell’intervento di Pietrino Soddu al Convegno sullo Statuto promosso dalla Fondazione Sardinia, dalla Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto il 9 giugno, con l’ulteriore approfondimento nell’iniziativa del 23 del corrente mese.
Nel citato intervento (non ancora trascritto in atti, ma tuttavia presente in audio/video tra i materiali del Convegno, nel sito web della Fondazione Sardinia) Pietrino Soddu sostiene che la Sardegna fino all’inizio del periodo sabaudo (1720) era saldamente collocata nel contesto Mediterraneo, specificatamente quello del Sud, verso cui intratteneva le sue relazioni più consistenti, sia in termini economici, sia di natura culturale. Gli interessi prevalenti dei nuovi dominatori sabaudi erano invece prevalentemente rivolti al Nord, in particolare alla Lombardia, circostanza che avrebbe, gioco forza, mutato la direzione dello “sguardo” della Sardegna verso il Continente italiano e verso l’Europa continentale, disinteressandosi sostanzialmente del campo passato. Secondo Soddu questa diversa prospettiva ha portato anche notevoli conseguenze positive per la Sardegna, laddove era proprio su quel versante europeo che maggiormente correva il fiume della modernità e del progresso. Oggi non si tratta di abbandonare questa collocazione, quanto di riscoprire e rilanciare l’interesse verso il Mediterraneo, nel suo complesso, e verso il Mediterraneo del Sud. Come fare? Soddu non lo ha detto, confessando di non avere idee al riguardo, se non la certezza della strada da compiere. Per questo occorre superare le incertezze e perfino le paure legate all’ancestrale timore de “su moru, che viene a rapirci le nostre donne e ad impadronirsi delle nostre risorse materiali”. I nuovi mori oggi hanno precise sembianze: sono soprattutto (e non solo) gli emiri arabi, interessati al comprarsi la Sardegna. Tutto ciò non deve portare ad un atteggiamento di chiusura, quanto piuttosto di apertura, di scambi paritari, consentiti nella misura in cui abbiamo una buona classe dirigente, espressa dalla maggioranza dei “sardi padroni in casa propria” e rafforzati sempre più nella loro identità. Ecco la migliore garanzia perchè non si venda la Sardegna a nessuno! L’intervento di Pietrino Soddu si è fermato proprio al punto che forse costituiva una prima risposta al suo interrogativo e insieme auspicio su “Sardegna: che fare verso una politica di interesse, partecipazione e integrazione nell’area mediterranea”, cioè alla seconda parte del settimo principio della Carta di Zuri: «La Sardegna (…) offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, una euroregione per il progresso degli interessi comuni». Un’euroregione, appunto! E perchè, allora, non approfondire gli strumenti che l’Unione Europea mette a disposizione per realizzare concretamente questa opportunità. Sono strumenti utili e adeguati? Parliamo quindi della proposta di mandare avanti seriamente, al contrario di quanto si sia fatto finora, la realizzazione dell’euroregione Archimed, con la partecipazione di tutte le isole del Mediterraneo appartenenti all’Unione Europea, con l’intento di rafforzare una politica di pace, di solidarietà di scambi a tutti i livelli con i paesi del Mediterraneo del Sud, compresi quelli non facenti parte dell’Unione Europea e con i quali esistono già interessanti relazioni, a volte incentivate dalla stessa UE (pensiamo al programma ENPI), che potrebbero estendersi all’interno della specifica politica di favore prevista per la condizione di insularità. Ma, anche per corrispondere alla esigenza prospettata da Soddu che la Sardegna non abbandoni il fronte continentale europeo: non sarebbe utile e opportuno coltivare la piena realizzazione dell’Euroregione Alp-Med, con l’ingresso della Sardegna e della Corsica nella compagine societaria? Temi evidentemente da approfondire, che richiedono innanzitutto una “presa in carico” della Regione e, insieme, uno specifico filone d’impegno per i nostri parlamentari italiani ed europei (peraltro questi ultimi rappresentano già la circoscrizione Sardegna-Sicilia; facciamo dunque di “necessità” virtù). Peraltro, in questa sede, giova apportare un qualche correttivo all’analisi di Pietrino Soddu secondo cui la Sardegna ha abbandonato ogni interesse per il Mediterraneo a far data dal passaggio dalla Spagna al Piemonte. L’interesse per il Mediterraneo infatti se pur sopito è stato sempre coltivato e non mancano le riflessioni politiche e culturali al riguardo. Tra le prime (anch’esse culturali, ma di maggior valenza poltica) ricordiamo quanto scritto recentemente da Federico Francioni in un articolo critico proprio nei confronti del pluricitato intervento di Pietrino Soddu, pubblicato sul sito della Fondazione Sardinia, laddove Francioni ricorda che “(…) l’idea di una Federazione mediterranea – di uno Stato che avrebbe dovuto raggruppare Baleari, Corsica, Sardegna e Sicilia – fu delineata dopo il primo conflitto mondiale” proprio dal PSd’Az . Ma è giusto anche in questa sede ricordare il dibattito e gli interventi di carattere culturale (basti citare per tutti le riflessioni di Giovanni Lilliu) e l’impegno di ricerca delle Università sarde nei paesi dell’Africa mediterranea. Tutto occorre riprendere e rilanciare, perchè non si parte da zero. Anzi! E questo è il nostro e altrui impegno. Certo da rafforzare e estendere, chiamando in causa soprattutto le Istituzioni sarde.
Voglio ora concludere con una proposta operativa, sicuramente riduttiva, ma, a mio parere, importante e immediatamente fattibile.
Il 28 febbraio 2012 fu siglato dal presidente della Camera di Commercio di Cagliari e dal direttore del Dipartimento di Scienze Sociali e Istituzioni dell’Università di Cagliari un “Accordo di collaborazione” tra le due Organizzazioni per l’elaborazione di progetti per rafforzare i rapporti della Sardegna con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, anche come possibile rappresentanza/terminale avanzato della Sardegna verso i paesi del nord Africa, soprattutto attraverso l’associazionismo camerale (Ascame, Insuleur, Alpmed). I progetti elaborati e gestiti congiuntamente si dovevano proporre l’obiettivo di dare concreta attuazione alla normativa di cui all’art. 4 della legge regionale 28 dicembre 2009, n.5, finanziata dalla Regione Autonoma della Sardegna*. Tale legge regionale prevedeva un impegno della Regione così definito: “La Giunta regionale è autorizzata al finanziamento, anche con il concorso di risorse di provenienza statale e comunitaria, di progetti speciali finalizzati:
a) alla definizione di un sistema internazionale e mediterraneo di osservatori per l’intercettazione degli allarmi di crisi economico-sociale e dei settori produttivi o delle prospettive di sviluppo delle attività produttive e dell’occupazione;
b) alla predisposizione e sperimentazione di modelli di intervento per prevenire e scongiurare gli effetti derivanti dallo stato di crisi economico-sociale o per anticipare e cogliere integralmente ogni opportunità di sviluppo dei settori produttivi e dell’occupazione (…)”. A quell’accordo di collaborazione non seguì nulla. La ragione fondamentale, mi dicono, fu (e purtroppo tuttora è, considerato che al riguardo nulla è cambiato) che non si trovò un interlocutore a livello di Esecutivo politico e di organizzazione amministrativa regionale che consentisse di passare dalle parole ai fatti. Insomma, il solito problema di grandi idee (già molto che quelle ci furono) ma miseria di comportamenti e nullismo organizzativo. Non potevamo permettecerlo allora e tanto meno oggi. La proposta è dunque riprendere quell’Accordo, riscriverlo coinvolgendo in dimensioni regionali l’Unioncamere e l’Università della Sardegna, ridefinirne l’ambito, allargandolo, per esempio, al supporto alla realizzazione delle Euregioni, prima tra tutte quella esistente Archimed, di cui, per inciso, di recente è diventato presidente, in virtù della sua carica, Francesco Pigliaru.
Per questo e altro l’imperativo è: muoviamoci!
Note
1) Della Macroregione fanno parte: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Herzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, Grecia. In Italia le regioni interessate sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Lombardia, Trentino Alto Adige. Come si vede la Sardegna non è interessata a detta macroregione
2) L’Euroregione Alpi Mediterraneo riunisce cinque Regioni francesi e italiane (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Rodano-Alpi).
3) Dell’Euroregione Archimed fanno parte la Regione Sicilia, la Regione Sardegna, il Govern de les Illes Balears e l’ Agenzia dello Sviluppo Larnaca di Cipro (Larnaca District Development Agency – Cyprus)
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Archimed questo sconosciuto. Aggiornamento 27 agosto 2015
A proposito di Archimed visitando il suo scarno sito web in data odierna abbiamo appreso che l’organismo ha un nuovo presidente. Si tratta di Spyros Elenodorou – President Larnaca District Development Agency (CIPRO). Non abbiamo trovato traccia della riunione assembleare che lo ha eletto. Dal sito risulta invece la composizione dell’assemblea: per la Sardegna, oltre a Francesco Pigliaru ne fa parte l’assessore Cristiano Erriu. Chiederemo a lui qualche ulteriore informazione.Per ora Archimed rimane un oggetto misterioso.
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